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Mafia e politica...

Post n°38 pubblicato il 19 Febbraio 2010 da ivanfi

"Nel 1994, l'ingegner Lo Verde, alias Bernardo Provenzano, mi fece avere tramite il suo entourage una lettera destinata a Dell'Utri e Berlusconi. Io la portai subito a mio padre, che all'epoca era in carcere: lui mi disse che con quella lettera si voleva richiamare Berlusconi e Dell'Utri, perché ritornassero nei ranghi. Mio padre mi diceva che il partito di Forza Italia era nato grazie alla trattativa e che Berlusconi era il frutto di tutti questi accordi".
È il passaggio chiave delle nuove rivelazioni di Massimo Ciancimino, figlio del defunto mafioso sindaco di Palermo Vito, ascoltato l'8 febbraio in qualità di testimone al processo in corso nell'aula bunker di Palermo che vede l'ex generale del Ros ed ex capo dei servizi segreti Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu imputati di favoreggiamento aggravato di "Cosa Nostra" per la mancata cattura nell'ottobre del 1995 a Mezzojuso, provincia di Palermo, del capomafia Bernardo Provenzano e per aver coperto la sua latitanza.
Rispondendo alle domande dei Pm Antonio Ingroia e Nino Di Matteo, Ciancimino junior ha chiarito i retroscena che hanno caratterizzato la stesura della famigerata lettera di minacce scritta da suo padre sulla base di un "pizzino" di Provenzano, indirizzata a Dell'Utri e, per conoscenza, al presidente del Consiglio Berlusconi.
La lettera, consegnata da Ciancimino ai giudici che l'hanno acquisita agli atti, fu inviata ai destinatari attraverso il "signor Franco", l'agente dei servizi segreti che secondo Ciancimino junior era in contatto con il padre e con Provenzano. Nella prima bozza scritta da Provenzano, il boss di "Cosa Nostra" minacciava un "triste evento", e cioé l'omicidio di uno dei figli di Berlusconi. Mentre nella versione definitiva scritta da Ciancimino l'ex sindaco mafioso di Palermo la trasformò in un avvertimento ancora più inquietante intimando di rivelare l'origine mafiosa di Forza Italia, frutto della trattativa fra mafia e Stato, e i lauti finanziamenti di "Cosa Nostra" ai cantieri di Berlusconi per la costruzione di Milano 2.
"Vidi per la prima volta quel pizzino consegnatomi da Provenzano nel 1994, lo portai a mio padre detenuto a Rebibbia e glielo lessi - ha riferito Ciancimino junior - Lui poi scrisse la lettera. E mi disse di avere avuto l'idea di scrivere a Berlusconi dopo un'intervista che aveva rilasciato a Repubblica nel 1977 in cui diceva che avrebbe messo a disposizione una rete televisiva di un amico se fosse sceso in campo in politica". Ciancimino jr. spiega che: "Il ruolo di mio padre era quello di richiamare il partito (Forza Italia, ndr.) a tornare un poco sui suoi passi e di non andare fuori dai ranghi, Berlusconi era il frutto di questi accordi".
Del "pizzino", che Ciancimino junior ha consegnato nei mesi scorsi ai magistrati di Palermo: "È rimasta solo una parte. Eppure, fino a pochi giorni prima della perquisizione fatta dai carabinieri nel 2005 a casa mia, nell'ambito di un'altra indagine, il documento era intero. Ne sono sicuro. Non so cosa sia successo dopo".
In riferimento a quella "strana" perquisizione del 2005 Ciancimino non ha esitato a ribadire lo strano comportamento dei carabinieri che non hanno aperto la cassaforte di casa sua, all'Addaura, ma anche quella, "ancora più grande", della sua casa di Roma. "Nessuno dei carabinieri presenti - ha riferito Ciancimino - chiese di aprire la cassaforte, che era ben visibile nella stanza di mio figlio. I carabinieri e qualcun altro sapevano che in quella cassaforte c'erano il papello e altri documenti".
Nello stralcio della bozza scritta da Provenzano si legge testualmente: "... posizione politica intendo portare il mio contributo (che non sarà di poco) perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi. Sono convinto che questo evento onorevole Berlusconi vorrà mettere a disposizione le sue reti televisive". Secondo quanto riferito da Ciancimino: "Provenzano voleva una sorta di consulenza da parte di mio padre: questo concetto di mettere a disposizione le reti televisive l'aveva suggerito proprio lui a Provenzano, qualche tempo prima. Mio padre si ricordava di quando Berlusconi aveva rilasciato un'intervista al quotidiano Repubblica. Diceva che se un suo amico fosse sceso in politica lui non avrebbe avuto problemi a mettere a disposizione una delle sue reti".
Vito Ciancimino ha poi rielaborato il pizzino di Provenzano e "io fui incaricato di riportarla a Provenzano. Poi non so che fine abbia fatto e se sia stata consegnata".
La missiva definitiva ha un passaggio in più rispetto al documento sequestrato nel 2005. Nel finale, le minacce contro i figli di Berlusconi sono sostituite col seguente avvertimento: "Se passa molto tempo e non sarò indiziato del reato di ingiuria sarò costretto ad uscire dal mio riserbo che dura da anni e convocherò una conferenza stampa".
In aula, quando il Pubblico ministero Nino Di Matteo ha chiesto a Ciancimino junior: "Cosa suo padre minacciava di svelare?". Egli ha aggiunto: "mio padre minacciava di svelare l'origine della coalizione che aveva portato in politica Silvio Berlusconi". Chiede ancora il Pm: "A quando risaliva la bozza?". Ciancimino: "Il 1994-1995". Ossia, proprio il periodo della discesa in campo di Berlusconi.
Insomma, secondo la ricostruzione della Procura effettuata anche grazie alle rivelazioni di Ciancimino, la trattativa fra mafia e Stato condotta durante le stragi del 1992-1993 ha avuto un lungo seguito, una "terza fase" in cui: "A Vito Ciancimino, nel rapporto con 'Cosa Nostra', si sarebbe sostituito Marcello Dell'Utri". Circostanza confermata da Ciancimino junior che durante l'interrogatorio ha aggiunto: "Mio padre mi disse che fra il 2001 e il 2002 Provenzano aveva riparlato con Dell'Utri".
Rabbiosa e prevedibile la levata di scudi della maggioranza in camicia nera con alla testa il ministro Alfano secondo cui: "Forza Italia ha emozionato milioni di persone, mai avuti contatti con la mafia".
Sciagurato, pericoloso e inaccettabile l'atteggiamento dell'"opposizione" di cartone e in particolare del segretario del PD Bersani che ha balbettato: "Lasciamo lavorare i magistrati"; mentre "l'antiberlusconiano" segretario dell'Udc Casini è subito rientrato nei ranghi a difesa del neoduce mafioso precisando fra l'altro che: "In questi 15 anni più volte la politica mi ha diviso da Berlusconi e più volte ho polemizzato con lui, come sanno tutti. Ritenere però che Forza Italia sia prodotto della mafia significa offendere milioni di elettori, e falsificare profondamente la realtà. Non ha futuro un Paese in cui la politica si fa usando queste armi".

 
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