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Trasparenze ...

Mio piccolo cacciatore di libellule, oggi, chissà fin dove ti sei spinto ...

 

 

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Post N° 34

Post n°34 pubblicato il 27 Agosto 2006 da Mi_ni_Ma
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Il colloquio

DICHIARAZIONE: Propensione del soggetto amoroso a intrattenere a lungo, con un'emozione contenuta, l'essere amato, a proposito del suo amore, di lui, di sè, di loro: la dichiarazione non verte sulla confessione dell'amore, ma sulla forma, commentata all'infinito, della relazione amorosa.

 -   Il linguaggio è una pelle: io sfrego il mio linguaggio contro l'altro. E' come se avessi delle parole a mo' di dita, o delle dita sulla punta delle mie parole. Il mio linguaggio freme di desiderio. Il turbamento nasce da un duplice contatto: da una parte, tutta un'attività del discorso assume con discrezione, indirettamente, un significato unico, che è "io ti desidero", e lo libera, lo alimenta, lo ramifica, lo fa esplodere (il linguaggio prende gusto a toccarsi da solo); dall'altra, avvolgo l'altro nelle parole, lo blandisco, lo sfioro, alimento questo sfioramento, mi prodigo per far durare il commento al quale sottometto la relazione.

(Parlare amorosamente significa dissipare senza limite, senza soluzione di continuità; vuol dire praticare un rapporto senza orgasmo. Forse esiste una forma letteraria di questo coitus reservatus: il preziosismo).

2. - La pulsione a commentare si sposta, segue il corso delle sostituzioni. All'inizio, è per l'altro che io parlo a proposito della relazione; ma questo può anche avvenire con il confidente: dal tu, io passo al lui. E poi, dal lui, passo al si: elaboro un discorso astratto sull'amore, una filosofia della cosa che, a ben guardare, non sarebbe poi altro che un birignao generalizzato. Ripercorrendo il cammino inverso, si potrà dire che ogni discorso che abbia per oggetto l'amore (anche se è formulato con distacco) comporta inevitabilmente un'allocuzione segreta (io mi rivolgo a qualcuno che voi non conoscete, ma che è lì che ascolta le mie massime). Forse, nel Simposio, questa allocuzione esiste: sarebbe Agatone che Alcibiade interpellerebbe e desidererebbe, sotto l'ascolto di un analista: Socrate.

(L'atopia dell'amore, ciò che riesce a farlo sfuggire a tutte le disertazioni, sarebbe che non è possibile parlarne se non conformemente a una rigorosa determinazione allocutoria; nel discorso amoroso, sia esso filosofico, gnomico, lirico o romanzesco, c'è sempre una persona a cui ci si rivolge, anche se questa persona è solo allo stato di fantasma o di creatura non ancora esistente. Nessuno ha voglia di parlare dell'amore, se non è per qualcuno).

[da: Frammenti di un discorso amoroso - Roland Barthes]

 
 
 
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