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HERBIE HANCOCK ALLA RICERCA DELL'UNICO LINGUAGGIO

Post n°1317 pubblicato il 14 Settembre 2009 da pierrde
 

Si intitola "Imagine project" il nuovo album di prossima pubblicazione di Herbie Hancock. Per realizzare il disco, il pianista afroamericano, ha girato il mondo per incontrare i musicisti che hanno collaborato con lui alla realizzazione del disco: è stato in Mali per Oumou Sangare, in Inghilterra per Jeff Beck, in India per Ravi Shankar e a San Francisco per Dave Matthews. "Non volevo fare un disco di world music", ha dichiarato Hancock, "volevo realizzare delle composizioni originali con artisti differenti, in modo che ognuno potesse mescolare assieme a me linguaggi e stili musicali diversi, in modo che ogni canzone potesse rappresentare l'idea che la musica supera ogni confine". (Fonte: La Repubblica/ www.Rockol.it )

Fino all'ascolto dell'album non si può commentare con cognizione di causa, personalmente però davanti a siffatte dichiarazioni di universalità rimango diffidente e perplesso. L'album precedente dedicato a Joni Mitchell era di buon gusto e di buona fattura , anche se in fondo ha raccolto molto di più rispetto al valore reale. Hancock poi non è nuovo ad operazioni decisamente più commerciali: l'età dovrebbe preservarlo da esperienze di fusion senza capo ne coda, nel mio ricordo però rimangono i temibili album rock del perodo Headhunters, per non parlare della bislacca disco music di Future Shock . Allora il buon Herbie si è rimpinguato adeguatamente il saldo del conto in banca, ma ha perso importanti anni creativi. Non vorrei che adesso avesse bisogno di arrotondare la pensione....

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Commenti al Post:
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sergio pasquandrea il 14/09/09 alle 19:14 via WEB
Beh, a me il primo degli headhunters tutto sommato piace. OK, non sarà "Maiden Voyage", ma è un album gradevole. Comunque Hancock è sicuramente un gran marpione. Vedremo stavolta che cosa tirerà fuori...
 
 
pierrde
pierrde il 14/09/09 alle 19:48 via WEB
L'album di gran lunga più brutto di Hancock ma forse degli anni 80 tutti è sicuramente Future Shock, davanti al quale perfino il jazz-rock di Headhunters pare musica meravigliosa. Spero che il gusto per il pastiche non prevalga nel nuovo album, ma ho un presentimento.....
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Gianni M. Gualberto il 18/09/09 alle 08:19 via WEB
Davvero Hancock è questo personaggio così perfido? O, più semplicemente, fraintendiamo buona parte della cultura africana-americana e, intendendo il jazz solo sotto un profilo squisitamente ideologico (errore marchiano che non si applica così integralmente neanche a certe pagine dichiaratamente "politiche" di Nono), urliamo allo scandalo di fronte a tutto ciò che ci pare un tentativo di armistizio con il deleterio (?) mondo dell'intrattenimento? Per non finire a inanellare sublimi corbellerie come il dinamico duo di Carles e Comolli, ricorderei, ad esempio, che il rivoluzionario be bop era, in molte aree africane-americane, poco più di una nuova e più complessa musica da ballo, e che il free ebbe un rapporto non di rado conflittuale con il pubblico africano-americano (ivi compreso quello non integrato) proprio perché si allontanava troppo drasticamente da certe radici popolari del Canone. Insomma, si parla tanto di Bitches Brew e poi se ne dimentica alcune lezioni fondamentali, che riguardano comunque la storia della musica africana-americana. E ben mi ricordo quando in Europa si storceva il naso alle ultime opere di un artista geniale come Cannonball Adderley, perché troppo "popolari" (che da noi sta per "commerciali"... Il che la dice lunga anche sulla nostra cultura di sinistra). Dovremmo imparare a concepire l'alterità non solo in base ai nostri desideri e auspici. Peraltro, anche sotto il profilo musicale, il gruppo degli Headhunters ha prodotto degli eccellenti lavori, alcune fra le cose migliori del dopo-Davis. Opere di Hancock come Mwandishi, Fat Alberta Rotunda, Headhunters, Thrust, Flood, Man-Child, Dedication, per non parlare di lavori coevi di Bennie Maupin, Eddie Henderson, Norman Connors, sono tutt'altro che banali, trattandosi di riletture della tradizione più aggiornata (il funk è elemento portante di certa non disprezabile tradizione africana-americana). E direi che Hancock ha saputo anticipare, sempre con eccezionale professionalità, molti temi della musica popolare contemporanea (penso alle collaborazioni con artisti quali Bill Laswell, Niky Skopellitis, ecc.), che non sono affatto banali. La generalizzazione purista, lontana dall'adeguata comprensione della cultura di cui si vuol parlare, rischia invece di essere, quella sì, banale, finendo poi nella terribile litania dell'artista che si arricchisce. Non c'è niente di più borghese, in fondo, che esaltare le presunte sofferenze dell'artista... Per quello basta un'opera essenzialmente borghese come Bohème...
 
 
pierrde
pierrde il 18/09/09 alle 10:28 via WEB
Non esistono, per fortuna, verità rivelate di valore definitivo nella storia e nella evoluzione del jazz. Ho letto giudizi sommari ad opera di critici e giornalisti sulla produzione discografica di questo o di quel protagonista. Per altri addirittura il jazz è finito da decenni. Ho letto anche, sul mio stesso blog, giudizi stroncanti su una rivista del settore (Jazzit) ad opera proprio di Gualberto che pochi mesi dopo ne è diventato prezioso collaboratore. Di mio, ho espresso una valutazione sicuramente troppo superficiale . Ringrazio Gianni per il dotto e condivisibile richiamo. Naturalmente rimango del mio parere, ne potrei diversamente, sulla godibilità o meno di supporti discografici che, pur ad opera di jazzisti, ne esulano per stile e coordinate. Traducendo: Future Shock rimane a mio parere, un disco inascoltabile (Fantozzi userebbe una espressione più consona…).
 
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