Creato da pierrde il 17/12/2005

Mondo Jazz

Il Jazz da Armstrong a Zorn. Notizie, recensioni, personaggi, immagini, suoni e video.

IL JAZZ SU RADIOTRE

 

martedì 9 ottobre 2018 alle 20.30

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JAZZ & WINE OF PEACE

Pipe Dream

violoncello, voce, Hank Roberts

pianoforte, Fender Rhodes, Giorgio Pacorig

trombone, Filippo Vignato

vibrafono, Pasquale Mirra

batteria, Zeno De Rossi

Registrato il 26 ottobre 2017 a Villa Attems, Lucinico (GO)



 

 

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JAZZ DAY BY DAY

 

 

L'agenda quotidiana di

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I PODCAST DELLA RAI

Dall'immenso archivio di Radiotre č possibile scaricare i podcast di alcune trasmissioni particolarmente interessanti per gli appassionati di musica nero-americana. On line le puntate del Dottor Djembč di David Riondino e Stefano Bollani. Da poco č possibile anche scaricare le puntate di Battiti, la trasmissione notturna dedicata al jazz , alle musiche nere e a quelle colte. Il tutto cliccando  qui
 

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Messaggi di Aprile 2015

IL BLOG TRASLOCA

Post n°3978 pubblicato il 27 Aprile 2015 da pierrde

In questi dieci anni sono stato bene qui su Libero. Ho avuto a disposizione (quasi) tutto quello che mi occorreva per far crescere il mio blog con tutte le tecnologie nuove che pian piano si sono avvicendate.

Il portale in se non mi è mai piaciuto più di tanto: troppo spazio al pettegolezzo, alle notizie pruriginose, alla ricerca del sensazionalistico. Ma mi rendo conto che è con strumenti siffatti che si fa audience; sicuramente non è pane per i miei denti e ho cercato più volte soluzioni diverse senza mai approdare a qualcosa di veramente nuovo sopraytutto da un punto di vista tecnologico.

Ora però è venuto il momento di lasciare. Dopo oltre un anno di vita il portale Tracce di Jazz si è sufficientemente consolidato ed è cresciuto anche tecnologicamente in modo da potermi ospitare al suo interno.

Il blog continua quindi, ma non più a questo indirizzo, dove comunque potete trovare tutto l'archivio di quasi dieci anni di vita.

Mi sono trasferito qui, e spero vorrete continuare a leggermi anche in questa nuova veste:

http://www.traccedijazz.it/index.php/blog

 
 
 

SOTTOVOCE

Post n°3977 pubblicato il 26 Aprile 2015 da pierrde

Le sorprese che riserva il web sono continue. Da navigatore costante e cacciatore di notizie navigato credevo di avere un quadro abbastanza preciso per ciò che concerne la blogosfera italiana, ed in particolare dei siti e dei bloggers che hanno una attenzione ed una sviluppata sensibilità verso la musica ed i suoi personaggi.

Invece non mi ero ancora imbattuto in questo splendido Blue Moon, il blog di Tiziana Campodoni che non solo scrive benissimo, ma ha un amore evidente verso la musica jazz.

Numerosi e tutti godibili sono i post dedicati a personaggi quali Art Pepper, Michel Petrucciani, Stan Getz. Io ho scelto il ritratto, personale e sensibilissimo, di Bill Evans. Eccone l'incipt e in calce il link per la lettura completa:

C’è un affascinante tranello in questa musica anticipato dall’enigma del titolo che è l’anagramma del nome di un amico di Bill Evans, Orrin Keepnews. Il titolo occulta il nome di una persona e il nome del titolo “diventa”, “torna ad essere” ” person”, una persona… “che conosceva”, che sapeva…

Già nel titolo esiste ed è custodita la mappa del brano: parte da un contesto/struttura, Orrin Keepnews, per poi decontestualizzare/destrutturare, l’anagramma, e infine ricontestualizzare/ristrutturare, titolo. Una strutturazione semantica e musicale a più piani di lettura, con più chiavi d’accesso e più sfumature emozionali “criptate” dentro ad una complessità profonda e una “difficoltà” quasi estrema.


https://bluemoonandart.wordpress.com/2014/11/30/bill-evans-sottovoce/

 
 
 

IL JAZZ AI TEMPI DEL COLERA (NAZISTA)

Post n°3976 pubblicato il 25 Aprile 2015 da pierrde

Queste erano le 10 regole per suonare il jazz imposte sotto il regime nazista, come ricordate da Josef Skvorecky, musicista recentemente scomparso che ha vissuto (e suonato) in quei tempi. E quella sopra una vignetta che descrive la deriva dei nostri tempi.

1 I pezzi in ritmo di foxtrot (il cosiddetto swing) non devono superare il 20% del repertorio delle orchestre da accompagnamento e da ballo;

2 In questo cosiddetto repertorio jazz, deve essere data priorità a pezzi in tonalità maggiore e i cui testi esprimano gioia di vivere piuttosto che testi tristemente ebrei;

3 Per quanto riguarda il tempo, si dia preferenza a composizioni vivaci piuttosto che a quelle lente cosiddette blues; comunque, il ritmo non deve eccedere un certo grado di allegro, commisurato con il senso di disciplina e di moderazione Ariano. In nessun caso saranno tollerati eccessi nel tempo (cosiddetto jazz caldo) o in performance solistiche (cosiddetti assoli);

4 Le composizioni cosiddette jazz possono contenere al massimo il 10% di ritmo sincopato; il resto deve consistere di movimenti legati naturali e privi di caratteristiche di isterica ritmica inversa, caratteristica delle razze barbariche e portatrice di oscuri istinti alieni al popolo Germanico (i cosiddetti stacchi);

5 L'uso di strumenti alieni allo spirito Germanico (cosiddetti campanacci, flexatone, spazzole, ecc...) è strettamente vietato, e ugualmente lo sono tutte le sordine che trasformano il nobile suono dei legni e degli ottoni in un verso Ebreo-Massonico (il cosiddetto wa-wa, cappello, ecc...);

6 Sono inoltre proibiti gli assoli di batteria più lunghi di mezza battuta in un ritmo di quattro quarti (eccetto nelle marce di stile militare);

7 Il contrabbasso deve essere suonato solo con l'arco nelle composizioni di cosiddetto jazz;

8 il pizzicato degli archi è proibito, poiché danneggia gli strumenti e svilisce la musicalità Ariana; se il cosiddetto effetto pizzicato è assolutamente necessario per il carattere della composizione, saranno presi accorgimenti particolari perché la corda non tocchi la sordina, il che è conseguentemente vietato;

9 Ai musicisti è ugualmente vietato lanciarsi in improvvisazioni vocali (il cosiddetto scat);

10 A tutte le orchestrine e le orchestre da ballo è fatto avviso di evitare l'uso dei sassofoni di tutte le tonalità e sostituirle con il violoncello, la viola o comunque con un altro strumento popolare.

 
 
 

BATTITI DEL 25 APRILE

Post n°3975 pubblicato il 25 Aprile 2015 da pierrde
 

 

Note di liberazione!

Musiche che parlano e raccontano le lotte di liberazione in un panorama internazionale che va dall'Italia alla Spagna, dal Portogallo alla Francia, fino ad arrivare nelle Americhe. Giorgio Gaslini, Stormy Six, The Unknown Rebel Band, Tony Coe, The Ex, Charlie Haden, Robert Wyatt, Ornette Coleman - Blue Note Records sono tra i protagonisti della notte speciale di battiti.

Radiotre ore 24

 
 
 

FRANCOBOLLI

Post n°3974 pubblicato il 24 Aprile 2015 da pierrde

Gli splendidi francobolli emessi dalle Nazioni Unite per l' International Jazz Day del 30

aprile

 
 
 

PAROLE FUORI

Post n°3973 pubblicato il 24 Aprile 2015 da pierrde

Poi un giorno arrivò Terry. Quando il trombettista Clark Terry capitò dalle mie parti, il suo pianista mangiò qualche schifezza e gli venne la cagarella, e allora Terry cercava un pianista per farsi accompagnare, e la gente gli disse che in zona c'ero io, ma lui disse che un ragazzo di tredici anni era troppo piccolo per accompagnarlo, e che la cosa non si era mai vista da nessuna parte. E quando poi mi vide disse che sembravo ancora più piccolo di uno di tredici anni, e che con uno così proprio non ci avrebbe mai suonato.

Ma quando mi piazzarono sullo sgabello e cominciai a darci dentro, disse che uno così bravo non l'aveva mai sentito, e cavoli, se potevo andare. Clark Terry mi piaceva, gente, era un tipo a posto, aveva cominciato a suonare da ragazzo, nei bar e poi nella banda della Marina Militare, ma poi aveva suonato anche col grande Duke e adesso mi voleva, voleva proprio me. Così entrai un po' nel giro, e a quindici anni suonai pure con Kenny Clarke, un nero che era uno che picchiava forte sulla batteria e pure sul vibrafono, e che aveva inventato un nuovo modo di suonare il piatto della batteria. Ragazzi, la faceva parlare, la faceva.

(...) 

E lì incontrai Charles Lloyd, che ormai faceva l'hippy in mezzo ai boschi e che era triste e non suonava più perché il suo pianista lo aveva abbandonato, e quando arrivai per colpa mia ricominciò a suonare il sax con me e con altri due matti e insieme facemmo un bel quartetto. Suonammo in un mucchio di città, e sempre andava alla grande, e quando suonammo a Montreaux il mio nome all'entrata era scritto grande sulla porta, Michel Petrucciani, e su un giornale scrissero che quel concerto dimostrava la vera statura che avevo raggiunto in così poco tempo, e mi ricordo che quando a colazione sul giornale lessi la parola statura mi andò la spremuta di traverso e dalle risa caddi pure dalla sedia, e a momenti mi rompevo. Suonai con loro per tre anni e dopo me ne andai e cominciai a suonare solo.

Lo amavo, il pianoforte. Alle prove toccavo quella cassa lucida. Quando guardavo dentro ci vedevo i denti del pianoforte che rideva. E quella tastiera così lunga. Avevo un callo osseo nella spalla che non mi lasciava allargare bene il braccio, e ai concerti, per arrivare in fondo alla tastiera, saltellavo sul sedile come un merlo. La gente, siccome mi sporgevo, aveva paura che cadessi, ma non cadevo mai, perché con l'altra mano mi tenevo al pianoforte.

tratto da: Antonio Ferrara, in “Parole Fuori” edizioni Il Castoro, Milano, 2013

 
 
 

IL COMPLEANNO DI MINGUS

Post n°3972 pubblicato il 23 Aprile 2015 da pierrde

Ieri Charles Mingus avrebbe compiuto 93 anni. Tra i molti tributi alla sua fondamentale figura ho trovato in rete una piccola, ragionata e condivisibile discografia che in dieci capitoli ne traccia la storia:

At the Bohemia (Debut, 1956) – Registrato dal vivo in un locale newyorkese, il primo lp 12” (ve n’erano stati in precedenza alcuni formato 10”) da leader di Mingus mette in fila sei brani splendidi (l’edizione attuale aggiunge due alternate takes) che ne dichiarano da subito influenze e poetica, evocando le colonne sonore di Henry Mancini (la felina «Jump Monk», che è pure un omaggio a Thelonious), mediando cool e bebop («Work Song»), jazz e classica («All the Things You C#» cita Rachmaninoff). Il duetto fra la batteria di Max Roach e il contrabbasso suonato da Mingus con l’archetto in «Percussion Discussion» tocca vertici di inenarrabile bellezza.

Pithecanthropus Erectus (Atlantic, 1956) – Il primo capolavoro prende forma cinque settimane più tardi. Al caos organizzato da cui palingeneticamente nasce un mondo nuovo della title-track, vanno dietro un’originale interpretazione di «A Foggy Day» (George & Ira Gershwin), con tanto di sirene e fischietti che suonano nella nebbia, il sentimentale bozzetto di «Profile of Jackie» e un’altra ambiziosa sinfonia jazz piena di cambi di passo, «Love Chant».

The Clown (Atlantic, 1957) – Apre «Haitian Fight Song» – swingante, stridula, drammatica; basso qui felpato, là spezzacuore e fiati da marching band – e tanto basterebbe a rendere ineludibile l’acquisto. Ma ci sono anche lo scuro proto-funky di «Blue Cee», il liricissimo omaggio a Charlie Parker di «Reincarnation of a Lovebird» e il racconto incantevolmente felliniano del brano omonimo. È uno degli album più grandi e sottovalutati del Nostro.

New Tijuana Moods (Bluebird, 1957) – Uno dei lavori mingusiani più accessibili per chi ha poca dimestichezza con il jazz che qui, dopo l’inchino a Gillespie di «Dizzy Moods», si colora di flamenco ed echi gitani («Ysabel’s Table Dance»), diventa giocosa sarabanda («Tijuana Gift Shop»), sipario da corrida («Los Mariachis»), pacata riflessione sul lascito ellingtoniano («Flamingo»). Il cd aggiunge al programma originale versioni differenti di quattro pezzi su cinque.

Blues & Roots (Atlantic, 1959) – Quando si dice un titolo programmatico! Come sovente accade negli album del nostro uomo, il brano chiave è il primo: «Wednesday Night Prayer Meeting», affresco di funzione liturgica negra con i tromboni che spingono come se stessero correndo verso il regno dei cieli e la voce che grugnisce estatici incitamenti. E da lì in poi è paradiso in terra. Dalle parti di New Orleans («My Jelly Roll Soul»).

Mingus Ah Um (Columbia, 1959) – Il fratello gemello del predecessore, a partire da una «Better Git Hit in Your Soul» che è per struttura e atmosfere una «Wednesday Night Prayer Meeting Pt. 2». Nove pezzi in scaletta e ognuno di essi è un classico. Cosa scegliere fra la melodia struggente di «Goodbye Pork Pie Hat» e il saltabeccare ilare di «Boogie Stop Shuffle», fra il romanticismo di «Self-Portrait in Three Colors» e l’invettiva politica (pugno di ferro in guanto di velluto) di «Fables of Faubus»? E perché scegliere?

Mingus Dynasty (Columbia, 1960) – Mingus prende congedo dal suo anno di maggiore grazia con un lavoro che riassume magistralmente le tematiche dei suoi immediati predecessori, sciorinando jazz sudato e poetico, rustico ed elegante insieme, declinando languori amorosi («Diane») che fanno da battistrada a deliziosi quadretti da cartone animato («Song with Orange») e tumulti che gridano che l’America deve cambiare («Gunslinging Bird»). Spettacolare la rilettura del cavallo di battaglia per antonomasia del Duca, «Mood Indigo».

Charles Mingus Presents Charles Mingus (Candid, 1960) – Uno degli organici più agili assemblati dal Nostro – con lui solo Ted Curson (tromba), Eric Dolphy (sassofono) e il fedele Dannie Richmond (batteria) – partorisce uno dei suoi dischi più innovativi, anticipatore di tematiche che saranno più avanti fatte proprie da Ornette Coleman. Spiccano l’iroso blues di «Original Faubus Fables» (l’assassino torna sempre sul luogo del delitto) e il dolente assolo di Mingus in «What Love?».

The Black Saint and the Sinner Lady (Impulse!, 1963) – Le enciclopedie jazz riferiscono di un album dalla storia tormentata, di nastri smarriti o rovinati, di una seconda facciata assemblata con quanto era rimasto dal produttore Bob Thiele, che per le sue intromissioni venne fatto a posteriori bersaglio di strali velenosi. Eppure il disco è fantastico, giostra spezzacuore di ottoni torridi, chitarre spagnoleggianti (un superbo Jay Berliner), ritmi singultanti, oasi di sogno. «Ethnic folk-dance music» la chiamò Mingus. E aveva ragione.

Changes One (Atlantic, 1975) – La seconda (terza?) giovinezza del contrabbassista comincia nel ’73 con Mingus Moves, offre un primo album davvero imperdibile l’anno dopo con il live Mingus at Carnegie Hall e tocca lo zenith nel 1975 con i due volumi gemelli di Changes. Validissimo il secondo, è il primo quello imperdibile. Lo dichiarano lo swing scintillante di «Remember Rockefeller at Attica» e gli incantesimi tentatori di «Duke Ellington’s Sound Of Love», la dedica alla moglie di «Sue’s Changes» e l’istrionico quasi-rock di «Devil Blues».

Fonte: Eddy Cilia 

http://www.minimaetmoralia.it/wp/charles-mingus/

 
 
 

SCOMPARE BERNARD STOLLMAN, IL FONDATORE DI ESP DISK

Post n°3971 pubblicato il 21 Aprile 2015 da pierrde

Bernard Stollman, the founder of the ESP Disk' record label, died yesterday, April 19. According to an announcement on the label’s Facebook page, Stollman had been battling colon cancer that had spread to his spine; he had also recently suffered from pneumonia and low blood oxygen. Stollman was 85. The place of death was not reported.

ESP Disk' was founded in 1964 and from the start its policy—quite rare at the time—was to give all artists complete freedom to release their music as they saw fit. ESP Disk' released copious amounts of avant-garde jazz as well as folk music, underground rock and other genres of music not considered commercial. Among the artists who recorded for ESP Disk' were the Fugs, Pearls Before Swine, the Godz and the Holy Modal Rounders. In the jazz realm, the roster included recordings by Albert Ayler, Ornette Coleman, Pharoah Sanders, Bud Powell, Sun Ra, Paul Bley, Henry Grimes, Gato Barbieri, Sonny Simmons, Steve Lacy and many more.

In 2003, pianist Ellis Marsalis released a solo album on the label. Poet Allen Ginsberg, writer William S. Burroughs, LSD promoter Timothy Leary, pre-punk rocker Jayne County and mass murderer Charles Manson also feature within the label’s sizable discography, as do many artists who were, and remain, obscure.

Continua a leggere qui: 

http://jazztimes.com/articles/159542-bernard-stollman-esp-disk-founder-dies-at-85

 
 
 

EUROPA

Post n°3970 pubblicato il 20 Aprile 2015 da pierrde

Non ho paura della cattiveria dei malvagi ma del silenzio degli onesti

(Martin Luther King)

 
 
 

CANTO MALE IL JAZZ

Post n°3969 pubblicato il 19 Aprile 2015 da pierrde

L’opera prima di Saverio Pepe «Canto male il jazz», con Marco Tamburini, Alfonso Deidda, Aldo Vigorito, Giovanni Scasciamacchia, Daniele Scannapieco e Guido Di Leone, sarà allegata al numero di maggio di Musica Jazz insieme a «The Lomax Tapes» di Paolo Botti.

Quarantatré primavere testé battute e alle spalle tante scene calcate in veste di entertainer, conduttore radiofonico e televisivo, attore e voce recitante. E anche come cantautore, di quelli che le storie le raccontano come si faceva un tempo: con il sorriso, magari anche amaro, sulle labbra. Il jazz c’è sempre stato nel suo guardaroba, tanto da diventare oggetto dei suoi studi accademici e conseguire la laurea presso il conservatorio della sua città, Matera.

E così, dopo anni di lavoro e di ricerca, Saverio Pepe ha voluto unire le sue passioni: la musica, il jazz e l’ironia del suo cantautorato che, già nel titolo, svetta convinta: «Canto male il jazz». Pepe ha il dono della favella: sciolta, agile e concreta; parole senza fronzoli capaci di narrare fatti, persone, città e reconditi segreti con la naturalezza dello chansonnier d’antan che indossa abiti moderni e genuina baldanza.

Continua a leggere qui: 

http://musicajazz.it/la-prima-di-saverio-pepe-canto-male-il-jazz-in-regalo-con-musica-jazz-di-maggio/

E' difficile commentare una uscita siffatta: diamo per scontato che la rivista non può sfornare 12 compact disc con capolavori inediti ogni anno e che, una tantum, possa provare a confezionare qualche cosa di più "leggero" e "potabile" adatto  un pubblico di bocca più buona.

Io ci ho provato ad ascoltare Pepe. Ci ho messo buona volontà, ho letto con attenzione i nomi dei bravi musicisti che lo accompagnano. Ma non sono riuscito comunque a farmelo piacere. Per me il nome dell'album dice già tutto. L'intenzione probabilmente era ironica ma alla fine risulta quanto mai veritiera.

Comunque, visto che su Facebook in meno di 3 giorni il video ha raggiunto 170 "mi piace" (sigh !) non mi rimane che arrendermi: lui canta male il jazz ed io ne scrivo peggio.

 
 
 

VOTA ANTONIO, ANZI NO, VOTA PIERO

Post n°3968 pubblicato il 19 Aprile 2015 da pierrde

La mia personale opinione sui referendum jazzistici l’ho espressa più volte. La riassumo a scanso di equivoci: si tratta di mere indicazioni, che acquisiscono una valenza più o meno significativa ma a puro titolo di conoscenza e scoperta e senza nessuna pretesa di oggettività assoluta. Cosi’ negli anni  il referendum di Down Beat, prossimo a compiere 80 edizioni, e cosi’ il Top Jazz per quanto riguarda il nostro paese.

Sempre in Italia da qualche anno anche il bimestrale Jazzit organizza un referendum tra i lettori. Superate le perplessità sulla formula iniziale e sulla possibilità di inquinare le votazioni da parte di ultras di varie fazioni, le ultime edizioni hanno acquisito una formula meno perforabile ma, evidentemente, ancora non del tutto credibile visto il commento che uno dei musicisti più votati, Piero Bittolo Bon,  si è sentito in dovere di postare su Facebook:

Mi spiace -e parecchio- entrare nel merito dell'argomento referendum jazz, ne avrei fatto volentieri a meno. Il dado è tratto: a quanto pare sono stato votato da un migliaio di persone come miglior flautista per i Jazzit Awards, classificandomi terzo. La cosa mi imbarazza fortemente: suono il flauto poco e male (nonostante mi piaccia molto farlo) e dentro e fuori da quella classifica ci sono signori flautisti i quali hanno tutto il diritto di farsi delle grasse risate in merito ad un piazzamento del genere, al netto della totale cretineria di queste operazioni. Sinceramente vorrei sapere com'è possibile che così tanta gente -con mille voti uno diventa consigliere comunale in una città di medie dimensioni, potrei quasi quasi darmi alla politica- abbia ritenuto degni di cotanta stima i miei excursus flautistici, che sono stati immortalati in non più di due o tre occasioni su CD (e mai in più di un paio di tracce). Invito quindi i cari amici di FB che avessero preso a cuore le mie velleità auliche votandomi al suddetto referendum a fare outing qui sotto, e a non farlo mai più. A parte gli scherzi, vorrei capire, perchè non mi è chiaro.

Che dire ? Innanzitutto va dato atto a Piero Bittolo Bon della sua onestà . Poteva starsene zitto e postare il risultato e pochi o nessuno avrebbero avuto a che dire. Riconosciuto al musicista il suo comportamento corretto rimangono tutte le perplessità sui meccanismi del Jazzit Award, anche perché Piero ha postato l’8 aprile, da allora molti sono i commenti che si sono succeduti (alcuni parecchio illuminanti) ma nessuno che abbia fugato o meno i dubbi e tantomeno da parte dei redattori o del direttore del magazine.

Credo che nessuno risponderà a me visto che non ha risposto al diretto interlocutore, e d’altronde l’argomento non ha una importanza cruciale sotto nessun punto di vista. Non mi rimane che indicare il link al quale leggere tutta la vicenda e ribadire la mia opinione: prendete i referendum cum grano salis….

https://www.facebook.com/pierobittolobon?fref=ts

 

 

 
 
 

IL BANDO FRANCESCHINI

Post n°3967 pubblicato il 18 Aprile 2015 da pierrde

Ricordate le promesse dello scorso anno del ministro della cultura Franceschini sulla erogazione annuale di 500 mila euro a favore della promozione e del sostegno della musica jazz ?

Bene, in questi giorni sono stati resi noti gli esiti, e di conseguenza gli assegnatari che risultano essere 9, a fronte di 99 progetti bocciati.

Una prima analisi del bando e delle sue conseguenze è ad opera di Enrico Bettinello che esegue una prudente e scrupolosa disanima sulle pagine web di  GliStatiGenerali.com

http://www.glistatigenerali.com/musica/il-mio-bando-suona-il-jazz/

 
 
 

AZERTIS

Post n°3966 pubblicato il 17 Aprile 2015 da pierrde

Gli ho chiesto di quei tempi,

quando ancora eravamo così giovani,

ingenui, impetuosi, sciocchi, sprovveduti.

È rimasto qualcosa, tranne la giovinezza

- mi ha risposto.

Wisława Szymborska

 
 
 

ENTEN ELLER A PIAZZA VERDI

Post n°3965 pubblicato il 17 Aprile 2015 da pierrde

La puntata della trasmissione radiofonica del 11 aprile che aveva il gruppo Enten Eller come ospite è ascoltabile in podcast cliccando qui:

http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/popupaudio.html?t=PIAZZA%20VERDI%20del%2011/04/2015%20-%20Enten%20Eller&p=PIAZZA%20VERDI%20del%2011/04/2015%20-%20Enten%20Eller&d=&u=http://www.radio.rai.it/podcast/A45838431.mp3

 
 
 

A.A.A. CERCASI JAZZ (IN FESTIVAL JAZZ)

Post n°3964 pubblicato il 16 Aprile 2015 da pierrde

MONTREUX -Il programma del Montreux Jazz Festival è una vera e propria parata di stelle: Lionel Richie, Lenny Kravitz, Portishead, Toto, Caetano Veloso & Gilberto Gil, Zaz, Santana, Al Jarreau, Paolo Nutini, James Blake, Sam Smith, Years & Years, Zaz, Jamie XX, George Ezra, D'Angelo, The War on Drugs, Mary J. Blige, The Chemical Brothers, Damien Rice, Alabama Shakes, John Legend, Jackson Browne, Sinead O'Connor, e molti altri.

La conferenza stampa è iniziata alle 11.30, ma un paio di nomi sono stati anticipati: in particolare quelli di Chick Corea & Herbie Hancock, ma soprattutto quelli di Lady Gaga e Tony Bennett, che duetteranno sul palco vodese il 6 luglio. Un programma molto 'pop' e anche piuttosto giovane, quello appena svelato con una clip video che ha raccolto tutti i nomi della kermesse.

I giornalisti presenti alla conferenza hanno potuto ascoltare Jack Garratt, che sarà presente al Festival, e che ha suonato alcuni brani. 'Padrino' di una serara sarà Quincy Jones, il leggendario produttore di Michael Jackson. I prezzi non sono propriamente popolari: per ascoltare Lady Gaga, ad esempio, ci vorranno almeno 145 franchi, ma si potranno sborsare fino a 385 franchi a seconda dei posti scelti. Il programma completo è consultabile qui.

http://www.tio.ch/News/Svizzera/Attualita/1027317/Le-stelle-piovono-su-Montreux

http://www.montreuxjazzfestival.com/fr/programme15

 
 
 
 

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