Creato da fedechiara il 14/11/2014
l'indistinto e il distinto nel suo farsi
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Frasette, frasi fatte e stendardi. Si salvi chi può. Mi intrigano quelle frasi perentorie che alcuni di noi, su facebook, agitano come stendardi di battaglia e/o scudi di legno contro le frecce che, a migliaia, scendono dal cielo virtuale e paventiamo la subitanea sconfitta o i sondaggi avversi al nostro partito. Prendete questa: 'Ci vuole qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria'. Orpo! Solo che, poi, incuriosito, allunghi la disamina a ritroso e fioccano le domande. Chi sono gli odiatori miserabili che si additano al pubblico ludibrio? E, una volta identificati, stanno in branco rancoroso solo da un parte politica o nuotano con fieri cipigli ed elmi e corazze anche tra coloro che si dicono 'sardine' apolitiche, - ma se fai schioccare il nome di Salvini in un loro pubblico consesso il banco si scompiglia rabbiosamente e ti ritrovi circondato da autentici piranas assetati del tuo sangue e che ti spolpano a brani? Già, perché il limite di quelle frasette apodittiche e autorevolissime perché prese in prestito da Einstein, Ghandi, Madre Teresa o l'ottimo Umberto (di cui raccomando la lettura del suo 'Diario Minimo' e le 'Bustine di Minerva' oltre ai romanzi) il limite, dicevo, sta nel loro essere agitate come stendardi di battaglia da soldati in guerra - e sono processi sommari e sentenze passate in giudicato dopo solo un grado di giudizio, quello di chi le scrive sul proprio profilo e se ne fa forte perché davanti a lui, a fargli schermo, c'è un gigante, l'Umberto, che nessuno può discutere pena il franare giù dalla montagna di cultura che, egli, degnissimamente, rappresenta, pace all'anima sua laicissima e disincantata. E, personalmente, dopo aver molto letto, negli anni passati, dell'Umberto Conteso suoi suoi libri e sull'Espresso e la Repubblica (ben altro giornale da quello che trovi oggi nelle edicole), preferisco le ampie disamine degli eventi e dei pareri degli opposti protagonisti e i dibattiti e le contese ragionate, come quelle che, narra Tucidide, avvenivano nella agorà degli spartiati e degli ateniesi con le rispettive ambascerie prima che se le dessero di santa ragione sui campi di battaglia. Perché, si sa, le armi della critica sono sempre preferibili alla critica delle armi, ma se si impugnano gli stendardi degli odiatori (di una parte e dell'altra) e li si sventola sui campi di battaglia virtuali tocca armarsi e partire alla carica. E 'si salvi chi può'.
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