Ce que l’on apprend au milieu des fléaux, c’est qu’il y a dans les hommes plus de choses à admirer que de choses à mépriser. Albert Camus - La Peste
Forse ha ragione il grande Albert nel descrivere che fa nel suo romanzo l'epidemia di peste che colpisce la città e la mette alle corde – come accade oggi alla più grande economia del pianeta, la Cina – e ne racconta gli atti di dedizione e di eroismo: di persone che sfidano la paura e la morte per aiutare gli altri, quella entità strabocchevole e varia e rissosa e non sempre encomiabile nelle scelte e i comportamenti che chiamiamo 'l'umanità'.
Ammiriamo i governanti che decidono le quarantene e le chiusure tempestive degli aeroporti e dei confini (lo sono state?), ammiriamo vieppiù i medici di prima linea, soldati che sfidano il virus 'corpo a corpo' per prestare soccorso, come il dottor Rieux del romanzo, ammiriamo gli uomini delle presenti generazioni che hanno inventato le tecnologie mediche e sanitarie che argineranno, prima o poi, quest'altra catastrofe e impediranno alla nuova peste del 'coronavirus' di fare i milioni di morti che le pesti nere hanno collezionato nei faticosi secoli dell'Europa dall'anno Mille ai giorni nostri.
E tuttavia constatiamo sgomenti che la marcia confusa e conflittuale dell'umanità verso la 'globalizzazione' e i 'vasi comunicanti' delle genti in marcia per violare i confini chiusi con il grimaldello di una malintesa e indebita 'pietas' buonista produce i guasti che ci raccontano i giornali e i telegiornali – e sono rotti i confini di terra e di mare e di cielo dagli uomini insieme agli insetti, ai pesci e agli uccelli, migratori da sempre e antesignani di questa insensata 'lunga marcia' verso la catastrofe.
E forse hanno ragione coloro che insistono a dire che non c'è argine possibile e rimedio a questo insensato mescolarsi e migrare e scambiare gli uomini e le culture e farli/e deflagrare, pagando gli altissimi prezzi degli attentati dei 'radicalizzati sul web' e il diffondersi delle pandemie su scala globale, forse ha ragione il poeta a rammentarci che 'ove che sia, entro covile o cuna, è funesto a chi nasce il di' natale'.
E' ciò che apprendiamo nel durare dei flagelli. E chiudiamo tardivamente le frontiere, spegniamo le economie, seppelliamo le vittime e ci chiudiamo a notte, in attesa che il flagello si attenui.
Inviato da: LewisCannon
il 15/08/2024 alle 09:09
Inviato da: cassetta2
il 29/07/2024 alle 22:19
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il 29/06/2024 alle 12:34
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il 24/06/2024 alle 06:56
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il 23/06/2024 alle 16:38