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Impressioni di un settembre

Post n°80 pubblicato il 12 Settembre 2015 da IlContaFiabe

Ci sono domande che alle volte rumoreggiano dentro il silenzio di una stanza, come mosconi d’estate che ti ritrovi a svolazzarti attorno con quel loro cupo ronzare mentre ti accingi a prendere sonno.

 

Ad occhi chiusi cerchi di immaginarne la posizione e poi, a poco a poco, provi ad ignorarne la presenza ma quando pensi d’averli persi d’attenzione o di coscienza eccoli riapparire insistenti.

 

Allora bisogna alzarsi, vincere la forza di gravità che ti schiaccia sul letto, e pure quella forza ancora più pressante del tuo sonno incipiente che ti vorrebbe addormentato, e aprire una finestra e via, con le mani o un altro qualcosa che ti ritrovi vicino, a cercar di far uscire quell’inopportuna presenza. Via verso la sua libertà che per una curiosa coincidenza del caso dimostra che gli opposti, alle volte, coincidono. Alla sua libertà coincide magicamente anche la tua. Lui libero di spaziare verso nuove mete, nel cielo terso di un pomeriggio intriso di caldo e di profumi tu altrettanto libero  finalmente disteso a perderti fra le braccia d’un sonno che cerchi liberatorio d’ogni altro pensiero.

 

Ci sono domande alle volte così insistenti, che manifestano la loro presenza con un cupo ronzare dentro la testa. E lì, nella testa, non ci sono finestre da aprire, o porte e non le puoi scacciare se non prestando loro quell’attenzione che vorresti evitare per non impegnarti nel cercar soddisfazione d’una risposta che se non certa, risulti comunque plausibile, al passaggio vigile d’ogni forma di controllo razionale.

 

Ci son domande così, che a volte sono soltanto esigenze inespresse, e tu devi starci pure attento ad interpretare quel senso di malessere insistente, quell’insoddisfazione cui non sai appiccicare un nome e capire, comprendere, spiegare, e devi, come un oracolo interpretare i segni del tempo o dell’occasione e trasformarli in destino.

 

Ci son domande così subdole e insistenti che neppure al microscopio, potessi guardar le cellule del tuo cervello, le troveresti espresse.

 

Perché le domande  nascono così, non sai da dove tanto che ti verrebbe da chiedere, fosse una punto preciso di uno dei tuoi due emisferi, di congelartelo, di sezionarlo per poterlo abbandonare, per non sentirle nascere, per non viverci accanto. Per non avercele dentro.

 

Così son le domande, certe domande, a volte.

 

E allora ti accorgi che non sei solo cervello o che forse di cervello non ne hai abbastanza da capirle o da capirti, e ti rifugi in immagini di coscienza o di cuore o d’altro posto inesplorato, indefinibile, imperscrutabile. Resti così, sospeso, in quella forma di incoscienza che quasi ti toglie la ragione e cerchi con il prodigar di tutti i sensi di carpirne il mistero di quell’incognita. Respirare una domanda, toccarla, vedersela davanti agli occhi, succhiarla per sentirne il sapore, ascoltarla con l’orecchio teso come si fa con  il silenzio della stanza o lo sciabordio del mare o i racconti del vento o il cinguettar di uccelli o lo stormir delle fronde….Rumori a volte, altre un sollevarsi d’animo, un’alleggerirsi del cuore.

 

Ed era così dentro al cuore od alla testa di Elena che succedeva in quel momento. Un latrare di cani lontani, forse, il suono di una campana, no, due, una greve l’altra più acuta. Il suono della prima le rimbombava dentro al petto rimescolandosi a quello del suo cuore. La seconda le cerchiava la testa perforandole i timpani fino a non farla dormire.

 

Se n’era accorta quasi per caso, all’indomani di quel primo distratto punto di contatto che germogliavano, dentro di sé, parole soffocate, altre sconosciute o solo lasciate sottese. Germogliavano come i fiori del mandorlo o la mimosa, a volte profumate altre sgargianti, a macchie.

 

Ma erano rimaste lì come un voler non darci peso, o presa dal piacere di coglierne la sottile presenza. Piccole, sarebbero rimaste piccole, lei  lo credeva, la loro presenza non avrebbe turbato l’equilibrio meraviglioso della sua esistenza.

 

Le coltivò, anzi, compiaciuta di quel loro spontaneo attecchire su una terra che pensava ormai arida, secca. E bastaron poche gocce di rugiada ed un bicchiere colmo di affetto perché i germogli presto fiorissero e i tronchi e i fusti irrobustissero.

 

Ma la terra era tanta e si perdevano in quell’infinito deserto.

 

Fu allora che Elena colse quei primi fiori e se ne adornò il capo e i seni e i fiori carezzandola arrivarono a coprirne il corpo, possedendola. A questo Elena ne fu turbata ma le piacque quel gioco dei petali sulla sua pelle convinta di non smarrire la strada.

 

Anzi nutrì coi sogni quei dubbi incipienti, alimentando l’urgenza di una risposta che non si curò di dare anzi, si persuase che il dubbio non l’avrebbe scalfita ma rafforzata. Il dubbio.

 

Quindi cullò quei fiori nelle notti stellate sopra la terrazza  sotto il cielo di Itaca fino a che questi non invasero la terra trasformandola da deserto in giardino, e l’aiuola diventò poi un’oasi che si staccò dalle terre note per disegnar confini di un isola non troppo lontana, immersa fra onde e zefiri di luoghi sconosciuti.

 

Succede, successe che quando le domande diventano navi che tracciano una rotta, e da sopra il cassero il comandante scioglie le vele e parta verso i luoghi sconosciuti, a volte i marinai più accorti scendano di soppiatto da quei legni e resistano alla voluttà dell’infinito sazi del  loro sapere.

 

Tacciono per loro i richiami del nuovo mondo e le voci delle sirene sono echi confusi, indistinti, lontani.

Elena guardò quei fiori  che avevano coperto il mondo e si sentì smarrita. Coperte, parevano, le strade conosciute da quei colori e dai profumi assordanti. E sentì distintamente nascerle dentro l’urgenza di risposte che non voleva affrontare.

 

Richiuse gli occhi per l’interminabile comparire d’un attimo, di quegli attimi irreali, senza tempo.

 

Gli riaprì che il cielo s’era fatto buio. I fiori li attorno stavano tutti appassendo e con loro sentiva svanire  il bisogno d’una risposta urgente a quella rotta che aveva incrociato.

 

Uscì d’impulso sopra il balcone. La terrazza amica l’accolse con un calmo sorriso. Si sentì bene, d’improvviso. Calma. Prese un foglio ed un matita e tracciò in brevi tratti decisi la risposta maturata dentro il suo cuore.

 

Disegnò varie colonne, la sagoma del Partenone e sopra un cielo ricolmo di stelle ad una sola attaccò una scia che tutti lessero poi come d’una cometa.

Solo per lei fu chiaro da subito il messaggio.

 

Quella era la traccia della sua stella cadente.

 

E sotto scrisse piano un titolo che le venne dal cuore. “Impressioni di un Settembre” ma lei lo avrebbe per sempre chiamato amore.

 

 

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Commenti al Post:
Katartica_3000
Katartica_3000 il 12/09/15 alle 15:27 via WEB
Tante donne, come Elena, riescono a chiarirsi scrivendo: forse perchè scavano dentro, approfondiscono,e si tirano fuori quei semi di pensieri inespressi, rivelandoli su carta... chiamandoli il più delle volte Amore:-))
 
 
IlContaFiabe
IlContaFiabe il 12/09/15 alle 19:33 via WEB
ma solo alcune donne sanno davvero cosa sia l'Amore per poterlo poi riconoscere davvero e così chiamarlo consapevolmente :)
 
NU_VO_LA.00
NU_VO_LA.00 il 12/09/15 alle 23:02 via WEB
Grazie a nome dei miei occhi che non hanno faticato ... Settembre è un mese che amo...non mi stupisce che i suoi colori caldi e carezzevoli abbiano acceso l'amore in Elena.Complimenti ! Buon weekend ^_______^
 
 
IlContaFiabe
IlContaFiabe il 13/09/15 alle 00:22 via WEB
si va verso l'autunno cara nuvoletta, la stagione che rende uniche le foglie, le une differenti da ogni altra...e che rende unica ogni cosa, forse. Anche gli Amori
 
molto.personale
molto.personale il 15/09/15 alle 12:43 via WEB
La magia di una nuova stagione fa esplodere in lei il sentimento più bello ed intenso che possa esistere..ciò che si ha dentro molto spesso viene impresso su carta perchè il fluire dei pensieri è ben diverso dalle parole lasciate nero su bianco..queste danno una volta lette un'emozione unica e senza fine..buona giornata ^_^
 
 
IlContaFiabe
IlContaFiabe il 15/09/15 alle 19:46 via WEB
ho sempre pensato che lo scrivere sia un po' come l'esplorare territori nuovi e punti di vista anche differenti dal mio. una specie di viaggio, a volte, dentro qualcosa che non sia semplicemente "me"...così, a volte, mi immagino percorso nuovi per sondare nuovi punti di vista :)
 
molto.personale
molto.personale il 18/09/15 alle 13:26 via WEB
Che sia un pimpante weekend ^_^ un abbraccio
 
 
IlContaFiabe
IlContaFiabe il 20/09/15 alle 11:10 via WEB
che sia altrettanto per te :)
 
ladydentrocchi
ladydentrocchi il 19/09/15 alle 17:41 via WEB
alcune domande riportano dei ricordi dolorosi o con i sorrisi... ci vuole forza per farsi trascinare via o forza per evitare che succeda.
 
 
IlContaFiabe
IlContaFiabe il 20/09/15 alle 11:12 via WEB
certi ricordi sono scogli che vorremmo evitare per paura d'incagliarci. sta alla forza del mare, o del vento che soltanto il tempo (e a volte la ragione o il cuore) sa far soffiare, per levigarli o inghiottirli finalmente per far loro pace sul fondo del nostro passato. Là riposeranno come tutte le cose andate, e non faranno più male.
 
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