Creato da johnfante1975 il 07/11/2007

STOSULLARIVAESOGNO

Foto,Libri,Quadri

 

 

tratto da "Compagno di sbronze" di C.Bukowski

Post n°144 pubblicato il 16 Ottobre 2008 da johnfante1975
 
Tag: libri

Il bar.Ma certo.Dominava la pista di decollo.Eravamo seduti al bar ma il barista ci ignorava.I baristi dei bar degli aeroporti sono degli snob,decisi io,proprio come una volta i facchini dei treni erano degli snob.Suggerii a Garson che piuttosto che cacciare un urlo al barista,che poi era quel che lui (il barista) desiderava,avremmo fatto meglio a sederci ad un tavolo.Prendemmo il tavolo.Ladri ben vestiti intorno a noi,dall'apparenza tranquilla e ottusa,che sorseggiavano i loro drink,che parlavano quieti in attesa del volo.Io e Garson eravamo seduti e lumavamo le cameriere."Merda," disse Garson,"dai un'occhiata-hanno dei vestiti fatti in modo tale che gli puoi vedere le mutandine." "Ummmm,hum," dissi.Poi attaccammo coi commenti.Quella li' non aveva il culo.Le gambe di quell'altra erano troppo sottili.E tutte e due sembravano stupide mentre pensavano d'essere materiale infiammabile.Quella senza culo si avvicino'.Dissi a Garson di fare la sua ordinazione e poi ordinai per me un whiskey con acqua.Lei ando' a prendere i drink,poi torno'.I drink non erano piu' abbondanti che in un bar normale ma fui costretto a lasciarle una buona mancia perche' mi faceva vedere le mutandine-e da vicino anche."Hai fifa?" chiese Garson."Si," dissi io, "ma di cosa?" "Di volare per la prima volta." "Pensavo di si.Ma adesso,guardando questi-" indicai la gente al bar "-non e' piu' un problema..." "E le letture poetiche?" "Le letture non mi vanno.Sono stupide.Come scavare un fosso.Si fanno per sopravvivere." "Ma almeno tu fai quel che ti piace." "No," dissi io,"Non faccio quel che mi piace." "D'accordo,ma almeno la gente apprezza quel che fai." "Lo spero.Mi dispiacerebbe farmi linciare per aver letto un sonetto."

 
 
 

Post N° 143

Post n°143 pubblicato il 06 Ottobre 2008 da johnfante1975
 

Desideravo acquisire la semplicita',i sentimenti puri e le virtu' della vita selvaggia,spogliarmi delle abitudini artificiali,dei pregiudizi e delle imperfezioni del mondo civilizzato;e trovare,nella solitudine e nella grandiosita' del selvaggio ovest,vedute piu' corrette della natura umana e dei veri interessi dell'uomo.La stagione delle nevi andava preferita,perche' potessi sperimentare il piacere della sofferenza e la novita' del pericolo.

                                                                 Estwick Evans

 
 
 

         tratto da "Lettere 1932-1981" J. Fante

Post n°142 pubblicato il 30 Settembre 2008 da johnfante1975
 
Tag: libri

                                           Bunker Hill,L.A.                             

                                              

                                                                      (alla madre)

                                                                  26 gennaio 1933

Cara mamma:

Credo mi tocchi un'altra bordata di giorni duri.Sono di nuovo al verde,e questa volta sono messo proprio male.Comunque non sono preoccupato.Attraversare questi giorni senza un soldo e' roba vecchia per me.Ci sono talmente abituato che non mi sgomento piu'.Giorno dopo giorno mi sento sempre piu' o meno uguale.In qualche maniera riesco a procurarmi da mangiare a sazieta',un letto caldo,un posto per scrivere,e moltissimo tempo per sognare.Che altro si puo' volere?Speranze.Si,un uomo deve avere delle speranze.Beh,chi,in questo mondo di scrittori,non scambierebbe il suo posto con il mio.Io sono in una condizione invidiabile,me ne rendo conto e ho intenzione di approfittarne.

                                                                           

                                                               Il mio amore a tutti,   

                                                                                   Johnnie.

 
 
 

tratto da "Un anno terribile" di John Fante

Post n°141 pubblicato il 26 Settembre 2008 da johnfante1975
 
Tag: libri

La scala era perfettamente sicura,fissata a rotaie in alto e in basso,ma io la tenevo con entrambe le mani,per nessun altro motivo se non quello che istintivamente ti spinge a tenere una scala quando qualcuno ci sale.Feci anche un'altra cosa istintivamente,senza pensarci.Guardai.Quello che vidi non l'avevo mai visto prima,non in quel modo.Il suo posteriore,due pani dorati e tondi,un solco mozzafiato tra loro,e un ciuffo di peli che sembravano truciolato di ottone.Per tutta la vita mi ero soffermato a rimuginare e a ponderare sulla deprimente bruttezza di quella zona,avendola intravista soltanto sotto i vestiti di mia madre e delle mie zie,spaventosa come un nido di topi,scialba come i rifiuti che l'aspirapolvere risucchia,oscena ma obbligatoria,terribile confronto al quale prima o poi doveva sottomettersi ogni uomo.Non c'era da meravigliarsi che fosse un peccato guardarla,un peccato desiderarla,e un peccato ancora piu' grave penetrarla a meno di non essere sposato.Eppure eccola li' sulla scala,a un metro e mezzo sopra di me,una nuvola bronzea che fluttuava nella tenda della gonna,con la luce del sole che la colpiva attraverso i vetri sottili della finestra come se fosse stata elettrica,e io ne ero ipnotizzato.Poi sentii la sua voce:<<E' l'espressione piu' stupida che abbia mai visto in vita mia>>.Guardava in basso verso di me con un sorriso letale.Mi sentii pieno di vergogna ed ebbi un attacco di panico.Volevo correre fuori nella strada.Scese,e io indietreggiai tenendo gli occhi bassi.

 
 
 

   tratto da "Il Dio di mio padre" di John Fante

Post n°140 pubblicato il 24 Settembre 2008 da johnfante1975
 
Tag: libri

Me lo disse un poliziotto,di quella stanza.Disse che stava su a Bunker Hill,in un grande edificio grigio a stucco.Ci andai.Trentacinque anni fa,Bunker Hill era un quartiere alla moda,oggi non lo e' piu'.Quelle dimore di ventidue stanze di una volta sono ormai malandate.Un grande edificio grigio a stucco.Era li'.Suonai il campanello.Una messicana apri' la porta.Era un tipo forte,ben piantato.I suoi capelli avevano il nero brillio scintillante dello smalto.Erano cosi' scuri e cosi' scintillanti che davano a quel suo viso una sfumatura arancione.Era la signora Flores.La pigione era dieci dollari a settimana.Gliene diedi quaranta.<<Meglio che veda la stanza,prima>> disse lei.Ma io ero stufo di cercare stanze.Avrei preso qualsiasi cosa,mi bastavano quattro pareti.Volevo esser da solo con la mia macchina per scrivere.Avevo del lavoro da fare.Non mi importava com' era fatta la stanza.La signora Flores mi porto' su al secondo piano.L acasa era molto vecchia.Le porte erano alte e massicce.Le maniglie d'ottone.Vedendo la stanza,esitai.Era cosi' spoglia.Solo quattro mobili:letto,cassettone,una sedia e il tavolo.Niente scendiletto.Niente tende.Non un quadro alle pareti.<<E' cara per com'č,signora Flores>>.<<Gliel'avevo detto di dare un'occhiata,prima>>.Non era arrabbiata.Diciamo che non gliene importava molto.Quando parlo',vidi i suoi denti bianchi.Erano semplicemente perfetti.Era vestita al modo della sua gente,con una gonna alla campagnola e una blusa,gli orecchini d'argento abbinati a un ciondolo d'argento al collo.I suoi piedini calzavano un paio di sandali messicani dall'aria solida e comoda.Se ne ando' in cerca del sapone e degli asciugamani.Io aprii la mia valigetta e tirai fuori le poche cose che possedevo.Qualche camicia,mutande,cravatte,calzini.Un'intera risma di carta bianchissima.Ero in un periodo di magra.Ma avevo molto per scrivere.Era un'urgenza che mi premeva fino a farmi male.

 
 
 
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Edward Bunker

 
 
 
 

io sono come Cristoforo Colombo.

Me ne sto li' sulla riva,e sogno.

E,come il mio compatriota,

mi riporteranno indietro in catene.

        Ma amo la mia vita.

             John Fante

 

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