Il bar.Ma certo.Dominava la pista di decollo.Eravamo seduti al bar ma il barista ci ignorava.I baristi dei bar degli aeroporti sono degli snob,decisi io,proprio come una volta i facchini dei treni erano degli snob.Suggerii a Garson che piuttosto che cacciare un urlo al barista,che poi era quel che lui (il barista) desiderava,avremmo fatto meglio a sederci ad un tavolo.Prendemmo il tavolo.Ladri ben vestiti intorno a noi,dall'apparenza tranquilla e ottusa,che sorseggiavano i loro drink,che parlavano quieti in attesa del volo.Io e Garson eravamo seduti e lumavamo le cameriere."Merda," disse Garson,"dai un'occhiata-hanno dei vestiti fatti in modo tale che gli puoi vedere le mutandine." "Ummmm,hum," dissi.Poi attaccammo coi commenti.Quella li' non aveva il culo.Le gambe di quell'altra erano troppo sottili.E tutte e due sembravano stupide mentre pensavano d'essere materiale infiammabile.Quella senza culo si avvicino'.Dissi a Garson di fare la sua ordinazione e poi ordinai per me un whiskey con acqua.Lei ando' a prendere i drink,poi torno'.I drink non erano piu' abbondanti che in un bar normale ma fui costretto a lasciarle una buona mancia perche' mi faceva vedere le mutandine-e da vicino anche."Hai fifa?" chiese Garson."Si," dissi io, "ma di cosa?" "Di volare per la prima volta." "Pensavo di si.Ma adesso,guardando questi-" indicai la gente al bar "-non e' piu' un problema..." "E le letture poetiche?" "Le letture non mi vanno.Sono stupide.Come scavare un fosso.Si fanno per sopravvivere." "Ma almeno tu fai quel che ti piace." "No," dissi io,"Non faccio quel che mi piace." "D'accordo,ma almeno la gente apprezza quel che fai." "Lo spero.Mi dispiacerebbe farmi linciare per aver letto un sonetto." |
Desideravo acquisire la semplicita',i sentimenti puri e le virtu' della vita selvaggia,spogliarmi delle abitudini artificiali,dei pregiudizi e delle imperfezioni del mondo civilizzato;e trovare,nella solitudine e nella grandiosita' del selvaggio ovest,vedute piu' corrette della natura umana e dei veri interessi dell'uomo.La stagione delle nevi andava preferita,perche' potessi sperimentare il piacere della sofferenza e la novita' del pericolo. Estwick Evans |
Bunker Hill,L.A. (alla madre) 26 gennaio 1933 Cara mamma: Credo mi tocchi un'altra bordata di giorni duri.Sono di nuovo al verde,e questa volta sono messo proprio male.Comunque non sono preoccupato.Attraversare questi giorni senza un soldo e' roba vecchia per me.Ci sono talmente abituato che non mi sgomento piu'.Giorno dopo giorno mi sento sempre piu' o meno uguale.In qualche maniera riesco a procurarmi da mangiare a sazieta',un letto caldo,un posto per scrivere,e moltissimo tempo per sognare.Che altro si puo' volere?Speranze.Si,un uomo deve avere delle speranze.Beh,chi,in questo mondo di scrittori,non scambierebbe il suo posto con il mio.Io sono in una condizione invidiabile,me ne rendo conto e ho intenzione di approfittarne.
Il mio amore a tutti, Johnnie. |
Me lo disse un poliziotto,di quella stanza.Disse che stava su a Bunker Hill,in un grande edificio grigio a stucco.Ci andai.Trentacinque anni fa,Bunker Hill era un quartiere alla moda,oggi non lo e' piu'.Quelle dimore di ventidue stanze di una volta sono ormai malandate.Un grande edificio grigio a stucco.Era li'.Suonai il campanello.Una messicana apri' la porta.Era un tipo forte,ben piantato.I suoi capelli avevano il nero brillio scintillante dello smalto.Erano cosi' scuri e cosi' scintillanti che davano a quel suo viso una sfumatura arancione.Era la signora Flores.La pigione era dieci dollari a settimana.Gliene diedi quaranta.<<Meglio che veda la stanza,prima>> disse lei.Ma io ero stufo di cercare stanze.Avrei preso qualsiasi cosa,mi bastavano quattro pareti.Volevo esser da solo con la mia macchina per scrivere.Avevo del lavoro da fare.Non mi importava com' era fatta la stanza.La signora Flores mi porto' su al secondo piano.L acasa era molto vecchia.Le porte erano alte e massicce.Le maniglie d'ottone.Vedendo la stanza,esitai.Era cosi' spoglia.Solo quattro mobili:letto,cassettone,una sedia e il tavolo.Niente scendiletto.Niente tende.Non un quadro alle pareti.<<E' cara per com'č,signora Flores>>.<<Gliel'avevo detto di dare un'occhiata,prima>>.Non era arrabbiata.Diciamo che non gliene importava molto.Quando parlo',vidi i suoi denti bianchi.Erano semplicemente perfetti.Era vestita al modo della sua gente,con una gonna alla campagnola e una blusa,gli orecchini d'argento abbinati a un ciondolo d'argento al collo.I suoi piedini calzavano un paio di sandali messicani dall'aria solida e comoda.Se ne ando' in cerca del sapone e degli asciugamani.Io aprii la mia valigetta e tirai fuori le poche cose che possedevo.Qualche camicia,mutande,cravatte,calzini.Un'intera risma di carta bianchissima.Ero in un periodo di magra.Ma avevo molto per scrivere.Era un'urgenza che mi premeva fino a farmi male. |
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Nickname: johnfante1975
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"Avrei potuto giocare meglio le mie carte,senza dubbio,e ci sono cose di cui mi vergogno,ma quando mi guardo allo specchio,sono fiero di quello che sono.I tratti del mio carattere che mi hanno fatto combattere il mondo sono gli stessi che mi hanno permesso di farmi valere".
Edward Bunker
io sono come Cristoforo Colombo.
Me ne sto li' sulla riva,e sogno.
E,come il mio compatriota,
mi riporteranno indietro in catene.
Ma amo la mia vita.
John Fante
Inviato da: johnfante1975
il 02/11/2010 alle 23:32
Inviato da: sara.princess1987
il 22/07/2010 alle 14:04
Inviato da: qualchevoltasuccede
il 24/11/2009 alle 19:15
Inviato da: sara.princess1987
il 12/09/2009 alle 16:05
Inviato da: sara.princess1987
il 31/05/2009 alle 13:42