Papavero rosso

Una lirica innevata da sovrapposizioni dense di vissuto problematico: il drammatico feriale e le luminarie della festa, una “lettiga velata” e la danza dei “fiocchi di neve”, angoscia e “fiducia che annaspa”. Il colore che tutto scenografa è il bianco: in alcune culture lutto, malattia, sofferenza, in altre rinascita, resurrezione. La razionalità-poetica è in quella neve che “sibila” ma non garantisce “domani”, “non spiega”, a volte sì “conforta” sofficemente, altre “copre” saldamente la determinazione nel reclamare “vena poetica”, altre ancora smuove in sensibilità “e non teme banalità” e tenta di cullare il freddo gelido della solitudine. La neve scalda in superficie il sogno ma irrigidisce le membra, il sogno segna le “distanze” e non riesce a unificare “le dolorose circostanze”. Alla fine, come libellula, in metamorfosi narcisa, l’anima della poetessa si specchia impotente in acqua intorbidita dal sogno, ma, purtroppo… non c’è affinità tra sogno e realtà. Una poesia sofferta, realistica, avulsa da ogni retorica natalizia. Con affetto e stima aggiungo i miei auguri per un Natale di speranza. Luciano