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VENTINOVE - L'Amore verrà

Post n°30 pubblicato il 18 Dicembre 2009 da passato_per_caso

Certe storie nascono e durano il tempo d’un muover di ciglia, altre quello di raccontarle, alcune invece intessono trame e giorni, legandoli indissolubilmente, per unità di tempo che diresti indefinite.

Questa storia, o il suo senso, inizia proprio laddove finisce un viaggio, in quel punto preciso che condivide in egual misura, il prima ed il dopo. Come il punto esatto del tempo dentro cui muore un giorno e nasce nuova e luccicante notte, oppure, nel mattino seguente, quello contrapposto che contiene in egual misura l’ultima notte ed il primo chiarir del sole.

Perché ci sono punti speciali  di loro natura, che possiedono dentro il senso del già passato e quello incerto del divenire. Ci sono punti, e sono speciali davvero, che saldano in perfetta unione lo scorrer del tempo nel suo continuo.

Punti di passaggio. Li diresti, punti da oltrepassare, e invece, a guardarli bene, sono i punti più importanti di tutto il discorso, perché sono gli unici ad aver compreso pienamente l’origine  e la ragione di quello che è stato e il senso del nuovo divenire.

Bisognerebbe un giorno prenderlo uno di questi, e studiarlo con assoluta precisione, guardarci dentro e poi sondarlo con la scienza e con la passione.

Bisognerebbe indagarlo, e spaccarlo in particelle minute, per arrivare a cogliere la frazione di spazio, la particella che coincide col punto esatto dell’attaccatura. Lì ci troveremmo il senso dell’assoluto, l’esatta dimensione dove il prima e il dopo coincidono. Quello, davvero, sarebbe il vero punto del tempo infinito, il limite raggiunto dove, racconta anche la scienza, due rette parallele si possono unire. La meta degli opposti che sempre si attraggono..

Questa storia inizia in un punto, subito dopo un volo, un volo che aveva offerto agli occhi, lo spettacolo del cielo visto dal di dentro, e della terra, a spicchi a macchie, molto più in basso, e quello del mare disteso di sotto, per lunga parte di quel viaggio.

E aveva concesso agli occhi ed alla fantasia, l’immagine di tre amiche, sedute nei sedili posti nella fila accanto. Tre amiche da guardare di soppiatto, così diverse in quel loro mostrarsi di espressioni, nel discutere fra loro, nella scelta fra il ridere ed il sorridere, delle parole, dei commenti. Tre amiche, tre donne  così diverse eppure marchiate ognuna da una stessa forma: un libro in mano. Un libro diverso, certamente, eppure un libro, quasi un segno di riconoscimento, quasi un modo di apparire o forse soltanto di appartenere.

Solo d’una t’era capitato d’incrociare lo sguardo. Seppure attento a non farti coinvolgere, nè scoprire, i suoi occhi s’erano sfiorati un paio d’attimi coi tuoi. Uno scambio muto di sorrisi. A volte capita. E poi via, di nuovo a perdifiato, in quel raccogliere e darsi parole.

Certe storie durano lo spazio d’un sorriso, d’un muto cenno d’intesa, e poi spariscono nell’atmosfera rarefatta attorno al tuo aereo in volo. Si dissolvono perdendosi in cielo.

Certe donne portano in dote la loro storia in uno sguardo, ed a volte ti prende il gusto di restarla ad ascoltare, o immaginarla mentre un dolce torpore ti coglie, altre invece volgi lo sguardo ed è la terra, magari, vista dall’alto da un finestrino a portarti le sue immagini, come quelle apparse di quelle lunghe appendici di promontorio, che come dita o lingue s’insinuavano voluttuose in mare a raccogliere onde ansanti, e la schiuma del discorso del mare, animato da quelle insistite carezze spinte dentro l’intimo della sua profondità.

Giochi d’amanti, l’onda e la terra che si concedono per poi ritrarsi e tornare in intimo avvolgimento.

Giochi dell’aria, o della vista, o del cielo al più.

Giochi che si scombinano in gioco, momento dopo momento.

Certi voli, a volte, iniziano propria quando ormai sei atterrato, quando magari, confusi fra gli occhi di quelli che incroci, trovi, quasi nascosti quelli di un Comandante di cui attendi la Storia, quello che dopo aver descritto mirabilmente l’ultimo dei suoi tragitti, è sceso dal velivolo e ha preso congedo da tutti, esclamando semplicemente “questo è l’ultimo”.

Ma sono storie che verranno, ed altri voli ancora. Perché di volo in volo, di storia dopo storia, è fatto questo incedere di giorni che a volte ha la spinta poderosa dell’aquila, o quella agile del gabbiano, altre maestosa e solenne come l’ala di quell’Angelo di Dio.

Perché un volo è un volo, come quando si pensa alle altezze del cuore mentre si innamora e sfiora l’Alto del Cielo, e supera il Creato, e il mondo, e gli uomini, appaiono lì, piccini.

Perché un volo è un volo e l’uomo s’ingegna per volare, come di potersi innamorare.

Perché hai voglia di dire Terra o Mare che solo in aria ti par di viaggiare e comprendere sia Terra che mare, in quel loro succedersi ed alternarsi.

Certe storia raccontano d’aria, altre d’acqua, altre le puoi solo camminare, ma ti accorgi, pensandoci bene, che ogni storia, alla fine, inizia sempre con i piedi ben piantati sulla terra e poi, dipanandosi, è come se aprisse le ali e ti portasse in volo.

E allora le storie che iniziano alla fine del volo sono solo l’inizio del volo successivo. E lo diresti anche al pilota che t’ha raccontato di quel volo, giurando ch’era l’ultimo, glielo diresti che un uomo, alla fine, non rinuncia mai a volare e dopo l’ultimo ne troverà appresso un altro, e poi un altro ancora.

Certe storie si svelano nel volo, e la loro essenza la raccogli solo librandoti.

Così disse la goccia d’acqua raccolta nella pozzanghera poco fuori l’aerostazione. Chiedendole il senso di quel suo viaggio, e della sua storia. Raccontano color che sanno di scienza e pioggia che ci vogliano duemila anni perché una goccia, propriamente quella, da liquido passi poi in nube, e che in questo stato, voli poi per quindici giorni prima di ritornare acqua,  piovendo nuovamente giù dal cielo.

Glielo chiese muto, il senso di quel suo tempo trascorso ad aspettare. Muto come si domandano le cose importanti: solo con gli occhi o con il cuore. Ed ella altrettanto muta rispose in un sorriso d’acqua:-“Che vuoi che siano duemila anni di attesa, quando poi hai quindici giorni interi per poter volare?”-

Egli la guardò e sorrise, comprendendone per una volta almeno, il senso di quel viaggiare. Che non importa quanto il tempo, o il caso, o la durata di una amore, ti concedono di volare, perché la ragione di tutto non è soltanto il tempo, anzi, non lo è per niente, la ragione che muove il mondo resta, magari per pochi attimi, il potersi distendere in cielo, allargare le ali e Amare.

Per tutti quelli che hanno avuto un Amore e lo hanno perduto. Per chi lo conserva intatto. Per chi lo cerca. Per tutti. L’Amore verrà.

 

 

Buone Feste a tutti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
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