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Ricordando Paolo Borsellino
Post n°167 pubblicato il 19 Luglio 2007 da poker_d_assi
19 luglio 1992.. ore 17.00.. pomeriggio di una domenica caldissima.. mi trovavo con il mio nipotino in un centro commerciale. Ad un tratto tutti gli schermi dei televisori esposti si sono messi a proiettare la stessa drammatica immagine: l’attentato di Via D’Amelio a Palermo, in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino. Per certe storie sono inutili le parole. Sono i soliti discorsi retorici da anniversario, che si esauriscono in pura ritualità di circostanza. Sono passati 15 anni da allora e a cosa hanno condotto le indagini su quella strage? In tutti questi anni sono stati arrestati gli esecutori materiali di quell’agguato, in cui morirono anche, oltre al giudice Borsellino, gli agenti di scorta Claudio Traina, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Eddie Walter Cosina. E i mandanti? E il famoso terzo livello? E l’agenda rossa del giudice dov’è finita? Qualcuno ha paura che l’Antimafia voglia prevaricare sulla magistratura? Avranno mai risposta queste domande? Si apprende, intanto, che la Procura della Repubblica di Caltanissetta ha deciso di riaprire l’inchiesta sulla strage di Via D’Amelio. Secondo il procuratore Di Natale, infatti, potrebbero emergere nuove responsabilità su alcuni «apparati deviati» dei servizi segreti. E mentre ci si prepara e riaprire l'inchiesta il fratello del magistrato, Salvatore Borsellino, rilancia le accuse sulla «scarsa memoria» del Ministro dell’Interno dell’epoca, Nicola Mancino, che non ha mai confermato l’accusa di aver fatto incontrare nel luglio del 1992 Borsellino con Vincenzo Parisi, allora capo della polizia, e con un funzionario del Sisde, Bruno Contrada. Il famoso "terzo livello" ritorna a fare capolino. In questi 15 anni dalla morte di Borsellino, cosa è cambiato nella mentalità dei siciliani riguardo la mafia? .... “Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze,perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere” (Giovanni Falcone – “Cose di Cosa nostra”)
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