Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram
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Messaggi di Dicembre 2007
Ancora un nuovo anno ci sta venendo incontro.
Si brinda, si promette… s’invoca la fortuna.
Tutto senza ardore e con lo sguardo spento
tra fumi colorati, tristi schiamazzi e cocci.
Avanza l’offerta di un altro giro intorno al Sole
per noi esseri brancolanti sulla terra
pieni di passioni fatue e sangue disperato.
Cosa abbiamo imparato da quest’ultimo orbitare
che non sia il vacuo cambiar maschere e costumi
ed a mutar il vero con le danze del pensiero?
Forse niente
o solo a dimenticar l’abisso
che sta dietro l’inquieto palpitare.
Barcollando su noi stessi come ubriachi
non crediamo d'essere smarriti
costretti di nascita in morte a roteare intorno
alla Luce primigenia fino allo sfinimento
di un vanità che non sappiam domare.
Senza saperlo aneliamo a quell’anno
in cui il delirio tormentoso e cupo
nel quale ci dibattiamo erranti
sia dissolto dal fuoco sacro che brucia i sogni.
Di anno in anno ancora si ripete un rito antico
che ormai però ha perso l’anima
ma che ancor si offre paziente al varco
della soglia verso il Tempo Eterno
che non ha fine, che è senza inizio
che brilla luminoso solo nel potente adesso.
Anno nuovo, portaci la tua assenza
liberandoci da ogni aspettativa
e vola via leggero nell’infinito Arcano.
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Tutto ciò che non funziona nell’essere umano da qualche parte è associato all’amore: non è stato in grado di amare, oppure non è riuscito a ricevere amore; non è riuscito a condividere il suo essere.
Da qui l’infelicità, ed è questo a creare ogni sorta di complesso interiore.
Quelle ferite interiori possono affiorare in molti modi: possono diventare malattie del corpo, possono diventare malattie mentali; in ogni caso, in profondità l’uomo soffre di una mancanza di amore.
Come il cibo è necessario al corpo, l’amore è necessario all’anima. (Osho)
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Ogni rapporto consapevole ti offre l'opportunità di dire no a ciò che non ti fa onore.
Se riesci a dire no prima che arrivi la prevaricazione, puoi evitare ulteriori sofferenze. Dire no ad un altra persona implica, ovviamente, la consapevolezza che in passato tendevi a dire sì.
Questo significa che ti stai appropriando della dinamica. Adesso sai che crei la situazione di abuso accettando un amore soggetto a condizioni.
Dici di sì alla paura, quando contratti per avere l'amore.
Però sai che non funziona così. L'amore non può essere contrattato.
Devi aspettare che arrivi quello vero. Devi respingere tutte le offerte che ti vengono fatte. Ognuna di esse è una forma di attacco.
Quando ti verrà dato amore senza condizioni, lo riconoscerai.
Non puoi sbagliarti, perchè ti onora totalmente, non ti chiede più di quanto tu non possa dare, non manipola, non esige.
Ti accetta così come sei e ti benedice...
dal libro:
"Il silenzio del cuore" parte seconda, di Paul Ferrini - Macro Edizioni
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Ognuno di noi, non conoscendo ancora la pace profonda, si da fare per ottenere piacere.
Qualsiasi intenzione è un desiderio di raggiungere il piacere, oppure, di sfuggire al dolore; essa crea agitazione. Il sollievo che possiamo ottenere in questo modo è fatalmente momentaneo, e finisce nella sofferenza dalla quale è nato.
Cercando la sicurezza, sprofonderemo immancabilmente nell’insicurezza.
La pura osservazione, l’ascolto neutrale, implica l’accettazione che piacere e dolore si situino allo stesso livello. Del resto si può parlare di livello, perché il piacere non è che un dolore minore, ed è in realtà dolore confrontandolo con la beatitudine senza tempo. Sofferenza, dolore, gioia, hanno come sfondo la pienezza, e se li esaminiamo con attenzione distaccata non possono sussistere e si dissolvono nella loro sorgente, che è pura beatitudine.
La nostra natura essenziale non è conoscibile con il dialogo esteriore o interiore. Bisognerebbe riscoprire la presenza silenziosa che precede ogni discorsività mentale. Allora in quel Silenzio l’”io sono”, senza attributi e qualificazioni, appare e ciò che lo precede è dissolto, cancellato.
Resta uno stato profondo senza problemi, senza conflitti.
Noi conosciamo i nostri problemi, le nostre emozioni, le nostre sensazioni, ma non ne conosciamo ancora il Conoscitore. Ed è questo conoscitore che va scoperto. Questo è il senso profondo della ricerca spirituale che allude al famoso detto “conosci te stesso”.
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Quando ci sentiamo assalire da una inquietudine, da un malessere, da una sofferenza, per prima cosa noi vogliamo eliminarla, dissiparla, cercando di modificare le cause esterne: ambiente, oggetti, persone, ecc. Davanti al fallimento di questo intervento, il quale non risolve mai la questione, noi dovremmo imparare a non agire più sulle circostanze che ci hanno fatto soffrire, ma ci dovremmo invece domandare: chi è colui che soffre? Io soffro. Dunque, chi sono io?
Se il problema è veramente sentito, la domanda si carica di forza psichica e permette di approfondire l’indagine.
L’essere umano è pieno di concetti su ciò che esso è. Associa il pronome “io” a molte qualificazioni, e questo “io” identificato nel l’ organismo corpo-mente si prende per un’entità indipendente. Ciò lo rende legato, a vari livelli, dal morale all’intellettuale…al fisico. Questa, per me, è la causa prima delle sue difficoltà.
Con un esame sempre più profondo, invece, si può constatare che le percezioni dipendono da chi le percepisce. Inoltre, si può scoprire che esse sono in continua trasformazione attraverso le età dell’esistenza: che va dall’ infanzia alla giovinezza, dalla maturità alla vecchiaia, e che colui che le osserva si trova al di fuori di esse.
A quel punto si comprende che lo sconforto che ha fatto nascere la domanda “chi sono io?” dipende da un “io” abituato a porsi come attore, pensatore, colui che soffre. Volersi sbarazzare della sofferenza, del conflitto, o diminuirli, non cambia nulla, dato che quando ci si pone come un “io” volitivo è proprio questo che ci lega alla sofferenza. Questo “io” volitivo è sottomesso a tutte le fluttuazioni del condizionamento: paura, disagio, ecc., egli è un ego, una pseudo-entità. Quando questa situazione è vista per ciò che è, si elimina portando via con sé tutti i problemi.
Perchè è stata percepita nel momento dell’atto da uno spettatore totalmente impersonale e disimpegnato; quando lo vediamo, questo io-testimone, non è più un concetto, ma un “io sono” vissuto. Tutto ciò che ha preceduto l’“io sono” è riassorbito in uno stato di lucidità silenziosa.
Allora la sofferenza non è più vissuta come un carico personale, ma una testimonianza di una condizione. E non è la stessa cosa.
La sofferenza c’è, ma senza un qualcuno che afferma “io soffro”.
E lo sfondo nel quale dimora la Consapevolezza che noi siamo è serena presenza osservante.
Ci accade di percepire nuvole di dolore scorrere animate nella nostra mente, mordere il nostro corpo, ma senza coinvolgere il Sé, ormai riconosciuta fonte inesauribile di pace e beatitudine, nostra intaccabile Essenza.
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Mi sono accorto di essere fra i Blog rilevanti.
Devo dire che non ho mai postato con questo scopo. Non mi ha mai sfiorato questa idea. Tuttavia scopro leggendo il Blog magazine che ci sono bloggers che ci sono restati male per questa specie di classifica e che la contestano per il metodo con la quale è stata formulata.
Io, invece, non sono interessato a capire con quale meccanismo (algoritmo) ciò è stato possibile, ma piuttosto al fatto che anche un blog come questo, che non è certo accusabile di indulgere a temi che possono andare per la maggiore - come il sesso, il gossip, il diario... - sia stato in qualche modo riconosciuto. Non me l'aspettavo.
Ciò mi ha sorpreso piacevolmente, anche se questo non cambierà nulla per me, ne mi farà sentire orgoglioso di ciò. E' solo un accadimento come altri. Ciò che m'interessa è altro.
E' ovvio che continuerò a scrivere quel che sento, indipendentemente da qualsiasi classifica, la quale non aveva importanza prima e non ne ha adesso.
Quel che conta è l'avere conosciuto, seppur virtualmente tanta bella gente con la quale ho affinità e interessi comuni. Ciò che importa, lo ribadisco, è l'avere imparato e condiviso molte cose con questi nuovi amici e potermi esprimere liberamente. Il resto, per come deve essere, viene da sé.
"Favore e sfavore fanno paura,
pregiar la propria persona è gran sventura.
Che significa favore e sfavore fan paura?
Il favore è un abbassarsi:
nell'ottenerlo s'ha paura,
di perderlo s'ha paura.
Questo significa favore e sfavore fan paura.
Che significa pregiar la propria persona è gran sventura?
La ragione per cui ho gran sventura
è che tengo alla mia persona,
se non tenessi alla mia persona
quale sventura avrei?
Per questo a chi di sé fa pregio a pro del mondo
si può affidare il mondo,
a chi di sé ha cura a pro del mondo
si può confidare il mondo." Tao te Ching – (Lao Tze)
"La nostra trappola è il senso di importanza personale che ci porta a prendere tutto ciò che ci viene detto o ci succede in modo personale. In realtà, ognuno vive nel suo sogno e ogni volta che parla di voi, in realtà parla di sé, sia che vi insulti, sia che vi elogi. Quando capiamo il veleno emozionale che ci viene di volta in volta scagliato addosso, non ci tocca più. E la nostra opinione di noi stessi ce la costruiamo da soli, senza più farla dipendere dagli altri."
di Don Miguel Ruiz - dal libro "I quattro accordi"
Edizioni Punto d'incontro.
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Quando giustifichiamo un nostro errore, attraverso l'errore di qualcun'altro, stiamo creando le condizioni
per ripeterlo alla prossima occasione.
Se invece ci colpevolizziamo, compiangendoci, per un nostro errore, evitando con questo di comprendere perchè lo abbiamo fatto, non stiamo imparando dall'errrore e quindi lo ripeteremo.
Non ammettere l'errore è la formula psicologica per non prenderci la responsabilità del nostro sbaglio, ma è anche l'ammissione dell'incapacità di poter, saper e voler cambiare. Perciò è l'uso dell'errore che ci mostra come siamo in grado di manifestare la nostra libertà.
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Guardandosi attorno ci si può domandare, alla luce di ciò che si avverte nella nostra società, perché tanti giovani hanno così poco rispetto degli anziani o adulti in età avanzata.
Ora vorrei rilevare solo ciò che potrebbe riguardare la responsabilità degli uomini divenuti anziani in questo fatto. Do per scontato che il rispetto andrebbe dato a chiunque. Agli anziani in particolar modo: per le loro condizioni di fragilità e debolezza fisica e per mille altri validi motivi. Ma a parte questo, che mi sembrerebbe ovvio e minimo dovere, vorrei sottolineare uno degli aspetti di fondo che, a mio avviso, è alla base di questo triste e spiacevole fenomeno. Un importante interrogativo, a mio parere, è questo: non è che forse i giovani d’oggi non rispettano sostanzialmente gli anziani perché questi non offrono, in generale, motivi per cui il rispetto sia sincero? Se lo sono davvero guadagnato il rispetto reale, dovuto alla stima profonda e ammirazione?
Se lo sono meritato con qualcosa che va oltre il mero fatto anagrafico, o dovuto a conformismo educativo, norme etico-morali riferite a valori tradizionali, o semplicemente dettato da riconoscenza opportunistica per essere stai allevati e mantenuti… o forse anche viziati? Con questa domanda, apparentemente scandalosa per il luogo comune, gli anziani si dovrebbero confrontare per non essere sgomenti dinnanzi alla penosa situazione che si trovano a subire.
Perché ciò che serve è un vero rispetto, non formale, un rispetto dovuto all’esperienza di un vissuto significativo, che può essere d’esempio e insegnamento, pur nella diversità dei tempi che mutano.
Un vissuto… e ora una presenza equilibrata e cosciente le quali facciano sorgere naturalmente il riconoscimento di trovarsi di fronte ad una fonte di saggezza, di conoscenza e memoria insostituibile a cui far riferimento. Mai da sprecare o sottovalutare. Solo in questo caso diviene un fatto spontaneo e interessante l’ascolto di chi ha preziosa esperienza da donare. I giovani avrebbero bisogno di tantissimi anziani autorevoli di questo genere. Sarebbero meno disorientati o persi. Avrebbero delle guide che li aiuterebbero a non smarrirsi nei meandri di questa caotica quanto confusa società. Ma, purtroppo, per essere anziani di quel tipo, bisognava avere maturato una certa consapevolezza durante la vita. Cosa che spesso non è stata fatta. Cosa che in altre culture, con ben altre basi che quelle consumistiche e edonistiche, non accade.
Ed ecco uno dei motivi, chiaramente generalizzando, del venir meno del rispetto. Situazione che porta malessere, disagio, sia per i giovani che per gli anziani.
E ogni cosa non succede per caso. Ciò che si semina... si raccoglie.
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Ci sono tre narcisismi fondamentali dei quali siamo più o meno vittime: uno riguarda l'aspetto corporeo, l'altro quello mentale e infine quello spirituale.
Il narcisismo che riguardo il corpo è un forte sintomo di limitatezza mentale: si è in assoluta adorazione e contemplazione solo di un involucro, di un simulacro di bellezza e per questo, sostanzialmente, si vive in una oscurità interiore, identificati solo con forme di noi stessi, che vanno dalla più grossolana a quella più sottile.
Il narcisismo mentale con il suo mostrarsi compiaciuto del suo sapere intellettuale, a sua volta, copre la pochezza spirituale, essendo succube della vanagloria del prodotto dei propri pensieri. E questi non danno spazio a qualcosa che li trascende e che potrebbe emergere, solo che si desse più attenzione al Silenzio della mente.
Infine quello spirituale, quello più sottile e nascosto, è il segno quasi certo d' ignoranza dell'essenziale. Esso si gratifica orgoglioso e fiero di conquiste e traguardi raggiunti, perdendosi nell'ultimo tratto di strada che porta all'incontro con il Cuore del nostro Essere.
Comunque si sia narcisi, si è in qualche modo limitati, e questo fa sì che non possiamo conoscere la vera realtà di noi stessi.
In noi coabitano in varia misura tutti e tre questi narcisismi; tutti e tre sono espressioni di egocentrismo, seppur su piani diversi. Starebbe a noi riconoscerli e liberarcene quanto prima, se vogliano ritornare veri, spontanei e semplici, manifestazioni di una reale bellezza del corpo e dell'anima. E non meri artefatti ipnotizzati da uno smisurato quanto sciocco senso di sè personale.
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Con queste poche righe vorrei far rimarcare la differenza fra ciò che ci succede e ciò che siamo; cosa che spesso confondiamo e crediamo siano la stessa cosa.
Allora cominciamo a dire che i vari stati d’animo che viviamo si susseguono l’uno all’altro, e sono come colorazioni mutevoli proiettate su tutto ciò che percepiamo, che ci separano dal nostro Essere Essenziale.
Diciamo che siamo simili a un fascio di luce bianca, incolore, davanti al quale viene posta di volta in volta una lente rossa, una verde, una grigia, una marrone... Nel corso della nostra vita, questi vetri colorati deformano costantemente il fascio di luce.
In effetti, non conosciamo che il fascio di luce colorata, mai il fascio di luce pura.
Questo è lo stato di coscienza comune, considerato normale. Noi conosciamo noi stessi identificati con un pensiero, un ricordo, una speranza per il futuro. E per ora le nostre percezioni e le nostre concezioni sono sempre accompagnate da un’emozione, da una certa risonanza affettiva, felice o infelice, più o meno forte. Fra le grandi gioie e i grandi dispiaceri c’è spazio per momenti gioiosi, momenti di sollievo, soddisfazioni, fastidi, delusioni, contrarietà. Ma possiamo ignorare per tutta la vita il fascio di luce bianca, cioè la nostra realtà fondamentale.
Possiamo non conoscere per tutta la vita la nostra sola vera identità, il Sé.
Possiamo non avere mai conosciuto altro che questi stati d’animo, questi pensieri, questi momenti di coscienza. Chi è interessato alla conoscenza di sé deve indagare su questi aspetti, altrimenti resterà sempre vittima delle lenti colorate che andranno a sovrapporsi alla visione e percezione pura del ciò che è, del naturale Essere, non contaminato dalle nostre distorte percezioni, dalle nostre deformanti identificazioni.
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Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:42
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:33
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:31
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:28
Inviato da: lenteris
il 09/07/2023 alle 12:24