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« VIVILo scopo e i mezzi »

Il brutto «carattere» migliora l'apprendimento

Post n°231 pubblicato il 15 Novembre 2010 da RDrakeFansClub
 

E «Uhm» ed «ehm» inducono attenzione. L'università di Princeton ha studiato le«disinfluenti». E ha scoperto che è, in tempio di tagli, un modo per migliorare la scuola

MILANO - I libri di scuola facili da leggere sono un tormento. Può essere un paradosso, ma a quanto pare ci vogliono delle barriere nella lettura per ricordare meglio il contenuto di un testo. È ciò che rivela uno studio dell'Università di Princeton, negli Stati Uniti. Alcuni test hanno infatti dismostrato che gli stili di carattere a prima vista «brutti» aumentano il rendimento tra gli studenti del 14 per cento. Per gli autori della ricerca è una piccola scoperta sensazionale, una benedizione soprattutto in tempi di bilanci magri nell'istruzione.


FENOMENI DI ESITAZIONE - La parola magica in questo caso è nota come «disfluency» (parole disfluenti), da qualche tempo un concetto molto amato tra gli esperti di studi linguistici e dagli psicologi. Viene preso in esame l'impatto che hanno le rotture, le irregolarità o le espressioni che non sono costanti, che non hanno costruzioni grammaticali specifiche e non fluiscono nel discorso che corre. In altre parole: si tratta di vocalizzazioni solitamente registrate con grafie varie ("uhm"; "eh"; "ehm" etc.), pause silenti che interrompono la continuità fonica. Oppure false partenze e correzioni operate da chi parla. Cosa comportano effettivamente questi «fenomeni di esitazione» quando si parla viene analizzato da tempo specialmente nella lingua inglese. Ora, la facoltà di psicologia di Princeton ha affrontato il problema nella forma scritta. Con testi d'apprendimento dove i caratteri erano volutamente difficili da leggere.


 
IL TEST - I risultati hanno sorpreso persino gli autori della ricerca, ha ammesso alla BBC l'autore della ricerca, Daniel Oppenheimer. In pratica è sufficiente presentare un testo con un font elaborato perché aumenti l'apprendimento. In media del 14 per cento. Stili di carattere semplici, invece, avrebbero l'effetto opposto. Le conclusioni verranno pubblicate a breve nella rivista scientifica Cognition. Oppenheimer ha esaminato le reazioni dei suoi studenti a campioni di scrittura nei quali la complessità dei font era stata manipolata. Per le loro prove gli psicologi hanno redatto testi fittizi di biologia: ad un primo gruppo sono stati consegnati fogli scritti in carattere Arial, il più classico e generalmente più facile da leggere. Al secondo gruppo, invece, i meno stimati Comic Sans e Bodoni, quest'ultimo caratterizzato da un alto contrasto tra le linee spesse e quelle sottili. Ebbene, il gruppo con le informazioni apparentemente più faticose da leggere si sono ricordati più cose. Stesso discorso per i tipi di carattere come Haettenschweiler; Monotype Corsiva e Comic Sans Italicised. Tuttavia, lo scienziato ha sottolineato che, esagerando in questo senso, c'è il rischio di aumentare la fatica e diminuire l'effetto positivo sull'apprendimento.

 

Elmar Burchia

 
 
 
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Data di creazione: 22/08/2007
 

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