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UN AMORE GRANDE

La sera di giovedì 7 settembre, il portone del civico numero 10 di via Palestro, nel nuovo cuore della città di Genova edificato poco più di una decina d'anni prima, era aperto. Alla spicciolata arrivarono dei singolari personaggi che, a vederli oggi, si sarebbe detto fossero appartenuti al Circolo Pickwick. Se l'aspetto tradiva la loro provenienza, i loro cognomi - come si seppe più tardi - non potevano che confermarla: Charles De Grave Sells, S.Green, G.Blake, W.Riley, D.G.Fawcus, Sandys, E.De Thierry, Jonathan Summerhill Senior e Junior, e soprattutto Charles Alfred Payton. Questi, futuro baronetto dell'Impero Britannico, era il Console generale di S.M. la Regina Vittoria a Genova. E l'appartamento (all'interno 4) che accolse l'allegra compagnia d'Albione era proprio la sede del Consolato inglese nella Superba. La cerimonia che stava per andare in scena era l'ufficializzazione del circolo sportivo che da oltre un anno svolgeva una indefessa attività, àuspici e protagonisti i residenti britannici nel capoluogo ligure: il Genoa Cricket and Athletic Club.

 

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« CIAO ROBERTOSTANNO LAVORANDO PER TE »

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Post n°339 pubblicato il 22 Settembre 2007 da riddik61

Comitato dei lavoratori portuali per il NO

 all’accordo del 23 luglio

 

L’accordo firmato da CGIL CISL UIL e UGL e governo, impone la necessità di un  azione diretta per determinare la bocciatura di questa proposta che consideriamo inaccettabile.

I lavoratori portuali di Genova, promuovono quest’iniziativa spontanea chiedendo a tutti i lavoratori di votare l’ 8-9-10 ottobre con un netto NO.

Il protocollo sulle pensioni delinea una controriforma peggiorativa di quella della destra, infatti aumenta l’età pensionabile, diminuisce le pensioni future e aumenta i contributi per il lavoratori più precari. Naturalmente, come sempre, condisce il tutto con una serie di specchietti per le allodole.

Il sistema previdenziale, se si escludono le spese per l’assistenza, garantisce allo Stato un attivo di 15 miliardi l’anno. Con la Finanziaria 2007 sono stati aumentati dello 0,3% i contributi pagati dai lavoratori, con un aumento delle entrate previdenziali di 1 mld. l’anno. La Commissione incaricata dal governo di valutare gli effetti delle precedenti “riforme” ha accertato che, tra il 1996 e il 2005, i miglioramenti del bilancio pubblico hanno superato di 11 mld.le previsioni iniziali, che erano di 74 mld.!

Perché, allora, una nuova controriforma?

Evidentemente si tratta di una nuova tappa del percorso della privatizzazione del sistema previdenziale iniziato nel 1992 e imperniato soprattutto sulla “Dini”. Il primo pesante intervento del governo Prodi in questa direzione è stato, sempre in Finanziaria, quello che ha promosso il trasferimento del TFR ai fondi pensione. Esso ha determinato, per ora, il trasferimento dal salario differito alle casse dei fondi pensioni di 8 mld. l’anno (circa il 40% dell’intero TFR). Posticipare l’età della pensione e ridurne l’entità sono mezzi usati anche per “convincere” i lavoratori riottosi a trasferire altre quote di TFR alle pensioni private.   

 Chi paga la controriforma?

I “costi” della controriforma sono stimati in 10 mld. nell’arco di 10 anni.

Di questi ben 4.4 sono caricati sulle spalle di co.co.pro e co.co.co (dal 2008 aumento dell’1% annuo dei loro contributi, fino al +3% dal 2010). Ciò significa un equivalente taglio dei loro miseri salari! Inoltre, addossare  loro ben il 44% dei “costi” totali rappresenta un sostanziale “consolidamento” del numero attuale dei super-precari: altrimenti chi paga?

Ma non basta. Altri 3,5 mld. dovrebbero venire dalla “razionalizzazione degli enti previdenziali e assicurativi”(INPS, INPDAP, INAIL, ecc.), ma, se ciò non avvenisse, si ricorrerebbe (dal 2011) a un nuovo aumento dei contributi, per tutti i lavoratori, pari allo 0,09%.

Da notare che il ripetuto ricorso all’aumento dei contributi avviene a fronte del continuo peggioramento della previdenza pubblica.

L’età pensionabile.

La trappola dello “scalone” di Maroni viene soltanto un po’ ammorbidita e diluita nel tempo  introducendo un sistema di “scalini” con i quali i requisiti per andare in pensione di anzianità aumenteranno di anno in anno. Finché dal 2011 verranno uguagliati i danni già previsti dalle destre (61 anni di età e 35 di contributi) e dal 2013, addirittura, superati (62 anni di età)! Dal 2014 la destra prevedeva l’aumento dell’età a 62 anni solo se non si fossero verificati “risparmi” superiori a quelli previsti. Ipotesi realistica, come abbiamo visto a proposito degli effetti delle “riforme” degli anni ’90. L’Unione non ha voluto correre rischi: ha imposto l’aumento, senza condizioni, dell’età a 62 anni e l’ha anticipata di un anno! Naturalmente l’aumento dell’età pensionabile peggiora anche la condizione dei precari.

La diminuzione delle pensioni.

Dal 2010 diminuiranno fra il 6 e l’8% i coefficienti di trasformazione, e quindi diminuirà l’importo delle pensioni future. Un esempio: con le regole attuali un futuro pensionato, col sistema contributivo, a 60 anni con 35 di contributi avrebbe un tasso di sostituzione del 48% (ultimo salario 1.000 = pensione 480). Per i 60 anni la riduzione del coefficiente sarà del 7%, quindi il nuovo tasso di sostituzione sarà del 45% (pensione = 450). Inoltre i  coefficienti verranno rivisti al ribasso ogni 3 anni, invece che ogni 10 come ora, e fissati con decreto dal ministro del Lavoro “di concerto” col ministro dell’Economia!

L’imbroglio dei lavori usuranti.

Per i lavoratori che svolgono mansioni usuranti viene sì previsto un anticipo di 3 anni per l’età pensionabile, ma i fondi stanziati coprono solo 5.000 lavoratori all’anno fino al 2017, e quindi la grande maggioranza di chi ha fatto lavori usuranti ne verrà nei fatti esclusa. Dal 2013, poi, anche i lavoratori “usurati” dovranno attendere i 58/59 anni e, anche per chi rientrerà nei ristretti criteri previsti ( ad esempio, si allarga la platea dei lavori usuranti ai lavoratori notturni che effettuino almeno 80 turni l’anno: gli infermieri turnisti ne compiono mediamente 70!), la situazione peggiorerà rispetto a quella attuale.

La presunta garanzia del 60% del futuro tasso di sostituzione (rapporto tra pensione e ultimo salario).

Il testo, per la verità, si limita ad affermare che i vari interventi del governo, in futuro, “( potrebbero portare indicativamente il tasso di sostituzione al netto della fiscalità a un livello non inferiore al 60%), facendo salvo l’equilibrio finanziario dell’attuale sistema pensionistico”. Dunque, si tratta di un’affermazione espressa tra  parentesi e al condizionale e subordinata all’”equilibrio finanziario”. Se ciò non bastasse a dimostrare che è stato scritto solo perché qualcuno nei sindacati o nei partiti avesse qualcosa da dire in favore del protocollo, viene inserito nel paragrafo in cui si decide la riduzione del coefficiente di trasformazione e, quindi, del tasso di sostituzione, come si è visto al punto 2c! I falsari dell’accordo dimostrano di avere un vero gusto per il paradosso!

L’aumento delle finestre per le pensioni di anzianità .

La “Maroni” ridurrebbe a 2 all’anno le finestre pensionistiche per chi ha 40 anni di contributi, col rischio di pesanti allungamenti della permanenza al lavoro dopo la maturazione del requisito. Il “protocollo” prevede il ripristino di 4 finestre, con la riduzione del prolungamento dell’attività, che comunque rimane. Per far fronte ai “costi” che ciò comporterà è prevista l’introduzione di finestre anche per le pensioni di vecchiaia. Pertanto le donne e gli uomini non andranno più in pensione di vecchiaia rispettivamente a 60 e 65 anni, ma vedranno prolungata la loro permanenza al lavoro fino alla data dell’apertura della prima finestra successiva al compimento dell’età prevista. Quindi un peggioramento previsto dalla destra per i lavoratori che maturano la pensione di anzianità coi quarant’anni di contributi, viene trasformato, pari pari, dall’Unione in un peggioramento per i lavoratori che maturano la pensione di vecchiaia!

 

Gli aumenti delle pensioni basse. 

La questione è particolarmente intricata e vengono dati importi diversi. Mi affido a quello indicato dall’Ufficio sindacale della FIOM. L’aumento viene dato a tutti, donne e uomini, coloro che hanno una pensione mensile inferiore a 693 € (altre fonti sostengono 654) e più di 64 anni. Per i pensionati previdenziali, corrisponde a 29 euro medi mensili, dal 2008. Gli stessi soggetti avranno nel 2007 un aumento “una tantum” di 300 € medi. Importi minori e variabili andranno alle pensioni sociali e a quelle di invalidità.

Il miglioramento dell’indicizzazione. 

La “rivalutazione” delle pensioni, per le fasce comprese tra 3 e 5 volte il minimo attuale (da 1.308,48 a 2.180,70 € ), passa dal 90% al 100% della variazione dei prezzi dell’indice Istat. In concreto, un pensionato con 1.508, 48 € di pensione, fino ad oggi ha una rivalutazione pari al 100% dell’indice Istat fino a 1.308,48 € e del 90% sugli altri 200 €. Dunque, avrebbe un aumento del 10% della rivalutazione basata sull’indice l’Istat su 200 €. Se l’inflazione Istat fosse del 2%, su quei 200 € si applicherebbe un’adeguamento del 2% anziché dell’1,8%. Quindi percepirebbe un aumento di 4 €, anziché di 3,60!  Ben 40 centesimi mensili!! Come ovvio, per le pensioni fino a 1.308,48 € non cambierebbe nulla, dato che una parte di esse ha già percepito un lauto aumento, come si è appena visto!

 

Si ripete continuamente che gli interventi sulla previdenza hanno l’obiettivo di favorire i giovani lavoratori rispetto a quelli anziani e “supergarantiti”. Ci è ben noto quanto ciò sia falso, come argomentiamo da circa 15 anni!

Nonostante ciò non riesco a passare oltre senza qualche considerazione supplementare riguardo al protocollo in esame: a) esso porta vantaggi rispetto alla “Maroni” (ma, non dimentichiamo, sempre peggioramenti rispetto ad oggi!) unicamente ai lavoratori di 58 e 59 anni che potranno andare in pensione tra il 1°/1/ 2008 e il 30/6/2009 e ai lavoratori che nel 2010 avranno 60 anni. Sono da considerarsi giovani?; b) riguardo all’età pensionabile, dal 2011 si pareggerà la “Maroni” e dal 2013 la si peggiorerà. Dunque, a regime, in attesa di ulteriori interventi, la situazione futura di tutti i lavoratori (quindi di quelli giovani) sarà peggiore e, ancora di più per i precari, che saranno soggetti a una maggiore “concorrenza” da parte dei lavoratori anziani costretti a continuare a lavorare; c) a finanziare i “vantaggi” saranno soprattutto i co.co.pro/co ( in grande maggioranza giovani); d) a vedere diminuita l’entità della loro pensione saranno, in particolare, i lavoratori assunti dal 1/1/1996 (interamente soggetti al sistema contributivo); d) saranno ancora essi a vedere peggiorate le regole per le successive modifiche (al ribasso) del coefficiente di trasformazione.

 

RITENIAMO QUESTI PUNTI DI UNA CHIAREZZA DISARMANTE, DEVONO FAR RIFLETTERE ANCHE CHI ALL’INTERNO DEL SINDACATO E’ A FAVORE DELL’ACCORDO.

 

VOTA NO

 

        Comitato dei lavoratori portuali di Genova per il NO all’accordo del 23 luglio

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Un blog di: riddik61
Data di creazione: 28/06/2005
 

CHE GUEVARA

 

HO SENTITO CHE NON VOLETE IMPARARE NIENTE

Ho sentito che non volete imparare niente.
Deduco: siete milionari.
Il vostro futuro è assicurato - esso è
Davanti a voi in piena luce. I vostri genitori
Hanno fatto sì che i vostri piedi
Non urtino nessuna pietra. Allora non devi
Imparare niente. Così come sei
Puoi rimanere.

E se, nonostante ciò, ci sono delle difficoltà, dato che i tempi,
Come ho sentito, sono insicuri
Hai i tuoi capi che ti dicono esattamente
Ciò che devi fare affinché stiate bene.

Essi hanno letto i libri di quelli
Che sanno le verità
Che hanno validità in tutti i tempi
E le ricette che aiutano sempre.

Dato che ci sono così tanti che pensano per te
Non devi muovere un dito.
Però, se non fosse così
Allora dovresti studiare.

-Bertolt Brecht

 

UN DOVEROSO RICORDO

immagine

www.uaar.it

Campagna di “sbattezzo”


Il più importante riconoscimento giuridico ottenuto dall’UAAR.

In risposta all’arroganza delle gerarchie ecclesiastiche, abituate a millantare cifre fantasiose sul numero dei proprî fedeli basate sui battesimi, l’UAAR ha sensibilizzato i proprî soci a chiedere alle parrocchie la cancellazione del proprio nome dai registri dei battezzati.

L’indisponibilità dimostrata dal clero cattolico ad accogliere questa richiesta ha spinto l’UAAR a presentare un’istanza al Garante per la tutela della privacy: quest’ultimo, nel settembre 1999, si è pronunciato sull’argomento riconoscendo il diritto di ogni cittadino a veder annotata la propria volontà di non essere più considerato un fedele della Chiesa cattolica. Il 21 novembre 2002 la Conferenza Episcopale Italiana, riunita in seduta plenaria, ha preso ufficialmente atto della legittimità delle richieste di cancellazione degli effetti civili del battesimo formulate dai soci UAAR.

Da allora, migliaia di cittadini italiani si sono “sbattezzati”, anche se nel frattempo l’obiettivo “statistico” è venuto meno (le cifre diffuse sui battesimi sono comunque non vere).

Il timore di subìre pratiche religiose quando non si hanno più le forze per impedirle; la spinta a uscire da un’organizzazione sempre meno religiosa e sempre più politicizzata, mandandole un segnale molto forte; la volontà di non essere più considerato, da un punto di vista legale, subordinato alle gerarchie ecclesiastiche; la scelta di essere coerenti fino in fondo; l’orgoglio di rivendicare la propria identità atea: tutte queste motivazioni hanno creato un vero e proprio fenomeno di costume, che ha attirato l’attenzione di diversi media.

Per maggiori dettagli consultate la scheda relativa: troverete anche un modulo pro-forma da compilare e spedire per cancellare ogni effetto civile derivante dall’appartenenza alla Chiesa cattolica.

 

QUARCöSA


Aldo Gennaro

Ho bezëugno de credde
in quarcösa
co no segge lontan
comme o çê.
Quarcösa co segge ciù vixin,
ciù concreto,
co me parle, co me stagghe a sentî.
Co me dagghe amicizia, emoziôin, amô.
Co me fasse sognà.
Che insemme se posse
giöi, soffrî
de tûtto quello che o futuro
da vitta o l'avià da parte pe noî.
E questo quarcösa
vêuriae che ti fosci tì.

 
 

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