Angelo Ribelle
La Via Che Conduce All'Inferno E' Lastricata Di Buone Intenzioni? Piacere, Io Sono Il Pavimentatore...
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Scontri
Post n°209 pubblicato il 19 Maggio 2013 da Solo_Vita
Il sole di maggio riempiva spavaldo e fragoroso la stanza silenziosa. Sospesi nell'aria, milioni di corpuscoli di polvere si trovavano improvvisamente controluce, così, visibili e spaesati, come fiere disturbate nel loro vagare a bordo strada dai fari di una veloce auto sportiva. Un attimo e poi via. Neppure l'impulso nervoso che sovrintende alla vita a dire di togliersi da quella potenziale situazione di pericolo. La vecchia scrivania di noce massello dominava l'ambiente, al centro, sembrando quasi il ponte di comando di una nave fantastica. Ma adesso a nulla serviva quella piccola intramuscolo zuccherosa. E neppure nessuno degli altri oggetti pareva avere la benchè minima utilità. Soltanto uno infatti catalizzava l'attenzione del giovane cacciatore. Un piccolo oggetto dai bordi squadrati, ora stretto nella mano destra, ora appoggiato sul tavolo, ora ripreso nuovamente. Indecisione. Prudenza. Vergogna. Voglia. Ardore. Timore. Tanti lati di un poligono trasparente che pareva albergasse a sinistra della cassa toracica. Cosa fare? Schiacciare il tasto con la cornetta verde oppure lasciar perdere? La fase di scrittura del numero era stata superata già da un pezzo, in maniera quasi inaspettata. A distanza di più di mezz'ora era ancora lì. Fermo e combattuto, alla disperata ricerca di un alito di coraggio pronto a sospingere la sua vela. Nessun navigatore intrepido è tale se le stelle non sono propizie. Ripercorreva mentalmente il loro incontro così fortuito ed improvviso, tanto repentino ed inatteso da ricordare il botto tremendo che segue il fulmine di un temporale primaverile. Poi le guance di Lei si erano avvampate di colpo e mentre cercava di farneticare qualcosa lui aveva già raccolto tutto il contenuto della cartellina trasparente. Da tempo lei condivideva giaciglio e trilocale in centro con un uomo che neppure la guardava più, figurarsi respirarla a quel modo. -Sofia...Io sono Sofia- aveva singhiozzato, giusto un attimo prima che -Marco, piacere- potesse dare un volto a quell'essenza che gli aveva stregato il nervo cranico. Cinquanta parole, forse si, con gli occhi del piccolo e sciccoso bar improvvisamente sintonizzati su quella scena da commedia leggera americana. Persino il vecchio notaio, in un angolo, aveva perso interesse nella pastarella alla crema per seguire la vicenda. I lineamenti decisi custodi perfetti degli occhi profondi e nerissimi di lui, contro l'incarnato di porcellana e la longuette strapagata di lei. -Scusami, devo andare- gli aveva detto, mentre già la testa le girava, col cuore disorientato a spingere forte il sangue dentro le arterie, nel tentativo di far muovere quei benedetti quadricipiti verso la salvezza. -Non ti ho mai vista, lavori in questa zona? No, lo dico per la sicurezza dei tuoi documenti, vorrei evitare di farli cadere ogni mattina- E via col sorriso delle migliori occasioni, a metà tra quello del cucciolo della carta igienica e l'ufficiale gentiluomo. -No, non lavoro qui, sono un avvocato ed ero da un cliente. Sai, ormai se non ti muovi dallo studio sei finito, è un lavoraccio, siamo troppi, ormai le università sono fucine di concorrenti impreparati...- e la voce che si faceva sempre più flebile mano a mano che venivano snocciolati luoghi comuni. Infine il gesto meccanico di allungare il biglietto da visita prima di sparire oltre la soglia del bar. Glielo aveva insegnato il suo Maestro - Lascia sempre un biglietto da visita, spesso l'avvocato che lavora è il primo della rubrica telefonica che si possiede-, così aveva fatto senza pensare. Venti secondi giusti giusti e gli avventori si erano dimenticati di tutto. Diversa invece la sorte che era toccata a lui. Ed ora che era tornato nel presente si trovava ancora una volta ripercorrere la scena per capire il perchè di quel biglietto da visita, se quel sorriso imbarazzato celava piacere, se quell'arrossire improvviso fosse sintomo di interesse. Il lavoro dopo quell'incontro aveva perso completamente attrattiva e tutto era catalizzato su Sofia e quel suo sguardo che di colpo si era acceso come un falò estivo. Perfino le gelèè avevano perso gusto. Premette il tasto verde, quasi sovrappensiero. Tre squilli interminabili e poi quella voce che riconobbe subito -Pronto?- -Ciao, sono Marco, quello del bar, non so se ti ricordi...- -Ah sì, ciao Marco...- Silenzio. -Stavo aspettando questa chiamata- Un attimo e poi via. Il cuore che batte e la vista che si appanna. Buona fortuna. Un'atmofera ovattata e lattiginosa che tutto avvolge e che assorbe ogni suono. |
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INFERNO, CANTO V, VV. 127-138
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lanciallotto, come amor lo strinse:
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.
Inviato da: cjeannine0000
il 24/07/2014 alle 19:20
Inviato da: viaggio80
il 20/05/2013 alle 16:40
Inviato da: viaggio80
il 07/05/2013 alle 12:26
Inviato da: soleinvernale0
il 17/12/2012 alle 16:31
Inviato da: KimLaStrega
il 04/05/2011 alle 16:18