Creato da scricciolo68lbr il 17/02/2007

Pensieri e parole...

Riflessioni, emozioni, musica, idee e sogni di un internauta alle prese con la vita... Porto con me sempre il mio quaderno degli appunti, mi fermo, scrivo, riprendo il cammino... verso la Luce

 

Messaggi di Aprile 2022

IGNORANZA IMPERA.

Post n°1230 pubblicato il 28 Aprile 2022 da scricciolo68lbr

Internazionali d'Italia, Malagò: "Russi esclusi? Non so cosa accadrà". Seguo il CIO.

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Il presidente del Coni, al termine della Giunta Nazionale al Foro Italico, ha parlato degli atleti provenienti dai paesi coinvolti nel conflitto con l'Ucraina.
Al momento gli atleti russi e bielorussi sono iscritti agli Internazionali d'Italia. Noi non abbiamo nulla contro nessuno, evidenziamo soltanto l'invito rivolto dal Cio alle federazioni internazionali di non far partecipare russi e bielorussi. Del resto la Russia non ha rispettato la tregua olimpica durante Pechino 2022: cosa avrebbe dovuto fare il Comitato olimpico internazionale? E vi sembra giusto che si adeguino tutti tranne il sindacato dei tennisti, per quanto sia nel loro diritto?". Lo ha dichiarato il presidente del Coni Giovanni Malagò al termine della Giunta Nazionale al Foro Italico. "Cosa farebbe cambiare la situazione? O cambiano opinione Atp Wta oppure con una presa di posizione del Governo italiano. Il presidente Draghi ha tante cose alle quali pensare: non so cosa succederà, non mi sento di escludere nulla", ha aggiunto Malagò. "Russi esclusi da Parigi 2024? Non posso dire nulla oggi ma la direzione è quella", ha concluso il presidente del Coni.
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E qui sta tutta l’ignoranza degli italici uomini di governo. Basterebbe riprendere in mano qualche vecchio (o nuovo) libro di storia per riscoprire come le Olimpiadi, così come le conosciamo oggi, hanno delle radici molto più antiche e affascinanti: ad inventarle furono i greci, ben 2700 anni fa.
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È complicato trovare una data precisa per l’inizio di questa manifestazione, perché molte sono le leggende legate ad essa. Le prime competizioni di cui si hanno notizie, sono quelle della civiltà minoica (la popolazione dell’Isola di Creta, a sud della Grecia), dove si organizzavano gare di ‘Taurocatapsia’, ovvero volteggiare con un bastone e fare capriole sopra i tori. Anche in un grande poema come l’Iliade si parla di eventi sportivi, nell’opera di Omero* vengono descritte otto gare, tra cui il tiro con l’arco.
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Il 776 a.C. è probabilmente l’anno della prima Olimpiade riconosciuta da tutti i territori dell’Antica Grecia. A differenza di oggi, nelle Olimpiadi antiche non si sfidavano le diverse nazioni del mondo, ma le gare si svolgevano tra atleti provenienti dalle varie città-stato (città indipendenti da qualsiasi stato) della zona, e le più famose erano Atene, Corinto, Sparta e soprattutto quella ospitante: Olimpia. Queste città-stato erano spesso in guerra tra di loro, ma durante il periodo delle Olimpiadi vivevano un momento di pace. Proprio come ai nostri tempi, la manifestazione si svolgeva ogni quattro anni, la prima gara di cui si ha traccia è lo ‘Stadion’, una corsa di circa 200 metri. Piano piano vennero inserite le altre discipline: il ‘Diaulos’ (corsa di 370 metri), il Dolichos (corsa di 4800 metri), la Lotta libera, il Pentathlon (che comprendeva salto in lungo, tiro del giavellotto, lancio del disco, corsa e lotta), il pugilato, la corsa dei carri, la corsa con le armi e il salto in alto.
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I campioni dell’epoca erano famosi proprio come oggi lo sono quelli attuali, ai vincitori veniva spesso costruita una statua nella loro città. Tra questi ricordiamo Corebo di Edile, che fu il primo campione olimpico (vinse lo Stadion del 776 a.C) e Cinisca, atleta donna che trionfò nella corsa dei carri, unico sport a cui le ragazze potevano partecipare. Nel momento di massimo splendore dell’evento, parteciparono anche atleti dei popoli dei Romani, Fenici e Galli. Purtroppo, nel 393 d.C, l’Imperatore Teodosio I interruppe i giochi per un violento terremoto che aveva colpito Olimpia, ma anche perché molti partecipanti falsavano le gare in cambio di denaro. Fu l’ultima volta prima delle Olimpiadi moderne, che ripartirono solo nel 1896.
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Giochi della I Olimpiade si tennero ad Atene, dal 6 al 15 aprile 1896.

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I Giochi Olimpici moderni nacquero alla fine dell’Ottocento per iniziativa del barone francese Pierre de Coubertin, sull’onda del rinnovato interesse per l’età classica portato dalle straordinarie scoperte archeologiche di quei decenni. Il suo progetto fu presentato a un congresso alla Sorbona, nel giugno del 1984, al termine del quale fu fondato il CIO e fu deciso che la prima sede delle Olimpiadi moderne sarebbe stata Atene. 

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Nonostante le difficoltà nell’organizzazione (anche all’epoca la Grecia era in crisi economica), alle 15.30 del 6 aprile 1986 allo stadio Panathinaiko di Atene il re Giorgio I dichiarò aperte le prime Olimpiadi moderne: 14 le nazioni in gara - Australia, Austria, Bulgaria, Cile, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Italia, Stati Uniti, Svezia, Svizzera e Ungheria - benché con enormi differenze tra una delegazione e l’altra (dai 169 atleti greci all’unico atleta presentato da Australia, Svezia, Cile, Bulgaria e Italia), 9 gli sport in programma (atletica, ciclismo, ginnastica, lotta, nuoto, tennis, tiro, scherma e sollevamento pesi) e nessun partecipante di sesso femminile, in ottemperanza alla tradizione antica e soprattutto alla visione vittoriana del ruolo della donna. 

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Il primo campione olimpico fu James Connolly, che vinse nel salto triplo, gara di apertura dei Giochi: gli americani vinsero ben 11 medaglie d’oro contro le 10 della Grecia, ma l’atleta più premiato fu il tedesco Carl Schuhmann, che vinse tre ori nella ginnastica e uno nella lotta. La gara più memorabile, in ogni caso, fu vinta da un greco: Spiridon Louis, pastore e portatore d’acqua, che trionfò nella maratona, la gara che prendeva il nome dalla leggendaria impresa di Fidippide. Curiosità: si parla di medaglie d’oro, argento e bronzo solo per chiarezza, visto che nella prima edizione dei Giochi moderni i vincitori venivano premiati con una corona di ulivo e una medaglia di argento, i secondi classificati con una medaglia di rame e un ramo d’alloro, mentre addirittura non era previsto alcun premio per i terzi.

 

 
 
 

Analisi spietata della pericolosità della NATO.

Post n°1229 pubblicato il 28 Aprile 2022 da scricciolo68lbr

 

LA NATO È LA DIRETTA RESPONSABILE DI TUTTI I CONFLITTI SCOPPIATI SUL PIANETA TERRA NEGLI ULTIMI TRENT’ANNI.

La guerra civile siriana (in araboالحرب الأهلية السورية‎, al-Ḥarb al-ahliyya al-sūriyya), detta anche rivoluzione siriana (in araboالثورة السورية‎, al-thawra al-sūriyya) o crisi siriana, ha avuto inizio nel 2011 in Siria vedendo contrapposti una coalizione eterogenea di milizie armate definite ribelli dalla stampa occidentale e le forze governative supportanti il governo di Bashar al-Assad.

Pochi anni fa, era il 2019, al culmine della crisi turco-siriana (cioè nel momento dell’invasione dei soldati di Erdogan nel Rojava, col beneplacito occidentale), durante una seguita trasmissione televisiva, un noto politologo ebbe a dire: “La Nato va sciolta in quanto organizzazione obsoleta e inadeguata al presente”. A parlare non era un uomo dell’estrema sinistra ma il prof. Ernesto Galli della Loggia, editorialista del maggior quotidiano della borghesia italiana. Con quell’affermazione, contemporaneamente, l’editorialista diceva una bugia e una verità. C’è del vero a dire che per i cantori della globalizzazione liberista la Nato è strumento da “guerra fredda”, vetusto rispetto alla mobilità di capitali e alla fluidità delle alleanze geopolitiche del presente, ma poi, se si analizza la storia degli ultimi 30 anni almeno, la Nato non solo si è ampliata ma è stata protagonista attiva e criminale di quasi tutti i conflitti esplosi nel pianeta. E proprio in questi giorni, quando oramai i venti di guerra in Ucraina si sono tramutati in conflitto vero e proprio, che potrebbe portare verso scenari estremamente disastrosi, è utile ricostruire il filo di quanto accaduto negli ultimi decenni. Ovviamente con un’avvertenza forse pleonastica: rifiutando ogni logica “campista”, non si vuole con questa ricostruzione affermare che le potenze occidentali alleate nell’Organizzazione si siano scontrate o abbiano aggredito il governo faro del socialismo mondiale. Piuttosto – e questo è innegabile – la politica “guerrafondaia” della Nato ha posto in condizioni di emergenza umanitaria e di dissoluzione statuale, centinaia di milioni di persone.

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È con la dissoluzione dell’Urss e del Patto di Varsavia che per la Nato si sono aperti nuovi e per certi versi imprevedibili scenari. Già nel 1991, con la Prima guerra del Golfo, anche se solo indirettamente, di fatto la Nato ha giocato un ruolo attivo insieme alle forze statunitensi. Dopo l’invasione irachena del Kuwait nell’agosto 1990, il Comando Supremo delle Forze Alleate in Europa (Shape), struttura di comando della Nato, aveva implementato misure precauzionali per garantire la sicurezza dei membri mediterranei dell’alleanza e “prevenire il diffondersi di tensioni e conflitti”. Misure che includevano una maggiore copertura dell’area da parte di velivoli di “allarme rapido” e il dispiegamento di forze navali. Il tutto allo scopo di far fronte, preventivamente, a qualsiasi minaccia alla navigazione nel Mediterraneo, alla fornitura di un supporto logistico e di difesa aerea alla Turchia (Stato membro), al dispiegamento di forze aeree, sempre in Turchia, dal gennaio 1991. Solo una funzione di supporto? Cambia lo scenario e nel 1992 in Bosnia. Prima il supporto alle “missioni di pace Onu”, poi il controllo affinché venissero rispettate le sanzioni, infine un’escalation che portò ad attacchi aerei a vasto raggio senza neanche richiedere il parere dell’Onu. Dopo il massacro di Srebrenica (luglio 1995) e l’attentato del 28 agosto al mercato di Sarajevo, i bombardamenti Nato contro obiettivi serbo-bosniaci, di cui spesso hanno pagato le conseguenze soprattutto i civili, si sono succeduti in maniera incessante. In meno di un mese, con l’operazione Deliberate Force, sono stati effettuati 338 attacchi verso obiettivi individuali. Con gli accordi di novembre di Dayton si è fissata la presenza di 60 mila militari effettivi in Bosnia, parte della “Forza di attuazione”, poi denominata “Forza di stabilizzazione” rimasta presente nella regione fino al 2004. Ma già nel 1999 si apriva un nuovo fronte che ci riguardava molto da vicino. L’operazione di dissoluzione della Jugoslavia che, al di là dei giudizi storici, ha rappresentato per decenni un esempio di convivenza fra popoli diversi, era già iniziata con la dichiarazione di indipendenza della Fuori la Nato dalla storia da www.transform-italia.it - 26 Gennaio 2022 - p. 2 di 3 Slovenia e della Croazia. Il disastro in Bosnia e in Serbia, il terrore della pulizia etnica portato avanti da Milosevic, ma non solo, portò nel 1999 la maggioranza albanese del Kosovo a chiedere l’indipendenza da quanto restava della Federazione jugoslava. Tentativi per un accordo di pace impossibile, veto di Russia e Cina nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, per autorizzare intervento congiunto, permisero alla Nato di intervenire militarmente senza alcuna autorizzazione. Gli aerei Nato, partiti anche dalle basi italiane, portarono alla distruzione di gran parte delle infrastrutture civili e produttive, oltre che sanitarie, in Kosovo come in Serbia (si ricordi il bombardamento di Belgrado durante il governo D’Alema), centinaia di migliaia, soprattutto serbi e rom, furono costretti alla fuga, molti in Europa e sono indimenticabili le scene degli immensi cortei dolenti, fra la neve, di chi cercava salvezza dopo aver ricevuto una missione umanitaria e di pace. Nessuno sconto per i governanti serbi che hanno determinato il tentativo osceno di pulizia etnica, né tantomeno per criminali come Mladic, ma è stata questa la pace della Nato. Ancor oggi il Kosovo è una sorta di protettorato in cui chi non è di origine albanese subisce soprusi, in cui la guerra non è dimenticata e in cui la povertà continua a trionfare. Negli anni successivi si sono utilizzati diversi espedienti per permettere l’utilizzo dell’Alleanza Nord Atlantica, indipendentemente dai trattati internazionali. L’art. 5 del trattato ad esempio, è stato utilizzato, dopo gli attacchi dell’11 settembre, per permettere che in Afghanistan venissero dispiegate truppe della cosiddetta Isaf, a guida Nato. Lo statuto della Nato ha permesso di inviare poi addestratori militari in Iraq, intervento nel contrasto alla pirateria, l’applicazione di una “no fly zone” durante l’attacco alla Libia nel 2011. Attraverso un altro articolo, il 4, si è potuta invocare la consultazione fra i membri dell’Alleanza durante particolari crisi: guerra in Iraq, guerra civile siriana, annessione della Crimea alla Federazione Russa. Quest’ultimo caso ha rafforzato il ruolo aggressivo della Nato. La popolazione della Crimea, in maggior parte russofona, ha chiesto tale annessione. L’organizzazione atlantica, per tutta risposta, ha reagito creando una nuova forza “Punta di diamante”, composta allora da 5.000 soldati, situati nelle basi dei Paesi Baltici, in Polonia, Romania e Bulgaria. E sempre per dare l’idea del proprio approccio, l’Alleanza, nel vertice tenutosi a Cardiff, nel 2014, si è impegnata a spendere l’equivalente di almeno il 2% del prodotto interno lordo per la “difesa” almeno fino al 2024. All’inizio c’è stata refrattarietà a sottostare a tale richiesta, dei 30 Stati membri solo 3 hanno immediatamente risposto positivamente, Nel 2020 si è arrivati a 11. Se si eccettuano gli Usa, negli ultimi 6 anni c’è stata una crescita delle spese militari negli altri Stati membri che ha portato ad una media dell’1,73% del Pil. 29 Stati membri non statunitensi hanno registrato sei anni consecutivi di crescita della spesa per la difesa, portando la loro spesa media all’1,73% del Pil. E mentre ripartiva la corsa agli armamenti la Nato ometteva di condannare le repressioni attuate dalla Turchia nelle zone abitate dalle popolazioni kurde e di altre minoranze, non solo in Turchia ma anche in Siria, ometteva di prender parola in merito all’intervento, sempre turco, nel conflitto in Libia, nella mancata risoluzione di quanto accaduto già negli anni 70 a Cipro. La stessa Nato che partecipa a missioni per “esportare la democrazia” si rifiuta strenuamente anche di discutere il Nuclear Weapon Ban Treaty, l’accordo vincolante per i negoziati che portino all’eliminazione totale delle armi nucleari, promosso dalle Nazioni Unite e firmato da oltre 120 Paesi. Dopo la dissoluzione dell’Urss, la Nato si è espansa soprattutto comprendendo anche i Paesi dell’ex Patto di Varsavia e l’allargamento ad Est è sempre stato una delle questioni che ha più creato Fuori la Nato dalla storia da www.transform-italia.it - 26 Gennaio 2022 - p. 3 di 3 tensioni ai confini europei. Il prossimo Paese che dovrebbe entrare a farne parte è la Bosnia Erzegovina ma nel contempo, l’Alleanza ha realizzato numerosi accordi di partenariato, anche individuali, con singoli Stati, per accrescere la propria sfera di influenza. Ed è in questo quadro che va inquadrata la crisi in Ucraina. Il tema non è solo geopolitico e va guardato con gli strumenti del presente, non del passato. In Ucraina il cuore del problema non è “soltanto” un’area del Paese – peraltro governato dall’estrema destra – che, a maggioranza di lingua russa, rivendica una propria indipendenza e in cui si tenta di attuare una pulizia etnica, il Donbass. L’Ucraina, un tempo “granaio dell’Urss” è oggi fondamentale, dal punto di vista strategico, per il passaggio del gasdotto e del petrolio verso l’UE. Il tentativo che l’atlantismo, a cui richiamano anche le forze sedicenti riformiste in Italia, è quello di spostare non solo i confini della Nato ma quelli dell’Unione e questo non può che produrre tensione. C’è solo da augurarsi che l’Alleanza Nord Atlantica (ma che ormai riguarda anche Paesi che si affacciano su ben altri mari), dopo le scelte a dir poco scellerate, attuate, da ultima quella in Afghanistan, non voglia cercare una sua rivincita ad Est, con tutto quello che ne può derivare. Da ultimo poi, al di là di una posizione etica antimilitarista e contraria alle risoluzioni delle dispute mediante i conflitti, c’è il tema dei costi. L’Italia, che non è il maggior contribuente dell’Alleanza, ha versato alla Nato direttamente quasi 165 milioni di euro, rispetto ai 150 del 2019. Ma all’Alleanza si contribuisce anche potenziando il proprio arsenale militare che, in base al trattato, deve essere considerato a disposizione dei contraenti. Sempre nel 2021, il bilancio delle spese militari italiane complessive ha superato i 25 miliardi di euro, 4 mld in più rispetto al 2019 e questo nonostante la pandemia che sta falciando l’intera società. Miliardi che evidentemente si trovano per continuare a svolgere un ruolo imperialista che, ce ne scusi Galli della Loggia, evidentemente è ben lontano dall’essere superato. A maggior ragione oggi, mentre la destra nazionalista scopre una vocazione europea lanciando slogan del tipo “Fuori la Nato dall’Europa” e mentre si assiste anche ad un ulteriore potenziamento delle basi militari in buona parte del continente, lo slogan da recuperare a sinistra, in un’ottica realmente antimperialista è, forse, “fuori la Nato dalla storia”. 

 
 
 

Enrico Mattei è stato assassinato?

Post n°1228 pubblicato il 28 Aprile 2022 da scricciolo68lbr
 

Storia dell’italiano più odiato dagli americani!

Nascita: 29 aprile 1906, Acqualagna
Morte: 27 ottobre 1962, Bascape'

Quanto più grande è il delitto, tanto più ovvio è il movente, scriveva Sir Arthur Conan Doyle.

Dunque, alla domanda: Perché è stato ucciso Enrico Mattei?
Si risponde: Enrico Mattei è stato ucciso per impedire all’Italia di diventare una potenza internazionale.
Ecco, tutto in una frase. 
Verità storica: Enrico Mattei è stato ammazzato. I dubbi se si fosse trattato di un incidente o attentato sono stati fugati dall’inchiesta condotta dal magistrato Vincenzo Calia dal 1994 al 2003, che ha dimostrato che l’aereo di Enrico Mattei è stato sabotato. Grazie al lavoro di Calia, il sospetto è divenuto verità. Non più ipotesi, immaginazione complottista, gusto per l’intrigo, ma fatto storico oggettivo. Se prima della conclusione dell’inchiesta si poteva ancora dibattere se fosse stato piazzato un ordigno o meno, e se il Morane-Saulnier MS-760 Paris I-SNAP fosse precipitato per un’avaria o per un errore del pilota, ora non si può più. Chi ancora scrive o parla di “tragica fatalità” o di “misterioso incidente” lo fa per ignoranza o malafede. L’instancabile e metodico lavoro di depistaggio e occultamento prove successivo a Bascapè, dà ancora i suoi frutti cattivi a distanza di sessant’anni.
Ipotesi: se sappiamo con certezza che Enrico Mattei è stato vittima di un delitto premeditato, d’altro canto non abbiamo le prove schiaccianti per indicare i colpevoli del complotto. Le indagini e i testi sull’argomento suggeriscono vari nomi, di cui alcuni ritornano in quasi tutte le fonti. Personalmente, in questa mia ricostruzione ibrida tra Storia e narrativa, ne ho individuati alcuni, americani e italiani. La mafia agì solo sullo sfondo, a supporto logistico, perché l’operazione si realizzò in Sicilia, loro dominio. Per certe cose si doveva chiedere il permesso. Non si ha la certezza di questi ed altri nomi, sono solo sospetti, ipotesi di colpevolezza.
Idea di fantasia: qua entra in gioco il romanzo. Se sappiamo per certo che Mattei è stato assassinato e possiamo suppore le identità dei mandanti, non abbiamo la più pallida idea di chi sia stato l’esecutore del piano, colui che con professionalità e abilità ha piazzato l’ordigno di esplosivo al plastico tra i componenti del bireattore presidenziale. Ci sono alcune fonti che parlano di tre uomini senza nome, di cui uno in divisa da carabiniere, che si aggiravano nell’hangar dell’aeroporto di Fontanarossa dove era costudito il jet Morane-Saulnier dell’ENI. Si dice anche della presenza a Catania quel 27 ottobre del boss della mafia italoamericana Carlos Marcello. O anche di un sicario della mala francese assoldato per l’occasione. Ma sono solo voci che non si possono verificare e allora mi sono immaginato il misterioso Joe, killer italiano ex-spia infedele del regime fascista passato dalla parte degli americani per convenienza. Joe, l’assassino materiale del delitto Mattei, alias Oreste Lucciani, alias Umberto Malinberi, è pura invenzione in uno sfondo di ipotesi e verità storiche.
A Londra e Washington si discuteva molto del troppo ambizioso Mattei, del suo progetto visto come un ostacolo allo strapotere delle grandi compagnie petrolifere, le cosiddette Sette Sorelle i cui interessi esteri spesso convergevano con quegli degli Stati Uniti e di Gran Bretagna. Convergenza ovvia, visto che si parla di petrolio, il bene energetico, strategico e vitale, alla base della geopolitica mondiale dalla seconda guerra mondiale in poi. In rete si trova un’eloquente raccolta di documenti del Foreign Office. Sono dispacci britannici riguardanti Enrico Mattei dal 1957 al 1961, raccolti e tradotti dal saggista e esperto di archivi anglosassoni Mario José Cereghino. Quando L’ENI si affacciò all’estero con la sua politica aggressiva che minò il tradizionale e “sacro” principio del fifty-fifty tra paesi possessori di giacimenti petroliferi e le grandi compagnie anglo-americane, gli inglesi ne furono naturalmente irritati. Tra le tante indiscrezioni nei messaggi tra l’ambasciata britannica a Roma e i funzionari d’alto grado del Foreign Office di Londra, riporto a titolo d’esempio: «Mattei punta in alto. A nostro parere, è un manager tosto e un uomo potente nonché pericoloso».

 
 
 

Tempi moderni... ma non troppo!

Post n°1227 pubblicato il 26 Aprile 2022 da scricciolo68lbr

È paradossale come i problemi più gravosi si verifichino in quelle società che noi oggi amiamo con vezzo, definire industrializzate e più avanzate, come se esistessero società di serie A e serie B. Scienza e tecnologia hanno fatto, non sempre a mio parere, ma generalmente si, meraviglie in molti settori, risolvendo diverse difficoltà, ma lasciando irrisolti i veri problemi dell’umanità. L’alfabetizzazione ha raggiunto livelli senza precedenti, ma questa universalizzazione dell’istruzione non sembra aver incrementato il benessere degli individui, quanto piuttosto l’agitazione, l’ansia e lo scontento.

Non vi sono dubbi riguardo a scoperte e miglioramenti delle nostre condizioni “materiali” e tecnologiche, ma in una qualche misura questo non è sufficiente, perché non siamo ancora riusciti a portare pace e felicità e a sconfiggere la sofferenza.

La sola conclusione a cui possiamo giungere è che deve esserci qualcosa di fondamentalmente sbagliato nella nostra società, nel nostro progresso e nelle nostre forme di sviluppo; e se non ce ne rendiamo conto velocemente ci potrebbero essere conseguenze irreparabili e irrecepurabili nel futuro dell’umanità.

Non sono contrario alla scienza o alla tecnologia: esse hanno dato importanti contributi all’umanità, al benessere materiale, alla nostra salute e a una maggiore comprensione del mondo in cui viviamo, anche se molte scelte tecnologiche posso dire tranquillamente di non condividerle! Tuttavia, se diamo troppa enfasi a scienza e tecnologia, rischiamo di perdere di vista quegli aspetti della conoscenza e della comprensione umana che hanno come obiettivo la socialità, l’onestà e l’altruismo.

Scienza e tecnologia, per quanto in grado di creare enormi benefici materiali, non possono certo rimpiazzare i valori umani, antichi e spirituali, etici e morali che hanno in larga misura consentito lo sviluppo della civiltà, in tutti i suoi aspetti che oggi ben conosciamo. Oggi i nostri problemi fondamentali rimangono: dobbiamo sempre, se non di più, affrontare la sofferenza, la paura, i conflitti nella società e tra le nazioni. È quindi logico e NECESSARIO cercare di ritrovare un equilibrio tra sviluppo materiale, da una parte, e sviluppo spirituale e valori umani dall’altra. E perché questo grande cambiamento possa avvenire, dobbiamo far rivivere i nostri valori umani.

Sono certo che molte persone condividano il fatto che una profonda crisi morale stia attraversando il mondo intero e che in molti si uniranno al mio appello, rivolto a chi pratica i valori umani o una religione, a sforzarsi di rendere le nostre società più compassionevoli, giuste ed eque. Non parlo da cattolico e nemmeno. E neppure parlo da esperto di relazioni umane e sociali. Parlo da semplice essere umano, da sostenitore di quei valori umani che stanno alla base non solo del cattolicesimo, del Buddhismo Mahayana, ma di qualsiasi grande religione del mondo. Da questa prospettiva, desidero condividere con voi la mia personale visione che è:

1.    l’umanitarismo universale è essenziale per risolvere i problemi globali;

2.    la compassione è il pilastro della pace;

3.    tutte le religioni del mondo sono già a favore della pace perché tutte sono a favore dell’umanitarismo

4.    ogni individuo ha la responsabilità universale di fare in modo che le istituzioni siano al servizio dei bisogni dell’umanità

 

Risolvere i problemi dell’umanità trasformando il nostro atteggiamento. Dei tanti problemi che oggi ci troviamo ad affrontare, alcuni sono dovuti a calamità naturali che vanno accettate e fronteggiate con equanimità. Altri, invece, sono problemi che noi stessi abbiamo creato a causa di incomprensioni e che per questo possiamo risolvere: il conflitto tra ideologie, politiche o religiose, o le controversie che sorgono per motivi futili e che ci fanno perdere di vista quell’umanità di base che ci unisce come un’unica famiglia.

Dobbiamo sempre ricordare che le diverse religioni, ideologie e sistemi politici del mondo devono avere l’obiettivo di permettere agli esseri umani di raggiungere la felicità. Non dobbiamo dimenticarci di questo obiettivo fondamentale, né anteporvi altri scopi. La supremazia dell'umanità rispetto ai beni materiali e all’ideologia deve essere sempre preservata! Quella che è di gran lunga il più grande rischio per l’umanità - o meglio, per tutti gli esseri viventi di questo pianeta - è la minaccia nucleare.

Non c’è molto da aggiungere su questo punto, ma vorrei comunque rivolgermi a tutti i leader delle potenze nucleari, che tengono letteralmente tra le mani il futuro di questo mondo, agli scienziati e ai tecnici che continuano a progettare queste terribili armi di distruzione di massa, e in generale a tutte le persone che sono nella posizione di influenzare i propri leader: chiedo loro di usare la propria saggezza e iniziare a lavorare allo smantellamento e alla distruzione di tutte le armi nucleari. Sappiamo che nel caso di una guerra nucleare non ci sarebbero vincitori perchè non ci sarebbero sopravvissuti! Non è terrificante anche solo prendere in considerazione questa distruzione inumana e spietata? E non è del tutto logico rimuovere le possibili cause della nostra distruzione quando le conosciamo e abbiamo il tempo e i mezzi per farlo? Spesso non siamo in grado di risolvere i nostri problemi perché ne ignoriamo la causa o, se la comprendiamo, non abbiamo i mezzi adatti. Questo non è certo il caso della minaccia atomica.

Che appartengano a specie più evolute, come gli esseri umani o più semplici, come gli animali, tutti gli esseri viventi cercano innanzitutto la pace, il benessere e la sicurezza. La vita è cara tanto a un animale quanto a qualsiasi essere umano; anche l’insetto più piccolo cerca di proteggersi dai pericoli che ne minacciano l’esistenza. Esattamente come ciascuno di noi vuole vivere e non vuole morire, lo stesso vale per tutte le altre creature dell’universo, anche se la loro capacità di fare ciò è una materia completamente diversa.

Parlando in generale, vi sono due tipi di felicità e di sofferenza, quella mentale e quella fisica; delle due, credo che la sofferenza e la felicità mentali siano le più intense. Dunque, desidero mettere l’accento sull’allenamento mentale, perché può ridurre la sofferenza e permette di raggiungere uno stato di felicità più duraturo. Ho anche un’idea più generale e concreta della felicità: è una combinazione di pace interiore, sviluppo economico e, soprattutto, pace mondiale. Per raggiungere questi obiettivi penso sia necessario sviluppare un sentimento di responsabilità universale, una profonda preoccupazione per tutti, indipendentemente dalla fede, dal colore della pelle, dal genere e dalla nazionalità.

La premessa che sta a monte di quest’idea di responsabilità universale è il fatto piuttosto evidente che, in generale, i desideri degli altri sono uguali ai nostri. Ogni essere vuole la felicità e non vuole la sofferenza. Se noi, esseri umani dotati di intelligenza, non accettiamo questo fatto, ci sarà sempre più sofferenza su questo pianeta. Se adottiamo un approccio egoistico alla vita e cerchiamo continuamente di usare gli altri per il nostro tornaconto, potremo anche ricavarne dei benefici per qualche tempo, ma alla fine non raggiungeremo la nostra felicità personale e la pace nel mondo sarà irrealizzabile.

Nella ricerca della felicità, gli esseri umani hanno adottato diversi metodi, il più delle volte crudeli e ripugnanti. Comportandosi in modi ben al di sotto del loro status di umani, hanno inflitto sofferenze ad altri esseri umani e ad altri esseri viventi per il proprio tornaconto personale. Alla fine, queste azioni poco lungimiranti hanno portato sofferenza a loro stessi e agli altri. Essere nati come esseri umani è di per sé un evento raro, ed è saggio usare questa opportunità nel modo più intelligente ed efficace possibile. Dobbiamo avere la prospettiva corretta di questo processo universale affinché la felicità o la gloria di una persona o di un gruppo non vengano ricercate a discapito del prossimo.

Tutto ciò ci invita ad avere un nuovo approccio ai problemi globali. Il mondo sta diventando sempre più piccolo - e sempre più interdipendente - come risultato dei rapidi progressi tecnologici, del commercio internazionale e delle relazioni transnazionali. Dipendiamo profondamente gli uni dagli altri. Nei tempi antichi i problemi avevano dimensioni familiari e venivano naturalmente risolti a livello familiare, ma la situazione oggi è completamente cambiata. Ora siamo così interdipendenti, così interconnessi gli uni con gli altri, che senza un sentimento di responsabilità universale, un senso di fratellanza e sorellanza universali, una comprensione e la convinzione  di appartenere tutti alla stessa grande famiglia umana, non possiamo sperare di superare i pericoli che mettono a repentaglio la nostra esistenza, prima ancora che la pace e la felicità.

Un problema di una nazione non può essere risolto in modo soddisfacente dalla sola nazione che lo ha; molto dipende anche dagli interessi, dall’atteggiamento, dalla cooperazione delle altre nazioni. Un approccio umanistico universale ai problemi mondiali  sembra essere l’unica solida base per la pace mondiale. Che cosa significa? Cominciamo dal riconoscere, come abbiamo appena detto, che tutti gli esseri hanno a cuore la felicità e non vogliono soffrire. Così facendo, diventerebbe moralmente sbagliato e pragmaticamente stupido perseguire unicamente il proprio interesse, dimenticandosi dei sentimenti e delle aspirazioni di tutti coloro che ci circondano, membri della medesima famiglia umana. La via più saggia sarebbe tenere in considerazione il prossimo anche quando cerchiamo la nostra personale felicità. Questo atteggiamento ci condurrebbe a quello che io chiamo “interesse personale saggio” e che, mi auguro, si trasformerà in “interesse personale di compromesso” o, meglio ancora “interesse reciproco”.

Sebbene dalla crescente interdipendenza tra le nazioni ci si possa aspettare una collaborazione più solidale, è difficile raggiungere un autentico spirito di cooperazione fintanto che le persone rimangono indifferenti alla sofferenza o alla felicità degli altri. Quando la gente è motivata soprattutto da avidità e gelosia, è impossibile che viva in armonia. Un approccio spirituale potrebbe non essere la risposta a tutti i problemi politici causati dall’egoismo, ma a lungo termine contribuirò a trovare una soluzione alla fonte dei problemi che stiamo affrontando oggi.

D’altra parte, se l’umanità continuerà ad affrontare le difficoltà soltanto con espedienti temporanei, le future generazioni ne sconteranno le tremende conseguenze. La popolazione mondiale è in continua crescita, le risorse naturali sono state velocemente depredate. Guardate gli alberi, per esempio. Nessuno sa con esattezza quali effetti negativi avrà la massiccia deforestazione sul clima, sulla terra e sull’ecologia globale nel suo insieme. I nostri problemi sorgono perché la gente si concentra esclusivamente sui propri interessi individuali, a breve termine, senza pensare minimamente al resto dell’umanità. Non si pensa alla terra a lungo termine e nel suo complesso, ma se non lo facciamo ora le generazioni future potrebbero non avere speranza.

La compassione come pilastro della pace nel mondo. Mostri problemi sono dovuti al nostro ardente desiderio e attaccamento per cose che, erroneamente, consideriamo permanenti. La ricerca degli oggetti del desiderio e dell’attaccamento implica anche l’uso dell’aggressività e della competizione, considerati mezzi efficaci. Questo processo mentale facilmente si traduce in azione, conducendo alla belligeranza come effetto inevitabile, e ciò avviene da tempo immemorabile, anche se oggi le moderne condizioni lo rendono maggiormente attualizzabile. Che cosa possiamo fare allora per disciplinare questi “veleni”, la visione distorta della realtà, l’avidità e l’aggressività? Perchè sono proprio questi tre veleni che stanno alla base di ogni problema al mondo.

Sono convinto che l’amore e la compassione siano il tessuto morale della pace nel mondo. Lasciatemi innanzitutto spiegare che cosa intendo per compassione. Quando provate pietà o compassione per una persona molto povera, lo fate proprio perchè questa persona è povera; la vostra compassione si basa su una considerazione altruistica. L’amore per vostra moglie, per i vostri figli o per gli amici più cari si basa invece il più delle volte sull’attaccamento. E quando il vostro attaccamento cambia, anche la vostra gentilezza cambia fino addirittura a scomparire. E questo non è vero amore. Il vero amore non si basa sull’attaccamento, ma sull’altruismo. In questo caso la vostra compassione sarà la vostra risposta umana alla sofferenza finché le persone continueranno a soffrire.

È questo tipo di compassione che dovremmo sforzarci di coltivare in noi stessi, sviluppandola sempre di più. Una compassione imparziale, spontanea e illimitata per tutti gli esseri senzienti non è certo il genere di amore che si prova abitualmente per gli amici o la famiglia, poiché quest’ultimo è mescolato con l'ignoranza, il desiderio e l’attaccamento. Il genere di amore che dovremmo promuovere è un sentimento più vasto, in grado di abbracciare anche chi ci ha fatto del male, i nostri nemici.

Il fondamento logico della compassione risiede nella convinzione che ciascuno di noi voglia evitare la sofferenza ed essere felice. E questo a sua volta si basa sulla sensazione corretta di “1”, che determina il desiderio universale di felicità. Infatti, tutti gli esseri nascono con gli stessi desideri e dovrebbero avere lo stesso diritto di realizzarli. Se mi confronto agli altri, che sono infiniti, non posso che arrivare alla conclusione che gli altri sono più importanti perché io sono semplicemente una persona mentre loro sono moltissimi. 

Che si creda o meno in una religione, non c’è nessuno che non apprezzi l’amore e la compassione. Fin dal nostro primo istante di vita, siamo oggetto dell’amore e dell’attenzione dei nostri genitori; più tardi, nel corso della nostra esistenza, dovremo affrontare le sofferenze, le malattie e la vecchiaia e di nuovo dipenderemo dalla gentilezza degli altri. Se dunque all’inizio e alla fine della nostra vita dipendiamo dalla gentilezza degli altri, perché non dovremmo comportarci in modo gentile verso di loro nel resto della nostra esistenza?

Lo sviluppo di un cuore gentile (un sentimento di vicinanza per tutti gli esseri umani) non implica quella religiosità che abitualmente associamo con le pratiche religiose tradizionali. Non è appannaggio di chi pratica una religione, ma è un dovere di tutti - indipendentemente dalla razza, dalla fede o dall'appartenenza politica - e di chiunque consideri se stesso come un membro della “grande famiglia umana” e guardi alle cose da una prospettiva più ampia e più a lungo termine. E invece spesso ce ne dimentichiamo, soprattutto nei nostri anni migliori, quando viviamo con un “falso” senso di sicurezza.

Quando prendiamo in considerazione una prospettiva a lungo termine, il fatto che tutti desiderino la felicità e non vogliano la sofferenza e teniamo anche a mente quanto siamo relativamente poco importanti rispetto all’infinità del nostro prossimo, possiamo solo concludere che vale la pena condividere ciò che abbiamo con gli altri. Quando vi allenate in questo genere di visione, un autentico sentimento di compassione, di rispetto e amore per gli altri, diventa possibile. La felicità individuale smette di essere uno sforzo intenzionalmente egoistico e diventa uno spontaneo, e di gran lunga migliore, effetto collaterale dell’intero processo dell’avere a cuore gli altri, mettendosi al loro servizio.

Un altro risultato dello sviluppo spirituale, utilissimo nella vita di tutti i giorni, è che ci dona calma e lucidità mentale. Le nostre vite sono in un flusso costante che porta con sé anche numerose difficoltà, ma se affrontate con una mente calma e lucidità possono essere risolte. Quando invece perdiamo il controllo della nostra mente, a causa dell’odio, della competizione, dell’egoismo, della gelosia e della rabbia, perdiamo anche la nostra capacità di giudizio. Le nostre menti sono cieche e in quei momenti fuori controllo tutto può succedere, compresa la guerra.

 

La pratica della compassione e della saggezza sono di beneficio per tutti, e soprattutto per coloro che hanno l’onere di gestire gli affari nazionali e nelle cui mani sta il potere e l’opportunità di creare i presupposti per un mondo pacifico.


 
 
 

Illusioni mainstream...

Post n°1226 pubblicato il 25 Aprile 2022 da scricciolo68lbr

Peter Gomez condanna le ipocrisie dell’Occidente sulla guerra tra Russia ed Ucraina. Il direttore del sito de Il Fatto Quotidiano è ospite della puntata del 25 aprile di Tagadà, talk show pomeridiano di La7 condotto da Tiziana Panella, e cerca di aprire gli occhi a tutti sui veri equilibri del conflitto: “Noi parliamo tanto delle beghe nostre, ma guardiamo ad esempio a ciò che sta succedendo in India. Ci sono solo 37 paesi del mondo che hanno messo realmente sotto sanzioni la Russia. India, Cina e tutti i paesi emergenti spesso si sono astenuti all’Onu e non hanno preso posizione nei confronti dell’invasione russa. Noi ci raccontiamo una balla quando diciamo che tutto il mondo è contro la Russia e che Vladimir Putin è isolato. La metà della popolazione mondiale abita in stati che non hanno isolato la Russia, dobbiamo forse chiederci perché. È la domanda a cui dobbiamo rispondere per il futuro, perché sennò non usciamo da questa ipocrisia etica che stiamo vedendo. Io - sottolinea Gomez - sono favorevolissimo ad assistere gli ucraini, ma chiediamoci perché i curdi siano stati improvvisamente mollati dopo averci aiutato a combattere l’Isis e ora vengono bombardati dalla Turchia, un paese Nato”.

 
 
 

Procura di Roma iscrive Conte nel registro degli indagati!

Post n°1225 pubblicato il 21 Aprile 2022 da scricciolo68lbr
 

Indagati 9 ministri! Emergenza Covid e lockdown, la clamorosa inchiesta della Procura di Roma

Clamoroso alla Procura di Roma: in data 28 marzo, gli inquirenti hanno iscritto nel registro degli indagati gli ancora ministri della Salute Roberto Speranza e degli Esteri, Luigi Di Maio, dell’Interno Luciana Lamorgese e della Difesa Lorenzo Guerini, e gli ex titolari dell’Economia Roberto Gualtieri, della Giustizia Alfonso Bonafede, delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli, dell’Istruzione Lucia Azzolina e dell’Ambiente Sergio Costa. Mezzo governo Conte bis è dunque al momento sotto inchiesta, accusato di fatti criminosi legati all’emergenza Covid e ai vari lockdown. Come riporta Patrizia Floder Reitter su La Verità, “le ipotesi di reato vanno dall’usurpazione di potere politico all’abuso di ufficio aggravato, dal sequestro di persona al procurato allarme, dalla violenza privata alla pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico”. Roba pesantissima. Roba che anche noi denunciamo fin dallo scoppio di questa emergenza. 

Una sfilza impressionante di condotte di cui dovranno rispondere alla magistratura, e di fronte ai cittadini, per come hanno gestito la pandemia. “L’atto formale, è la conseguenza di una denuncia presentata il 12 marzo dello scorso anno da un gruppo di professionisti, tra i quali medici, avvocati e un maresciallo della Guardia di finanza, che si rivolsero alla Procura di Catania dopo aver raccolto una corposa documentazione contro diversi politici che ritengono responsabili dei reati ipotizzati. Da Catania, la denuncia è finita a Roma, sembra si sia raccolto un faldone con centinaia di atti formali attraverso i quali cittadini e associazioni di tutta Italia hanno messo a conoscenza dell’autorità giudiziaria fatti che possono costituire notizie di reato a carico” dei vari ministri coinvolti nell’inchiesta.

Quelle avanzate nella denuncia di marzo 2021, sono state quasi tutte accolte e sono pesantissime. “I denuncianti chiesero che venissero avviate 33 indagini e che fosse accertata «l’effettiva sussistenza dei plurimi profili di falsità, arbitrarietà nell’esercizio da parte del governo del potere politico attribuito per legge al Parlamento, di strumentalizzazione di notizie scientificamente e/o sanitariamente e/o epidemiologicamente false, ovvero manipolazione in malafede di notizie scientificamente vere al fine di imporre all’opinione pubblica (e quindi anche agli eletti in Parlamento […] con conseguente lesione del diritto di elettorato passivo rilevante […] un racconto pandemico falso e volto alla coartazione dei diritti costituzionali e politici dei cittadini”.

La denuncia punta il dito non solo verso i ministri ma anche contro “Walter Ricciardi e la sua ossessione per il lockdown” e i principali virologi televisivi che hanno insistito per mesi “per imporre misure drastiche di isolamento sociale”. Tra le indagini sollecitate, quella volta a conoscere “i criteri tecnico scientifici adottati per la creazione delle proiezioni a breve, medio e lungo termine elaborate dai cosiddetti esperti” e la motivazione scientifica “della decisione di ricoverare, nel periodo estivo/autunnale del 2020 e in tutto il territorio nazionale numerosissimi soggetti asintomatici, per il solo fatto di essere risultati positivi al tampone”. 

 

Viene infine chiesto l’elenco di tutti coloro che hanno eseguito il test “al fine di verificare se la cifra era reale”, quando vennero dichiarati aumenti record di positivi nelle 24 ore. E di verificare il perché della «costante, pervicace e ostinata marginalizzazione, da parte dell’autorità sanitaria nazionale, di pressoché tutte le cure, spregiativamente definite ‘alternative’». I denuncianti chiedono anche di sapere «chi sono, quali titoli accademici, tecnici e quali competenze possiedono i sedicenti esperti che hanno suggerito al ministero della Salute di imporre l’uso delle mascherine e del distanziamento sociale anche agli alunni delle scuole, alla riapertura di settembre 2020″. Si attendono sviluppi, restando fiduciosi affinché venga fatta giustizia. Anche perché diversi ministri sono ancora in carica a perpetuare il danno.

 
 
 

Schiavi... senza se, e senza ma... questo saremo? Dio me ne liberi...

Post n°1224 pubblicato il 21 Aprile 2022 da scricciolo68lbr

 

«Stiamo pensando ad una piattaforma per l'erogazione di tutti i benefici sociali, il nome provvisorio è IDPay, tutto direttamente in digitale». Parola di Colao. Ma quant’è smart e moderno il ministro Vittorio Colao, l’uomo atterrato nel governo dei Migliori dalla plancia di comando della Vodafone, azienda dove cominciò (dopo una formazione in Morgan Stanley e poi in McKinsey) quando ancora si chiamava Omnitel. Da Ivrea a Londra, posizione dopo posizione. Il modello di riferimento è quello della Cina, né più, né meno. Semplice, perché abbiamo già visto con il Green Pass cosa succede con i diritti di ciascuno e cosa potrà succedere da qui alla fine dell’anno, quando la riforma dovrebbe essere pronta, se non si cancella e si distrugge il protocollo della ID europea matrice del lasciapassare. Accade che il tuo nome, la tua carta d’identità, persino i tuoi diritti fondamentali e le tue libertà sono e saranno assoggettata alla esibizione continua di un qr code. E se non sei in regola, ecco che scattano le sanzioni (quelle pecuniarie, prelevate immediatamente), le privazioni della libertà, le restrizioni dei diritti (dalle cure mediche al ritiro della pensione in posta). Ciò che le Big Company non possono (ancora?) fare, lo Stato lo fa: usare le forze dell’ordine se ti opponi, se contesti, se hai un capello fuori posto.
Esempio: lo Stato ti contesta il mancato pagamento del bollo auto o di una tassa di dieci anni fa; tu sai di averla pagata ma non hai la ricevuta, così devi impazzire per dimostrare - inversione dell’onere della prova - di non essere un evasore. Lo Stato intanto, che ha la tua identità digitale, ti blocca tutto, esattamente come sta bloccando chi non ha il green pass. Poi accade che tu la ricevuta la trovi e chiedi il ripristino della situazione. A quel punto, lo Stato si prende il suo tempo perché «Sa com’è fatta la burocrazia in Italia, signora mia» e bisogna compilare moduli su moduli.
Insomma l’ideona di Colao è esattamente la concretizzazione di un disegno distopico, di controllo orwelliano, asimmetrico e per nulla democratico. Del resto l’uomo formato in Morgan Stanley e realizzatosi in Vodafone lo disse senza troppi giri di parole: «Con il 5G controlleremo tutto da remoto». Per questo l’identità digitale è un passaggio obbligato. Per loro. Il primo passaggio è già stato compiuto con il Green Pass: vaccino, lasciapassare, diritti e libertà. Questo è il futuro che il PD, il M5S, la Lega e FI hanno per il popolo italiano! L’ID digitale identificherà ogni singolo cittadino, ne assorbirà la vecchia carta d’identità, faciliterà il pagamento senza contanti (la lotta al contante resta sempre l’obiettivo di chi si forma nelle banche d’affari) di bollettini, multe e quant’altro. E se salti il pagamento di una multa, ecco che non entri più al lavoro, se salti una rata delle tasse ecco la limitazione del diritto alle cure, e così via.
Ripeto, lo abbiamo visto in questa emergenza sanitaria: chi non fa quel che è giusto per il governo, viene discriminato a norma di legge. Ed in questa attività, il governo ha dalla propria parte la magistratura, svenduta e priva ormai di ogni etica e dignità! Praticamente inesistente! Chi non obbedisce biecamente allo Stato ed al Governo, diventa meno cittadino. Siccome le emergenze sembrano non finire più, il conto è bello è servito. Ci piace davvero questo mondo che prospettano?

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Che ne sarà di Dio e della cristianità in un mondo siffatto?

 

 
 
 

Taylor Hawkins è volato via...

Post n°1223 pubblicato il 19 Aprile 2022 da scricciolo68lbr
 

QUEL GIORNO IN CUI TAYLOR HAWKINS ENTRÒ NEI FOO FIGHTERS.

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ALANIS: “CAPII SUBITO CHE DAVE MI AVREBBE CHIESTO DI FAR PARTE DELLA BAND”.
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Prima di entrare nei Foo Fighters, il compianto batterista suonava con la rocker canadese.

Prima ancora di suonare con la musicista canadese, Hawkins lavorava con un’altra cantante, Sass Jordan: “Ero in tour con lei e una sera abbiamo aperto per il grande Steve Perry dei Journey e c’era anche il manager di Steve, Scott Welch – ha raccontato il batterista – lui mi guardava, così come Steve, perché pensavano fossi un batterista forte e interessante. A un certo punto Scott mi disse ‘Ehi, conosco questa ragazza, sta registrando un disco in questo periodo e poi avrà bisogno di una band. Forse potresti essere interessato a suonare la batteria per lei?’”.

Il tour con Sass Jordan stava per finire, così Taylor decise di accettare quella nuova proposta: “Alanis venne a uno degli ultimi concerti che feci con Sass a Los Angeles e così ci conoscemmo – ha detto ancora – abbiamo chiacchierato un po’, lei era molto carina e tranquilla. Non ero sicuro che la cosa sarebbe andata in porto, invece un paio di mesi più tardi ricevetti una telefonata da Scott che mi disse ‘Ehi, stiamo facendo le prove e Alanis vorrebbe che tu ti unissi a noi’. Così mi presentai lì con la mia batteria sul retro del mio furgone, un mezzo che possiedo ancora oggi. Feci una prova così come circa altri 60 batteristi e alla fine ottenni il posto”.

Fu così che, per caso e con molta fortuna, Hawkins divenne il batterista di Alanis Morissette, proprio quando lei raggiunse il grande successo. Tempo dopo, però, il batterista fece un altro incontro che cambiò per sempre la sua carriera: “Una cosa porta a un’altra – ha raccontato – ero in tour con Alanis, stavamo facendo concerti e stavamo suonando per una radio di Los Angeles, The Weenie Roast. Incontrai lì Dave per la prima volta e poi ci ritrovammo a fare alcuni festival insieme in Europa. Così diventammo amici ma io non ho mai pensato che il batterista dei Foos, William Goldsmith, se ne sarebbe andato, pensavo che quella fosse la loro band e che le cose stessero così e basta. Conoscevo William e dunque non mi aspettavo niente di niente! – ha sottolineato – non ho mai pensato di prendere il suo posto, neanche una volta! Amavo i Foo Fighters e una volta mio fratello mi disse ‘Accidenti, dovresti far parte di questa band’. A quel punto pensai ‘Sì, mi piacerebbe’”.

Alla fine, pur non volendo rubare il posto a nessuno, Taylor Hawkins iniziò a desiderare di diventare il batterista di Dave Grohl e Alanis Morissette intuì qualcosa: “Lei lo capì subito, quando io e Dave uscimmo insieme per la prima volta – ha raccontato il musicista – mi disse ‘Lo sai, prima o poi ti chiederà di far parte dei Foo Fighters’Io rispondevo ‘Ma no, hanno un batterista, non preoccuparti, non accadrà mai’”.

Le cose, però, andarono diversamente: “Dave Grohl pensava che io facessi parte della band di Alanis ed era vero – ha raccontato nella storica intervista – ma i Foo Fighters erano davvero una band, mentre Alanis era più che altro un’artista solista. Inoltre, non sapevo che direzione lei avesse intenzione di prendere. Avevo sentito che voleva indirizzarsi verso qualcosa di più soft e io non mi sentivo adatto a questo. Lei non me lo disse mai, era solo una voce che avevo sentito. A essere sinceri, non sapevo se avrei partecipato al disco successivo di Alanis. Io volevo fare rock e proprio in quel frangente i Foo Fighters spuntarono fuori, proprio al momento giusto. Io adoro Alanis – ha sottolineato – mi piaceva suonare con lei e, a dire la verità, con lei ho vissuto alcuni dei momenti più belli e ho realizzato alcuni degli shows più belli della mia intera vita. Adesso siamo buoni amici, abbiamo appena fatto una cosa insieme alla radio e anche altre cose, spero di lavorare di nuovo insieme a lei un giorno. Perché penso sia incredibile, una cantante davvero sorprendente. Mi ha dato così tanto e uno dei suoi meriti è il fatto che con lei sono riuscito a farmi notare. È stato solo grazie a lei e non la ringrazierò mai abbastanza per questo. Le voglio davvero bene e la considero una sorella”.

Hawkins comprese che la sua strada era un’altra, quella del rock ed è stato grazie a Dave Grohl se alla fine è riuscito a intraprenderla. Da allora sono passati tanti anni e il batterista capì che i Foos sarebbero stati la sua casa.

 
 
 

Strane creature

Post n°1222 pubblicato il 18 Aprile 2022 da scricciolo68lbr
 
Tag: Fantasy

La selva era fitta e nel buio della notte s’odevano lontano solo urla di animali notturni.

L’uomo avanzava cautamente, cercando di trovare conforto negli occhi della luna, una luna 

piena, splendida e lucente come non mai. Sì, lei c’era, lo precedeva di pochi passi.

All’improvviso, un ululato squarciò il silenzio della notte. Come d’istinto, la mano

dell’uomo afferrò l’elsa della spada che pendeva dalla sua vita, mentre i suoi occhi

cercarono un nemico invisibile che si celava nel buio.

Non c’era nessuno però, e l’ululato era lontano.

«Siamo quasi arrivati, mio re.» disse quasi bisbigliando la luna, tranquillizzandolo. Era una

voce immaginaria quella che udiva, naturalmente, ma abbastanza vera per le sue orecchie.

Ben presto la vegetazione scomparve e davanti ai suoi occhi la magnifica Luna piena rivelò

una grande scogliera, era giunto al mare.

L’uomo lanciò un’occhiata alla luna, che gli indicò proprio quell’acqua.

«Entri nel lago, sire.»

L’uomo, dapprima stupito, eseguì l’ordine e fece qualche passo in avanti, fin quando i suoi

stivali furono bagnati dalle gelide acque, quando all’improvviso cominciarono ad uscire

dall’acqua uccelli acquatici, che subito strizzavano il piumaggio interpretando insolite

danze.

Fu allora che accadde qualcosa di straordinario.

Una luce azzurra sembrò provenire da sotto l’acqua e illuminò innaturalmente tutti

i dintorni della scogliera con un bagliore soffuso.

L’uomo si sorprese nel vedere che tutti quegli uccelli si erano materializzati

in forma umana, in splendide pulzelle dai lunghi capelli bruni. I loro sguardi ammalianti

si accompagnavano alle loro voci che dicevano:”Non ci fidiamo degli umani, mai fidarsi

degli uomini”.

Ma una di esse si era materializzata e avanzava verso di lui.

Di nuovo, istintivamente, cercò conforto negli occhi della luna.

Era una donna. Una donna magra, dalla carnagione chiarissima, ancora più risaltata

dall’antica tunica bianca che indossava. Occhi scuri, sguardo intenso.

Quando fu a pochi passi, lui poté ammirare quei suoi profondi occhi marroni e i suoi

lunghi capelli castani.

«Salve, uomo senza tempo.» gli disse.

L’uomo fu molto colpito da come la donna lo aveva chiamato.

«È da molto tempo che nessuno mi chiamava più così. Con chi ho il piacere di parlare?»

«Mi chiamano Urania, ma ora puoi chiamarmi Morgana, mio dolce re.»

«Urania… la musa dell’astronomia. Non pensavo esisteste realmente, voi.»

«Le fedi cambiano, mio dolce re. Gli imperi cadono. I nomi, prima celebri, vengono

dimenticati. Tu non sei venuto qui per il mio nome, però. Sei venuto qui per qualcos’altro.»

Lo sguardo sicuro del re si scostò dai profondi occhi della donna e, quasi con timidezza, si

spostò sulla superficie del mare e sulla vegetazione circostante, trasmettendo

un leggero senso di gioia e stupore.

«Sono venuto per chiederti di nuovo di lei».

 
 
 

Italia... che Paese è?

Post n°1221 pubblicato il 11 Aprile 2022 da scricciolo68lbr

C’è un’Italia pronta sempre a lamentarsi, ma poco reattiva nel reagire prontamente; un’Italia allo sfascio sempre inerme di fronte a qualsiasi evento naturale e atmosferico, che frana non appena piove un po’, che viene sommersa dai suoi fiumi per incuria o per iniziative sbagliate, che si paralizza per un po’ di neve, quella che rivela di che pasta siano le grandi di opere costate miliardi: inutili o concepite non per risolvere i problemi, ma solo per distribuire soldi e potere, un esempio? Gli stadi per i mondiali del 1990, progettati per costare x ed alla fine costati 10 volte tanto. Oggi potremo citare il “Mose”, di cui solo ora si manifestano le carenze progettuali, mille volte inutilmente denunciate. E c’è un’Italia politica allo sbando, governata da incapaci (o forse da banditi svendutisi), che uniscono la loro totale mancanza di etica e inesistenza morale, alla capacità di svendersi, vuoi all’Europa finanziaria con il Mes, vuoi a una costellazione di poteri economici, finanziari forti americani e globaliste, e da ultimo, persino “sanitari”. Eppure questo governo (del tutti dentro, dal PD,  ai cinque stalle, alla Lega) ha avuto il coraggio di presentarsi come il governo dei migliori, salvatore della patria, con la presunzione di far proclamare dai media del mainstream di essere un “modello a livello mondiale” e quel che è peggio di essere stato acclamato come tale da una moltitudine di sciocchi, quelli che cantavano dai balconi “ne usciremo fuori”.

Non ho mai parlato né riportato il confronto dei decessi attribuiti al covid fra l’Italia ed i vari Paesi, perché essi sono profondamente diversi, alterati dal cambio improvviso e ingiustificato dei protocolli e delle regole riguardanti le dichiarazioni di morte, in maniera tale da creare una narrativa “mortale” della pandemia, arruolando nel calderone pure tutte le influenze e le malattie del sistema respiratorio, comprese quelle che intervengono negli stadi terminali, in modo da “gonfiare” a dismisura i numeri. Questo non lo dico solo io, ma innumerevoli persone. Tuttavia adesso qualcosa mi spinge a farlo, proprio per mostrare che i sacrifici fatti dagli italiani, a base di misure bizzarre e grottesche che si sono susseguite, le limitazioni anticostituzionali alla libertà e la conseguente distruzione (voluta) di interi settori economici, hanno prodotto un numero di decessi nominali molto più ampio che in altri Paesi, i quali hanno adottato misure assai meno stringenti delle nostre o addirittura nessuna misura. Abbiamo avuto 93 decessi ogni 100.000 abitanti contro gli 0,5 della Cina, i 10 dell’India, i 21 della Germania, i 24 della Grecia, i 57 della svizzera i 60 di Bulgaria e Romania, i 67 della Svezia, gli 81 della Francia e gli 92 di Usa e Brasile. Insomma abbiamo fatto peggio di tutti e ad ogni nuova segregazione viene detto che essa è necessaria per risolvere il problema, che invece si ripropone sempre e di nuovo: infatti nessun testo di epidemiologia avalla questo tipo di misure che non servono affatto a impedire il diffondersi del virus, con buona pace dei clamorosi incompetenti del Cts, ma semmai a rallentarlo in modo da non pesare troppo su un sistema sanitario depredato negli ultimi trent’anni delle risorse minime essenziali per ubbidire all’Europa e ai suoi inutili diktat di bilancio ( questo nessuno lo ha ricordato quando si esaltava il Recovery fund e i suoi falsi aiuti a fondo perduto). In realtà l’ospedalizzazione è stato un risvolto drammatico della narrativa, perseguito globalmente in maniera demenziale e criminale, anche vietando o rendendo irreperibili farmaci invece efficaci di uso comune, sebbene sia evidente che il Covid che per il 95% dei casi è asintomatico, si affronta elettivamente con cure domiciliari, esattamente come la comune influenza e solo in caso di età avanzata e/o di altre gravi patologie concomitanti, può prevedere un ricovero. Ma tutto questo è stato negato... e il Covid dipinto come una malattia estremamente e pericolosamente mortale...

I dati sui decessi hanno costituito da subito un dilemma perché non potevano essere nascosti dai media che proprio su quelli erano chiamati a costruire la narrativa da pandemia, ma d’altra parte non si poteva nemmeno sputtanare il governo, così ligio nel partecipare alla narrazione pestifera e il ministro della Salute, che si era persino spinto a presentare un libro sul “modello Italia” sbandierato ai quattro venti, ma poi non arrivato in libreria per conclamata “scemenza”: così abbiamo assistito a uno squallido e demenziale balletto di capre mediatiche le quali cercavano giustificazioni assurde, ma in molti casi bugiarde o contraddittorie sul caso italiano che si presentava sì come un modello, ma negativo. Si è detto che in Italia era così perché la percentuale di anziani era superiore, ma in realtà la Germania su questo ci batte, avendo una popolazione ancora più anziana, ma con quasi un quinto dei morti in meno e ancora più “anziano” è il popolo del Giappone che ha avuto 2 morti per 100 mila abitanti.  Ma forse la balla clamorosa è stata detta sulla Svezia che non ha fatto segregazioni: i morti erano di meno  – si diceva - perché il Paese è scarsamente popolato e dunque la minore densità lo ha salvato. Robaccia: perché è vero che la Svezia è notevolmente più grande dell’Italia e ha solo 10 milioni di abitanti, ma è anche vero che vastissime aree sono praticamente disabitate e che il 90 per cento della popolazione si concentra nelle città dando perciò luogo a una concentrazione della popolazione che è persino superiore alla nostra.

Eppure ancora in molti credono ancora in questa “balla” del modello italiano che ancora adesso si appresta a vaccinare nonostante la fine dell’emergenza, un modello che pare quello del Paese più stupido al mondo, che accetta di tutto, persino la sospensione o peggio, il licenziamento di chi non volesse vaccinarsi come se non esistesse una Costituzione a tutela dei suoi cittadini e con un piccolo squallido ducetto che mostra di aver assimilato tutta l’ipocrisia degli ambienti dai quali proviene. Succeduto all’avvicato del popolo, lui si mostra l’avvocato dei poteri forti.

 
 
 

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tante volte rimangono
fanno male anche se dette per rabbia
si ricordano
In qualche modo restano.
Le parole, quante volte rimangono
le parole feriscono
le parole ti cambiano
le parole confortano.
Le parole fanno danni invisibili
sono note che aiutano
e che la notte confortano.
                                  i
 
 

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