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Pensieri e parole...

Riflessioni, emozioni, musica, idee e sogni di un internauta alle prese con la vita... Porto con me sempre il mio quaderno degli appunti, mi fermo, scrivo, riprendo il cammino... verso la Luce

 

Messaggi del 09/03/2022

Russia... Paese da conoscere meglio...

Post n°1209 pubblicato il 09 Marzo 2022 da scricciolo68lbr
 

“Modello Putin” (People, 2021). Intervista a Mattia Bernardo Bagnoli.

“Modello Putin” è, come scrive lo stesso autore, Mattia Bagnoli, “un mix fra analisi, diario di bordo e giornalismo” che spiega in modo esaustivo e soprattutto piacevole, cosa significa vivere in Russia e su quali basi poggia il consenso di Vladimir Putin. Questo libro mi ha sinceramente entusiasmato perché da bravo giornalista Bagnoli riesce a restituirci una immagine della Russia non filtrata dai luoghi comuni e dalla disinformazione. Ho voluto fargli delle domande a cui ha generosamente accettato di rispondere.

“La Mosca di Bulgakov sopravvive a fatica” scrive subito all’inizio del suo libro. Nel nostro immaginario collettivo rimane vivo il “Mito di Pietroburgo” mentre molto meno sappiamo di Mosca. Che città è Mosca dal punto di vista culturale e cosa fa un milanese come lei nel tempo libero?

Dunque, Mosca dal punto di vista culturale è una grande capitale, quindi, è molto viva da tanti punti di vista. Ci sono mostre, spettacoli di vario genere, cinema, gallerie. Tuttavia la vita culturale a Mosca a volte nasconde anche dei casi un po’ controversi come la vicenda che ha visto coinvolto Kirill Serebrennikov ex direttore del Gogol center finito al centro di un di un caso giudiziario, che è stato accusato di malversazioni. La cultura è fatta in un certo modo in Russia e a Mosca può ancora dare fastidio. 

Nonostante sia un Paese difficile, lei dice che, con sua stessa sorpresa, ha scoperto di nutrire affetto per questa terra e questo popolo. Qual è una cosa che le piace di più della Russia e del carattere dei russi?

Della Russia la cosa che mi piace di più, vivendoci da giornalista, è il suo difficile accesso. Fare il giornalista a Londra così a come New York o Parigi è una cosa più semplice tutto sommato, invece Mosca, e la Russia ancor di più, resta ancora una terra in qualche modo misteriosa, difficile da raggiungere. C’è questo aspetto della frontiera che mi piace, il Grande Artico è una parte molto interessante del racconto della Russia contemporanea.

Uno dei primi “avvertimenti” che troviamo nel suo libro è: “stabilità – segnatevi questa parola – è essenziale”. Io me la sono segnata e volevo chiederle, secondo lei, il consenso di cui Vladimir Putin gode in Italia non sarà legato anche a questo? Alla stabilità che persegue ostinatamente per il suo Paese (costi quel che costi)?

Ho scritto “Modello Putin” per questa ragione, per cercare di spiegare che cos’è il consenso di Vladimir Putin. Su cosa si basa, quali sono i suoi limiti, rispondere a questa domanda in realtà è parlare di tutto il libro. Attualmente la Russia è un sistema ibrido e la stabilità garantita da Putin è in opposizione al caos degli anni Novanta che paradossalmente è l’unico momento in cui la Russia ha conosciuto una sorta di democrazia. 

Che cosa hanno conosciuto i russi nella loro millenaria storia? Gli zar, quindi il giogo più brutale e il servaggio della gleba. Poi il comunismo, ovviamente non un sistema liberale. La fiammata “elciniana” di “libertà democratica” ha portato il caos più totale perché in quel momento la Russia è crollata totalmente, il Pil si è sbriciolato. 

Il ventennio putiniano è quello della ricostruzione, laddove appunto stabilità significa soprattutto miglioramento della qualità della vita, aumento del reddito disponibile e ricostruzione di una normalità statuale venuta meno negli anni Novanta, quando tutto era una guerra per bande giocata dagli oligarchi. 

E quindi quando Putin dice “non torniamo al caos degli anni Novanta” fa leva su questo. In Occidente non si comprende fino in fondo la drammaticità di quegli anni. È vero però che in virtù della stabilità non si può cristallizzare un paese totalmente. 

Io credo che la classe dirigente odierna ormai ha esaurito la sua funzione storica e si sta “spaccando le poltrone” in maniera totalmente innaturale per certi versi e quindi forza la Russia a sprecare tutte le sue energie e si scontra con le esigenze di cambiamento di una larga fetta della popolazione. 

Putin si identifica con il Paese, tutto in lui, compresa la prossemica, rimanda alla Russia in modo inequivocabile. Cosa c’è in lui di troppo vecchio che non piace alle nuove generazioni e di abbastanza nuovo da non piacere ai vecchi? 

I “Puteens”, come sono stati definiti in un bellissimo reportage dell’Economist fatto da due miei amici i ventenni, hanno conosciuto nella loro vita unicamente lo “zar”. E allora i giovani vogliono un cambiamento qualunque esso sia, non è detto che questo si traduca in un affronto totale nei confronti di Putin. Però la stanchezza c’è, i social sono entrati in maniera dirompente nelle nostre vite e quindi tutti questi ragazzi o giovani uomini e donne, vedono come vivono nel resto del mondo. 

Tutto questo nella popolazione più anziana non c’è perché è ancora culturalmente di fatto sovietica, e quindi ti rispondo automaticamente con la seconda parte, l’aspetto più conservativo della politica di Putin è visto di buon occhio dalla popolazione più anziana che con Putin ha stretto un patto molto chiaro che si traduce in “noi votiamo per te e tu non tocchi i nostri benefici sociali “, benefici (la pensione anticipata per esempio) che saranno anche irrisori ma sono graditi ad alcune classi di popolazione. 

Putin è a favore dell’immigrazione non controllata, ma cosa pensa di questo l’opinione pubblica? Chi sono gli immigrati “che rubano il lavoro” ai russi? 

L’immigrazione in Russia fondamentalmente viene dalle repubbliche centroasiatiche, in particolare Tagikistan, Uzbekistan, il Kazakistan no perché ormai un “Paese ricco”. Questi paesi formano la sacca, la spina dorsale, da cui arrivano coloro che fanno i lavori umili in Russia. Non servendo più i visti per la mobilità all’interno dei paesi dell’ex Unione Sovietica, è più facile che le persone si spostino da una parte all’altra. Probabilmente però, c’è bisogno di qualche correttivo, come chiedeva Navalny, che venendo da posizioni nazionaliste, era più duro sull’immigrazione. 

Il Presidente Obama nel 2012 (dopo la morte dell’avvocato Serghei Magnitsky nel 2009) con il Magnitsky Act volle varare un regime sanzionatorio efficace su specifici individui e quindi volto a non coinvolgere i paesi di appartenenza. Secondo lei possiamo aspettarci un Navalny Act dall’Unione Europea?

No assolutamente no. Intanto l’Unione Europea ha appena approvato quello che potremmo chiamare il Magnitsky Act europeo. Navalny aveva stilato una lista di oligarchi vicino alla cupola putiniana che secondo lui andavano sanzionati, però nel momento in cui ha stilato questa lista, in qualche modo l’ha resa di impossibile attuazione, perché quella lista è diventata un problema dal punto di vista politico. Per il resto ci sono le sanzioni individuali, ne sono già state approvate diverse in relazione alla crisi ucraina del 2014, poi ne sono venute altre per altri motivi, ad esempio, quelle nei confronti di Prigozhin, lo chef di Putin.

Io però ho i miei dubbi sulla utilità delle sanzioni.

Nel 2018 ha incontrato Eduard Limonov. Il Limonov uomo di azione di Carrère corrisponde all’uomo che ha incontrato lei nell’appartamento del centro di Mosca? 

Sì e no. Ovviamente ho incontrato un Limonov a fine carriera a fine vita purtroppo, due anni dopo il nostro incontro è morto. Era un uomo che per me aveva il grande pregio di aver conosciuto l’Occidente nel suo doppio aspetto cioè nella forma americana e nella forma europea. Le sue indicazioni, le sue riflessioni sulla Russia le ho trovate molto preziose per poter interpretare tante cose che sono accadute e che stanno accadendo ancora oggi in Russia. Diceva che Putin gli aveva rubato tutto il programma tranne la parte socialista e in qualche modo secondo me poteva anche avere ragione. 

Che reazioni ci sono state nell’opinione pubblica dopo le esternazioni del presidente Biden? 

L’opinione pubblica sa quello che ovviamente i media vogliono far sapere. Questo è vero dappertutto. E’ arrivata questa esternazione che io stesso ho difficoltà a valutare, forse sono troppi anni che vivo in Russia ma l’ho vissuta un pò come un errore, quasi una battuta, perché poi bisogna essere consequenziali e allora se Putin è un assassino… che cosa si fa ora? Da un certo punto di vista io credo che si sia perso il galateo istituzionale che i russi invece in genere mantengono. Una volta provocato, Putin ha fatto “specchio-riflesso” con quelle sue affermazioni smontando subito il galateo istituzionale di cui sopra. 

Lei si è purtroppo ammalato di Covid ad oggi però è già vaccinato con lo Sputnik V. A conti fatti dal suo racconto mi sembra sia andata meglio a lei che a tanti italiani. Qual è la cosa che l’ha sorpresa positivamente.

Il capitolo del coronavirus è molto complicato. Sì io mi sono ammalato nella prima ondata, a marzo 2020. Racconto nel libro quello che è accaduto e come sono stato curato, come il sistema si è mosso, che cosa è stato fatto. Non siamo mai stati lasciati soli. La mia esperienza è però da ricondurre a Mosca, ma ci sono province lontanissime dove la situazione è sicuramente più difficile. La buona riuscita, la buona tenuta della pandemia da parte della Russia nasconde il lato oscuro del calcolo dei morti. I russi comunque hanno avuto fin da subito un atteggiamento completamente diverso da quello europeo o da quello americano nei confronti del virus, meno impaurito, un atteggiamento molto più spavaldo anche incosciente per certi versi, le autorità russe hanno tenuto aperte le attività, qui non ci sono i ristori, bisogna lavorare.

Modello Putin. Viaggio in un Paese che faremmo bene a conoscere

di Mattia B. Bagnoli

Editore: People 

Pagine della versione a stampa: 448 p. € 18,00

L’autore

Dopo la laurea in Lettere e Storia all’Università di Bologna si trasferisce a Londra dove frequenta il master in Giornalismo Internazionale presso la City University e dove lavora come corrispondente per l’agenzia ansa e collabora con altre testate tra cui La Stampa e D – la Repubblica. Dopo una breve parentesi al servizio politico ansa a Roma, dal 2015 è capo della redazione ANSA di Mosca. Scrive abitualmente di Russia per pagina99, D – la Repubblica, HuffPost.

 
 
 

Adoperarsi per la pace, non per fornire armi all’Ucraina...

Post n°1208 pubblicato il 09 Marzo 2022 da scricciolo68lbr

Un documento del 1991 ha dimostrato come Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania (appena riunificata) si impegnarono a non estendere mai l'Alleanza Atlantica oltre il fiume Elba, quindi nemmeno in Polonia. Invece... Quindi esiste un preciso impegno preso dalla Nato con l'allora presidente dell'Unione Sovietica, Mikhail Gorbachov a non estendersi ai Paesi che precedentemente erano al di là di quella che impropriamente tutti chiamavano “cortina di ferro”. L'estensione della Nato a Est è stato un percorso molto lungo nel tempo, un concorso di colpa nei confronti dell'attuale guerra. Poi soverchiato dalla grave responsabilità di chi la guerra l'ha scatenata".

 
 
 

Occorre impegno per la pace, non fornire le armi.

Post n°1207 pubblicato il 09 Marzo 2022 da scricciolo68lbr

La realtà storica ci insegna che portare la NATO sino alle porte di Mosca, contro gli accordi di Minsk., è un errore dell’Occidente atlantista e della NATO. Cosa si aspettavano che Putin sventolasse bandiera bianca? Putin chiede che l’Ucraina resti neutrale rispetto alla NATO e all’UE. Mentre l’UE chiede l’annessione dell’Ucraina. Chi è il pazzo e lo scellerato dunque?

 
 
 

Bimbi sereni, adulti maturi.

Post n°1206 pubblicato il 09 Marzo 2022 da scricciolo68lbr

Molti adulti ritengono che per far crescere sereni i bambini basti semplicemente avere con loro un rapporto naturale e spontaneo. Solo quando le difficoltà relazionali giungono a provocare vere e proprie turbe del comportamento infantile, si rivolgono agli esperti, ma spesso i più piccoli sono stati ormai minacciati in quanto hanno di più prezioso: il senso di sicurezza, la fiducia in sé e la purezza del cuore. In uno dei suoi libri, “Come allevare un bambino felice e farne un adulto maturo”, la psicoanalista Françoise Dolto, attenta studiosa dell’universo infantile, invita a porsi subito in un atteggiamento di ascolto e di apertura nei confronti dei bambini. Per educare un fanciullo senza “ammaestrarlo”, rendendolo con il passare degli anni un adulto sereno e maturo, capace di affrontare la vita. 

 

Ogni genitore si preoccupa della felicità dei propri bambini, stando sempre attento a non far mancare loro nulla. Mamme premurose, padri comunicativi, sempre vigili e prudenti, pronti a sostenere il proprio figlio in tutto e per tutto. Ai bambini si sa, basta poco per essere felici, di certo a loro non serve il “l’ultimo giocattolo uscito da poco” se poi non ricevono rispetto, affetto dai propri genitori. I bambini felici si riconoscono, basta guardare l’espressione del loro viso, basta guardarli negli occhi. Ebbene si, se vogliamo che un figlio sia felice, dobbiamo essere amorevoli con lui, sin da piccoli, che naturalmente non significa accontentare ogni suo capriccio.

I bambini sono felici, e si sentono amati, quando trascorriamo insieme a loro il nostro tempo e non quando non facciamo mancare loro nulla dal punto di vista materiale. Niente supera un pomeriggio passato a giocare, correre, guardare un cartone animato oppure un film insieme ai nostri figli. Molti genitori pensano invece a lavorare sodo, tanto, guadagnare molti soldi per offrire loro tutto quello che chiedono. Già ma l’amore e l’affetto, non sono beni materiali acquistabili, sono gesti, attenzioni, carezze, tempo speso con loro e che possa essere da loro assorbito, in maniera che possano essere nutriti di quello stesso sentimento del quale saranno capaci di donare a loro volta, quando avranno raggiunto l’età matura. Il nostro bambino si sentirà amato, se lo ascolterete attentamente quando ha da raccontare qualcosa o quando si iperbola nelle sue domande sulla vita e quanto lo circonda.. Quando inizia a piangere per quello che, secondo voi, è una sciocchezza non esordiamo con frasi del tipo: “Sei troppo grande per piangere per una cosa simile!”, cerchiamo di capire invece cosa lo faccia stare così male. Le parole d’ordine, quindi, sono “amore” e “comprensione“. In questo modo il nostro bimbo si sentirà capito e gli trasmetterete tutto il nostro affetto.

I bambini sono più felici se passano molto tempo a giocare. I bambini di oggi sono molto impegnati tra scuola ed attività extra e/o sportive come danza, musica, teatro, sport e spesso non hanno molto tempo da dedicare al gioco. Per un bambino passare un pomeriggio all’aria aperta con i propri amici, magari giocando a pallone o a rincorrersi, è fondamentale. In questo modo imparerà a stare con gli altri, a socializzare ed a stare in gruppo, trascorrendo dei momenti felici che sono indispensabile per il suo benessere, fisico e psichico, oltre che comportamentale. La mancanza di questi momenti fondamentali può portarlo ad essere un adulto ansioso, depresso ed ad avere problemi nel controllarsi e nel mantenere alta l’attenzione. Aumentare l’opportunità di creare momenti di gioco lo aiuterà ad essere un bambino felice e, un domani, anche un adulto felice. I bambini più felici del mondo sono quelli ai quali non è stato imposto, per partito preso, di aspirare a diventare un calciatore,  oppure una ballerina.

I bambini più felici sono quelli liberi di scegliere, sperimentare, provare e trovare ciò che più è interessante per loro. Ad un bambino non deve per forza piacere lo sport, potrebbe benissimo essere un aspirante ballerino di hip hop. Allo stesso modo una bambina non per forza deve voler giocare con le bambole, se vuole giocare con le macchine telecomandate, lasciateglielo fare. I nostri figli saranno dei bambini più felici se asseconderemo i loro interessi, incoraggiandoli a coltivare i propri hobbies ed a trovarne sempre di nuovi.

I bambini più felici sono quelli che lasciamo liberi di sbagliare, per poi permettere che si alzino da soli, mentre noi li sorvegliamo da lontano, senza darlo a vedere. Ciò non significa naturalmente rimanere del tutto indifferenti, occorre invece cercare di affiancarli e di aiutarli senza però mai sostituirsi a loro. Insegnare loro a rialzarsi dopo un mancato successo, li renderà degli adulti migliori, consapevoli del fatto che i fallimenti esistono e servono anche ad imparare che si può fare sempre meglio e poi, che non bisogna arrendersi.

I bambini sono più felici quando alla sera la mamma, o il papà, si mette accanto al letto e comincia a raccontare loro una favola. Il bambino anzitutto è felice di poter passare un po’ di tempo insieme ai genitori, prima di andare a dormire. Senza contare che la lettura crea un legame ancora più forte con il genitore, aiuta il bambino a sviluppare un’ottima proprietà di linguaggio ed a comprendere meglio l’opinione degli altri. Leggere stimola la fantasia e consente loro di vivere, insieme a mamma e papà, delle avventure uniche.

I bambini più felici del mondo sono quei bambini che passano molto tempo con i propri genitori: gite al mare, giornate in montagna, uscite al luna park, allo zoo oppure al parco acquatico. L’importante è che facciate queste esperienze insieme a loro. Facciamo in modo che i nostri bimbi trascorrano un’infanzia felice, così che un giorno la ricorderanno con un sorriso. Creare il ricordo di momenti spensierati, li aiuterà ad essere un giorno degli adulti più sereni. Un bambino felice è un bambino circondato da genitori sereni. Un bambino è felice se vede i suoi genitori che si divertono insieme, che amano passare del tempo separatamente per poi ritrovarsi a raccontare la propria giornata. I genitori rappresentano in fondo degli esempi, gli adulti più vicini a loro dai quali apprendere costantemente. Un bambino è felice se vede che i propri genitori si amano, si rispettano ogni giorno, come se fosse il primo. Anche nei momenti di scambio di opinioni magari in maniera coesa,  a sempre nel rispetto reciproco. I propri figli sono come delle spugne ed assorbono tutto, emozioni positive e negative. Spetta a ciascun genitore essere il migliore esempio per il proprio bambino, che così crescerà serenamente.

I bambini più felici del mondo sono quei bambini che hanno imparato che provare emozioni negative è una cosa che succede a tutti, che esse fanno parte dell’essere “umano”. La rabbia e la tristezza sono emozioni che, così come l’allegria e la spensieratezza, servono a sfogare il mondo interiore, per poi ripartire di nuovo. I bambini felici sono quelli a cui è stato detto che provare rabbia o tristezza va bene, e che nella vita tutto si supera con l’aiuto reciproco delle persone che ami.

 
 
 

Perché ci piace giudicare?

Post n°1205 pubblicato il 09 Marzo 2022 da scricciolo68lbr

È qualcosa più forte di noi, e nonostante i nostri migliori sforzi, a tutti noi capiti, credo, di esprimere giudizi. Alcuni sono più propensi a giudicare le persone che gli sono intorno, altri invece tendono prevalentemente a giudicare continuamente se stessi, ed in quanto giudizi, per lo più in maniera negativa. Per quanto possa sembrare strano, in definitiva esprimiamo sempre un giudizio su noi stessi, perché chi tende a giudicare non fa altro che essenzialmente definire se stesso, direttamente o indirettamente. Giudicando la vita e le persone, non facciamo altro che affermare il nostro modo di essere e il nostro modo di vedere le cose ed il mondo, definendo in maniera negativa tutto ciò che non corrisponde all’idea che noi abbiamo di noi stessi e delle cose. Più che un attacco verso l’altro, giudicare è da considerarsi quasi sempre come l’affermazione del proprio “modo di essere”.


Quando, però, l’abitudine a giudicare gli altri o se stessi si trasforma in una costante e viene perpetrato in maniera feroce, questo può essere deleterio. E del tutto poco costruttivo, finendo poi per minare la propria pace e serenità interiore. Un atteggiamento ipercritico, in particolare se perpetrato a danno di se stessi, solitamente nasconde “insicurezza”, insofferenza, conflitto e scarsa autostima, oltre ad una profonda paura dell’insuccesso, incapacità di affrontare le prove della vita, fattori che possono portare a conflitti intrapersonali, difficoltà relazionali, rabbia e frustrazione e nei casi più estremi perfino depressione, causati dal costante lavorio “mentale”, che porta a mettere in discussione tutto e tutti.


Al contrario l’auto-giudizio, quando è sano rappresenta quella pratica che consiste nell’essere coscienti deila propria persona, capace di assumersi le proprie responsabilità ed impegnata nel correggerli o fare in modo che questi non si ripetano così frequentemente o siano di intralcio alla nostra serenita. L’autocritica positiva è una spinta propulsiva che apre le porte al cambiamento, all’apprendimento di nuove strategie del saper vivere, nuove modalità di essere, relazionarsi e stare al mondo, essere sempre più consapevoli ed in grado di aiutarci a conoscere meglio noi stessi, i nostri limiti ma soprattutto le proprie potenzialità.

L’ideale quindi, in genere sarebbe astenersi dall’esprimere un giudizio, imparare a coltivare l’assenza di giudizio, ma come sappiamo in alcune circostanze, può essere più facile a dirsi che non a farsi. Ciò su cui dovremmo tutti allenarci è a non emettere “sentenze” sbrigative ed inappellabili, senza conoscere realmente i fatti e le persone coinvolte, e per chi fa dell’auto-giudizio il suo mestiere, è importante lavorare su stessi, imparando ad accettare i propri pregi e i propri difetti.
Chi vive in pace con se stesso solitamente non avverte alcuna necessità di fare polemica, di giudicare e confliggere con l’altro, con la vita, piuttosto avverte un bisogno di vicinanza e comunanza con le persone. Nel tentativo di tenere a bada il nostro atteggiamento ipercritico è possibile provare a mettere in pratica una serie di strategie, volte a controllare e modificare questo nostro modo di essere. Vediamone alcune nel dettaglio:

Prima di tutto bisogna cercare di mettersi nei panni degli altri. Quindi pensare a cosa ha portato quella determinata persona in una data circostanza ad agire in quel modo, cercando di guardare alla situazione dalla loro prospettiva (e non dalla nostra), condividendo (possibilmente solo quando richiesto) le nostre esperienze e il nostro pensiero in maniera costruttiva e non distruttiva, in modo da non ferire l’altro;

Credo che possa aiutare, ad esempio fermarsi a pensare a cosa avremmo fatto noi nella identica situazione: questo esercizio ci permetterebbe di imparare dalle esperienze degli altri anche solo immaginandoci in quelle situazioni che potrebbero peraltro essere anche molto lontane dal nostro vissuto.

Sicuramente sarà capitato a tutti di essere oggetto di critiche o giudizi: perché non provare allora a ricordarci come ci siamo sentiti in quel momento e cercare di agire di conseguenza, nel migliore interesse del nostro prossimo.

Offriamo il nostro aiuto, invece di giudicare gli altri, e cogliamo l’occasione per contribuire in maniera positiva alla vita di chi ci sta accanto. Soffermiamoci sui bisogni dell’altro, smettiamo di vivere costantemente in regime di competizione, ed offriamo il nostro contributo disinteressato, per piccolo che possa essere: questo ci aiuterebbe ad uscire dall’impasse tipico dell’atteggiamento ipercritico, offrendo spazio a soluzioni creative pensate per risolvere le situazioni o i momenti di difficoltà delle persone che amiamo. Aiutiamo chi resta indietro, perché alleviare le sofferenze altrui è un po’ alleviare le nostre sofferenze. Smettiamo di premiare i migliori, queste persone non hanno bisogno di aiuto, di un ulteriore riconoscimento. Volgiamo lo sguardo invece a chi necessita di uno sguardo benevolo, prendiamoci cura di lui e indirettamente lo faremo di noi stessi.

Mettendo in pratica questi atteggiamenti con costanza, giorno dopo giorno sarà possibile liberarci, o quanto meno attenuare, la nostra abitudine ipercritica e saremo così in grado di trasformare tutta l’energia che riponiamo più o meno consapevolmente, in questa dinamica distruttiva, in “energia positiva”, di cui potranno beneficiare i nostri cari ed indirettamente anche noi stessi.

 
 
 

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tante volte rimangono
fanno male anche se dette per rabbia
si ricordano
In qualche modo restano.
Le parole, quante volte rimangono
le parole feriscono
le parole ti cambiano
le parole confortano.
Le parole fanno danni invisibili
sono note che aiutano
e che la notte confortano.
                                  i
 
 

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