La genitorialità stabilita da un Paese Ue dovrebbe essere riconosciuta automaticamente in tutta l'Ue indipendentemente da come un bambino è stato concepito, è nato o dal tipo di famiglia che ha: è quanto chiede il Parlamento europeo in una relazione appena approvata a larghissima maggioranza, con 366 voti favorevoli, 145 contrari e 23 astenuti. Anche il Ppe, come annunciato, ha votato in massa a favore, ma Forza Italia si è spaccata. Mentre nel gruppo europeo di cui fa parte Fdi solo 8 alleati stranieri di Meloni si sono espressi a favore.
Si tratta comunque di un voto cruciale per le famiglie Arcobaleno e per 2 milioni di bambini che, secondo i dati della Commissione europea, inciampano in difficoltà e problemi burocratici nel veder riconosciuti i loro diritti di figli a tutti gli effetti in alcuni Stati membri. “Una inaccettabile discriminazione di fatto”, commenta Sabrina Pignedoli, europarlamentare del M5s.
Il regolamento invece garantirebbe a tutti i minori gli stessi diritti previsti dalle leggi nazionali in materia di istruzione, assistenza sanitaria, custodia e successione.
Cosa dice il regolamento
“Tutti gli Stati membri – si legge nel regolamento – sono tenuti ad agire nell'interesse superiore del minore, anche attraverso la tutela del diritto fondamentale di ciascun minore alla vita familiare e il divieto di discriminare un figlio sulla base dello stato civile o dell'orientamento sessuale dei genitori o del modo in cui è stato concepito”. L’obiettivo è fare in modo che “in una situazione transfrontaliera, un figlio non perda i diritti derivanti dalla filiazione accertata in uno Stato membro”.
Oggi, a causa di una lacuna normativa, è difficile per le famiglie far riconoscere la filiazione dei propri figli in tutta l’Unione europea, soprattutto quando si spostano da uno Stato membro all'altro o ritornano nel proprio Paese di origine.
Un caso concreto: due mamme, una bulgara e l’altra spagnola, hanno avuto un figlio in Spagna e con esso si sono viste riconoscere tutti i diritti di genitorialità, e il loro bambino tutti quelli di filiazione, dai documenti in poi. Quando la mamma bulgara ha deciso di attraversare i confini e tornare con il proprio figlio nel suo Paese di origine, quest’ultimo ha rifiutato di riconoscere il legame di parentela tra i due: lei non era più una mamma, e lui non era più suo figlio.
Quel che il Parlamento europeo ha votato è quindi l’adozione di norme valide in tutta l’Unione: il regolamento in sostanza stabilisce che chi è genitore in uno Stato membro sia riconosciuto come tale anche in tutti gli altri Stati membri grazie a un “certificato europeo di genitorialità”, che i bambini o i loro rappresentanti legali possono richiedere e utilizzare per dimostrare la relazione parentale.
Pur non sostituendo i documenti nazionali, potrà essere utilizzato al loro posto e sarà accessibile in tutte le lingue dell'Ue e in formato elettronico.
"Questo provvedimento si rende necessario per salvaguardare i diritti fondamentali dei minori a prescindere dall'orientamento sessuale dei loro genitori e a prescindere da come sono nati. Chi è padre o madre in uno Stato membro verrà infatti automaticamente riconosciuto in tutti gli altri Stati membri e quindi potrà circolare liberamente con i suoi figli in tutta Europa. Oggi non è così purtroppo in Ungheria, Polonia o Bulgaria, Paesi che non riconoscono la filiazione stabilita in un altro Stato nei casi di genitori Lgbt", spiega Pignedoli. Che aggiunge: "Anche in Italia come è noto si registrano forti discriminazioni e l'autorità giudiziaria spesso deve intervenire per ristabilire i diritti riconosciuti all'estero”.
Gli emendamenti bocciati della destraBocciati gli emendamenti proposti da Lega e Fratelli d'Italia che avevano proposto di “chiarire la portata della limitazione di ricorrere all’ordine pubblico” per bloccare nei singoli Paesi l’applicazione delle disposizioni Ue, in modo che sia “sempre applicabile nei casi in cui il riconoscimento della filiazione violi i principi fondamentali sanciti dalle leggi e dalle costituzioni nazionali”. E in particolare quelli che regolano la Gestazione per altri, chiamata “maternità surrogata”, illegale ad esempio in Italia.
Nel regolamento in realtà non c’è una disciplina sovranazionale sulla Gpa, anzi si rimanda a ciascuno Stato membro per le decisioni su questo percorso, trattandosi di una questione di diritto di famiglia interno. E il regolamento non obbliga nemmeno gli Stati membri a riconoscere la filiazione accertata in Paesi non Ue, anche quando altri Stati membri la riconoscono.
Il testo del regolamento dice però chiaramente che “il rispetto dell'ordine pubblico di uno Stato membro non può giustificare il rifiuto di riconoscere un rapporto di filiazione tra un figlio e i genitori dello stesso sesso ai fini dell'esercizio dei diritti conferiti al figlio dal diritto dell'Unione”. Spetta poi agli Stati membri provvedere a che il regolamento sia attuato correttamente e non si faccia ricorso all'ordine pubblico per aggirare gli obblighi previsti dal regolamento. Tuttavia, in caso contrario si avrà sempre la possibilità di fare ricorso alla Corte di giustizia dell'Unione europea che dovrà poi pronunciarsi.
L’ultima parola al Consiglio europeoOra la palla passa al Consiglio europeo per l’approvazione definitiva in caso di unanimità. Un’ipotesi complicata. “Ne siamo consapevoli”, chiude Pignedoli, “tuttavia ci auguriamo che nessuno si prenda la grave responsabilità di far piombare tutta l'Europa nel Medioevo", conclude la nota.
"L’ideologia di un altro secolo”“In Europa esiste un centrodestra che vede i diritti, mentre quello italiano si gira dall'altra parte in nome di un'ideologia di un altro secolo che calpesta la dignità delle persone. Dal centrodestra italiano arrivi un sussulto di coraggio e lucidità, visto che molti loro colleghi in Europa hanno scelto la strada della civiltà", aggiunge Chiara Appendino, vice presidente del M5S.
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