PENSIERO DEL GIORNO
... a volte DOVREI essere più egoista.
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Pensieri sconnessi
Post n°176 pubblicato il 30 Giugno 2009 da fra87chicca
C'è un momento imprecisato della mia infanzia che ho bene a mente. Un momento imprecisato, chissà quanti anni avevo. Ricordo solo di mia mamma e mia zia, che parlando dissero che mio padre avrebbe tanto desiderato un maschietto. Pam. Da quel momento le gonnelline, i fiocchetti, nastrini e merletti scomparvero dal mio armadio. Volevo accontentarlo, volevo renderlo felice di aver comunque avuto una femminuccia. Mi appassionai anche alla bicicletta. Per un paio di mesi ci provai ma fu un fiasco. Volevo essere "brava". Quindi non davo problemi. A scuola andavo discretamente, ma non litigavo, non esprimevo, non mi lamentavo. Praticamente cercavo di rendere i miei genitori orgogliosi di avere una figlia come me, che non usciva il sabato sera, che non beveva, non si drogava, non sprecava soldi in futilità. Volevo il loro orgoglio. Ricordo che mia mamma si chiese se fossi normale. A Sedici anni una ragazzina che passa il sabato sera a guardare i cartoni animati. Le poche volte che uscivo stavo dietro ad una mia amica che viveva di vodka, e conseguenzialmente di vomito. Cielo, mi ricordo che da piccola per sbaglio avevo strapazzato un pulcino, e questo il giorno dopo era morto... quella sera non so quanti rosari ho detto. Avevo paura di finire all'inferno. Fatto sta che poi è accaduto. Marco è morto, e questo mi ha scosso dentro. Iniziai ad uscire, pensavo più a me stessa, ma ero ancora instabile, a volte troppo di qua, a volte troppo di la. Stavo male? cazzi miei. Ero felice? cazzi miei. Ale amava questa mia indipendenza. Non mi vedeva soffrire. Lo sapeva, ma non mi vedeva mai così. Forse perchè prima del mio, vedeva il suo dolore. Una cosa che mi ha sempre caratterizzato era che sapevo prendermi cura degli altri. A 11 anni facevo la babysitter della mia cuginetta appena nata. Tra i miei amici più piccoli c'erano quei bambini che spesso si facevano molto male, allora li riportavo a casa e li medicavo come potevo. Volevo compiacere agli altri, volevo prendermi cura degli altri, volevo esser brava agli occhi degli altri. L'unico periodo in cui me ne sono strasbattuta dell'opinione altrui sono stati quei 3 mesi del 2006, dopo la maturità. Ho scoperto quel "Potere femminile" che credevo di non possedere. E l'alcol era il mio migliore amico. E non mi rendevo conto che in quei tre mesi stavo rovinando quello che il futuro infine mi avrebbe portato. E il mio comportamento agli occhi di Filo a quel tempo lo pagai. Lo sto pagando ora. Essendomi ritrovata in quella determinata situazione, non oso giudicare chi si comporta in quel modo. Se qualcuno dei miei amici beve, buon per lui, anzi, lo assisto se sta poi male. Se uno dei miei amici va a destra e a manca, beh lui si diverte no? E poi dove mi ha portato il mio continuo badare ai giudizi altrui? mi ha portato a non avere una caratteristica mia, mi ha portato a non conoscermi, a non riconoscermi. E ancora adesso faccio la brava. Non bevo, non scherzo o gioco più con i ragazzi, non vado ad imbroccare (ovviamente), non cerco di farmi notare, non faccio nulla per essere recriminata, eppure vengo giudicata sottilmente lo stesso. A che pro quindi? La nonna era l'unica che dissolveva quella coltre di petrolio. Adesso che è tornato, pesante, togliendomi il respiro, come posso dissiparlo?
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