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L’ALITALIA DEI FURBETTI

Post n°247 pubblicato il 19 Settembre 2008 da enricolucre

Luna di miele o non luna di miele, questo governo è impressionante: per giorni è riuscito a far credere che l’unico serio problema italiano fosse la scelta delle nuove veline. Poi è arrivata Alitalia a rovinare i piani dello smemorato cavaliere di Arcore… nonostante la sua prodiga campagna a favore della Cai, “unico soggetto di salvatori della compagnia di bandiera italica”. Ma lui si sa… ha sempre una scusa pronta per tutto: quando Tremonti nel 94 fece uscire l’Italia dai parametri dal Fondo monetario europeo, disse che la colpa era degli altri; quando il suo fido economista “creativo” ripeté simil trionfo nel 2002, disse che era colpa dell’11settembre. Se non riesce in qualcosa, la colpa è dei giudici bolscevichi (che casualmente sono ininfluenti nelle “leggi ad personam”) o dell’opposizione. Ora è colpa della Cgil, se l’Alitalia è fallita. Peraltro anche questa è una bugia… Alitalia era già fallita, se no non ci sarebbe stato commissariamento. A onor di cronaca, anche il sindacato qualche colpa ce l’ha, ma solo se rapportato alla complessità dell’intera vicenda, cioè, da quando fece saltare la trattativa con Air France, prestando il fianco alle promesse elettorali del Berlusca. Ma scaricare oggi tutte le colpe sulla Cgil (e sui piloti) è un’operazione di disonestà intellettuale tipica di chi mente persino con i capelli. L’Alitalia è fallita perché per anni è stata il ritrovo di amministratori ed operatori finti, figli della spartizione interessata della politica, che trasversalmente ha occupato poltrone, ha diviso guadagni, distruggendo la società, con istinto da sanguisughe. Perché in Italia funziona così: senza il benché minimo rispetto delle leggi di mercato. Il “piano Fenice” che avrebbe dovuto risollevare Alitalia dalle sue ceneri non può funzionare, è il meccanismo ad essere becero: la società viene divisa in due, una Bad Company (cioè i debiti) rimane allo Stato, quindi a noi che dovremmo risanare il tutto di tasca nostra, magari attraverso una specifica voce “tassa Alitalia” (domanda semplice: ma questo non è il governo che non mette le mani nelle tasche degli Italiani?), ed una “good company”, la parte aziendale incontaminata, che viene spartita tra sedici privati (scelti con selezione ossequiosa da Berlusca come il casting per le Veline). I signorotti in questione, quindi, con i soldi nostri, si atteggiano pure a salvatori della Patria. Alitalia viene poi incorporata in AirOne (altro capolavoro di imprenditoria nostrana con tal Toto, che naufraga nei debiti): due società in caduta libera non fanno una forza, ma una voragine. Ovvie le conseguenze sui tagli del personale, che verrebbero sostenuti attraverso degli ammortizzatori sociali (naturalmente offerti sempre da noi). Qualcuno di questi esuberi finirà persino dietro un banco delle Poste italiane (domanda semplice: ma Brunetta non aveva sostenuto che le poste sono sovrastimate e andrebbe ridotto il personale?), per atrofizzare ed ingolfare l’ennesima società, giusto per non farci mancare niente. Ed il servizio già scadente di certo non avrà miglioramenti di alcun tipo. Quello che, invece, non manca mai è il conflitto d’interessi, diventato ormai un virus nazionale senza antidoto o vaccino: tre soggetti impegnati in opere pubbliche (Salvatore Ligresti, pregiudicato in Tangentopoli, Marcellino Gavio, noto alle galere patrie, Tronchetti Provera, già guadagnatosi i galloni nell’indebitamento di Telecom), che sono persino pubblici concessionari dello Stato, invitati dallo Stato stesso ad intervenire… (che gli immobiliaristi in questione, insieme ai toscani Fratini, siano piuttosto interessati ai 16 miliardi di Expo pronti per le nuove infrastrutture?); c’è poi Carlo Toto, proprietario di AirOne, che passa i propri debiti allo Stato, grazie a questo colpo di coda, con il benestare del nipote Daniele, casualmente eletto nelle file del Pdl; e che dire di Benetton, concessionario pubblico delle autostrade, costruttore e gestore dell’aeroporto do Fiumicino, che, da eventuale proprietario di Alitalia, si farà i prezzi da solo?; e poi Emilio Riva l’acciaiere fedele al cavaliere, Francesco Bellavista Caltagirone, che con l’Ata qualche interesse su Linate sembra avercelo; c’è Passera, banchiere vicino al centrosinistra, impassibile al richiamo dell’opportunismo finanziario; c’è Davide Maccagnini, un immobiliarista, testatore di missili nucleari; c’è Roberto Colaninno, anche lui distintosi nel disastro Telecom, che si propone quale salvatore, mentre il figlio fa da ministro ombra dell’industria nel Pd; c’è poi la famiglia Marcegaglia, celebre per patteggiamenti e condanne; ma c’è soprattutto Emma che, nonostante sia presidente di Confindustria, s’imbarca nell’operazione privatamente. E pare che nell’ombra si muova l’immancabile Geronzi. Se a questo quadro si aggiunge che vengono sospese le regole Antitrust e i poteri del garante, siamo al completo: mercato monopolista e in vista anche la modifica della legge Marzano. In modo “brillante”, insomma, Berlusconi ha risolto anche questa emergenza, con un’operazione alla Mago Silvan: far sparire il marciume dagli occhi. Anche se per cambiare concretamente l’esistenza ce ne vuole: e del resto se la parte malata dell’azienda viene affidata ad uno che di cognome fa Fantozzi, si fa presto a comprendere che siamo alla frutta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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