IS THE END OF THE WORLD AS WE kNOW IT...
. . .AND I FEEL FINE
Ricordo che era umido e già quasi buio, ci infilammo in un piccolo alimentari in centro per farci preparare dei panini, era affollato e la signora mi faceva le moine da dietro un’enorme bologna, c’èra pure Tosten, un tedesco grasso e pazzoide che passava le vacanze da noi. Andammo in piazza ed era pieno di gente, mia madre stese un telo per terra per farmi sedere ma io preferii il mio sgangherato passeggino. |
Da pendolare quale sono ascolto quotidianamente ore e ore di radio, |
Scivolo per la tua sera come la stanchezza per la pietà ![]()
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Ecco un miliziano di Hamas catturare un suo fratello palestinese e sparargli nelle gambe per immobilizzarlo. Questa volta non è colpa di Israele. Eccone uno di Al Fatah entrare in un ospedale e finire a colpi di kalashnikov un nemico arabo ferito in un letto di dolore. Questa volta non è colpa di Israele. Ecco un drappello di soldati con la keffiah trascinare il cuoco di Abu Mazen per 15 piani giù dalle scale e minacciarlo di morte. Questa volta non è colpa di Israele. Ecco una pattuglia di Al Fatah ritirarsi dalla striscia di Gaza e, facendolo, non dimenticarsi di sparare un paio di missili su una scuola israeliana, con bambini israeliani dentro. E anche questa volta non è colpa di Israele. Sono tutti palestinesi. Tutti vittime dell'Occidente ricco e grasso? Tutti cittadini disperati con solo diritti e niente doveri? Tutti eroi della rivoluzione mediorientale come ancora oggi piace pensare alla nostra gauche caviar? La mattanza di Gaza spiazza gli intellettuali europei. La mattanza di Gaza crea problemi di coscienza neppure troppo piccoli. Perchè senza Israele, senza la Cia, senza l'imperialismo amerikano e senza l'indignazione della sinistra di piazza San Giovanni, i palestinesi si stanno uccidendo fra loro. Il problema sta persino nelle definizioni. Come la chiamiamo, guerra civile? Facciamolo pure, e alcuni giornali lo stanno già facendo per non irritare la sensibilità progressista dei lettori. Ma non è una guerra civile, tutt'al più è un golpe di quelli che andavano di moda in Sudamerica una ventina d'anni fa. Un golpe contro un governo eletto dal popolo, contro il tentativo (debole, balbettante, forse corrotto, ma tentativo) di dare delle regole democratiche certe a un'area in perenne ebollizione. Questa è la Jihad, la volontà precisa di infiammare un'area sotto la regìa del fondamentalismo islamico. Contestati quando sono arrivati, presi a pietrate quando hanno provato a mostrare i muscoli, condannati quando hanno mostrato la faccia cattiva davanti ai kamikaze di Hamas, alla fine gli israeliani se ne sono andati da Gaza. Esattamente come pretendeva l'Europa, esattamente come hanno scandito gli studenti italiani in keffiah in dieci, cento, mille manifestazioni di piazza. Tutti indignati a senso unico, tutti prigionieri del riflesso condizionato che voleva i palestinesi buoni e gli israeliani cattivi. Ecco il risultato: lasciati soli, i palestinesi regolano i loro conti come dopo un misterioso e feroce otto settembre. E adesso, a chi mettiamo la keffiah? Chi è l'eroe della storia che ripete se stessa da 60 anni? In queste ore persino i nostri pacifisti in servizio permanente effettivo sono in imbarazzo. Sconsigliamo vivamente ad Agnoletto, a Casarini, a Caruso e a qualche altro campione no global di provare a organizzare una marcia della pace a Gaza. Non ci sono israeliani da condannare, quindi la cosa non è fashion. E poi non si rischia solo qualche schiaffo, ma la vita. Meglio pontificare da qui. Meglio buttarla sulla sociologìa e sperare nell'Onu; una conferenza di pace non si nega a nessuno. Meglio far finta di non sapere, sotto la keffiah stinta e ormai priva di nemici da condannare, che già negli anni Trenta i nonni di Hamas gettavano i nonni di Al Fatah nelle fosse piene di scorpioni |
“Qual è il suo sogno adesso?” “ (…) Il nostro lavoro è già un sogno, il mio augurio può essere soltanto quello di scrivere ancora tante lettere di democrazia che sono i dischi. Dischi dischi e dischi…” Così Ramin Bahrami, “soldato delle note”, come lui stesso si è definito, chiude questa mattina una suggestiva intervista dedicata al disco “l’arte della fuga” , esecuzioni di Bach inaspettatamente volate al 52° posto nella classifica POP . In un dolcissimo italiano cadenzato e melodico, il trentenne musulmano di Teherann ha spiegato l’universalità del luterano compositore di Turingia, la modernità delle sue note rigorose, la semplicità con cui le sue armonie si possano prestare a rivisitazioni senza snaturarsi, e con la stessa amorosa passione ha parlato di politica, di tolleranza e rispetto, dei suoi concerti come “biglietti da visita per la pace” . Non nasconde neppure la sua opinione sul presidente iraniano e le sue teorie antisemite: “Gli ebrei sono come nostri fratelli maggiori. Nostri e dei cattolici, nutro per loro e la loro cultura un profondo rispetto” … “consiglierei ad Ahmadinejad di rileggersi Zarathustra, se comprendesse le sue parole di tolleranza e pacificazione, cambierebbe, e non parlerebbe più così”. Probabilmente il consiglio rimarrà inascoltato, o non sortirà gli effetti sperati, però le note di Bach sono davvero bellissime e l’augurio che potremmo fare a lui e al mondo è quello di tornare a suonarle presto in un Iran democratico. |
Siamo tutti “finzi-contini”, strillava qualche giorno fa un articolo su un quotidiano nazionale. Il globo brucia attorno a noi e la società ignava continua per la sua strada presa in giochi di inutile indifferenza, proprio come i giovani protagonisti del romanzo di Bassani che, mentre i peggiori sconvolgimenti agitavano l’europa, continuavano a giocare a tennis tra le mura inamovibili del maestoso giardino, fino a quando non fu troppo tardi . Il paragone, azzeccato , nella fattispecie riguardava l’indifferenza diffusa verso i disastri ambientali che quotidianamente contribuiscono a cambiare il nostro piccolo pianeta, ma credo che una analoga riflessione si possa fare per molte problematiche, un po’ a tutti i livelli. La FIAT ridisegna la 500. Un epoca dove era “più semplice”. |
VICENZA,17 FEB- "E' una grande giornata di lotta contro il governo, nella speranza che capisca e torni sui suoi passi", dice il deputato Prc Francesco Caruso. |
Dietro casa ho un bel parco di olivi secolari, intitolato ai martiri delle Foibe .
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Gerusalemme. “Posso apparire come la più improbabile delle sostenitrici della riconciliazione, dell’accettazione tra arabi e israliani con un sito chiamato ‘Arabi per Israele’”, sorride Nonie Darwish. Egiziana, autrice di un libro di cui si è discusso parecchio – la traduzione del titolo suona più o meno così: “Ora mi chiamano infedele. Perché ho rinunciato al jihad per l’America, Israele e la guerra al terrore” – e figlia del generale Mustafa Hafez, che fu inviato da Gamal Nasser come comandante della “resistenza armata” contro Israele tra il 1951 e il 1956, Darwish sembra ancora più “strana” se si pensa che proprio suo padre è stato ucciso dal primo raid mirato delle forze israeliane contro i Fedayeen nel luglio del 1956. Eppure, oggi è trattata come un’infedele. “Ci sono voluti anni per evolvermi rispetto all’educazione che ho avuto da piccola – racconta al Foglio – Come ogni bambina araba ho imparato a scuola come si diventa martiri nella guerra santa contro Israele e ogni giorno recitavo poesie jihadiste”. L’odio era facile, il terrorismo accettabile. “Ho accusato Israele per la morte di mio padre per anni – prosegue Darwish – Poi alla fine ho capito che Israele non era il principale colpevole, bensì la propaganda dell’odio insita in parte della cultura islamica”. Per questo è andata a vivere negli Stati Uniti: per scappare al clima di assedio in cui si sentiva braccata. Pensava di averla scampata, ma poi c’è stato l’11 settembre e ha capito che “non era un problema della mia cultura, ma anche della mia nuova casa: l’America”. Così Darwish ha deciso di non tacere più. Frequenta molti dissidenti arabi negli Stati Uniti, riconosce che molte, in realtà, sono donne, “perché gli uomini sono orgogliosi, e non riescono a dire facilmente che la loro cultura ha qualcosa di sbagliato – spiega – Le donne poi sono le principali vittime della sharia e quindi sono le prime, se possono, a denunciare le discriminazioni”. Ricorda anche le contraddizioni. Dodici anni fa suo fratello ebbe un infarto mentre si trovava a Gaza: sembrava non potesse farcela. Intorno molti chiedevano: “Dove lo portiamo al Cairo o a Gerusalemme?”. E tutti ripondevano: “Se volete salvarlo, portatelo all’ospedale Hadassah a Gerusalemme”. E Darwish che si indignava, “ma perché gli arabi scelgono di farsi curare negli ospedali di persone che disprezzano, che chiamano scimmie, maiali e nemici di Dio?”. |
Un paio di pomeriggi fa, complice una figlia appisolata, passando da un canale all’altro mi sono imbattuta in un ”ricomincio da tre” sepolto nella memoria. E come fu galeotto un profumo per un letterato famoso, così quelle scene e quell’attore mi hanno catapultata in un rovescio di ricordi. Ricordi di un’epoca creativa e ricca di spunti, di ricerca, di meraviglia continua nell’affacciarsi sulle mille scatole d’argento che la vita mi porgeva . L’estate del motorino. Del motorino e della casa di San Miniato. |
Ha scelto la giornata della memoria della Shoah, che ricorda lo sterminio di sei milioni di ebrei, per svolgere davanti ai suoi allievi della IE del liceo Cavour di Torino una lezione che avrebbe potuto ricevere l’applauso di Ahmadinejad, il professor Renato Pallavidini, 50 anni, docente di storia e filosofia. Anzichè ricordare l’immane distruzione degli ebrei in Europa, il nostro professore, con un linguaggio indegno di un educatore, ha iniziato con un attacco virulento contro Israele, “ che in questo giorno fa solo propaganda per rimanere impunito e giustificare tutte le porcate che ha fatto dal dopoguerra ad oggi, massacro dei palestinesi,guerra in Libano.... le milizie di hazbollah non sono una formazione terrorista ma un esercito partigiano di popolo, e quello che dice il presidente iraniano Ahmadinejad è sacrosanto”. Ma chi è il prof. Pallavidini ? Si definisce nazional-comunista, un’etichetta che copre un cammino comune a quanti da posizioni di estrema destra nazi-fascista giungono ad abbracciare ideologie islamo-comuniste senza abbandonare le convinzioni precedenti, un percorso comune anche a molti convertiti all’islam. Pallavidini non sarà diventato un fondamentalista islamico, ma il contenuto delle sue lezioni contiene gli stessi virus. Anche i suoi allievi lo descrivono come “oscillante tra estrema destra e estrema sinistra, a seconda dei momenti” , quegli stessi allievi che, rientrati a casa, hanno raccontato tutto ai genitori. Alcuni dei quali, essendo il Pallavidini un illustre ignoto, sono andati a cercare sue notizie su internet, scoprendo altri lati della sua biografia non meno preoccupanti. Ha scritto anche dei libri, il nostro, e frequenta i forum negazionisti, lasciando tracce interessanti, come quando, discutendo delle responsabilità di Israele, ha scritto “ mi viene proprio voglia di rileggere attentamente il Mein Kampf di Hitler, e lo consiglierò ai miei studenti ! “. La preside, ricevendo alcuni genitori, li ha informati di aver chiesto un’ispezione ministeriale e di avere informato il responsabile della direzione scolastica provinciale. Ha poi convocato il Pallavidini, verbalizzandone le dichiarazioni. “Sapevo di non essere di fronte ad un uditorio innocuo, ha dichiarato alla preside” -una sua allieva è figlia di una nota scrittrice ebrea torinese- e ha riconfermato tutto quanto, dando l’impressione che nulla era accaduto per caso. Come se lo scandalo l’avesse volutamente cercato. Chissà, forse voleva entrare nei panni di un David Irving italiano, la pubblicazione più o meno clandestina di qualche libro nei quali saltare con disinvoltura da Mussolini a Lenin, passando via Hitler, non gli era stata sufficiente per raggiungere la notorietà, chissà quanta invidia per la carriera di altri storici, pure italiani, che con le sue stesse idee oggi godono del prestigio di importanti cattedre universitarie, firmano appelli, i giornali riportano le loro dichiarazioni, e lui niente, a 50 anni lo conoscono soltanto gli allievi del Liceo Cavour. Un obiettivo l’ha dunque raggiunto, adesso che sono in tanti a sapere che è lui quello delle “porcate” di Israele, quello che dice ai suoi studenti di leggersi il Mein Kampf, quello che sarà oggetto della “persecuzione” dall’ispezione ministeriale, chissà che goduria, il suo nome finalmente sui giornali e magari anche in TV ! Diventerà popolare, questo è sicuro, se era il suo obiettivo, tra neonazi, neo comunisti e fondamentalisti islamici, non gli mancherà certo il pubblico. Se le tenga le sue idee, una cosa però ci dispiace,carom professore, che lei sparga il suo veleno mentre è in cattedra in una aula scolastica, un luogo nel quale non le dovrebbe essere permesso di entrare. |
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