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Il mito della Genesi: quarta parte

Post n°216 pubblicato il 06 Marzo 2010 da Terpetrus

Passiamo ora al capitolo 3 della Genesi. In questo capitolo si conclude veramente la vicenda iniziale, ciò che ha fatto sì che il mondo e l’uomo avessero una determinata struttura e determinate leggi naturali.
Poiché è questo il senso di ogni mito delle origini: far capire, in un modo immaginifico, perché la vita umana e la vita dell’universo sono regolati da determinate leggi, far capire che sono iniziate all’origine e che non è possibile modificarle. Lo fa poi in un modo che se ne infischia dei nostri concetti moderni di “giusto” o “sbagliato”, di “coerente” e “contraddittorio”, in quanto proviene da culture che hanno concetti completamente diversi dal nostro, non basati su un’organizzazione razionale della vita umana e della conoscenza, ma su presupposti diversi.
Vediamo dunque cosa ci dice la Genesi al riguardo:

Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio.
Egli disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: non dovete mangiare di nessun albero del giardino?».
Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete».
Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che, quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male».
Allora vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.
Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi;
intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino.
Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?».
Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto».
Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?».
Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato».
Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?».
Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita.

Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe; questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».
Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà».
All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua!
Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita.
Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre.
Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!».
L’uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.
Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì.

Il Signore Dio disse allora: «Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male.
Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!».
Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto.
Scacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita.

Così si conclude la storia della Creazione e del giardino dell’Eden, e comincia la storia dell’uomo così come lo conosciamo.
Infatti, nella frase iniziale del quarto capitolo, si dice subito che Adamo si unì ad Eva e generò Caino.
Se analizziamo i versetti del terzo capitolo, se li leggiamo con attenzione come se li leggessimo per la prima volta, ci accorgiamo di una serie di fatti sconcertanti, a tal punto che ci si domanda come sia stato possibile, per tanti secoli, che nessuno facesse caso a quello che vi è scritto.
Il serpente viene definito “il più astuto delle bestie selvatiche”. Non si sa perché. Perché il serpente dovrebbe essere ritenuto particolarmente astuto?
Di fatto, il serpente è una bestia che, più che strisciare senza farsi notare, non fa. Non emette nemmeno suoni. Tanto è vero che è anche sordo. Di fatto, è il prodotto di un’involuzione da rettili più evoluti, ma ovviamente gli Ebrei e i Mesopotamici non potevano saperlo. Ma si saranno pure accorti che il serpente non appare certo brillante come un cane, un lupo, un gatto o una volpe, anche loro considerati animali astuti e intelligenti dagli antichi, come dai moderni.
Da dove è venuta l’idea che il serpente sia una bestia astuta, quando di fatto non lo è?
Eppure nella vicenda della Genesi, è l’unico animale che sembra avere il potere di parlare.
Non si spiega neanche che tipo di serpente sia, il che può apparire strano, dato che anche nell’antico Medio Oriente si sapeva benissimo che esistono diverse specie di serpenti.
Abbiamo visto poi nel primo capitolo che essi sono considerati un genere a parte, come se avessero qualcosa di speciale. Forse perché assomigliavano in parte a qualcosa o qualcuno di cui qui sono diventati un simbolo, un nascosto riferimento?
Forse, fatto sta che, per quanto strano, il serpente della Genesi è semplicemente un serpente.
Non è Lucifero, in quanto viene detto a chiare lettere: è una delle bestie di Dio, la più astuta.
E ribadisco: la più astuta, non la più malvagia.
Ciò che lo caratterizza è l’intelligenza, non la malvagità.
E cosa fa, il serpente? Chiese alla donna una domanda che più o meno suona così: «Senti, bella… ma è vero quello che ho sentito dire, che il Signor Dio, oltre a farvi coltivare e custodire il giardino, vi proibisce di cogliere i frutti degli alberi?»
La donna, che non si chiama ancora Eva, e poi vedremo il perché, risponde qualcosa del tipo: «Ma no, figurati! Possiamo mangiare tutti i frutti che vogliamo, di qualsiasi specie. A parte quelli dell’albero che sta proprio in mezzo al giardino, che si chiamano “frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male”. Di quello ci ha detto: “non mangiate e non toccate quella roba! È veleno! È cacca! Ha detto che se mangiamo, moriamo sul colpo! Perché si tenga un albero dai frutti velenosi proprio non lo so… fatti suoi!».
Il serpente, che forse voleva essere sicuro di come erano messe le cose, o forse le sapeva già e stava solo cercando un pretesto per portare la donna dove voleva lui, le dice qualcosa del tipo: «Seeee… e tu credici, bella! Non ti accorgi che ti sta intortando? Non è per niente velenoso, ti ha mentito! Mentito spudoratamente! E sai perché? Perché non vuole che diventiate come lui, intelligenti e consapevoli come lui, in grado di distinguere fra bene e male, giusto e sbagliato…. Insomma, di fare le vostre scelte e sapere perché le fate. Vuole tenervi nell’ignoranza!».
La donna non si pone il problema di come il serpente sappia questo. Come fa a esserne sicuro? Lui è solo un animale, no? Eppure è l’unico animale che sentiamo parlare nella Genesi e la sa anche più lunga della donna e dell’uomo… la sa lunga quanto il Signor Dio, o i Signori Dei.
Così la donna gli dà ascolto, si accorge che il frutto è bello da vedere e buono da mangiare, e sì, vuole sapere, vuole conoscere… qualche maligno direbbe che le donne sono sempre curiose. In realtà, da quel che sembra, è assetata di conoscenza.
E lo strano è che non ha paura! Manco si pone il problema se magari il serpente sia lui a mentire, e non invece Dio. Perché se il serpente ha ragione, allora lei potrà diventare come Dio, con una mente pari alla mente divina, mentre se invece è il serpente a mentire, lei morirà… e non ha alcun modo per sapere se è vero.
Manco dice al serpente: “prova tu a mangiare per primo, così sono sicura che non mi vuoi ammazzare!”. Chissà, forse sapeva che il serpente l’aveva già mangiato anche lui, il frutto, e perciò era diventato tanto astuto e intelligente.
Forse, la verità è che non vedeva l’ora di fare le scarpe a Dio…..
La donna quindi ne mangia e lo dà al marito, il quale fa ciò che faranno tutti i mariti di questo mondo, in tutta la storia: fa quello che gli dice di fare la moglie!
Non si capisce se, nel suo caso, sia un folle e sventato coraggio, come nel caso della moglie, e non piuttosto una stolida ossequienza alla supremazia muliebre.
Mangiano del frutto, che non si sa cosa sia, anzi probabilmente non è nessuno degli alberi esistenti, anche se forse un certo frutto tropicale dell’isola di Dilmun può averlo ispirato, e per prima cosa “gli si aprono gli occhi”, cioè diventano consapevoli, mentre prima non lo erano.
La loro nuova autoconsapevolezza, la loro capacità di distinguere fra giusto e sbagliato, fra buono e cattivo, fa capire loro che non è bene che siano nudi.
Evidentemente, il pudore fisico era considerato una delle basi del vivere civile, a quel tempo.
Essi non sono più come animali o selvaggi, cominciano ad essere persone che agiscono e pensano autonomamente e non seguendo ordini, come automi o animali domestici.
Sono d’accordo sulla possibilità che l’albero della conoscenza possa essere il fico, dato che Adamo ed Eva per prima cosa si fanno dei vestiti improvvisati di foglie di fico. Tuttavia, penso che sarebbe opportuno analizzare prima il significato dell’albero di fico nell’antica cultura mesopotamica, se ne aveva uno.
Di fatto, assieme al dattero, doveva essere uno degli alberi da frutto più comuni, tant’è vero che compare anche in uno dei Vangeli, come protagonista di una parabola di Gesù.
Poi avviene il patatrac: il Signor Dio si sta facendo una passeggiata ristoratrice nel giardino, godendosi la brezza diurna. Beh, è il suo giardino, no? E i signori potenti e nobili si fanno sempre le loro passeggiatine nei loro parchi personali…. E magari vogliono incontrare i giardinieri e sapere se stanno facendo bene il loro lavoro….
Apriti cielo! Il giardiniere e la sua spalla, sua moglie, hanno fatto proprio la cosa che gli aveva tanto proibito di fare.
Inutili le minacce di morte, il dire: “non farlo, o crepi all’istante! Te lo sei messo in testa bene???”.
Come è stato possibile?
Eh…. Ci si è messo uno che, a dire il vero, appare più furbo di lui.. Qualcuno che evidentemente non aveva piacere che il Signor Dio trattasse Adamo ed Eva come due servi, tenendoli nell’ignoranza, impedendogli di fare le loro scelte di vita.
Perché di fatto, leggendo il racconto nudo e crudo, è questa l’impressione che se ne ha.
E il Signor Dio s’in….. kavola a morte! E scaglia una maledizione per ognuno dei tre colpevoli, in ordine di misfatto.
Certo, Adamo ed Eva sono bravi a fare gli scaricabarile!
Soprattutto Adamo, ci fa la figura peggiore! Prima fa la parte del marito grullo che fa quello che la moglie gli dice di fare senza neanche discutere, poi quando gli si chiede perché lo ha fatto, lui si giustifica scaricando la colpa non solo sulla donna, ma sul Signor Dio stesso!
“La donna che TU mi hai messo accanto mi ha detto di mangiare del frutto….”. Come dire: “se tu non mi avessi dato quella mascalzona come mio braccio destro, mi sarei comportato bene! Prenditela con lei o con te stesso! Ma non con me!”
Molto coraggioso, eh?
Ma lei adesso non si dimostra molto meglio: mentre prima aveva dimostrato un coraggio da incosciente, forse dovuto al fatto che NON aveva ancora mangiato il frutto, e quindi era molto meno consapevole delle corbellerie che faceva, ora invece inventa delle scuse in cui sicuramente non crede lei stessa, infatti dice: “il serpente mi ha ingannata….”. Sicuro che ti ha ingannata, bella? Non hai ottenuto ciò che volevi? Volevi essere uguale a Dio, uguale nella conoscenza del bene e del male…. Non ti eri resa conto che magari il Signor Dio avrebbe trovato da ridire, dato che te l’aveva fatto chiaramente capire, anche se raccontando delle balle?
Comunque, per prima cosa Dio maledice il serpente, e gli dice quale sarà il suo destino, il destino di tutti i serpenti: strisciare la terra, mangiare la polvere, essere odiato e maledetto da tutti gli uomini e le donne, essere un pericolo per tutti loro, perché nell’erba e nascosto tra le rocce, azzannerà il calcagno dei figli di Eva, avvelenandoli. Come dire: hai voluto rendere l’uomo e la donna i miei nemici, i miei avversari, e renderli tuoi alleati per i tuoi oscuri scopi, ma io faccio in modo che tu diventi per sempre il loro nemico, e che tu gli dia il veleno veramente, e non solo per minaccia, come facevo io.
Il serpente diventa ciò che è ora, dunque.
Questo mito non è diverso dal mito dei Tre Giorni della Merla, che spiega perché i merli sono diventati tutti neri: perché prima erano tutti quanti bianchi, ma un giorno, negli ultimi tre giorni di gennaio una merla si rifugiò in un caminetto del Polesine per ripararsi dal gran freddo e ci rimase per tutti i tre giorni. Alla fine dei tre giorni, lei uscì ma era diventata nera. E così poi tutti i merli divennero neri.
Il mito spiega e giustifica il perché delle cose. I serpenti sono nemici dell’uomo perché il loro antenato ha cercato di metterli contro Dio.
Meglio stargli lontani…. Qualsiasi cosa si intenda per “serpenti”.
E nelle religioni del tempo i serpenti erano molto comuni, come simboli e come oggetto di culto, e a quel punto devo fare un intermezzo riguardo altri miti e altre divinità.
Ho già detto nei precedenti post che il serpente è simbolo dei fiumi, delle acque sotterranee che sgorgano dalla terra. È anche simbolo di sapienza, come in questo caso.
In moltissime parti del mondo, praticamente in tutte le antiche civiltà, il serpente, o il drago, occupa un posto importantissimo, e non è affatto simbolo di malvagità, ma di fecondità, di saggezza, di progresso e di crescita, e anche di vita eterna, perché il serpente cambia la pelle e si rinnova.
Ovunque compaiono Dei-Serpente regolarmente associati al sottosuolo e all’acqua, a volte al cielo, come nel caso di Quetzalcoatl, e si trovano perciò associati anche ai numerosi Dei-Pesci che compaiono del pari dappertutto, esseri ugualmente portatori di saggezza e di prosperità, fondamentalmente benevoli.
Gli Oannes sumerici, i Naga indiani, Dagon il Dio-Pesce dei Filistei, i Telchini e i Tritoni della Grecia, Cecrops l’uomo-serpente fondatore di Atene, i Kappas giapponesi, gli uomini-pesce delle leggende precolombiane sia messicane che peruviane, la fata Melusina, il Dio Enki dei Sumeri e il Dio Quetzalcoatl dei Maya, i Nommo dei Dogons, appaiono tutti come misteriosamente collegati tra loro.
E il serpente della Genesi è del pari loro parente.
Ma come è possibile questo?
Ritorniamo dunque alla fonte del mito.
Ritorniamo in Mesopotamia, nell’antica Sumeria e nell’antico archetipo dell’Eden: la terra di Dilmun, nel Golfo Persico.
Ma qui mi interrompo, accorgendomi che non sono stato capace di esaurire le analisi del racconto della Genesi.
Sperando di riuscirci nel prossimo post.

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