Vecchia barzelletta su Craxi

Post n°194 pubblicato il 18 Gennaio 2010 da Terpetrus
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In quest’aria di beatificazione del povero martire scappato in Tunisia in vacanza permanente, la mia memoria è costretta a riesumare ricordi collegati ad un personaggio che vorrei solo dimenticare, se non fosse per i continui piagnistei di una figlia che, non avendo nessuna attrattiva in sé, sembra voler riempire il vuoto della sua esistenza esaltando la memoria di un padre che per lei dovrebbe costituire più un marchio che un’eredità.

E certamente non mi sento di condannarla del tutto, dato che senz’altro una donna che non sembra avere alcuna qualità, nè fisica né intellettiva, avere anche il fardello di un padre del genere, può spingerla ad autoilludersi che fosse un santo martire piuttosto che un uomo corrotto che è fuggito all’estero per non dover subire un giusto processo e una condanna, naufragando nel clima di irrealtà e di negazione dell’evidenza dei fatti di cui la nostra nazione sembra nutrirsi ormai da molti anni.

Ma questo flusso di ricordi dovuti alla corrente causa di beatificazione, mi fa ricordare alcuni particolari del suddetto personaggio, il signor Benedetto Craxi.

Me lo sono immaginato io, che lo paragonavano al Duce, quando era vivo e in piena carriera politica?

Me lo sono immaginato io, che lo accusavano di avere un atteggiamento autoritario e fascistoide?

Me la sono immaginata io la barzelletta che una volta il mio insegnante di filosofia, tal Don L.B., che rigurgitava odio per la sinistra e per ogni forma di pensiero non-cattolico, raccontò a me e ai miei compagni di liceo?

La barzelletta raccontava questo:

Craxi al mare, in costume da bagno, esibisce un bel tatuaggio sul braccio,  che rappresenta la figura del Duce.

Gli altri bagnanti, sorpresi e scandalizzati, gli chiedono il perché di tanto ardire, assai sospetto.

Il premier risponde: “non è un tatuaggio, è una voglia!”

Se a quel tempo si ironizzava sul fatto che avesse modi da dittatore, adesso non sarebbe meglio ricordarsi anche di questo fatto?

Ora anche Napolitano (per gli amici Napisan), dice che sì, insomma, non bisogna essere tanto cattivi con lui, perché è stato un grande statista….

Io dico, aldilà del fatto che si tratta sempre di un uomo che è stato condannato in contumacia perché è scappato all’estero per non dover subire un processo…. Perché il fatto che sia stato “un grande statista” dovrebbe farcelo vedere positivamente?

Al limite, allora se risultasse che un dittatore come Mussolini è stato “un grande statista”, allora bisognerebbe riabilitarne la memoria?

Scusate, ma da quando in qua ammirare e amare i grandi statisti, o i grandi dittatori, è una sorta di dovere morale?

E soprattutto: di che utilità è adesso al paese riabilitare Craxi? Ci aiuta a risolvere i nostri problemi, per caso?

E non venitemi a dire che è una questione di giustizia…. La giustizia adesso è occuparsi solo dei problemi attuali del paese, non di quello che è successo tanti anni fa….

 

 
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L’Odissea è un’invenzione moderna.

Post n°193 pubblicato il 17 Gennaio 2010 da Terpetrus
Foto di Terpetrus

Intermezzo letterario: parliamo dell’Odissea.

Oggi dire Odissea è sinonimo di avventura favolosa, di vicenda complessa in vari luoghi, incontrando diversi personaggi fuori del comune.

Odissea è qualsiasi viaggio in paesi favolosi, dai confini dell’oceano alle montagne della luna.

Da bambini leggevamo le riduzioni dei miti greci e immaginavamo il poema omerico come una sequela di vicende favolose a base di giganti, maghi, divinità, terre incantate.

Magari avremo anche visto una delle trasposizioni cinematografiche o televisive dell’Odissea, di cui la migliore rimane sempre lo sceneggiato italiano con protagonisti lo jugoslavo Bekim Femiuh e la grande Irene Papas, nei ruoli di Ulisse e Penelope.

Credo che sia stato guardando quello sceneggiato da bambino, che ho cominciato a fare sogni di omoni barbuti, virili e seminudi che vivevano favolose avventure in epoche remote, primi segni di una omosessualità “ursina” che avrebbe dovuto manifestarsi e raggiungere la piena autoconsapevolezza e maturità solo negli anni Novanta, con la nascita del movimento degli Orsi Italiani.

Fu appunto negli anni Novanta che mi decisi a leggere l’Odissea per intero, prendendola in prestito dalla biblioteca comunale.

Rimasi sconcertato e sorpreso dalla lettura.

Tutto il viaggio attraverso mari, isole e coste favolose si riduceva ai primi due o tre capitoli, mentre la massima parte della vicenda riguardava il ritorno di Ulisse a Itaca e le sue fatiche per riconquistare il suo posto di re dell’isola, il talamo nuziale e rimettere al sicuro la sua famiglia e il suo regno dalle angerìe degli usurpatori, i Proci.

L’Odissea, in realtà, non è la storia di un uomo che esplora i mari, ma semplicemente la storia di un uomo che cerca di tornare a casa e riconquistare il suo posto nella vita.

Le avventure di Ulisse con mostri favolosi come Polifemo, Scilla e Cariddi, le sue avventure amorose con Circe e Calipso, i suoi incontri con popoli mitici come i Lotofagi, i Lestrigoni e i Feaci, la sua ascesa nel mondo degli Dei con l’arrivo nella città galleggiante di Eolo, il Dio dei Venti, o la discesa negli Inferi per parlare con gli spiriti di amici e parenti defunti, tutte queste incredibili vicende che tanto hanno suggestionato milioni e milioni di persone per tante generazioni, che hanno ispirato schiere di poeti occidentali, dall’antichità fino ai nostri giorni, fino alle trasposizioni fantascientifiche contemporanee, in cui Ulisse diventa un astronauta in viaggio fra pianeti favolosi, tutte queste avventure dicevo, sono solo il preludio fantastico di una vicenda che non ha alcun senso fantastico, ma profondamente realista, e per niente avventuroso: il ritorno di un soldato a casa sua, e lo scoprire di dover combattere un’altra guerra: quella della riconquista di casa propria.

Una situazione che probabilmente colpiva molti reduci dalle guerre antiche, che tornavano a casa e scoprivano l’usurpatore in casa propria. A quel tempo ognuno doveva tutelarsi da solo o quasi. Senz’altro era molto più facile a quel tempo che un reduce venisse creduto morto e tornasse a sorpresa dopo molti anni, trovando magari la moglie, la famiglia e le proprietà in mano ad un altro, con ovvi problemi conseguenti.

In origine il senso dell’Odissea doveva essere stato questo: così come l’Iliade mostra la tragedia della guerra e la sua potenza distruttiva, così l’Odissea parla delle conseguenze della guerra stessa, gli strascichi che si porta negli anni.

E infatti la maggior parte del poema è decidato a questo, non a favolose avventure.

Anche perché nell’antichità più lontana, il viaggio non era considerato come qualcosa di positivo come adesso. Non c’era ancora il senso dell’esplorazione, del travalicare i limiti della conoscenza umana. Non era ancora un valore acquisito, perché la civiltà occidentale, con il suo atteggiamento aggressivo nei confronti dell’universo, non era ancora nata.

I valori del tempo riguardavano di più invece il mantenimento dello status quo, della prosperità e della progenie numerosa, in pratica i valori della casa, della famiglia e di una vita lunga e felice.

Quindi le favolose avventure dell’inizio dell’Odissea sono di fatto solo degli ostacoli frapposti dal capriccioso destino, identificato con il volere degli Dei, al ritorno di Ulisse.

È il ritorno ad Itaca il senso del poema, e non il viaggio.

Non per niente poi c’è stato chi, nell’antichità tardo-classica, ha interpretato l’Odissea secondo i simbolismi dell’Orfismo, la religione misterica ellenica che predicava la reincarnazione e la finale liberazione dalla catena delle rinascite in corpi umani o animali.

Secondo questa interpretazione, Ulisse rappresenta l’anima caduta nel mondo della materia. Per l’Orfismo, tutte le anime umane e animali erano daimones nel Regno degli Dei, oltre il cielo stellato. Tali daimones commisero una colpa non ben definita, e precipitarono tutti quanti nel mondo fisico, dove rimasero condannati a reincarnarsi all’infinito, subendo le conseguenze ogni volta delle azioni nella vita precedente.

Solo attraverso il culto misterico insegnato da Orfeo, che aveva potuto contemplare i misteri dell’Ade, il regno dell’oltretomba, quando tentò di riportare alla vita la sposa defunta Euridice, è possibile liberarsi della catena delle rinascite e tornare nel Regno degli Dei, dove ritrovare l’eterna beatitudine.

Così anche la storia di Ulisse sarebbe da identificare con la storia dell’anima, e così Itaca sarebbe in realtà la patria ultraterrena dell’anima, mentre la guerra di Troia e le avventure in giro per i mari, sarebbero le lunghe reincarnazioni e traversie ultraterrene fra una vita terrena e l’altra che l’anima deve attraversare, per tornare nel suo regno eterno, che deve riconquistare con fatica.

In pratica, l’Odissea così come viene descritta e interpretata adesso, non è un poema omerica, un’invenzione moderna.

È stato lo spirito occidentale post-classico, da Dante in poi, a far vedere l’Odissea come un racconto avventuroso, a tal punto che Dante ne stravolge il personaggio, pensando che in vecchiaia Ulisse possa essere stato preso dal desiderio di viaggiare, desiderio che in realtà non ha mai avuto, per andare ad inabissarsi all’Antartide presso il monte del Purgatorio.

Il fin troppo noto verso di Dante “fatti non foste per vivere come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza” è il segno di tale stravolgimento, è il segno dei tempi nuovi, dell’uomo faustiano, come lo chiamava Oswald Spengler, l’era delle cattedrali gotiche che si avventavano come missili verso il cielo, come a volerlo conquistare, l’era di Marco Polo e poi di tutti i grandi esploratori, che credevano di potersi identificare in Ulisse, come se egli fosse stato il capostipite di tutti loro.

Ho parlato di tutto questo, per far capire quanto grande sia la forza del fraintendimento, e di come addirittura un’intera cultura, o un filone culturale, possa fondarsi su di un fraintendimento.

E conseguentemente, ho scritto questo breve articolo semplicemente per far capire come non bisogna dare assolutamente niente di scontato, neanche riguardo le cose che si crede di conoscere bene. Sono in genere proprio quelle che ci danno le maggiori sorprese, proprio perché abbiamo sempre creduto di conoscerle fin da piccoli.

 

 
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La mia anima pagana

Post n°192 pubblicato il 16 Gennaio 2010 da Terpetrus
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Forse alcuni di voi sapranno cosa è il Neopaganesimo.

Per spiegarlo, devo prima spiegare cosa è il Paganesimo. Il termine “pagano” deriva dall’antico termine latino “pagus”, che significa “villaggio”. Originariamente quindi i “pagani” erano gli abitanti dei villaggi, gente di campagna insomma.

In seguito, i cristiani chiamarono così tutti i seguaci delle altre religioni, che non fossero ebrei e musulmani.

A quel tempo, dato che i cristiani europei non avevano ancora contatti con le religioni mistico-filosofiche dell’Oriente quali il Buddismo, il Taoismo o il Giainismo, per fare gli esempi più illustri, pensavano che oltre alle tre religioni monoteistiche esistesse solo la cosiddetta idolatria, che significa “culto delle immagini”, cioè culto di una serie di divinità ognuna con il suo aspetto e le sue caratteristiche personali, fossero esse di tipo umano o animale, o misto, o di simbolo geometrico o addirittura vegetale, come nel caso degli alberi divini delle religioni germaniche.

Ma perché chiamare i seguaci del politeismo “abitanti dei villaggi”?

Semplice: perché nel Medioevo, mentre la gente di città era tutta (o si presume lo fosse) convertita al Cristianesimo, i contadini, i pastori e i montanari, gente ignorante e tradizionalista, legata alla Terra, alle acque, ai boschi e agli animali, continuava sovente ad adorare gli antichi Dei della Natura, seguendo la Vecchia Religione e i suoi riti magico-religiosi, intrisi di mille superstizioni.

Nel Medioevo, per molti secoli ancora, nelle zone paludose e montuose, nelle regioni più  isolate d’Italia e d’Europa, nelle profondità delle foreste, ma pare anche in certa parte dell’aristocrazia italica, fedele alle antiche tradizioni classiche, si perpetuarono culti che in genere la gente crede si siano estinti non appena il Cristianesimo prese il sopravvento con gli imperatori da Costantino in poi.

Rimasero invece notevoli “sacche” di Paganesimo qua e là, folklore antico mescolato sovente con le nuove tradizioni cristiane.

Gli Dei che non volevano abbandonare il loro antico dominio non erano gli Dei olimpici dell’antichità classica che siamo abituati a conoscere a scuola. Le divinità dei villici erano Dei e Dee dei boschi, delle fonti, dei fiumi, dei monti, della magia e dell’aldilà, della notte e dei misteri.

Dioniso, Diana, Pan, l’italico-celtico Pennin, e poi Fauni, Silvani, Ninfe, Anguane, Vivene, Lamie, Sirene, Fate, Elfi, Nani e via dicendo, e sopra di tutti c’era la figura della Grande Dea Madre Trifronte, l’italica Diana, la basca Mari, la celtica Briga o Brigitta, che dette il nome alle città di Brescia (Brixia) e Bressanone (Brixen).

Le antiche leggende del folklore popolare consistono di molte tracce di questi antichi culti, in un modo che chi non conosce l’universo infinito del mito, non può neanche lontanamente immaginare.

Questi Dei antichi non se ne sono andati mai del tutto, perché l’uomo occidentale, anche se non lo ammatte mai del tutto, non può fare a meno di loro, come un uomo che lascia la donna amata convinto che in realtà non la ama davvero, e pure, anche se non lo ammette neanche con se stesso, continua ad avere bisogno di lei.

In certi luoghi, in certe regioni d’Europa, tali influenze pagane si sentono molto di più che in altre. Ovviamente le regioni montuose o vicine all’Oriente sono più esposte.

Luoghi come i Paesi Baschi e i paesi celtici come Irlanda, Scozia, Galles e Bretagna, sono enormemente più ricchi di tradizioni di origine pagana.

In Italia, un tasso elevato le hanno certe zone del meridione, dove la Vecchia Religione sembra essersi tramandata fino ai giorni nostri. Una zona molto interessante per esempio è Benevento, dove un tempo c’era il Noce delle Streghe, luogo di raduno di antichi culti pagani.

Quelle che noi chiamamo “streghe” erano in origine presumibilmente una sorta di sacerdotesse magico-sciamaniche, il cui compito era essere il tramite fra la gente delle campagna e le divinità della natura, in qualità di propiziatrici e di guaritrici.

Simili personaggi li si trova nei corrispondenti moderni di tali religioni, nelle Americhe: religioni afro-americane come il Vudù, la Santeria, il Candomblé e l’Umbanda, non sono altro che le trasposizioni degli antichi culti magico-politeistici della costa dell’Africa occidentale mescolate con il culto dei Santi cattolici, e che si sono grandemente diffusi poi anche a popolazioni di altro tipo. Negli Stati Uniti si sono diffusi grazie soprattutto all’emigrazione dal Messico e dai Caraibi.

Comunque, in Italia le Streghe erano tradizionalmente le seguaci della Congrega di Diana, Dea della Luna e delle Selve, della notte e degli animali, della magia e del mistero, del sesso e della fecondità (ben diversa dunque dalla frigida Artemide greca, con cui è stata identificata dalla religione romana ufficiale).

La Diana italica era in realtà la Grande Dea Madre, non semplicemente la vergine cacciatrice delle favole per bambini.

Nell’Alto Medioevo, le Streghe celebravano i loro culti a Diana nei boschi, e facevano uso di sostanze allucinogene, il famoso “unguento delle Streghe”, per procurarsi allucinazioni che loro consideravano “viaggi” per incontrare i loro Dei nel bosco, cavalcando scope e caproni al seguito di Diana.

Così nacque il mito della strega che vola cavalcando la scopa, nell’oscurità della notte, al seguito del Diavolo, immaginato come un Capro Nero.

In realtà, il Capro Nero era anch’esso una divinità pagana della Vecchia Religione, che alla fine fu identificata con il Demonio stesso perché distoglieva i fedeli dalla “retta fede” con i suoi baccanali licenziosi, ricordo di un’epoca in cui il sesso non era ancora considerato peccato, e la divinità e la natura erano considerate una sola cosa….

Altre regioni dove sembra che il Paganesimo sia potuto conservarsi fino ad epoche recenti, sono la Toscana e il Triveneto.

Sembra che i contadini toscani invocassero in preghiere popolari ancora gli antichi Dei etruschi, come Turanna, la Dea dell’Amore o Fufluns, il Dio dei Boschi, fino a poco tempo fa.

Nel Triveneto, invece, ci sono molte strane leggende, come quella di Rocca Pagana, nelle Valli Giudicarie del Trentino, dove la leggenda vuole che sia nascosto il tesoro dell’ultimo sacerdote pagano del Dio delle Fonti, Nettuno, lì celato per proteggerlo dall’avvento del Cristianesimo.

È un fatto che tradizioni stregonesche si siano conservate nel Veneto fin quasi a oggi, e nelle campagne la Strega del paese e suoi “pentolini” erano una tradizione comune.

In Trentino poi c’è il Passo del Tonale, a metà strada fra il Trentino e la Lombardia, che nel mito medioevale era considerato luogo di riunione delle streghe della Congrega di Diana, evidentemente un luogo sacro per la Vecchia Religione dei montanari, e che durante la Caccia alle Streghe dell’Inquisizione all’epoca della Controriforma, con le sue isterie sessuofobie e anti-eretiche, divenne tristemente famoso come sede di sabba demoniaci.

In Germania il Passo del Tonale aveva creato il mito del Venusberg, il Monte di Venere, con la leggenda di Tannhäuser, che ispirò la famosa opera di Wagner. Il Monte di Venere era appunto il monte dove regnava la Dea Venere, accompagnata dalle sue ancelle, dove i piaceri pagani della carne si scatenavano, rifuggendo da ogni ascetismo cristiano, come ultimo baluardo del Paganesimo della Dea Madre contro il monoteismo patriarcale del Verbo di Cristo.

Nella leggenda, Tannhäuser si lasciava irretire dalla Dea Venere mentre si recava in pellegrinaggio a Roma, divenendone l'amante. Una chiara allegoria della forza del Paganesimo che ancora esercitava la sua influenza in luoghi isolati. 

Molte di queste tradizioni sono andate perse a causa dell’avanzare dell’urbanizzazione, del secolarismo e dell’industrializzazione.

Là dove non ha potuto arrivare il Cristianesimo, è arrivata la civiltà moderna.

Tuttavia, paradossalmente, la civiltà moderna in parte ha sortito l’effetto contrario.

Ci sono sempre stati intellettuali, soprattutto negli ultimi due-tre secoli, e che con il passare del tempo sono aumentati di numero, che si sono sentiti affascinati dall’antico Paganesimo.

Il politeismo è molto più attraente del monoteismo.

Il politeismo è la religione delle menti fantasiose, delle anime che non si accontentano di un’unica immagine e verità divine, che non si accontentano di vedere la realtà come un insieme di morti oggetti meccanici, come vorrebbe il materialismo scientista moderno.

Ci sono anime poetiche che in un bosco avvertono mille misteriose presenze, che nella notte vedono di più di un pozzo buio, e quando guardano al cielo, si domandano se le stelle siano qualcosa di più di semplici scintille, e quando guardano la terra e il mare sotto di loro e il cielo sopra, avvertono come un grande respiro, delle forze invisibili che pervadono tutto.

Questo sentimento pagano, che vede e percepisce ancora gli Dei nel mondo della Natura, prima represso dal monoteismo, poi dal positivismo scientista, oggi si è liberato non appena entrambi i due modelli di pensiero nemici sono entrati in crisi.

Di fatto, oggi noi assistiamo alla rinascita di un nuovo Paganesimo, un Neopaganesimo, impegnato a recuperare i frammenti di ciò che non è ancora andato del tutto perduto.

È soprattutto la letteratura fantastica che la fa da padrona in questo recupero. Aspetti neo-pagani, abbiamo visto nei miei precedenti post, ci sono in A. Machen, H.P. Lovecraft, C.S. Lewis e J.R.R. Tolkien, per finire con i romanzi di Marion Bradley Zimmer, autrice de Le Nebbie di Avalon.

È soprattutto poi la ribellione femminista contro il Dio Padre del monoteismo, tramite il recupero del culto della Grande Dea Madre, che è il motore primo del Neopaganesimo,  cominciata nel mondo anglosassone con la pubblicazione di libri come Aradia: Il Vangelo delle Streghe di Charles G. Leland sul culto di Diana in Toscana e Lei di Ryder Haggard, romanzo fantastico ispirato al culto di Iside e alla sua incarnazione nel nostro mondo, prima nell’Africa Nera e poi in Tibet.

Tale culto matriarcale si è poi diffuso tramite la religione Wicca, seguita soprattutto da donne, e votata al culto della Grande Dea Madre e poi secondariamente al Grande Dio Cornuto, immagine del Grande Dio Pan, oscura divinità maschile dei boschi e dell’istinto.

Una parte di me è sempre stata affascinata da tali culti. La mia visione panteistica del mondo sicuramente si sente molto vicina al culto della Grande Dea Madre e il significato mistico di Pan, il Grande Dio Cornuto, il cui nome in greco significa “Tutto” e il cui aspetto, metà umano e metà animale, indica l’unione dell’uomo con la Natura, sono parte della mia anima, come dimostra anche l’avatar del mio profilo.

Indubbiamente, la mia anima fantastica e la mia anima mistica sono tuttuno con la mia anima pagana, e il mio anelito di libertà dell’anima e del corpo, la mia sete di bellezza, sono l’espressione principale di tale anima pagana.

Ma d’altra parte la mia razionalità sa bene che il Paganesimo è stato anche fonte di ogni orribile superstizione: dai mille tabù e mille paure superstiziose, ai sacrifici di esseri animali e in certi casi anche di esseri umani.

Tutto ciò è indubbio e non può essere negato, come vorrebbero fare certi fanatici apologisti neo-pagani.

Inoltre, diciamolo, le streghette che fanno gli incantesimi appaiono abbastanza ridicole nel mondo di oggi.

Certo, c’è ancora un sacco di gente che si rivolge al mago, che crede nelle fatture, nel malocchio, negli indovini, negli oroscopi, nei segni zodiacali. Forse col passare delle generazioni vedremo arretrare questi atteggiamenti, così come vediamo arretrare la fede nei dettami delle chiese cristiane o la fede nel Corano.

Ma di fatto è la Scienza la vera Dea del nostro mondo moderno, ed è inutile negarlo. Ed è lei la sovrana, semplicemente perché funziona. Anche se la gente non sa un kazzo di scienza e non ne capisce niente, bisogna fare i conti con lei.

Almeno, entro certi limiti. La Scienza ti dice come fare per avere luce, energia e calore in casa tua, e se fai come dice, la cosa funziona.

Ti dice come fare per guarire certe malattie, e molto spesso funziona, anche se non sempre. Ti dice come fare per attraversare oceani e continenti velocemente, e funziona.

Certo, non funziona ancora per molte altre cose. Forse un giorno funzionerà anche per quelle, ma non c’è alcuna certezza in proposito. Se alla Scienza chiedi di svelare i misteri del cosmo, magari ti dichiara di averli svelati…. Anche se non ci capisci niente di quello che dici e non puoi verificare, perché mica puoi andare in giro per l’universo a vedere se ha ragione o no.

Salvo poi ritrattare dopo qualche tempo, e presentarti un’altra tesi, e poi un’altra ancora….. basta vedere tutte le infamità che dicono gli scienziati riguardo oggetti scientifici lontani nel tempo e nello spazio,  e quindi inverificabili direttamente, come per esempio il pianeta Marte e gli uomini di Neanderthal. Sia l’uno che gli altri sono stati oggetto di ogni diceria possibile e immaginabile, di ogni ritrattazione e ipotesi presentata come “verità” scientifica…. E nessun uomo comune che gli abbia detto la cosa più semplice che si possa dire: voi siete mai stati su Marte per vedere se c’è vita o no? No, vero? E allora cosa pretendete di dire? Voi avete mai incontrato un Neanderthal per sapere come erano? No, vero? E allora cosa pretendete di dire?

La Scienza è convincente solo per quanto riguarda le cose immediate, cose appunto come la lampadina, la macchina, il frigorifero, le reazioni chimiche con l’acido solforico…. Ma se andiamo ai misteri fondamentali dell’universo e dell’esistenza, essa tace, e dice vaghezze, esattamente come la religione…. Anzi, ancora più vaghe, perché cambia idea continuamente.

E soprattutto, la Scienza non ci ha dato la felicità. L’uomo rimane solo con le sue sofferenze. Magari la tecnologia ha alleviato le fatiche del lavoro, e la medicina ha alleviato le sofferenze della malattia, ma per il resto tutto resta uguale e anzi anche peggio, se pensiamo alle nevrosi della vita moderna, che un tempo non esistevano.

Quindi, di fatto, la Scienza ha il suo territorio nel mondo moderno, ma non possiede tutto, né può possederlo.

Il Neopaganesimo può invocare il possesso di un suo territorio nel mondo moderno?

Forse, ma è difficile dirlo.

Di fatto, i neo-pagani che ho conosciuto io, e che nella maggior parte dei casi rifiutano il termine, considerandosi “pagani” a tutti gli effetti, risultano essere delle persone fuori posto, nel mondo attuale, poco inserite nei problemi del nostro tempo, e decisamente persi in un mondo personale o di gruppo separato dal mondo contemporaneo, chiuso in una visione abbastanza snobistica ma soprattutto inaccettabile per la maggioranza.

Infatti, non ho mai trovato un gruppo o un movimento neo-pagano che potesse spingermi a unirmi a loro.

Trovo inaccettabile la Wicca, con il suo ritualismo magico, e certamente mi irrita il matriarcalismo di alcune seguaci della Wicca o di prospettive e dottrine religiose analoghe, altrettanto inaccettabile del patriarcalismo delle religioni monoteiste.

Trovo inaccettabile il nazionalismo tribale di certe religioni neopagane indoeuropee, come l’Asatru, che volendo ritornare agli antichi Aesir e Vanir, gli Dei della Scandinavia, finisce per avvicinarsi troppo a modelli neonazistoidi.

Non è un caso che alcuni leghisti, il partito che secondo me in Italia più si avvicina a certe istanze e atteggiamenti del fascismo, si dichiarino neo-pagani, e che organizzino feste celtiche dove, di fatto, il celtismo viene interpretato come nazionalismo razzista e tribale.

Trovo ancora più inaccettabile poi quando il Neopaganesimo strizza l’occhiolino a vere e proprie forme di Satanismo.

Tempo fa ho scoperto che in America un satanista ha pensato bene di istituire un Culto di Cthulhu, ispirandosi malamente a Lovecraft (sicuramente, senza avere capito una ceppa di Lovecraft il quale, innanzitutto, vedeva il Culto di Cthulhu come una minaccia spaventosa, non certo come una cosa augurabile).

Insomma, non posso identificarmi nelle forme attuali di Neopaganesimo, anche se sotto un certo punto di vista posso essere definito anche io neo-pagano.

Senz’altro è neo-pagana la mia convinzione dell’unità profonda fra Dio e Natura, come neo-pagana è l’esaltazione della corporeità e dei suoi piaceri. Neo-pagano è il simbolismo religioso che adotto, per cui l’immagine della Dea Madre è generalmente (ma non esclusivamente) più adatta ad esprimere l’essenza divina dell’immagine del Dio Padre, lontano, distaccato e separato dal mondo e dall’uomo.

Neo-pagana è l’idea che la divinità ha diverse manifestazioni e diversi simbolismi, ognuno valido nel proprio ambito storico e culturale, anche se non in tutti, e che non esiste una religione “assolutamente vera” contrapposta a tutte le altre “assolutamente false” o comunque dotate di molto minore verità.

Neo-pagana è anche la mia fede nella reincarnazione, che è una dottrina estranea alle religioni monoteistiche, mentre è originaria delle religioni politeistiche indoeuropee, come l’Orfismo greco, l’Induismo, il Druidismo, che hanno poi trasmesso questa dottrina ad altre religioni più recenti, altrettanto non-monoteiste.

Neo-pagana è la mia fantasia che gioca con le antiche immagini divine, è il mio perdermi nei sogni dell’infanzia sulle misteriose divinità della Natura, il mio sentirmi parte di qualcosa di spirituale non appena entro in un bosco, o passeggio sulla riva del mare.

E neo-pagana è semplicemente la mia religiosità che rifiuta di appartenere alle religioni monoteistiche, anche se ne sente l’influenza.

Ma aldilà di questo, forse non ha neanche più senso definire la mia religiosità come neo-pagana, poiché “pagano” è un termine inventato dai cristiani per definire “gli altri”, i “diversi religiosamente”, gli adepti del Demonio, convinti che si potesse fare di ogni erba un fascio, e considerare “culto del Demonio” tutto ciò che non era adorazione di Cristo.

Il Paganesimo è nato quando è nato il Cristianesimo, prima c’era solo “il culto degli Dei”, genericamente inteso. Nel momento in cui le religioni monoteistiche cesseranno di esistere, o meglio cesserà la convinzione che un uomo possa possedere la Verità, anziché esserne posseduto, allora non si parlerà neanche più di Paganesimo o Neopaganesimo.  

 

 
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Quando Berlusconi muore la Destra rimarrà orfana e la Sinistra disoccupata

Post n°191 pubblicato il 12 Gennaio 2010 da Terpetrus
Foto di Terpetrus

Noi italiani ormai abbiamo il vizio di parlare di una cosa sola. di Silvio Berlusconi.

Non siamo più capaci di parlare d’altro, perlomeno quando ci sforziamo di parlare di problemi seri.

In un modo è nell’altro lui c’entra sempre.

Certo, siamo anche bravi a trovare delle giustificazioni per questo fatto, prima fra tutte il fatto che sia onnipresente come una sorta di Dio-Piovra (che sia un inviato del Grande Cthulhu? Se sì, vuole dire che anche Cthulhu è ridotto alla disperazione!).

Qualsiasi cosa guardi, compri, vendi, tocchi, usi, ha prima o poi dei collegamenti con il capo del governo.

Perciò, dicono i più fieri antiberlusconiani, bisogna parlare di Berlusconi. Di come sia stato possibile arrivare a questo però nessuno parla…. Anche perché ci sarebbe il rischio di dover fare dell’autocritica, soprattutto da parte della Sinistra, che a parole dovrebbe fare “opposizione”!

Quindi parliamo pure tutti del Papi della Nazione. Da un lato quelli che lo identificano con la fonte del Male (anziché un suo banalissimo prodotto, ridimensionandolo come sarebbe giusto), dall’altro chi lo difende più o meno come si difende un monarca divino dell’Oriente, considerato Figlio del Sole come i Faraoni o gli Imperatori del Giappone o un Figlio del Cielo come l’Imperatore della Cina.

A lui gli va bene questo atteggiamento smodato sia da parte di chi lo ama, sia dalla parte di chi lo odia, perché lo fa sentire grande.

Forse, prima o poi qualcuno dichiarerà che lui è esattamente quello che sembra, cioè un ometto noioso e insignificante, con la faccia da impiegatuccio figlio di un pescivendolo, che non sa parlare o al limite dice della banalità insensate, e che crede di essere un grande uomo solo perché ha trionfato tramite i soldi facili e delle buone campagne pubblicitarie, ma che la Storia non si ricorderà di lui più di quanto si potrà ricordare di un qualsiasi capo di governo che non ha fatto alcuna svolta storica nei suoi mandati, e che non ha fatto assolutamente niente di grande, nemmeno di valido o duraturo, per l’Italia.

Forse qualcuno lo farà…. E qualcun altro dirà: “sì, hai ragione! Non vale la pena perdere tanto tempo dietro quel tizio!”

Forse. Ma lo si farà solo con il senno di poi, dopo che lui non ci sarà più, e gli italiani si sentiranno tutti traditi, sia berlusconiani e che antiberlusconiani.

Sì, perché, voglio dire…. Che cosa faremo tutti quanti, quando non avremo più Berlusconi? Di chi o che cosa parleremo? Chi difenderemo o chi accuseremo? Resteremo tutti disoccupati!

Sapete, anche il Papi della Nazione è mortale! Non è uno degli Eldar, gli Elfi antichi di Tolkien. Non è destinato a rimanere legato al mondo fino alla sua fine come la principessa Arwen o la regina Galadriel o il re Elrond… per fortuna!

Per quanti lifting si possa permettere, anche lui morirà e andrà dove i suoi peccati saranno giudicati, esattamente come tutti noi.

E allora cosa faranno i berlusconiani destrorsi? Dove troveranno qualcun altro di fronte alla cui immagine accendere i ceri e offrire mazzi di fiori? Si acconteranno di fare la fila per giorni e giorni di fronte alla sua mummia, imbalsamata nel suo monumentale mausoleo di giada e cristallo, in attesa della sua resurrezione o reincarnazione?

Non credo che gli basterà….

Diciamo, di Berluska ce n’è uno solo…. Per fortuna! Se non lo si clona, non avrà nessun successore degno di questo nome.

E gli antiberlusconiani sinistrorsi e non-sinistrorsi (sì, perché non tutti gli antiberlusconiani sono di sinistra… incredibile, vero?) cosa faranno?

Si troveranno con un paese allo sfascio, e servirà a poco dire “è stata colpa di quello là”…. Gli si risponderà: “ e voi dove eravate? Avevate davvero tutti le mani legate? Chi credete di prendere in giro?”.

Si troveranno con una classe politica che è si è costituita e formata solo per fare da contorno a un uomo e solo a un uomo, e che nessuno potrà guidare, quindi non ci sarà nessuno da usare come capro espiatorio.

Risulterà evidente che la colpa, la vera colpa, è in ciò che stava prima di Berlusconi: la mancanza di senso dello Stato e della legalità degli italiani.

Certamente, ci si inventerà un’altra storia inverosimile per dare la colpa a qualcuno altro e a qualcos’altro, ma sul momento, penso che lo shock storico che seguirà la morte di Berlusconi sarà veramente micidiale….

Oh, a proposito: ricordatevi che i pedoni hanno sempre il diritto di precedenza sulle striscie pedonali.

SEMPRE! Se voi vedete un pedone che aspetta sul bordo della strada, voi dovete fermarvi sempre, non dovete aspettare che sia lui a mettere a repentaglio la sua vita facendo il gesto di passare le strisce. Altrimenti spiegatemi a cosa servono le strisce, dato che ogni volta i pedoni devono aspettare che non ci siano macchine, per passare.

E ricordatevi che all’estero i guidatori si fermano, perché vivono in paesi civili…..

 

 
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Che palle! Domani torno al lavoro!

Post n°190 pubblicato il 11 Gennaio 2010 da Terpetrus
Foto di Terpetrus

Uffa, che palle! Domani torno al lavoro dopo un lungo periodo di ferie forzate (dal 18 dicembre, addirittura! Quasi un mese....). Certo, bisogna pur tornare al lavoro, tagliare, disangolare e piegare lamiere di ferro zincato e di acciaio tutto il giorno, perché non riesco a togliermi questo maledetto vizio di mangiare tre volte al giorno e di dormire su di un letto e sotto un tetto, mentre invece dovrei decidermi a vivere di aria, amore e poesia, e dormire sotto i ponti e lavarmi nel canale, in mezzo alle  pantegane e i rifiuti.... così potrei prendere la vita con ottimismo, come vuole il nostro beneamato Papi della Nazione che, grazie al cielo, è tornato intero dopo la "duomata" in faccia....  e al diavolo tutte le vecchine che sono state massacrate per quattro soldi e gli operai che sono stati fatti a pezzi sul lavoro.... l'importante è che il Papi della Nazione sia ancora intero a parlarci di amore....

Basta con la politica fatta di fatti crudi e prosaici! Basta con la logica e il ragionamento.... è ora di andare dove ci porta il colon... ooops, pardon, il cuore... come dice la cara Susanna Tamaro, perché se andiamo dove ci porta la testa, rischiamo di perdere l'ottimismo e magari anche le staffe....

Facciamo il Partito dell'Amore, così poi facciamo anche il Partito della Scopata Facile... no, quello no, se no gli amici vescovi si arrabbiano.... la Scopata Facile la si fa senza dirla...

... vabbé, torniamo a bomba....

Tornare al lavoro mi scoccia, non solo perché non sono riuscito a finire la storia a fumetti che ho cominciato credo più di quattro anni fa, lasciandola là e riprendendola un'infinità di volte, non solo perché non sono riuscito neanche ad avvicinarmi alla conclusione, e quindi credo che dovrò metterci almeno sei mesi per finirla, nei ritagli di tempo, e magari mi stufo di nuovo e lascio là, conoscendo che razza di cialtrone sono.

No, non solo per quello.... ma anche perché probabilmente troverò, come al solito, un kasino della malora dovuto alla cialtroneria dei colleghi, e probabilmente ci sarà lavoro solo per pochi giorni... poi di nuovo a casa, in ferie forzate o magari anche cassa integrazione, se i padroni concedono....

Uffa, che palle sentire l'angoscia di dover affrontare i propri problemi ogni giorno, ogni ora, ogni istante, senza più la capacità di distrarsi veramente.....

Che palle dover vivere e non vedere mai la fine del tunnel, nel corso degli istanti, delle ore, dei giorni, delle settimane, dei mesi, degli anni, dei decenni.... per fortuna non dei secoli, perchè sicuramente a cento anni non ci arrivo, per fortuna....

Ooops... non sono stato abbastanza ottimista..... scusate....

 
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