TheMasterplan
We're all part of...Come mai nessuno ha le palle di dire che ieri a Roma, anche se sotto forma di violenza, è andato in scena l'unico degli scenari ormai possibili nell'argomento TAV? Che quella protesta trasformatasi in scontro, come era auspicabile del resto, è il risultato di 10 anni di "Si fa e basta", di continui appelli al dialogo e di campagne diffamatorie verso chi cercava di far valere tesi mai dichiaratamente bocciate. Dagli inesistenti vantaggi che si trarranno dalla realizzazione della Torino-Lione, ai rischi per la salute, ai costi spropositati dell'opera e al timore di infiltrazioni mafiose che, profittando delle grosse somme in gioco, possono trasformare un territorio ancora relativamente "sano" in un nuovo polo d'affari.
Continuano a parlare di dialogo. Quale dialogo? Ho visto e letto di tutto in questi anni: tavoli di negoziazione-pantomima dove coi soldi hanno creduto di poter mettere a tacere tutto, promesse di favori più o meno onerosi. Se una cosa non la vuoi e te la impongono con la forza, con la stessa forza, se necessario, ognuno di noi ha il diritto di difendersi e/o di manifestare apertamente il proprio dissenso. Non è il "power to the people", il problema. Perché forse sarebbe stato diverso se ai valsusani avessero chiesto di spendere gli stessi soldi (ipotesi fantascientifica) per installare nel proprio territorio una complessa opera utile, ad esempio, a produrre energia pulita da qui ai prossimi quarant'anni. E non è soltanto la TAV, il punto. Non è essere contro la tecnologia, il progresso o chissà cosa. Anche perché, se dipendesse da quello, nessuno di noi, oggi, avrebbe la fortuna di poggiare il proprio culetto su morbide poltroncine che in 2h55' ti portano da Roma a Milano.
Il punto è che se il potere può essere in grado di imporre oggi la costruzione di una ferrovia che si può ritenere più o meno utile, prendendosi gioco delle correnti inverse, domani si rischia di essere in balia di qualsiasi evento solo perché le indicazioni che arrivano dall'alto sono e restano quelle uniche, sole e imperative per tutti. Il bello è che questa gente si sciacqua la bocca con parole nobili come DEMOCRAZIA tutti i santi giorni. Ringraziamo anche e soprattutto una fetta di classe politica. Sì, proprio quella che millanta da sempre l' "apertura" e che ne fa una bandiera illudendo i suoi elettori che il proprio colore sia quello "buono e giusto". La stessa che ha saputo trasformarsi in padre e padrone, all'occorrenza.
Anche per questo il movimento No-Tav, come tanti altri se ne stanno formando in Italia, è (nelle sue forme non deviate) soprattutto un movimento di cultura ideologica. Perché rappresenta il punto di snodo tra il tipo di società che siamo stati e quella che vorremmo essere. Il bivio che ci chiede di proseguire lungo la strada del "Zitti e mosca", del "da sempre calpesti e derisi" o di svoltare verso qualcosa che VERAMENTE profuma un po' più di democrazia?
Ieri, a Roma, anche se sotto forma di violenza, ha avuto luogo l'unico degli scenari ormai possibili.
E nessuno di noi ne è contento.
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ITA 2013
91'
Commedia
Regia: Gennaro Nunziante
Checco - Checco ZALONE *****
Nicolò - Robert DANCS ****
Zoe - Auror Erguy ****
Daniela - Miriam DALMAZIO ****
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Noi italiani di difetti ne abbiamo tanti (ma proprio tanti). Uno dei peggiori è sicuramente l'innata capacità di elevare tutto a mito o tutto a spazzatura. Abbiamo difficoltà a cogliere le cose per quelle che sono e soprattutto a saperle giudicare dalla giusta prospettiva. Allo stesso modo con cui scriviamo su Twitter: "Non vado e non ho alcuna intenzione di andare a vedere un film di Checco Zalone", potremmo essere capaci di sfornare l'ennesimo "Fenomenologia di...". E' un nostro tratto caratteristico. E lui, il buon Checco, sembra non curarsene troppo. Traspare dai film, dallo stile di vita e dal modo con cui prende il suo lavoro.
Confermarsi è la cosa più difficile, ma, al contrario di molti altri, Zalone non patisce questa fastidiosa ansia da prestazione e fila dritto per la sua strada. E' altrettanto vero che noi suoi connazionali (e forse anche un po' anche lui stesso, in fondo in fondo) non facciamo mai mancare il nostro apporto in termini di materiale creativo. Ecco allora che nasce un film come "Sole a catinelle".
Lo sfondo è sempre l'Italia di oggi, con vizi e virtù, vezzi e volgarità, bellezze naturali e degrado morale. Una degna e ironica fotografia di come siamo oggi. La cosa bella delle pellicole di Zalone è che probabilmente, come pochi altri hanno saputo fare, sarà in grado di raccontare cosa siamo stati anche in futuro. "Sole a catinelle", in particolare, cresce e si sviluppa nel momento clou de "La Crisi", romanzo che ormai da troppo tempo è lì sul nostro comodino. E' la storia dell'uomo di questo ventennio che si relaziona con le avversità e che rincorre il titolo ideale di "Superpapà", cantato anche nella sigla di testa. Un figlio, una moglie, un lavoro ballerino e gli imprevisti a cui siamo ben abituati.
Il pregio unico del duo Zalone-Nunziante, già a livello di sceneggiatura, è quello di presentare i problemi e di dissacrarli nel giro di pochi secondi grazie ad una sapiente scrittura comica e alla verve del protagonista che, a suon di pose, faccette più o meno ebeti e l'appeal "neo-ignorant", manda avanti il film senza evidenti cali di attenzione. A livello Di trama, l'amalgama funziona anche grazie all'effettiva utilità narrativa delle battute, tutte volte a portare avanti il processo di sviluppo della storia o dei personaggi.
La rivelazione del film è sicuramente Robert Dancs, il piccolo Nicolò, figlio di Checco, in perfetta sinergia col protagonista. Solitamente i limiti che si possono incontrare in queste pellicole d'interazione bambino-adulto sono o l'eccessiva mitizzazione dei piccoli, ridotti a fenomeno da baraccone o, al contrario, la loro emarginazione narrativa. La cosa bella in "Sole a catinelle" è che Nicolò e Checco possono funzionare benissimo da soli, ma è insieme che danno il meglio. Due simpatiche canaglie che non nascondono i loro difetti e che sono lontani anni luce dal perbenismo da fiction.
Gira bene anche l'ingranaggio dei comprimari coi personaggi femminili della bellissima Auror Erguy e dell'interessante Miriam Dalmazio. Solare ed entusiasta industriale moderna la prima e mamma e moglie operaia, la seconda.
Davanti allo schermo di regia, il buon Gennaro Nunziante, compagno di merende di Zalone, è impeccabile. Certo i due non hanno mai fatto segreto della loro dedizione e di come organizzino la struttura narrativa e le gag in modo quasi matematico. Ora, però, il lavoro di 4 anni di collaborazione sembra inizi a dare i suoi frutti. Se a livello di regia "Cado dalle nubi" era stato un buon esordio e "Che bella giornata" non aveva mostrato enormi passi avanti, quest'ultimo sforzo del regista barese è tecnicamente e narrativamente una consacrazione. Nessun abuso di primi piani o sbavature tecniche (troppi i fuori-fuoco contati nella scorsa pellicola) e buone inquadrature che rendono onore all'importanza del punto di vista di chi osserva per dare forza alle gag.
Ma basta tecnicismi e veniamo alla "ciccia". In questo film, salvo qualche rara eccezione, si ride. E di gusto. Il Borat-italiano, come alcuni lo definiscono, ne ha per tutti. Tocca temi importanti e lo fa con leggerezza. Dalla crisi già citata, all'immigrazione, all'imprenditorato e al signoraggio operato da finanziarie e massoneria.
Insomma, "Sole a catinelle" è un bel film comico. Qualche lieve velocizzazione di scrittura verso il finale e il mancato approfondimento di alcuni personaggi secondari che avrebbero potuto rendere ancora più gustosa la commedia non intaccano minimamente il buon lavoro fatto. Il film esula dalle commedie a cui siamo stati abituati per molti anni perché prende il meglio di ogni filone e lo rielabora in salsa "zalonesca". C'è il grezzo della commedia romanesca, l'acume di quella milanese, la veracità di quella toscana e lo studio della napoletana. Nel mix aggiungiamo i sapori di Puglia, tanta intelligenza, le canzoni dei tempi di Zelig e il gioco è fatto. E mentre il film si appresta a diventare il miglior incasso italiano di tutti i tempi (13 milioni in tre giorni: ce la farà?), l'Italia che ha bisogno di ridere e di prendersi in giro, di distrarsi e di rieducarsi, trova nel simpatico Luca Medici e nelle sue pellicole il modo di riflettere senza prendersi troppo sul serio. E per i cuori teneri, un piccolo avvertimento: possibili lacrimucce in vista.
Punti di forza:
- Si ride
- Checco Zalone
- L'ottima sinergia tra Zalone e il piccolo Dancs
- Regia
Punti deboli:
- Lieve calo di sceneggiatura poco prima del gran finale
- Qualche personaggio secondario poteva essere sviluppato meglio.
Recitazione: ***
Sceneggiatura: ***
Regia: ****
Giudizio finale: ****
Il miglior Checco Zalone finora. Finito il rodaggio, è ormai perfettamente integrato nel meccanismo. Semplice e diretta è, senza alcun dubbio, la commedia italiana dell'anno.
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Ho realizzato la 1a puntata di "TheMasterplanTOP10", la classifica che raccoglie le canzoni più belle secondo TheMasterplan. L'album della settimana e la musica che non sentirete in radio.
Ascolta qui THEMASTERPLAN_TOP10 / 1a Puntata
1
AVICII
Hey brother
2
LANA DEL REY
Summertime sadness
3
JOHN NEWMAN
Love me again
4
AVICII
You make me
5
ARCADE FIRE
Reflektor
6
EMINEM
Berzek
7
IMANY
You will never know
8
LIGABUE
Il sale della terra
9
ELLIE GOULDING
Burn
10
LORDE
Royals
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Aveva un magone nel petto che non accennava a sciogliersi. Si irrobustiva e giorno dopo giorno premeva sempre più forte non appena usciva di casa, sfogliava il giornale o andava a lavorare.
Ci sono cose che non possiamo dire a tutti. Perché non ci sono abbastanza persone in grado di comprenderle.
Eppure, ognuno di noi, nella sua vita, conosce quel qualcuno che è ancora capace a tenere aperte le orecchie e a saper dire la parola giusta al momento giusto.
Fu in quel tardo pomeriggio di Luglio, quando l'afa è solita trasformarsi in brezza e l'azzurro del cielo non è che un ricordo, che scese dall'auto, attraversò il cortile di ghiaia, si avvicinò al portoncino in ferro e vetro e premette il pulsante sul citofono.
La voce graffiata dal fumo pluridecennale arrivò dopo la tradizionale attesa.
"Chi èee?"
"Sono io, nonno".
Salì i quattro piani a due a due facendo fischiare i mocassini sul marmo delle scale.
La porta era socchiusa. Dall'unico spiraglio si intravedeva l'abbigliamento estivo d'ordinanza composto di canottiera, bretelle e pantaloni grigi. Il bastone c'era, come sempre. Stavolta era solo nascosto dietro la porta.
"Pensavo che era quello dell'agenzia immobiliare...C'avete la stessa voce!"
"Ti è andata bene, allora!" - rispose con un leggero affanno.
"Ce l'hai fatta a ricordarti, eh?" punzecchiò con la porta ormai aperta.
"Hai visto? Ogni tanto mi faccio vivo anch'io".
"Bah, meno male. Vuol dire che a qualcosa servo ancora."
Quando si avvicinarono per il bacio sulla guancia, il tono del vecchio si addolcì lasciando uscire un "Ciao..." con un filo di sorriso che confermava che tutto il pepe del dialogo precedente altro non era che la solita immancabile ironia.
Si sedettero entrambi intorno al tavolo del salotto. Era tutto immutato. Un piccolo tempio in cui ogni cosa ha suo posto e dove un oggetto riposto o dimenticato può essere ritrovato nella stessa identica posizione anche dopo molto tempo.
Una mazurka trasmessa da un canale non-stop di musica da balera occupava tutto il panorama sonoro della casa. Fu il dito, rugoso e artritico, a ripristinare la quiete con uno degli epilogi strozzati che solo i telecomandi sanno regalare.
"Basta, per oggi mi hanno scocciato".
Una smorfia soddisfatta. Poi i convenevoli: aggiornamenti, novità e un po' di sano gossip familiare, quello che gli uomini di solito schivano con un "chissenefrega" ma dal quale poi puntualmente vengono sedotti.
Le ultimissime sul mercato calcistico e l'immancabile "Fidati che se prendiamo lui, non ce n'è per nessuno quest'anno", ma anche qualcosa di più elevato come il ricordare le enormi scoperte di quel fisico 95enne venuto a mancare appena una settimana prima.
Mentre il profumo del caffè e il tintinnare delle tazzine si faceva sempre più vicino, decise finalmente di far saltare il bottone.
"Nonno, te la posso chiedere una cosa?"
"Eh, dimmi..."
Ingoiò un boccone di saliva e prese la rincorsa come se dovesse calciare il rigore decisivo.
"Tu che mi conosci bene, mi spieghi come mai, nella vita io sono sempre quello che guardando il calcio spera che l'altra squadra della mia città giochi bene in modo che il derby sia più spettacolare? Ogni volta mi sento dire <Ma no, non capisci, hai una visione tutta tua che mai si concilierà con quella degli altri> ".
Silenzio.
Quell'arttimo di vuoto fu la scintilla che mise in moto tutto. Come un pass-vip, come un tornello che gira con semplicità, come la barra del Telepass che alzandosi dà il benvenuto in autostrada.
"Cioè, io sono quello che ha sempre un occhio per l'ambiente, tiene d'occhio i consumi, gli sprechi, sono l'unico a fare la raccolta differenziata a casa! Mi sento dire che non c'è voglia, che tanto nessuno lo fa e che è troppo faticoso. Non capisco. Possibile che sia solo un'utopia? Sono quello che chiede scusa dopo aver urtato qualcuno in metro, che chiede per favore, dice grazie e saluta. E cerco i percorsi puliti quando voglio ottenere qualcosa! E rinnego le scorciatoie e mezzucci! Continuano a dirmi che tanto il mondo gira così e che non arriverò mai a nulla se continuo per questa strada, che sono troppo buono... Per carità, non sono perfetto, non lo sarò mai, ma mi chiedo solo quanto ancora dovrò sentirmi "sbagliato" per il solo fatto di agire con onestà."
Il nonno alzò lo sguardo, lucido negli occhi. Guardò un attimo nel vuoto e serrando leggermente le labbra, inspirò brevemente col naso.
"Devi solo vivere il tuo essere a testa alta. Tutto lì. Perché "sbagliato"? - sottolineò con lo sguardo severo e le dita della mano destra raccolte e scosse avanti e indietro - Sii fiero dei tuoi principi, continua a inseguirli. Anzi, ti dirò di più. La tua insofferenza mi sta dicendo una cosa molto importante di te".
"Che cosa?"
"Che sei diventato un uomo, nipotino mio."
"Non è che questa cosa mi consoli...Non cerco un titolo, cerco delle risposte."
"Tranquillo, te ne accorgerai da solo. Non hai bisogno di titoli, è vero. Ma nemmeno di risposte. Perché nasciamo e moriamo? Boh! Io ho ottantaquattro anni e ancora questa risposta non ce l'ho. Eppure sono in pace con me stesso. Quando verrà il mio momento, sarò qui. Tanto l'indirizzo lo conoscono. Nella vita siamo alla ricerca continua di risposte. E non ci accorgiamo che il più delle volte cerchiamo qualcosa di troppo più grande di noi. Alla mia età ancora non ho capito perché il mondo è fatto così. Ma di una cosa sono convinto: conta più sei veramente e ciò che puoi fare con le tue mani che ogni altra cosa. A che serve chiedersi perché gli altri non sono come vorresti? Non lo sono e basta. Hanno perso un'occasione. Tu invece no. Alle volte le risposte sono già scritte dentro la nostra natura. Un vero uomo è un uomo che ha deciso di essere un uomo migliore".
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La vita di un artista ha un ché di magico.
È come un lungo romanzo, di quelli in grado di trasportarti dentro un'enorme bolla. Ogni giorno un nuovo capitolo. È estraniarsi per qualche giorno, dimenticare le notizie calibrate dei telegiornali e ricordarsi solo di ciò che veramente conta: creare. E avere intorno a sé un gruppo di persone dedite anima e corpo alla realizzazione di QUALCOSA. Che potrà piacere più o meno, ma che non sarà mai brutto. Perché sarà come tutte le cose fatte con il cuore. Sarebbe presuntuoso scegliere un aggettivo universale in grado di raccogliere questo concetto. Ognuno di noi avrà il suo, comodamente seduto e in trepidante attesa nel salotto della nostra mente.
La vita dell'attore è raccontare emozioni, creando. Come facevano gli ex-operai del lanificio Botto convinti fino al midollo di essere parte di qualcosa di grande. Perché - potrebbe chiedersi qualcuno - la lana racconta? Certo...La lana racconta, quel paesaggio lì fuori racconta, persono il granello di polvere sui nostri comodini, se solo potesse parlare, avrebbe senz'altro qualcosa da dire. E sarebbe molto più interessante delle stupide sovrastrutture che dominano le nostre vite e il mondo. Sta a noi saper decodificare il tutto.
Ecco perché l'arte non smetterà mai di esistere. Perché ha talmente tanto da raccontare che persino l'eternità potrebbe non bastarle. Ed è in quella risata, in quello scuotere la testa annuendo alle tue parole e in quell'applauso che parte incerto fino a trasformarsi in un fragore che si nasconde l'impercettibile contributo che danno gli artisti alla nostra società.
Un piccolissimo ingranaggio che, fermandosi, potrebbe inizialmente passare inosservato. Inizialmente... Ma non serve la macchina del tempo per capire che senza artisti sarebbe tutto più arido di quanto già non sia. Quante cose gli spettatori non vedono. Distratti, esigenti a volte, alcuni si limitano a fare pollice alto o verso. Sì o no. Bianco o nero. Ma se solo potessero scorgere i sorrisi del dietro le quinte, se potessero ascoltare il silenzio che precede il debutto, se potessero spiare le passeggiate solitarie nel tentativo di fissare le parti a memoria e quelle in solitudine dove lasciamo che il personaggio plasmi la nostra materia assumendone i tratti...Forse allora capirebbero chi siamo davvero.
Non siamo i mostri che qualcuno vuole farvi credere, i parassiti che lo show-business vi ha fatto conoscere. Un vero artista è una persona normalissima, spinta verso la silenziosa missione che a volte nemmeno lui sa di dover portare a termine. Si scioglie come neve alla minima emozione. Perché campa di quello. E lo fa, quando riesce, con un lungo e ossessionante lavoro, solo per regalare un palpito a chi, con un semplice battito di mani, può farti giungere il suo più sincero e spontaneo "Grazie!"
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Qualunque sia il motivo della tua visita, sei il benvenuto.
Rispetta le mie parole e, più di ogni altra cosa, cerca di comprenderle a fondo, di gustarle. Fanno parte di me.
E quando andrai via, per favore, fa' piano e non sbattere la porta.
C'è un magnifico silenzio qui.
Qui abita Soul.