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The Fairy Round

Il diario di una rapsodica psico-musicista

 

 

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Il piacere di viaggiare...

Post n°176 pubblicato il 18 Maggio 2007 da thefairyround

Sono tornata questa mattina preso da una breve trasferta lavorativa in Abruzzo.

Posti davvero splendidi… ma il viaggio…

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Già ero partita di malavoglia… 5 ore di treno – più 1,30 di autobus (e questa era solo l’andata!) per andare a fare 3 ore di lezione non è che mi facesse ballare il tip tap dalla gioia per casa.
Alzataccia alle 5… stazione… treno… sembrava tutto a posto.
Arriviamo a Imola e il treno si ferma.
Che strano – fermata non prevista.
Nulla di grave, avranno deciso di inserire qualche variazione nel percorso, continuo  lavoricchiare.
A un certo punto avverto una certa agitazione tra i compagni di carrozza.
Il treno non riparte.
Dopo mezz’ora di fermata a Imola è anche lecito chiedersi perché. E tutti lo stanno facendo – molto rumorosamente.
Serpeggiano le ipotesi più fantasiose… (“Il treno ha forato”).
Alla fine passa un omino verde delle FS e ci comunica che si è rotto il locomotore.
Non è che sia proprio una bella notizia…
Quando ci siamo avvicinati all’ora di sosta ad Imola ho iniziato ad avvertire qualcosa che assomigliava in maniera decisamente preoccupante all’agitazione.
Arrivata a Pescara avevo solo un paio di pulman possibili per non arrivare a destinazione senza ritardi di cui vergognarsi più di tanto.
Ho chiamato uno dei miei referenti.
Lui non ha iniziato ad avvertire qualcosa di simile all’agitazione.
E’ proprio andato nel panico.
Mi ha messo giù il telefono e mentre ad Imola venivamo fatti scendere dal treno (con l’idea di salire su un altro che però non è mai arrivati) e fatti quindi risalire su quello di partenza che è poi partito (dopo qualcosa come 2 ore) lui deve aver mobilitato mezzo Abruzzo.
Poi ho iniziato a ricevere telefonate.
La prima: “Ma è proprio sicuro il suo ritardo?”

Guardi siamo stati fermi 2 ore… secondo lei quante possibilità ci sono che recuperi?”
Aspetti se controllo su internet se è vero
Se è vero cosa?! Se è vero che il treno si è fermato oppure se io faccio esperimenti con LSD e ho le allucinazioni?!
Seconda telefonata.
Sa che è proprio vero?!”
Ma non me lo dica!
E tra me pensavo: “E meno male! Pensi se ci avessero fatto credere che il treno si era fermato e invece marciava felice per l’Italia…”.
Su internet dicono che avete 139 minuti di ritardo…”
Sì… vedrà che la prossima comunicazione le dicono anche il numero dei secondi
Ma come fate voi psicologi? Trovate sempre il alto comico della situazione!
(Forse perché abbiamo a che fare con persone che controllano su internet se un treno è vero che un treno è fermo perché non si fidano della parola di chi ci sta viaggiando sopra?!).
Terza telefonata.
Allora la vengo a prendere io in macchina
Grazie!
Ci vediamo in stazione: mi raccomando stia lontana dalle scale!
Non ho osato chiedere perché… Magari sono scale come quelle de castello di Harry Potter… si spostano da sole…

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Comunque ci siamo trovati.
Vuole mangiare qualcosa? [ero in piedi dalle 5] Ma no, vero?
“…”
Ma avrei voluto rispondere. “No, no! E’ un’abitudine tanto infantile… sto proprio cercando di smettere…”.
Ero onestamente commossa dal gesto di questo preside che si era fatto un’ora di macchina per venirmi a prendere e ne avrebbe fatta subito un’altra per portarmi a fare lezione.
Ma anche questa seconda parte del viaggio è stata turbolenta. Il gentile e simpatico signore guidava come un pilota di formula uno, tranne poi inchiodare improvvisamente per evitare incidenti fatali.

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Sono quindi entrata nell’aula dove avrei dovuto tenere lezione – quasi puntuale – ma con l’aria di una reduce del Titanic.
Senza pranzo, in piedi dalle 5 (e la sera prima ero andata a letto all’1,30), con i Sali e scendi dal treno a Imola, e dopo aver visto per un’ora la morte in faccia….
Ma si vede che questi atteggiamenti fanno bene… perché il corso ha ottenuto un grande successo.
Nota personale. Al termine del corso – mentre mettevo a posto le mie cose e mi preparavo per la prima parte del viaggio di ritorno (prospettiva allarmante) mi si avvicina uno dei corsisti che mi squadra con attenzione.
Sta lì e mi fissa.
Sorrido.
Mi fissa.
Allora… che mi dice del corso?
E mi fissa.
Poi mi dice con aria da cospiratore.
Io ti conosco!”
Oddio!
So di non avere gravi delitti sulla coscienza ma il tono mi ha fatto venire il dubbio di aver dimenticato qualcosa di fondamentale.
E sapete chi era?
Il commissario esterno alla mia maturità…
Come abbia fatto a ricordarsi di me dopo tutti questi anni devo ancora capirlo…
Ma un qualche test sul pensiero visivo glielo farei volentieri…
Salutato l’ex commissario… dico a tutti che preferisco DAVVERO prendere l’autobus per tornare a Pescara. Ma davvero davvero. Non voglio creare problemi.
Così vengo accompagnata alla fermata degli autobus. Individuo quello giusto, ci salgo sopra e aspetto tranquilla la partenza.
Voglio dire: non le regalano le patenti degli autobus! Saprà ben guidare l’autista, no?!
Sì… sapeva guidare…. Ma secondo me si credeva Goldrake in missione per salvare la terra.
Sulle stradine della campagna abruzzese, sorpassava le macchine in curva, non rallentava mai… neanche nei tornati… Quando passava davanti a case abitate da gente conosciuta strombazzava come un pazzo, lasciava il volante e salutava allegramente.
Quando sono scesa viva da quel pulman volevo baciare la terra.
Non so bene come ma sono arrivata all’albergo.

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Entro piuttosto sfatta dalla giornata. Il tipo dietro al bancone mi guarda. Si illumina. Sorride. Mi viene incontro dicendo: “Benvenuta! Benvenuta! Benvenuta!”.
Dopo l’incontro con il commissario della maturità, una parte di me sospetta che fosse il vicino di ombrellone di quando avevo 4 anni.
Si vede che avevo una faccia perplessa perché ha aggiunto. “L’accoglienza calorosa dei clienti è la politica del nostro albergo”.
…mi pareva!
Salgo in camera.
Sesto piano con il terrazzo vista mare. Sono stata lì  perdermi nelle tonalità di blue e azzurro per un po’…).
Respiravo.
E pensavo solo ai colori belli della giornata.
I papaveri sotto gli ulivi.
Le colline. Dolci.
I giochi di luce e di verde.
Le domande interessate.
Gli occhi partecipi delle persone con cui lavoravo.
E ancora i muri di mattoni coperti di bouganvilee.

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Poi sono andata a cena.
L’albergo aveva un ristorante, e io ero troppo distrutta per andare ad esplorare.
C’erano solo due tavoli occupati – di cui uno era il mio.
E c’era un cameriere. Molto… solerte.
Stava lì – in piedi – e mi fissava.
Dopo i primi 10 minuti ho iniziato a sentirmi a disagio.
Anche perché aveva l’aria di pensare “Ne so più io di te…!”.
Ordino i tagliolini con le vongole.
Arrivano.
Il cameriere me li mette davanti. E sta lì. Fermo.
Io gli sorrido.
Grazie!!!” dico.
E lui: “Non le cambio la forchetta – dandole quella da pesce che come saprà (!!!!) è leggermente più piccola (???) perché nel caso delle linguine questa è più consigliabile”.
Eh già” ho risposto con aria – temo – poco convinta.
Avevo una fame nera. Non mangiavo nulla dalle 5 della mattina.
Attacco le linguine.
Dopo 30 secondi ricompare il cameriere.
Ha già iniziato?!”
Io guardo con aria colpevole la forchettata di linguine che ho in mano.
Negare è arduo.
Devo sostituirle il coltello e darle quello più adatto ad aprire le vongole”.
Ah.”
Non ho più osato alzare troppo lo sguardo… metti che mi cambiava il piatto a metà del pasto….. perché quando nelle linguine ci sono i pomodorini è opportuno fare così….

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Il viaggio di ritorno è stato più tranquillo.
Ma domenica mattina parto per Bologna – convegno di psicologia della musica.

Spero in un viaggio meno avventuroso.

B.

 
 
 
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