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E SE UN GIORNO LA VITA TI METTE ALLA PROVA.

Post n°116 pubblicato il 09 Febbraio 2019 da fasanobi
 
Foto di fasanobi

LA SOTTILE LINEA BIANCA.

E SE UN GIORNO LA VITA TI METTE ALLA PROVA.

"Manuel Bortuzzo resterà paralizzato": dopo gli spari all'Axa i medici lasciano poche speranze, non camminerà più.“ La mira e il bersaglio erano sbagliate e quel proiettile sparato colpisce un giovane atleta che si ritrova nel posto sbagliato al momento sbagliato. E’ facile per noi commuoverci. Però sarà lui a doverci convivere, con tutte le situazioni che il dramma implica. Come si fa se un giorno la vita ti mette alla prova, mentre tu non avevi nessuna ragione per meritarlo o aspettartelo? Ho seguito molte storie di questo tipo e trovato illuminante : http://invisibili.corriere.it/ Una idea forte, laddove compare la lettera di Antonio Giuseppe Malafarina, dedicata a Manuel: - “(…)La vita non è bella. La vita è una dimensione che conosciamo strada facendo. Se capiti sulla corsia sbagliata hai un bel cercare la bellezza. Garantisco io che delle doti della bellezza faccio una ragione di vita e della vita una ragione di pensiero. Faccio il giornalista. Seguo la disabilità nei più svariati campi da quando, il 13 settembre 1988, sono diventato tetraplegico.(…)”- Forte l’idea di penetrare, senza avere la sfortuna di viverlo, un universo in cui tu non sei più quello di un minuto prima. Anche quando ti organizzi per affrontare la parola “tumore”, non sei più quello di un minuto prima. Non lo sei persino quando, “da sano”, ti resta nell’orecchio una canzone allegra, cantata da una ragazzina di quindici anni, ammalata di leucemia, assieme alla mamma (bardata di bendina azzura, schermatura per gli abiti e le scarpe), ad una giovane che si prova coraggiosamente ad uscire viva da un tumore e da te, che filmi tutti, coperta di bendina azzurra, copri capelli, camice azzurro, copri scarpe e terrore. Non ti lascia più quel motivo. Il coraggio non è quello di vivere ogni giorno, l’abnegazione non è quella di dedicarsi ad “essere presente” accanto a chi ami, specialmente se ne ha bisogno, la noia non dovrebbe essere nemmeno nominata, anzi, esclusa dal vocabolario come parola insensata, che offende la vita. Chi ha noia potrebbe dedicarsi ad aiutare gli altri, se non sa aiutare se stesso. La noia si frantumerebbe in gocce di comprensione per chi non ha quello che tu ritieni sia scontato e persino noioso: la speranza di una vita lunga, senza sofferenze, senza disabilità fisiche (o mentali), senza la sottile paura che un male vinto possa ripresentarsi. Dunque: Manuel. Non camminerà più. Forse tornerà in piscina perché gli potrà essere utile, di certo non si presenterà alle olimpiadi. Vorrei stringerlo a me, tuttavia sarebbe inutile. Resta l’augurio che, con l’aiuto dei suoi familiari, riesca a costruirsi un sogno dove delle gambe “possa farne a meno”. Che sia capace di diventare un altro se stesso. Questo l’augurio. L’augurio che faccio a tutti quelli che non conoscono “il giorno della prova” è che non debbano conoscerlo mai. Ma anche che si rendano conto di quanto sono fortunati. BiEffe

 
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