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La profezia di don Piero Tubino

2024, Scarp de’ tenis, Aprile

La profezia di don Piero Tubino, (1924/2012) (88 anni), “fondatore” della Caritas genovese. 

A 100 anni dalla nascita.

Don Piero, a partire dall’adolescenza, vissuta durante la seconda guerra mondiale, fino agli ultimi istanti della sua vita, ha creduto fermamente nella costruzione della pace, anche e soprattutto attraverso l’educazione dei più giovani che ha sostenuto nella scelta dell’obiezione di coscienza al servizio militare, indicando loro l’impegno fra gli ultimi come modo efficace di difesa del territorio.

C’è un filo rosso che accompagna la sua vita: dal bombardamento del 1941 durante il quale sono morte la zia e due cugine, al dialogo con tutti nella parrocchia operaia di Borzoli, dagli interventi nelle emergenze alla ricerca di dialogo negli anni di piombo, dal sostegno alla lotta dei pacifisti genovesi contro la mostra navale bellica, a “Mir Sada”, la marcia su Sarajevo durante la guerra nei Balcani. E infine… finito l’incarico di direttore Caritas, continuò a organizzare viaggi in luoghi in cui fossero evidenti le ferite della guerra.

I giovani del Campobase Caritas hanno scritto: “Caro don Piero… tu sei stato fratello del fratello che soffre, non ti sei mai fermato e ci hai insegnato a fare lo stesso. La tua testimonianza è presente oggi in coloro che si impegnano a valorizzare, in tanti modi possibili, il racconto di una vita autentica. Grazie per averla donata a tutti noi”.

Nel 2012 don Piero ha concluso la sua esistenza terrena. 

don Piero individuava i segnali di un’aurora risvegliata nella denuncia delle situazioni di ingiustizia e nella solidarietà di chi non si rassegna

Il presente momento storico sembra ancora più drammatico tra strascichi della pandemia, disuguaglianze economiche e sociali, “terza guerra mondiale”; diventa urgente svegliare l’aurora, dare voce ai segnali di nonviolenza, di fraternità, di costruzione di possibili alternative.

“Che cosa impedisce di vedere la ‘novità’ della pace in un giovane che sceglie il servizio nonviolento? Che cosa fa scartare a priori i tentativi dei pacifisti per aprire nuove strade di intesa alternative al solo confronto delle armi?” Queste domande sono state poste da don Piero Tubino in un editoriale di Caritas Notizie del giugno 1993.

Si era ancora nel pieno della sanguinosa disintegrazione della “ex Jugoslavia”; dopo pochi mesi, nel 1994, per la seconda volta una carovana di pace cercò di raggiungere Sarajevo per testimoniare solidarietà agli assediati e ribadire il no alla guerra. Mir Sada (Pace subito) era lo slogan. Don Piero era tra loro.

Per accettare un immigrato dal Terzo Mondo o un uomo senza fissa dimora di appena 35 anni o un tossicomane che non ce la fa a decidere di non “bucarsi”, o il detenuto che entra ed esce di carcere, bisogna riuscire a... riconoscersi in loro; essi rappresentano una parte che è pure in noi; sono una faccia della nostra umanità, scoperta, nuda, senza
difesa, senza facciata e senza ipocrisia. Essi mi portano la verità della loro povertà che è pure la mia e nell’offrire loro un po’ di ragioni per vivere mi confermo che la vita e la speranza

Don Pstate scritte da don Piero Tubino – “fondatore” della Caritas Genovese – nel lontano 1987.

«Ci facciamo una chiacchierata?». Quando vedeva un vuoto di umanità da colmare, un valore da far crescere, una povertà da accompagnare, don Piero Tubino ti cercava e ti rivolgeva questa domanda. E così, nel corso di una vita, don Piero ha saputo coinvolgere generazioni di genovesi, con particolare cura verso i giovani, aiutando la chiesa a superare la carità come elemosina e la città a stringere nuove relazioni di solidarietà.

I poveri, gli emarginati, i malati, la pace come tensioni fondamentali. Il Vangelo sempre alla fonte di mille proposte in grado di coinvolgere e rispettare anche i non credenti. Una spiritualità asciutta, profonda e concreta e il sopracciglio quasi sempre alzato su uno sguardo capace di essere al tempo stesso austero ed intimo, immerso nel quotidiano e profetico.

Per tutto questo e molto di più, Genova lo ricorda a 100 anni dalla nascita con una serie di iniziative promosse dall’associazione che ne porta il nome. Tra queste, in particolare, un’associazione a lui dedicata che è nata un anno dopo la sua morte.

Don Piero è stato fondatore e primo direttore della Caritas diocesana di Genova, membro di presidenza della nascente Caritas Italiana sotto la direzione degli amici. Ancora prima, e poi contestualmente, don Piero è stato direttore della Fondazione Auxilium…

Don Piero ebbe con don Giuseppe Siri, divenuto poi arcivescovo di Genova, un rapporto di obbedienza e conflitto e così fu anche con il primo direttore di Auxilium: «Tubino fa di testa sua», lo avvertì Siri quando questi lo volle comunque al suo fianco nel 1957. I cambiamenti maturano anche grazie alle scelte di chi non li ha ancora compresi: «Monsignor Cicali mi affidò responsabilità e fiducia ma aveva una visione assistenzialistica dell’intervento caritativo», ricorda don Piero «mi strattonava un po’. Non fu facile. Gli scontri con Cicali non erano che l’avvisaglia di un cambiamento in corso di cui avevamo tutti una vaga percezione».

Don Piero Tubino fu appunto al centro di questo cambiamento… don Piero fu al centro del cambiamento senza porsi al centro, anzi esercitando la capacità di far crescere la partecipazione, l’impegno, le esperienze di comunità…

Verso i giovani don Piero ebbe una particolare attenzione, come padre e compagno di viaggio. Insieme a tutta la Caritas nazionale, li accolse e li promosse come obiettori di coscienza e come volontarie dell’anno di volontariato sociale, quando la società e la chiesa li rifiutavano. Li accompagnò in numerosi viaggi nei Paesi poveri, come educazione alla Giustizia e alla Mondialità, in pellegrinaggio ai campi di concentramento e di sterminio nazisti, palestra di memoria e di corresponsabilità per il presente, nei campi di solidarietà con i Paesi colpiti da guerre, specie dei Balcani, nelle grandi calamità, le alluvioni genovesi, i gemellaggi con Venzone in Friuli e Colliano in Irpinia colpite dai terremoti.

Li sostenne nelle proteste che portarono alla fine della mostra navale bellica a Genova. Condivise il loro percorso, quale che fosse il loro punto di partenza. E oggi molti di loro, credenti e non, ne portano l’eredità nelle scelte di vita, spesso in ruoli di pubblica rilevanza.

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