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Tutte le vite di Nadia

Post n°4044 pubblicato il 26 Luglio 2024 da namy0000
 

2024, Scarp de’ tenis, Intervista, Giugno

Nadia Nadim. Dagli orrori di Kabul al grande calcio. Tutte le vite di Nadia

Nadia Nadim ha 36 anni, ma ha vissuto molte vite. Aveva 12 anni quando è scappata dall’Afghanistan dove il padre – generale dell’esercito – era stato ucciso dai talebani e la sua famiglia era in pericolo.

Un lunghissimo viaggio da clandestina, molte tappe e altrettanti pericoli. Poi, l’arrivo in Danimarca, il campo profughi, l’attesa dell’asilo politico. Finalmente, la Danimarca li accoglie: lei, la madre e le quattro sorelle possono tornare a immaginare un futuro. Nadia diventa calciatrice, entra nella nazionale danese e gira il mondo nei club calcistici femminili, Francia, Stati Uniti, Inghilterra. Adesso è approdata al Milan, con lo zampino di Zlatan Ibrahimovic, ora dirigente rossonero.

Non è tutto. È ambasciatrice per l’Unesco, per Forbes è fra le venti sportive più potenti al mondo. Conosce otto lingue e sta imparando l’italiano. Due anni fa si è laureata in medicina.

Partiamo dalla tua storia, dai tuoi genitori. Cosa pensi di aver ereditato?

Mio padre veniva da un piccolo villaggio e fu il primo a frequentare la scuola. Penso di aver ereditato da lui la mia freddezza nelle situazioni difficili, quando tutto intorno a me sembra non essere gestibile riesco a mantenermi calma e concentrata sull’obiettivo. Anche la disciplina custodisco di lui. Mia mamma ora non c’è più. È morta due anni fa in un incidente stradale. Lei era una combattente, non si è mai arresa. Non aveva timore di dire quello che pensava. Mi diceva: «Se vuoi dire qualcosa puoi farlo, anche se questo potrebbe significare non essere capiti e ricevere odio».

Con tua madre e le tue sorelle hai affrontato il grande viaggio dei migranti…

Siamo state portate inizialmente dall’Afghanistan al Pakistan in un piccolo minivan. Siamo rimaste lì per circa un mese in attesa dei passaporti pakistani. Da Islamabad siamo partite alla volta di Milano, poi abbiamo ripreso il viaggio sul retro di un camion, prima di arrivare in Danimarca. Ricordo che mi sentivo sempre in modalità di sopravvivenza: non capisci esattamente tutto quello che ti circonda. Ma sai che si tratta di una situazione seria. Sapevo di dover stare zitta per il resto della giornata quando mia mamma me lo ordinava. Durante il viaggio avevo paura, ansia, eravamo affamate, avevamo freddo. Non sai cosa ti accadrà, ma sei così disperata che metti la tua vita nelle mani di persone che non hai mai incontrato prima. Ciò che mi ha dato coraggio è stata la presenza di mia madre. Sentivo che fino a quando lei fosse stata con me, non poteva accadermi nulla.

In Danimarca, l’approdo nel campo profughi, luogo di sospensione di vita per milioni di persone…

La nostra richiesta di asilo politico è stata accolta in soli nove mesi. Ma sapevo che c’erano persone che erano in quel campo già da cinque, sei anni. Io, dopo tanto tempo, nel campo potevo essere ancora una bambina e camminare senza la paura di quello che sarebbe accaduto. Lì, la guerra, non arrivava. Nel campo ho scoperto il calcio e ci giocavo tutti i giorni. Allo stesso tempo, però, capivo quanto quella situazione avesse colpito mia mamma. Perse molto peso, probabilmente era caduta in depressione. Pensava a cosa ci avrebbe riservato il futuro se ci avessero fatti tornare indietro. Deve essere stato devastante per lei e per qualsiasi adulto di un campo profughi. Con gli occhi di bambino, invece, non pensi davvero al futuro, ma solo a cosa accade in quel momento.

Cosa ne pensi delle politiche europee sui migranti?

È una domanda difficile a cui rispondere. Mi sento però di dire una cosa, ogni essere umano merita una seconda possibilità. Sappiamo bene, guardando alla storia mondiale, che l’immigrazione di massa è sempre causata dalla guerra. Nessuno, infatti, vuole davvero andarsene da casa, dalla famiglia, lasciare la propria identità e partire per una parte di mondo senza sapere cosa accadrà in futuro. Nessuno lo farebbe senza un reale motivo. Per me la definizione di umanità è quando aiuti a rialzarsi chi è caduto e non ce la fa.

È per questo, forse, che sei voluta diventare medico?

Volevo essere in una posizione in cui avrei potuto aiutare le persone, avere un impatto sulla vita degli altri. È una cosa bellissima, una responsabilità. Conosco l’importanza di aiutare uno sconosciuto. Quando cammini per strada e incontri una persona, mostra un sorriso, perché quel sorriso può aiutare un altro essere umano. Sono stati piccoli gesti di gentilezza che hanno avuto effetto su di me, e volevo ricambiare. Inoltre, mi piace essere in una sala operatoria, capire come funziona il corpo umano.

E poi c’è il presente. In Italia.

So che il calcio qui è un fenomeno enorme. Mi incuriosiva la cultura, le tradizioni e la lingua. E il Milan è un club storico, fra i più grandi d’Europa. Farne parte è un onore, mi piace essere a Milano. Gli italiani sono molto aperti e appassionati. E questo è qualcosa con cui posso identificarmi perché sono cresciuta tra due culture, quella afghana e quella danese, ma sicuramente la prima è più simile a quella italiana, come calore. Quando sono qui, è quasi come essere tra la mia gente.

C’è qualcosa che ti amareggia però…

C’è un grande divario tra il calcio maschile e femminile, dal punto di vista del pubblico e degli investimenti. Ma è anche vero che il calcio femminile è cresciuto molto negli ultimi 10 anni. Però c’è ancora una parte del mondo, anche in Europa, dove ci sono pregiudizi e persone che pensano che le donne non debbano giocare a calcio. Ma sono ottimista, siamo sulla strada giusta e spero che in futuro sia le bambine che i bambini possano avere le stesse opportunità, le stesse possibilità di accesso. Poi ognuno deve lottare e lavorare per raggiungere gli obiettivi, partendo però dalle stesse opportunità.

Nelle tue molte vite hai incontrato il dolore. Cos’è per te la felicità?

Per me è la libertà, essere sani, stare vicina alla famiglia. La felicità è per me fare la differenza, aiutare le persone intorno a me ed essere una voce per coloro che voce non hanno. Questo mi rende felice, perché mi ricorda la mia umanità. Sono grata alla vita. Quando mi sveglio ogni giorno e vedo il sole sono grata di essere viva, che ci sia del cibo, grata di essere in buona salute e di poter avere un impatto sulla vita delle altre persone.

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