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Messaggi di Gennaio 2020

Impegno

Post n°3232 pubblicato il 31 Gennaio 2020 da namy0000
 

2020, Avvenire 30 genn.

Sant’Antimo è uno dei tanti paesi che si rincorrono alla periferia tra Napoli e Caserta.

Sant’Antimo deve sottostare, come ogni altro paese, ai soprusi e alla tirannia della camorra locale. Gli inquirenti sanno tutto, nomi, cognomi, indirizzi dei componenti dei vari clan, eppure, nonostante l’impegno e la fatica, non si riesce a debellarli. Hanno messo radici talmente profonde che le retate, i blitz, gli arresti non riescono a estirparli. Perché? Quando si parla di camorra in Campania, c’è chi inizia da lontano, dall’arrivo di Garibaldi a Napoli, quando il popolo si ritrovò i vecchi camorristi che incutevano terrore, in divisa.

Una pagina di storia orribile. Poi venne la Seconda Guerra Mondiale, lo sbarco degli americani, i tempi in cui dei camorristi, in qualche modo, ci si serviva per riportare l’ordine. Una sorta di collaboratori, insomma. È vero. Fatto sta che la camorra si è trascinata fino ai nostri giorni e di morire proprio non ne vuol sapere. Anzi. Come un fiume carsico avanza, ora agendo di nascosto, ora riemergendo in superficie. Che fare? Si va avanti. A volte ci si trascina, altre volte si tenta di chiamare a raccolta i buoni, ovunque siano, chiunque siano, per formare l’esercito che sarà finalmente in grado di eliminarla. I rassegnati dicono che occorre farsene una ragione, che con la camorra occorre, necessariamente, conviverci.

Chi ha provato a mettersi contro i clan, come - per fare solo un paio di esempi - Luigi Leonardi e Benedetto Zoccola, si ritrova oggi a vivere sotto scorta dopo aver detto addio ai propri progetti. Non una volta sola le autorità militari e politiche hanno lamentato la mancanza di collaborazione dei cittadini con le forze dell’ordine. L’omertà - parola orribile! - sarebbe alla base del silenzio dei cittadini. Non sempre è vero. Non sempre i cittadini tacciono per una sorta di complicità nei confronti del clan locale. Il vero problema è che la gente ha paura, non si fida di nessuno.

Nel mio quartiere, per esempio, Parco Verde, in Caivano, qualche anno fa, insieme al maggior trafficante di droga (Parco Verde è stato definito la piazza di spaccio più grande d’Europa), vennero arrestati alcuni carabinieri che con lui stavano in affari. Uno di questi, certo Lazzaro Cioffi, detto Marcolino, da più di vent’anni controllava il quartiere. La gente, nascosta dietro le tapparelle, si era accorta cha qualcosa non andava. Quando fu arrestato, nessuno, ma proprio nessuno, si meravigliò.

A Sant’Antimo, in questi giorni, otto carabinieri sono stati accusati di corruzione, omissione in atti d’ufficio, rivelazioni di segreti. Cinque di essi sono finiti agli arresti domiciliari. Pur abituati a scandali di ogni tipo, siamo rimasti terribilmente orripilati da questa notizia. I cittadini si sono chiusi ancora di più a riccio. Le parole che passano di bocca in bocca sono queste: «Sono tutti uguali. Non se ne salva nessuno». Invece occorre resistere a questa tentazione. Occorre saper distinguere, discernere, pretendere che i colpevoli, qualora fossero veramente tali, vengano puniti severamente. Ma anche bisogna saper essere solidali con i carabinieri onesti e leali. Una cosa, però, va detta. Anche l’Arma, come sta facendo la Chiesa, deve fare più attenzione, essere più severa e oculata, nella selezione degli aspiranti carabinieri. Anche l’Arma deve vigilare di più e meglio su coloro che danno segni di collusione.

Perché non c’è niente di peggio, per coloro che ogni giorno sono costretti a sopportare il fiato puzzolente della camorra, sapere che i carabinieri ai quali guardavano con fiducia, con la camorra erano collusi. La “corruzione spuzza” disse papa Francesco a Napoli, qualche anno fa. È vero. Peggio del camorrista c’è solo chi, nascosto dietro una divisa, una toga, una fascia tricolore o un abito talare, con lui fa affari. Non spegniamo la speranza. Isoliamo i camorristi. “Sono due notti che non dormo” mi ha detto a riguardo un amico colonnello; mentre un capitano dell’Arma mi ha confessato: «Da ieri ho il cuore a pezzi». Anche noi. Perciò, rimaniamo uniti e continuiamo a combattere una guerra sempre più spietata contro la camorra.

 
 
 

Testimonianza di Antonio

Post n°3231 pubblicato il 30 Gennaio 2020 da namy0000
 

Antonio lavorava nello studio legale del padre, assieme alla moglie. Alle spalle una dipendenza da cocaina. «Un giorno mi sono ritrovato 5 euro in tasca e ho deciso di giocarmi un biglietto», una scommessa sulle partite di calcio. Per molti una questione di abilità, più che di azzardopatia. All’inizio era così anche per Antonio: «Per mia sfortuna ho vinto 800 euro e ci ho preso subito gusto. Mi sentivo un fenomeno. Uno che capiva di calcio più degli altri. Per me giocare alle macchinette era una cosa stupida – racconta –. Puntavo soprattutto sulle scommesse live. All’inizio scommettevo 5-10 euro, poi sono passato a 100 euro. Alla fine sono arrivato a spendere anche 600-700 euro al giorno. In sette anni ho perso almeno 380mila euro». La giornata di Antonio iniziava molto presto, subito dopo aver accompagnato i figli a scuola: «Alle 8 e mezza ero già in ufficio per studiare le partite del giorno. Poi iniziavo a scommettere su un sito dove avevo registrato la carta di credito e potevo caricare tutti i soldi che volevo. Andavo avanti fino a tardi e la sera ero assalito dal rimorso. Pensavo a come rimediare ai danni fatti. La mia non era vita, ero un morto che camminava». Per avere soldi da scommettere Antonio ha iniziato a organizzare piccole truffe, a firmare assegni falsi e a contrarre debiti con amici e conoscenti. Il padre si è visto costretto a licenziarlo per salvaguardare il suo studio e le altre persone impiegate. La moglie lo ha messo di fronte a una scelta: il gioco o la famiglia.

Da lì è iniziata la risalita, grazie ai Giocatori anonimi e poi al centro 'La promessa', con il trattamento stimolazione magnetica transcranica (Tms). Antonio ha ripreso a lavorare dal padre dopo un contratto di prova e ora può dedicarsi alla famiglia: «Adesso è iniziata la vita vera, ma è molto più dura di prima perché ho accettato le mie responsabilità. Oggi giro con pochi euro in tasca per le sigarette e lo stipendio lo consegno direttamente a mia moglie. La Tms mi ha aiutato moltissimo, mi ha tolto il pensiero compulsivo, ma senza la volontà e un percorso di supporto è impossibile farcela. Non basta una macchinetta in testa per sconfiggere una dipendenza».

 
 
 

Possiamo fare qualcosa?

Post n°3230 pubblicato il 29 Gennaio 2020 da namy0000
 

Se adesso i miliardari chiedono ai Governi di pagare più tasse

Per correggere le distorsioni della globalizzazione un modo c’è, ma serve la volontà politica per realizzarlo.

Il nuovo World Economic Forum di Davos si svolge in un clima paradossale. I ricchi e i potenti del mondo, invece di compiacersi della crescita abnorme dei loro patrimoni, molto superiore a quella degli altri ceti sociali, ne sono molto preoccupati. La diseguaglianza crescente all’interno dei Paesi e il disagio dei ceti medi e di quelli più deboliha prodotto una rabbia sociale sfociata in proteste popolari in molte piazze del Pianeta. I potenti sono preoccupati di questa rabbia e si domandano come fare. Fino ad arrivare ai casi di magnati come Bill Gates e Warren Buffet, che si lamentano con i loro Governi di pagare troppe poche tasse.

Un fatto che sarebbe di per sé esilarante, ma che in realtà fotografa una realtà preoccupante: i Governi sono stati più realisti del re e hanno talmente pigiato sull’acceleratore della riduzione di progressività fiscale da essere rimproverati dagli stessi ricchi (almeno da quelli più lungimiranti e impegnati) di aver esagerato. I temi del summit, tutti orientati alla responsabilità d’impresa e allo sviluppo sostenibile per la salvezza del Pianeta, confermano quest’analisi. I ricchi sono persino pronti a farsi “flagellare” da Greta Thunberg, che sarà ospite di una delle sessioni per “appagare” i loro sensi di colpa. Ma la vera domanda è se tutta questa consapevolezza del problema e questo mea culpa  porteranno a qualche conclusione. Le ricette sono già sul campo, ma la vera questione è se esiste la forza politica necessaria per realizzarle. Per raddrizzare la globalizzazione verso la sostenibilità c’è bisogno di una web tax, di una green consumption tax e di una dignity of labor tax.

La prima è fondamentale per evitare la corsa al ribasso verso elusione ed evasione delle grandi imprese transnazionali che cercano di stabilire la sede figurativa dei loro profitti nei paesi o nei paradisi fiscali dove il prelievo è minore, sottraendo base fiscale ai Governi e dunque risorse per finanziare servizi essenziali per la popolazione (salute e istruzione in primis). La seconda e la terza servono per combattere il dumping sociale e ambientale, ovvero la corsa al ribasso su costi del lavoro e di tutela dell’ambiente, che creano una concorrenza perversa riducendo tutele e dignità.

E noi? Siamo attori senza potere e possiamo fare qualcosa? Quando il Governo pensa a una sugar tax e una grande multinazionale minaccia per ritorsione di delocalizzare la produzione, chi ha in mano il potere di decidere? Il Governo, la multinazionale o noi cittadini che decidiamo cosa consumare? È ora di smettere di pensare che i problemi si risolvano solo dall’alto. Il mondo si sta riempiendo di opportunità di consumo e risparmio responsabili, incluse piattaforme digitali “etiche” che aspettano la nostra collaborazione. Non saranno i grandi del Pianeta a cambiare il mondo, ma il nostro click unito e coordinato (FC n. 4 del 26 genn. 2020).

 
 
 

Stanche di mentire

Post n°3229 pubblicato il 28 Gennaio 2020 da namy0000
 

Stanche di mentire al pubblico, Gelare Jabbari, Zahra Khatami e Saba Rad hanno detto basta

Gelare Jabbari, Zahra Khatami, Saba Rad, tre giovani giornaliste iraniane, tre donne coraggio. Hanno dato le dimissioni dalla Tv di Stato perché non se la sentivano più di mentire. La loro decisione è legata alla catastrofe dell’aereo ucraino abbattuto: per tre giorni la Tv di Stato aveva insistito su un guasto tecnico, solo in seguito ha dovuto ammettere che era stato colpito da missili iraniani. ‹‹È stato davvero difficile per me credere che i nostri concittadini fossero stati uccisi. Perdonatemi per aver creduto tardi. E perdonatemi per tredici anni di menzogne. Non ho mai, personalmente, diffuso bugie, ma non voglio fare la presentatrice in una Tv che mente alle persone››, ha scritto su Instagram Gelare Jabbari… Tutte e tre hanno detto: ‹‹Il dolore della nostra gente per quei 176 morti è stato il colpo di grazia che ci ha indotte a decidere di non andare più in Tv››.

Dove hanno trovato queste giornaliste, sapendo quanto ora rischiano, il coraggio di pronunciare così pesanti parole in un Paese dove per essersi tolte il velo pubblicamente si viene condannate a lunghissime detenzioni? Come è accaduto, nell’agosto scorso, a Saba Kord Afshari, condannata a 24 anni di carcere per aver tolto il velo durante le proteste in piazza dei “Mercoledì bianchi”. Un mese dopo altre sei attiviste, che si erano battute contro l’hijab obbligatorio, sono state condannate complessivamente a 109 anni nel famigerato carcere di Quarchak di Teheran.

Quel coraggio lo hanno trovato in queste donne e in tante altre, da anni in prima linea per protestare, anche a costo della vita stessa, contro l’oscura e crudele dittatura maschilista dela Repubblica islamica. Farrokhroo Parsa, primo ministro iraniano donna nel 1968, giustiziata nel 1980 da un plotone di esecuzione, all’inizio della Rivoluzione culturale islamica, prima di morire scrisse: ‹‹Sono pronta a ricevere la morte a braccia aperte, piuttosto che vivere nella vergogna di essere costretta a essere velata. Non mi inchinerò dinanzi a coloro che si aspettano che io esprima rammarico, dopo cinquant’anni di battaglie per ottenere la parità tra uomini e donne››. Tenaci, fiere, eroiche, donne iraniane. Da non lasciare sole e da prendere come esempio (FC n. 4 del 26 genn. 2020)

 
 
 

Tutto invecchia meno...

Post n°3228 pubblicato il 28 Gennaio 2020 da namy0000
 

Mentre tutto invecchia velocemente, il Vangelo resta attuale. Resta attuale il messaggio di Betlemme. Però attenti, la strada che porta a Betlemme è piena di macerie, di ostacoli; è piena di montagne di orgoglio, di montagne di falsità. Don Primo Mazzolari disse: ‹‹Se fossi solo, in chiesa, la notte di Natale, mi toglierei le scarpe, e a piedi nudi andrei davanti a Gesù Bambino e gli porterei due lacrime per chiedere perdono, perché abbiamo capito troppo poco il Natale e viviamo troppo poco il messaggio del Natale››.

Il Natale è innanzitutto una grande lezione di umiltà.

È impressionante il fatto che il Figlio di Dio, venendo in questo mondo, padrone del mondo, signore della storia, poteva scegliere un palazzo imperiale, e invece nasce in una grotta e deposto in una mangiatoia. Per dirci che tutti abbiamo dentro un mostro: il mostro dell’orgoglio; e l’orgoglio impedisce l’incontro con Dio. Gli orgogliosi non potranno mai incontrare Dio. L’orgoglio è un muro. L’orgoglio, inoltre, impedisce la fraternità: gli orgogliosi dappertutto vedono rivalità. Il Figlio di Dio nasce nell’umiltà per avvisarci: se non diventerete umili non arriverete mai all’incontro con Dio e neanche con i fratelli.

Dio nasce nella povertà per dirci che dentro di noi c’è anche il mostro dell’Egoismo: ci dà l’illusione di essere felici accumulando ricchezze e moltiplicando divertimenti. Non è questa la strada della felicità.

Chiesero a madre Teresa perché avesse occhi felici, e lei rispose: “I miei occhi sono felici perché le mie mani asciugano tante lacrime”. Buttiamo via una zolla di Orgoglio e di Egoismo, e immediatamente sentiremo che ci entra nel cuore una gioia impressionante, una gioia improvvisa, una gioia inspiegabile.

A Natale non facciamo regali, ma buttiamo via qualcosa dei nostri difetti. Facciamo un gesto di bontà, e improvvisamente sentiremo il canto degli angeli, e ci sembrerà di essere a Betlemme.

Io auguro che ognuno di noi si prenda la responsabilità di quello che può fare. Noi non possiamo cambiare il mondo. Io ricordo che una volta madre Teresa mi disse: “Non possiamo cambiare il mondo, però possiamo essere gocce di acqua pulita”. Una volta mi disse: “Tieni pulita la tua mattonella; chi ti sta accanto forse sarà invogliato anche lui”. Ecco, ognuno di noi faccia il bene possibile, cominciando da quello che può fare in casa, con le persone che incontra ogni giorno; ognuno di noi può migliorare il mondo; se miglioriamo noi, migliora anche il mondo.

Benedetto Croce disse: “Il cristianesimo è l’unica rivoluzione della storia, perché vuol cambiare il mondo cambiando i cuori”. Ed è soltanto così che può cambiare il mondo.

Buon natale! Un Natale vero, che ci faccia sentire il canto degli angeli di Betlemme! (card. Angelo Comastri, Natale 2019).

 
 
 

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