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Un mondo nuovo

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Messaggi di Febbraio 2023

Quegli opposti da coniugare

Post n°3838 pubblicato il 28 Febbraio 2023 da namy0000
 

2023, Riccardo Maccioni, Avvenire 25 febbraio

Il senso e la luce della Quaresima. Quegli opposti da coniugare

Una volta c’erano i piccoli sacrifici, quelli che venivano chiamati fioretti, la rinuncia alla fetta di torta, il salvadanaio con i soldi per i bambini meno fortunati. Poi uno cresce e capisce che vivere la Quaresima, prepararsi alla Resurrezione di Cristo, non può essere solo un esercizio di volontà, che abbandonare le cattive abitudini va bene ma non basta, che la tentazione più grande, nel deserto di routine e solitudini, è ripiegarsi su sé stessi. Fare a meno, abbandonare, desistere, salvarsi ha infatti senso solo se lo trasformiamo in cemento per costruire una casa comune più solida, altrimenti diventa sterile, se non pericoloso, narcisismo spirituale.

Si tratta allora di rovesciare il corso delle parole e delle loro conseguenze: di passare dalla rinuncia al dare di più, dal sacrificio al dono, dal risparmio alla generosità. O, meglio, occorre coniugare gli opposti, provare a tenerli uniti con il filo rosso dell’attenzione agli altri, per costruire una comunità autenticamente plurale, cioè fatta di singoli consapevoli che si cresce davvero e si cambia solo insieme. Vale in tutti i campi, dallo studio al lavoro, dal divertimento all’impronta che diamo alle nostre abitudini quotidiane. Così sobrietà non può voler dire solo meno spese inutili e attenzione a non sprecare acqua, che in tempo di siccità è peraltro cosa molto buona, ma impegnarsi a costruire e a recuperare l’armonia con chi ci sta attorno e la casa comune. Dal negativo al positivo, dal minor utilizzo dei beni naturali al reinvestimento di quanto risparmiato per migliorare i sistemi di consumo, dalla ricerca del proprio benessere alla tutela del mondo in cui siamo immersi. Che poi sono facce della stessa medaglia, l’uno non esclude affatto l’altra.
Dopo gli anni della scoperta della cultura ambientale, dell’ingresso nel vocabolario comune di concetti come sviluppo sostenibile ed ecologia integrale la sfida non più rinviabile è quella del
rieducare, del rieducarsi. Dal negativo al positivo, anche se sembrerebbe il contrario. Dall’ebbrezza del troppo, dell’eccesso di oggetti e di risorse, al dovere e anche al bisogno di restituire alle cose il loro giusto valore, riordinando la classifica dei valori. Essere sobri allora vuol dire non farsi travolgere dalla sbornia del possedere tanto e di più, ma prima di tutto recuperare il gusto, lo stupore per la bellezza. Vale anche nei rapporti umani, in cui, più che mai, la scoperta degli altri passa dalla rinuncia a un po’ di noi.

 
 
 

Il sangue continua a scorrere

Post n°3837 pubblicato il 25 Febbraio 2023 da namy0000
 

FC n. 9 del 19 febbraio

Dalla partedelle vittime, tutte: la pace è l’unica vittoria che serve

Nell’eclissi della politica e della diplomazia si parla solo di strategie e di armi. E il sangue continua a scorrere

«Le morti sono già troppe per non capire! E se continua, non sarà sempre peggio?». Sono le parole che don Matteo Zuppi, presidente della Cei, ha inviato alla grande manifestazione per la pace e il cessate il fuoco che si è tenuta a Roma lo scorso 5 novembre: oltre 100.000 persone, più di 600 associazioni e movimenti coinvolti, cattolici e laici. Ora siamo a un anno dall’invasione dell’Ucraina. Una guerra a cui rischiamo di abituarci. «Tanto sarà lunga», ci dicono quelli che si fingono sapienti. Quelli che, da una parte e dall’altra, la vogliono vincere!

Non vogliamo adeguarci ai “sapienti” di questo mondo, perché «Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti», (1 Cor, 27). No! Non possiamo accettareche la guerra sia considerata scelta di “buon senso”.

Dopo un anno vogliamo stare dalla parte delle vittime. Tutte. Senza distinzioni. Non dalla parte dei potenti che questa guerra l’hanno voluta, fomentata e alimentata. “La pace è l’unica vittoria di cui abbiamo bisogno”: è lo slogan delle piazze proprio in occasione del 24 febbraio, con le tante manifestazioni promosse da Europe for Peace.

Ma quante sono le vittime, le persone in carne e ossa, donne, uomini, bambini o anziani uccisi? Il numero cambia a seconda delle fonti, più o meno inquinate dalla propaganda. Sì, perché la guerra si regge sulla propaganda, sempre e ovunque. Si passa da 12.000 soldati ucraini uccisi a oltre 61.000. Dipende dalle fonti. E così per i militari russi: si arriva ad una cifra di oltre 120.000 o anche 188.000. E i civili morti? E i feriti dell’una e dell’altra parte? L’unica cosa certa è che le vittime sono tante, troppe. «Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione?», si chiedeva papa Francesco all’Angelus del 2 ottobre scorso.

Ci ritroviamo a vivere questi giorni bui. Non si parla di pace, ma solo di strategie militari e di armi. Tante armi e tanti soldi. Questa guerra è una “bella occasione” per le industrie delle armi che vedono i propri affari andare a gonfie vele. In Italia si vuole arrivare al 2% del Pil. Perché ce lo chiede la Nato. Sono circa 104milioni di euro al giorno. Nel Parlamento italiano non c’è stata una riflessione “politica”, ma solo una discussione sull’invio di armi. E al Parlamento europeo è stato respinto, a stragrande maggioranza, un emendamento che invitava a mettere in campo urgentemente “sforzi diplomatici per mettere fine alla guerra in Ucraina e alle sofferenze del popolo ucraino”. Incommentabile!

Ma ci sono segni e scelte di speranza come le carovane di #stopthewarnow, accanto alle vittime, e accanto a chi sceglie di disobbedire alla guerra, obiettori di coscienza in Russia e Ucraina. Senza dimenticare gli obiettori al porto di Genova: lavoratori che si rifiutano di caricare armi sulle navi. Nell’anno in cui si ricordano la morte di don Tonino Bello (1993) e la nascita di don Lorenzo Milani (1923) ribadiamo il primato della coscienza sull’obbedienza alla guerra. Perché «l’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni».

 
 
 

Pistard noir

Post n°3836 pubblicato il 24 Febbraio 2023 da namy0000
 

2023, Giangiacomo Schiavi, Scarp de’ tenis, Gennaio

Marco Nozza pistard noir itinerante negli scantinati dell’umanità

Nel giornalismo intossicato dall’opinionismo si sarebbe chiamato fuori. Lui era un cronista gambe, cervello, cuore. E si chiamava Marco Nozza.

Senza vantarsi, un pistarolo. Perché andava sui fatti e cercava tutte le piste, poi si metteva su quella giusta, che non sempre era quella ufficiale.

Stava a Il Giorno, una nave corsara nel mare della stampa imbalsamata degli anni Sessanta, con Brera, Bocca, Clerici, Aspesi, Stajano: un covo di fuoriclasse.

Non era solo bravo, era credibile, e questo vale di più. Passava per un cronista d’assalto, gente un po’ matta che si diverte a fare le pulci ai mattinali di Questura, a mettere nei guai gli inquirenti incolpando i neri e chiudendo gli occhi sui rossi. Non era vero. Ma quando scoppiò la bomba di piazza Fontana, alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, il 12 dicembre 1969, fu lui a guidare la controinformazione e a smontare con i suoi articoli la tesi del mostro Pietro Valpreda: semplicemente facendo il suo mestiere, andando sul posto a chiedere, chiedere, chiedere sempre, fino a quando non arrivava una risposta. Gliela diede la zia del ballerino anarchico la risposta, smentendo la tesi di chi affermava di aver visto Valpreda allontanarsi da piazza Fontana con un cappotto grigio.

«Macché cappotto – gli disse Rachele Torri nel bugigattolo di casa – il mio Pietro non ha mai avuto un cappotto. Indossava sempre un giaccone militare con il cappuccio, glielo vado a prendere, eccolo…».

Nessuno ha mai risarcito Pietro Valpreda per la lapidazione subita in prima pagina, il processo e i mesi in carcere, ma a distanza di anni, ogni volta che si avvicina l’anniversario della strage che ha inaugurato la strategia della tensione, si dovrebbe ricordare anche il giornalismo onesto di Marco Nozza e dei pochi coraggiosi cronisti come lui, indagatori in una società dove nessuno sembrava voler davvero indagare. Contro i depistaggi, contro i terroristi di destra che lo volevano ammazzare, contro i terroristi di sinistra che pure lo volevano ammazzare, c’era Marco Nozza.

Ha scritto Gianantonio Stella, “contro l’asfissiante delusione per chi sbuffava annoiato davanti all’ennesimo sassolino di verità costato tanta fatica su questa o quella strage, contro l’angoscia di sapere quanto ogni suo passo potesse mettere in pericolo anche la sua famiglia, contro lo stesso direttore de Il Giorno, di cui era l’inviato principe, che lo voleva allontanare dalle inchieste per evitar guai…”.

 

Mentre raccoglievo le cronache di Scoop pensavo a lui per identificare il profilo del giornalista che non può essere sostituito da un algoritmo, un giornalista di cui ci sarà sempre più bisogno, perché capace di farci sapere quello che qualcuno (in alto) non vorrebbe farci sapere. In tempi difficili per i quotidiani di carta, rileggere certi articoli vuol dire riconoscere il valore civile della professione: dar voce a chi non ha voce. Mi piace pensare che oggi Marco Nozza sarebbe in nostra compagnia, pistard noir itinerante negli scantinati dell’umanità, dalla parte degli ultimi, di quelli che hanno smesso di vivere perché sottovivono. Se il giornalismo è anche battersi per cambiar in meglio le cose, coraggio, si può scendere in strada anche in scarp de’ tenis

 

 
 
 

Verità Bugia

Post n°3835 pubblicato il 24 Febbraio 2023 da namy0000
 

Se ripeti una bugia 100 volte, finiranno per credere che sia la verità”, 

 
 
 

Luoghi del cuore

Post n°3834 pubblicato il 17 Febbraio 2023 da namy0000
 

2023, Avvenire 16 febbraio

Fai. La chiesetta di San Pietro dei Samari a Gallipoli vince i Luoghi del Cuore

La chiesa romanica sorta sul luogo dove sarebbe approdato san Pietro è la più votata del censimento annuale del Fondo Ambiente Italiano. Sul podio luoghi di culto e devozione popolare

Secondo la tradizione sorge sul luogo dove san Pietro, sbarcato dalla Samaria, avrebbe celebrato messa: è la chiesa di San Pietro dei Samari, a Gallipoli (Lecce), fondata nel 1148 dal crociato Ugo di Lusignano e oggi immersa nella campagna salentina. Uno dei tanti gioielli italiani a rischio di scomparsa, per il quale però le prospettive volgono al meglio: la chiesetta romanica ha infatti vinto l'undicesima edizione dei Luoghi del Cuore del Fai, Fondo Ambiente Italiano. Con un vero e proprio plebiscito che ha superato il territorio: è stata infatti votata da 51.443 persone, più del doppio degli abitanti della cittadina pugliese, un "piccolo miracolo" al quale oggi quasi sembra non credere lo stesso comitato Amici del Parco naturale Isola S. Andrea - Litorale Punta Pizzo.

Con 32.271 voti al secondo posto c'è il Museo dei Misteri di Campobasso (che per la prima volta nella storia del censimento porta il Molise sul podio), dove si conservano gli “ingegni” su cui vengono issati i bambini vestiti da personaggi sacri durante l’annuale processione del Corpus Domini, dal Settecento ancora viva e sentita. Al terzo posto c'è invece la chiesa di San Giacomo della Vittoria ad Alessandria, colma di ex voto che testimoniano un’affezione storica della comunità, ma ormai officiata solo saltuariamente e bisognosa di restauri. Sul podio ci sono dunque tre luoghi di culto e di devozione popolare, e ben 45 beni religiosi sono nelle prime 100 posizioni, a conferma del ruolo di fulcri della comunità che le chiese ancora rivestono nell’Italia “dei mille campanili”, ma anche campanello d’allarme per la tutela di un patrimonio, ingente e diffuso, di valore storico e artistico, oltre che sociale.

"I Luoghi del Cuore", la cui edizione 2022 si è chiusa lo scorso 15 dicembre con 1.500.638 voti raccolti nel 2022 per più di 38.800 luoghi il censimento, è oggi la più importante campagna italiana di sensibilizzazione dei cittadini sul valore del patrimonio e sulla necessità di proteggerlo e valorizzarlo. La classifica è stata annunciata oggi da Marco Magnifico, Presidente del FAI, e Gian Maria Gros-Pietro, Presidente di Intesa Sanpaolo, con la partecipazione dei rappresentanti dei tre beni vincitori, che riceveranno, a fronte di un progetto, un contributo per il restauro e la valorizzazione.

Grazie a “I Luoghi del Cuore” dal 2003 a oggi sono stati sostenuti interventi per 138 luoghi in 19 regioni d’Italia, che erano dimenticati, abbandonati o poco valorizzati, ma amati dalle loro comunità, che votandoli li hanno salvati. I voti raccolti – sono in tutto 11.100.000 quelli giunti al FAI nei vent’anni anni dell’iniziativa – sono, infatti, l’innesco di un processo virtuoso capace di moltiplicare l’effetto del censimento: luoghi sconosciuti e apparentemente condannati hanno guadagnato una tale attenzione, locale e nazionale, che altri insieme al FAI – Comuni, Regioni e Ministero, aziende, fondazioni e associazioni - si sono mobilitati per salvarli, tanto che il sostegno di Intesa Sanpaolo a questo progetto ha generato investimenti per un valore dieci volte superiore.

Nella Top Ten 2022 (la classifica completa su www.iluoghidelcuore.it), si incontra al 4° posto la Via Vandelli, tra Emilia-Romagna e Toscana, una delle prime strade carrozzabili realizzate in Europa nel XVIII secolo, di cui ancora si conservano tratti integri nell’Appennino Tosco-Emiliano, votata da 26.261 persone perché venga valorizzata come Cammino; al 5° posto la Casa del Mutilato di Alessandria, con 25.350 voti, rilevante edificio degli anni '40 del Novecento in abbandono, destinato però a diventare sede della sezione locale di Confindustria. Al 6° posto con 22.890 voti la Basilica dei Fieschi a Cogorno (GE), uno dei monumenti meglio conservati tra romanico e gotico della Liguria, al 7° la chiesa di Santa Maria di Castello, anch’essa ad Alessandria, che ha raccolto 22.574 voti grazie a una mobilitazione nata a novembre scorso dopo un crollo che l’ha danneggiata; all’8° posto il vincitore della classifica speciale dedicata nel 2022 a “I Borghi e i loro luoghi”: il borgo medievale di Cremolino, nell’alto Monferrato, in cima a una collina circondata dai vigneti e affacciata sulle Alpi, in cerca di rilancio e valorizzazione. Al 9° posto il Villaggio operaio di Crespi d’Adda a Capriate San Gervasio (BG), sorto a partire dal 1878 e inserito nel 1995 nel Patrimonio Unesco, che necessita però di interventi conservativi, e al 10° posto Villa Mirabellino nel Parco della Reggia di Monza, edificata nel 1776 dall'architetto Giulio Galliori per il cardinale Angelo Maria Durini, da decenni in totale abbandono. Non sarà passato inosservato i quattro luoghi dell'Alessandrino: hanno dato un contributo determinante a questo successo le scuole cittadine, che hanno “adottato” tutti i luoghi in fase di voto.

 
 
 

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