Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Giugno 2024

Da Venezia a Genova

2024, FC n. 24 del 16 giugno

GIRO L’ITALIA IN CANOA PER SALVARE IL MARE

Da Venezia a Genova, circumnavigando l’Italia in canoa. È questa l’impresa del giovane Leone Ortega, partito a maggio da Venezia destinazione Genova, a fine luglio. L’obiettivo del ventiseienne di Prato e del progetto da lui creato Wind of Change non è solo sportivo, ma anche culturale e soprattutto ambientale: «»Il nome dell’iniziativa si rifà alla canzone degli Scorpions che mi ha ispirato la voglia di comunicare un “vento di cambiamento” coinvolgendo più persone possibili per contrastare insieme la crisi climatica del mare, spiega mentre riprende le forze a Gallipoli, in Salento, dopo una giornata passata a pagaiare.

Da dove arriva la passione per il mare?

«Da mio nonno che aveva una barchetta a Cecina e mi portava ogni estate a fare immersioni».

E per la canoa?

«Pagaiare tra le onde è stato un amore sbocciato in fretta per come mi consentiva di vivere il mare. Un giorno con la barca sono andato a Livorno, poi giù fino a Piombino e, dopo diverse ore da solo in mezzo al Tirreno, sono tornato a Cecina. È stato faticoso, ma mi sono divertito molto».

È lì che ha preso forma Wind of Change?

«Esatto. Poi il primo a crederci, insieme alla mia famiglia, è stato Giacomo Arrighini che ora mi sta seguendo in van, tappa dopo tappa. Sono state molte le porte che abbiamo ricevuto in faccia. E proprio quando stavamo per mollare, abbiamo trovato il supporto dell’associazione ambientalista Plastic Free e dei suoi migliaia di volontari che ci aiutano a pulire i litorali e il mare».

Ci porta in una sua giornata tipo di queste ultime settimane?

«La sveglia suona presto, prendo la canoa e pagaio fino alla tappa prefissata. A volte mangio in mezzo al mare. È una meraviglia essere circondati da pesci colorati e dal suono delle onde. Ma spesso capita di trovare isolotti di plastica e meduse morte».

Questo la fa arrabbiare?

«Sì. Ma mi fa anche capire che quello che sto facendo assume ancor più senso e urgenza».

E quando approda, cosa succede?

«Insieme a Plastic Free puliamo le spiagge, incontriamo le comunità locali per raccontar loro il progetto, suggerire buone pratiche per cambiare i comportamenti quotidiani ed essere più rispettosi dell’ambiente e, quindi, del nostro futuro».

Tra gli obiettivi del viaggio c’è anche salvare le tartarughe marine del Mediterraneo…

«Ogni anno, oltre 40 mila esemplari muoiono intrappolati nella plastica. Abbiamo attivato una raccolta fondi per aiutare Plastic Free a recuperare gli esemplari in difficoltà, curarli e liberarli in mare come abbiamo fatto a Castro. È stata un’emozione fortissima».

Lei cosa riporta in barca da questi incontri?

«L’affetto e il sostegno delle persone. Da chi aiuta a raccogliere i rifiuti ai curiosi che poi iniziano a seguire il viaggio sui nostri canali. Alcuni ci hanno anche ospitati per la notte».

Un calore che riceve dalle persone di ogni età?

«I giovani sono in prima fila quando c’è da rimboccarsi le maniche, ma in questo tour sto coinvolgendo tutti: in una tappa un gruppo di anziani pescatori ha raccontato che negli ultimi anni devono andare sempre più al largo per pescare a causa dell’innalzamento delle temperature. Nelle Marche, invece, una rappresentanza di agricoltori ci ha portato un pacco con i prodotti delle loro terre e hanno testimoniato l’impegno di chi lavora nei campi, come in mare, per proteggere il Creato».

In Wind of Change c’è anche tanta tecnologia…

«Ogni risultato della raccolta rifiuti viene riportato sulla Blockchain, ovvero in un registro digitale consultabile da chiunque e immodificabile, che permette la condivisione trasparente delle informazioni. Questa tecnologia è la prima volta che viene applicata in un’iniziativa ambientalista».

Questo è possibile grazie al supporto del Cnr, il Consiglio nazionale di ricerca?

«Assolutamente. Avere il loro contributo scientifico è fondamentale perché oltre a misurare l’inquinamento e la temperatura dei mari italiani, il nostro passaggio attiva persone che supportino i ricercatori con i rilievi».

Pensa già alla prossima avventura?

«Mi godo il viaggio fino a Genova. Però vorrei raggiungere l’isola di plastica che si è formata tra l’Elba e Corsica e contribuire a pulirla».

 
 
 

Clown in corsia

2024, 11 giugno

Roberta e Marco: fare i clown in corsia fa bene al nostro amore

Ogni fine settimana moglie e marito indossano un camice colorato e un naso rosso per alleggerire la degenza ospedaliera di bambini e anziani. "Una scelta di vita che dà valore allo stare insieme"

Lei lavora di giorno, lui lavora di notte. Nel fine settimana indossano un camice colorato e un naso rrosso, e vanno ad alleggerire la degenza ospedaliera di bambini e anziani. Stelle filanti, bolle di sapone e palloncini. 

Roberta Barbarossa, 35 anni, ingegnere gestionale, e il marito Marco Gallo, 35, elettricista, sono volontari nella sezione torinese dell'associazione Vip - ViviamoInPositivo: 4.200 clown che prestano servizio in oltre 200 strutture ospedaliere e sanitarie in tutta Italia. Nel 2018 Roberta è diventata clown di corsia, nome da risata, Cirilla; Marco, nome da risata Javalone, all'epoca ancora fidanzato, l'ha seguita l'anno successivo. «Desideravo fare attività di volontariato, ma senza l'esempio di Roberta, credo che non mi sarei mai deciso. Lei mi ha spronato a provarci».

«Poco dopo l'adesione di Marco, è scoppiata la pandemia, che ha portato con sé tutta una serie di restrizioni nell'accesso alle strutture sanitarie. Così abbiamo deciso di dedicarci a curare le pagine social dell'associazione. Ci siamo inventati sketch, filastrocche, giochi a distanza, per intrattenere i pazienti che non potevamo più incontrare di persona», racconta Roberta. Nel 2022 l'accesso agli ospedali è stato ripristinato, ma quei due anni sono stati anche una presa di consapevolezza. «Il Covid ci ha insegnato il valore del tempo - riprende Roberta -. Prima pensavamo solo al lavoro, come se non ci fosse tempo per nulla. Invece, ci siamo accorti che basta decidere come usarlo. Il tempo che dedichiamo ai servizi lo chiamiamo tempo liberato. E io credo che condividere con Marco questo tempo liberato sia un valore aggiunto del nostro essere marito e moglie. Non sottrae nulla alla coppia, anzi, aumenta il valore dello stare insieme. È uno stare insieme diverso, perché non siamo solo noi due, ma è questo il bello. Due anni fa abbiamo organizzato il pranzo di Natale con tutti gli altri clown. Lì ci siamo resi conto che questa grande "famiglia” con cui condividiamo valori fondamentali, è una componente aggiuntiva del nostro legame».

Il matrimonio è stato celebrato nel 2020 a Catania, città di origine di Roberta, nel 2022 è nata Giorgia, clownina in itinere. «Questo ci ha un po' rallentato nell'attività in reparto - dice Marco, che è anche nel direttivo di Vip -. Però cerchiamo di impegnarci nei cosiddetti servizi extraospedalieri. Per esempio, ci hanno invitati a rallegrare una corsa organizzata per Telethon; abbiamo partecipato a una giornata di sensibilizzazione sulla distrofia muscolare. All'aperto, dove non c'è contatto diretto con i pazienti, possiamo portare anche Giorgia». Mentre chiacchieriamo, la clownina si fa sentire. «È una bimba molto vispa e attiva, quindi sta volentieri con la gente, è partecipe. È andata all'asilo molto presto, perciò ha sviluppato una sua buona autonomia. D'altra parte, io di autonomia ne so qualcosa. Sono arrivata in Piemonte dalla Sicilia per studiare, a 21 anni. In questo, mi assomiglia. Non mi assomiglia per niente, invece, fisicamente. Io nera, riccia, tipicamente sicula, lei bionda, tutta papà», aggiunge Roberta, che la solidarietà l'ha respirata in casa fin da piccola.

«I miei genitori fanno parte della Comunità Papa Giovanni XXIII, perciò sono sempre stati aperti all'affido. Ho molti “fratelli”. Mia madre è educatrice sociale, mio papà e mio fratello lavorano nella cooperazione sociale. Io sono l'unica che è uscita fuori dal seminato. Eppure, anche se l'ingegnere un po' per antonomasia, è niente cuore e solo ragione, per quanto mi riguarda, l'altruismo che ho vissuto in casa, l'ho portato con me. Ma non mi piace dire che “aiuto il prossimo“, perché è un donarsi reciproco. È molto di più quello che ci restituiscono i pazienti di quello che possiamo offrire noi a loro».

C'è la storia familiare, ma c'è anche dell'altro. «Io la chiamo Dio incidenza - dice ancora Roberta -. Io e Marco siamo credenti. Ci siamo sposati in chiesa, tra l'altro, il 19 settembre 2020, coda dell'apertura estiva dell'anno Covid. Probabilmente tra i pochi che ci sono riusciti, senza dover cambiare data. E, naturalmente, abbiamo battezzato nostra figlia. Noi pensiamo che ci sia un disegno di Dio per la nostra famiglia e anche un'assistenza particolare». «Uno zio di papà è salesiano, quindi sono cresciuto in mezzo ai figli di don Bosco - aggiunge Marco, torinese di origine -. E papà ha sempre dato una mano in parrocchia».

Prestando servizio in reparti molto difficili come può essere un'oncologia pediatrica, non c'è il rischio di portarsi a casa il peso di quello che si è vissuto? 

«Ogni servizio si conclude con una condivisione di gruppo - spiega Marco -. Questo aiuta molto a scaricare subito le preoccupazioni, i pensieri negativi. Tendenzialmente, a casa non porti niente. Ma, se dovesse succedere, perché magari hai incontrato il bambino che ti ha colpito, che non riesci a dimenticare, io e Roberta abbiamo imparato a dividere il peso».

Se nel menage familiare scappa una lite, il naso rosso può contribuire a far tornare l'armonia? 

«Con Roberta è difficile litigare - dice ancora Marco -. Lei butta tutto in caciara, proprio come fa un vero clown. Così anche se ci arrabbiamo, poco dopo scoppiamo a ridere». «Il naso rosso ci aiuta a smorzare le tensioni, ci fa vedere le cose da un punto di vista diverso, ci aiuta a riflettere, e ci fa tornare il sorriso», conclude Roberta.

 
 
 

Votazioni europee 2024

Post n°4024 pubblicato il 08 Giugno 2024 da namy0000
 

Io andrò a votare, perché se non sceglierò io, altri sceglieranno per me. 

 
 
 

Andare a votare

2024, Avvenire, 6 giugno

Elezioni Ue. «Andare a votare per costruire la democrazia»

la democrazia ha bisogno di partecipazione. Questo è il messaggio che deve essere trasmesso con pacatezza e con serietà a quanti immaginano che “tanto, la democrazia va avanti comunque”. Molti osservatori, invece, fanno notare sia per la crescita dei regimi autoritari, sia l’indebolimento interno delle democrazie soprattutto occidentali, è una questione seria decisiva per il nostro futuro. Tutti i motivi di scontento, di disaffezione non devono portare a un allontanamento e a una perdita della partecipazione. Perché questo è, anzi, un modo per fare crescere le cause dello scontento. Si tratta anche di valutare attentamente quale parte si sceglie e se i valori in cui crediamo sono portati avanti. A cominciare da quello che si lega più da vicino alla partecipazione, cioè la libertà e la solidarietà. Auspichiamo un voto che esprima una visione, un desiderio e un progetto di unione di nazioni e di popoli. i giovani hanno bisogno di essere incoraggiati, aiutati, motivati perché tante volte noi adulti non diciamo né una parola né diamo un esempio adeguato verso una partecipazione attiva, responsabile, costruttiva nella ricerca del bene comune. Dobbiamo però incoraggiare i giovani a prendersi fin d’ora quelle responsabilità che permettono a una comunità civile di andare avanti.

 
 
 

Gli effetti delle guerre sul clima

Post n°4022 pubblicato il 05 Giugno 2024 da namy0000
 

Scarp de’ tenis, maggio 2024 – Trott-war Germania, aprile 2024

Gli effetti delle guerre sul clima

Le guerre sono la causa di innumerevoli vittime, ma oltre alla sofferenza umana sono anche responsabili degli effetti negativi sul clima e l’ambiente. Dal 1950 al 2000 l’80% dei maggiori conflitti armati hanno avuto luogo in zone importanti dal punto di vista della biodiversità. Quindi oltre alle vite umane sono stati distrutti interi ambienti di vita. In uno studio recente, gli analisti del gruppo di ricerca europeo Initiative on Ghg Acconunting of War hanno valutato i danni climatici e ambientali causati dalla guerra in corso tra Russia e Ucraina, e hanno calcolato che nel primo anno del conflitto le emissioni totali di CO₂ sono state di 120 milioni di tonnellate.

Dall’altra parte dell’oceano l’associazione Tipping Point North South, che da sempre chiede la riduzione delle attività militari, ha stimato che le più grandi forze armate del mondo sono responsabili di circa il 5,5% delle emissioni globali di gas serra, ma finora in nessun rapporto ufficiale sono stati inclusi i dati inerenti il consumo di carburante, le munizioni, gli incendi, i danni alle infrastrutture e alle ricostruzioni. Già nel 2017 i ricercatori avevano stabilito che le emissioni causate dall’esercito americano, il più grande al mondo, superavano quelle di interi Paesi come Svezia e Danimarca. E nonostante questi dati, n2l 2020, i Paesi più ricchi hanno speso sei volte di più in spese militari rispetto agli interventi per i danni causati dal clima. Anche l’ambiente quindi è una vittima dei conflitti in corso.

 
 
 

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