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Messaggi del 03/12/2017

Vietato lamentarsi

Post n°2442 pubblicato il 03 Dicembre 2017 da namy0000
 

“Lo psicologo, psicoterapeuta  Salvo Noè, 47 anni, siciliano ha scritto il saggio Vietato lamentarsi (San Paolo). ‹‹Le lamentele sono come le sedie a dondolo: ti tengono impegnato ma non ti portano da nessuna parte››.

Quando ha saputo fin dove erano arrivate le sue parole e il suo pensiero, Salvo Noè ha provato un’emozione enorme. Aveva sentito papa Francesco, nel 2013, parlare in un’omelia, dedicata ai discepoli di Emmaus, e spiegare l’importanza di non cercare rifugio nelle lamentele: ‹‹Non mi è sembrato vero, proprio nel mio studio ho appeso da tempo la scritta “Vietato lamentarsi”››.

Noè riesce ad incontrare il Papa il 14 giugno 2017 in piazza San Pietro, ha con sé un opuscolo che riassume il suo lavoro, un bracciale e soprattutto una copia del famoso cartello. Francesco riceve personalmente questo dono e dice ai suoi collaboratori di esporlo anche in Vaticano. Dopo un mese, un quotidiano ha pubblicato una foto in cui si vede la porta dell’appartamento del Papa dove c’è il cartello che invita a non lamentarsi. ‹‹Ho pianto lacrime di gioia, perché sono riuscito finalmente, e nel modo migliore possibile, a passare un messaggio che non è solo uno slogan. Dietro quelle parole, dietro quel cartello, c’è tutta la storia del mio lavoro, dei miei incontri e delle mie conferenze, che diventano così un insegnamento di portata mondiale. Sto dicendo da anni che “siamo noi gli artefici di tutto quello che ci succede”››.

Il cartello “Vietato lamentarsi” appare quindi sulla porta del Papa. Con caratteri piccoli ma incisivi ricorda che: “I trasgressori son soggetti a una sindrome da vittimismo con conseguente abbassamento del tono dell’umore e della capacità di risolvere i problemi. Smettila di lamentarti e agisci per cambiare in meglio la tua vita”.

 

‹‹C’è l’abitudine dove tutto è un lamento: c’è la crisi, non c’è lavoro? Mi lamento e non faccio nulla per cambiare la mia condizione››. Aspettando che siano gli altri a fare qualcosa per me. ‹‹Se invece abbandono questo modo di vivere e mi metto in condizione di migliorarmi, allora capisco che sono io che devo cambiare. Mi rendo conto che, per affrontare le difficoltà, devo studiare, muovermi, darmi da fare. Devo maturare competenze e capacità di comprendere i valori importanti. Se il valore nella vita è “fai quello che vuoi”, difficilmente si cambia. Ma se invece diventa l’ascolto e l’esprimere emozioni, la strada è quella giusta››. ‹‹Da una parte c’è il “lamento”. Dall’altra lo “sfogo”. Nel primo caso si tratta di qualcosa di inutile, che blocca la persona e crea il muro del vittimismo, che rende immobili. Il lamentoso, inoltre, tende a manipolare il contesto e le persone. Il suo ragionamento spesso è: “Siccome non ce la faccio fallo tu”››. Lo sfogo ha, invece, un suo risvolto costruttivo, poiché ‹‹significa denunciare un’ingiustizia ed esprimere rabbia. Rappresenta la possibilità di dire: “Sto male ma mi sto curando”››. ‹‹Non bisogna mai lamentarsi davanti ai figli, ai quali bisogna piuttosto insegnare ad affrontare le difficoltà della vita››. In ogni categoria di persone possiamo trovare dei lamentosi, e ‹‹purtroppo, molte volte, tra chi non ne avrebbe nessun motivo. Tra persone che si sentono private di qualcosa e non sono in grado di utilizzare il tanto che hanno. Difficilmente si cambia. Ma se invece diventa l’ascolto e l’esprimere emozioni, la strada è quella giusta. Bisogna affrontare i limiti imposti dalla vita, e vincere››” (FC n. 48 del 26 nov. 2017). 

 
 
 

Non ho potuto fare a meno

Post n°2441 pubblicato il 03 Dicembre 2017 da namy0000
 

“Non ho potuto fare a meno di prendere carta e penna per raccontare qualcosa del cammino effettuato con mia moglie in 66 anni di matrimonio (più 4 di fidanzamento: io ho 93 anni e lei 88) tenendoci per mano finché è stato possibile, perché da oltre tre anni lei è ricoverata in una casa di riposo a causa dell’Alzheimer. Sì: tenendoci per mano, come ricordo di quel lontano pomeriggio di domenica quando, usciti assieme per la prima volta, andammo a Porta Romana alla Madonna di San Celso a pregare per il nostro futuro: una decisione e un atteggiamento oggi alquanto rari. Aggiungo che quell’incontro non lo chiesi a lei (avevo 23 anni e lei 18) ma per iscritto alla sua mamma, che rispose accondiscendendo, ma raccomandando prudenza data la nostra giovane età. Sembrano cose dell’altro mondo, ma quanto ha concorso quella “prudenza” al nostro felice cammino! Ci sono stati anche per noi come per tutti, giorni gioiosi e altri nuvolosi, ma grazie a Dio la volontà di concludere le giornate con un “buona notte” non è mai mancata. A qualcuno che mi ha chiesto come abbia potuto durare così tanto la nostra unione, ho risposto citando le parole di papa Francesco nella Esortazione apostolica sull’amore nella famiglia: «Quando in una famiglia non si è invadenti e si chiede “permesso”, quando in una famiglia non si è egoisti e si impara a dire “grazie” e quando in una famiglia uno si accorge che uno ha fatto una cosa brutta e sa chiedere “scusa”, in quella famiglia c’è pace e gioia». Perciò, anche se ora sono solo nella nostra casa, pur confortato da una figlia e da due nipoti che presto mi renderanno bisnonno, concordo con la risposta di Marina Corradi: esiste forte dentro di noi una nostalgia di quella promessa nella buona e nella cattiva sorte, per sempre. -  Angelo P. Milano” (Avvenire, 2 dic. 2017). 

 
 
 

Giudizio del prossimo

Post n°2440 pubblicato il 03 Dicembre 2017 da namy0000
 

“IL GIUDIZIO DEL PROSSIMO È OGGI SEMPRE PIÙ FACILE E UCCIDE IL CUORE. Mai come negli ultimi anni la televisione ha plasmato personalità così giudicanti e velenosamente capaci di ferire con la parola. Giacomo, l’apostolo, nella sua lettera, paragona la lingua al timone di una barca, che va controllato per non farla sfracellare. Il giudizio è capace di uccidere il cuore per sempre ed è capace di spaccare le comunità e le famiglie. Nei giornali e in tv il gossip entra a gamba tesa nell’intimità. il giudizio impera e diviene non solo un modus vivendi ma anche una centrale attività della giornata che plasma l’essere. Giudicare è gratificante perché ci fa sentire al di sopra di chi è in questione. Ma dietro l’aggressività c’è insicurezza, dietro la rabia c’è ferita, dietro il veleno c’è mancanza d’amore. La verità va detta eccome, altrimenti non è amore, perché il fratello non corretto continuerà a sbagliare. Ma va detta con carità e al diretto interessato… Spesso il giudizio è un’abitudine sbagliata acquisita, e solo con esercizi concreti si può cambiare in un nuovo stile di vita. Finché il giudizio resterà in vita tra di noi è come ascoltare un disco di musica rigato: arrivando ai soliti punti di rottura, la musica si spegnerà. ‹‹Dio (Amore) è presente nel cuore di tutti, se non come presenza, almeno come nostalgia››, dice don Tonino Bello” (Davide Banzato, FC n. 48 del 26 nov. 2017).

 
 
 

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