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Storia di scacchi

Post n°3193 pubblicato il 03 Dicembre 2019 da namy0000
 

Ahmed, 12 anni, nato e cresciuto a Montecchio con la passione degli scacchi e dello studio Un mese fa il suo appello: «Aiuto, mi stanno portando in Bangladesh»

«Aiutami, sono a Dubai, mi stanno portando in Bangladesh! ». Dal 24 ottobre del piccolo Ahmed, nato a Vicenza 12 anni fa e da allora residente a Montecchio, agli amici resta solo un appello disperato inviato di nascosto via whattsapp dal cellulare della madre, che non conosce l’italiano. Nulla più: desaparecido. Portato via dall’Italia, il suo Paese, perché troppo studioso, troppo legato alla nostra cultura, troppo italiano.

«Mi avevano detto che andavamo a fare una visita medica, invece la mamma ci ha portati alla Malpensa», è riuscito a scrivere prima del silenzio lungo settimane. Con lui anche i fratellini Alì, 11 anni, e Nabil, 3, tutti cresciuti in Veneto. Addio all’Italia, a Montecchio, ai compagni della I media (frequentata solo un mese e mezzo), ai libri che adora leggere, agli scacchi di cui è campione, alle tante coppe vinte con orgoglio. Un epilogo fin troppo annunciato, l’ultimo atto di una escalation che Ahmed (nome di fantasia, ndr) negli ultimi mesi aveva confidato a Carlo B., il suo migliore amico ('per me come un padre', aveva scritto in un tema), e che subito B. – architetto e papà di un bimbo disabile suo coetaneo – aveva denunciato alla scuola primaria, alla media, ai servizi sociali, all’'Ufficio Tutela Minori' della Aulss8 Berica…

Ahmed sfogava un dolore troppo adulto per la sua età: «Carlo, non riesco più a sopportare quei due. Mi hanno picchiato, insultato, mi volevano buttare fuori di casa...», scriveva di nascosto. «Non puoi chiedermelo, io non resisto a parolacce, insulti, offese dure. Ho pianto tutta notte e all’una ho mangiato un panino perché non mi davano da mangiare e non riuscivo a dormire».

Tragico il finale: «Soffrivo così tanto che volevo suicidarmi. Basta, non si può amare persone che ti hanno distrutto il cuore e la mente». Messaggi, lettere, temi scolastici, foto di graffi e lividi, tutto raccolto da Ahmed con la determinazione di «andare dai magistrati di Montecchio », così diceva, e denunciare la situazione della sua famiglia, immigrata una dozzina di anni fa dal Bangladesh. Eppure a giugno Ahmed è uscito dalle elementari con tutti 10, il primo della classe.

«E anche per questo è stato portato via, punito per il suo testardo desiderio di studiare», dichiara B.

Ahmed non parlava, ma perché stando chiuso in casa conosceva solo il bengalese. «Ahmed in prima elementare è stato respinto, non sapeva una parola,». Determinato a imparare, il bimbo divora i libri che B. gli insegna a prendere in biblioteca, dapprima la saga di Sandokan, che lo affascina perché gli parla del suo Paese d’origine. Poi la sete di sapere lo porta sulle pagine di Anna Frank e Primo Levi, Sepulveda e Allende, De Amicis e Malala. «Per questi fratellini non esisteva calcio né alcun altro sport, …così ho regalato loro la mia scacchiera». «Presto Ahmed ha iniziato a battermi, ormai aveva bisogno di un maestro più forte di me»…Questo è l’Ahmed che cresce, che matura nei dubbi, si riappropria della sua vita di bambino studioso. Ma il tutto a casa è vissuto con preoccupazione, il futuro che gli hanno destinato non comprende l’istruzione, finito l’obbligo scolastico dovrà subito lavorare. Questo spiegano a B.i genitori, che vedono sempre peggio quell’amicizia…

Parole che Ahmed assorbe come una spugna e rilascia qua e là nei suoi scritti: 'Nella vita ci sono molte ingiustizie e in Africa i bambini muoiono per malattie e fame – ammette in un tema in classe il 20 maggio 2019 –. Ma è ingiusto anche essere maltrattati da tuo padre e da tua madre – aggiunge –, subire insulti per ragioni sciocche o perché non appoggi la loro religione. Essere picchiati è la cosa più triste. Io penso che un vero uomo ragiona con i propri figli... Tutto ciò crea nel mio istinto un vuoto tremendo, l’odio aumenta e l’amore non c’è più'. …«In realtà mi accusavano di varie cose – conferma B. –, prima di volerne fare un cattolico a causa dei libri che gli ho fatto leggere, poi di avere mire pedofile, alla fine di puntare ai soldi di Ahmed quando inizierà a lavorare... Come ho sempre detto ai servizi sociali, secondo me i bambini non andavano tolti ai genitori, ma era urgente sostenere questa famiglia e vegliare perché i figli potessero studiare. La gente parla tanto di identità italica da salvaguardare, ma mi dica: chi è più italiano di un bambino che a 12 anni ha letto Primo Levi? Chi è più europeo di lui? Sono tutti dispiaciuti per Ahmed ma poi tacciono per indifferenza ». Sul tavolo di B. brillano lucide e solitarie le coppe del piccolo campione di scacchi, voleva gliele custodisse. Lui chissà ora dov’è e cosa sta sperando. Suona il cellulare, sono gli amichetti di Ahmed tutti eccitati: dopo settimane il suo account whattsapp (come foto del profilo ha messo i suoi libri!) è tornato attivo per qualche secondo. «Gli abbiamo chiesto quando tornerà – riferiscono –, ha risposto forse tra 5 mesi, così sarà di nuovo bocciato... Altrimenti, ha scritto, a 18 anni e un giorno». (Avvenire, 1 dicembre 2019)

 
 
 

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