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Messaggi del 18/03/2022

La supplica del Signore

Post n°3719 pubblicato il 18 Marzo 2022 da namy0000
 

La supplica del Signore: convertitevi o perireteLa supplica del Signore: convertitevi o perirete

Ermes Ronchi, Avvenire, giovedì 17 marzo 2022
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (...).

Cronaca dolente, di disgrazie e di massacri. Dio dove eri quel giorno? Quando la mia bambina è stata investita, dov'eri? Quando il mio piccolo è volato via dalla mia casa, da questa terra, come una colomba dall'arca, dove guardavi? Dio era lì, e moriva nella tua bambina; era là in quel giorno dell'eccidio dei Galilei nel tempio; ma non come arma, bensì come il primo a subire violenza, il primo dei trafitti, sta accanto alle infinite croci del mondo dove il Figlio di Dio è ancora crocifisso in infiniti figli di Dio. E non ha altra risposta al pianto del mondo che il primo vagito dell'alleluja pasquale. Se non vi convertirete, perirete tutti. Non è una minaccia, non è una pistola puntata alla tempia dell'umanità. È un lamento, una supplica: convertitevi, invertite la direzione di marcia: nella politica amorale, nell'economia che uccide, nell'ecologia irrisa, nella finanza padrona, nel porre fiducia nelle armi, nell'alzare muri. Cambiate mentalità, onesti tutti anche nelle piccole cose, e liberi e limpidi e generosi: perché questo nostro Titanic sta andando a finire diritto contro un iceberg gigantesco. Convertitevi, altrimenti perirete tutti. È la preghiera più forte della Bibbia, dove non è l'uomo che si rivolge a Dio, è Dio che prega l'uomo, che ci implora: tornate umani! Cambiate direzione: sta a noi uscire dalle liturgie dell'odio e della violenza, piangere con sulle guance le lacrime di quel bambino di Kiev, gridare un grido che non esce dalla bocca piena d'acqua, come gli annegati nel Mediterraneo. Farlo come se tutti fossero dei nostri: figli, o fratelli, o madri mie. Non domandarti per chi suona la campana. Essa suona sempre un poco anche per te (J. Donne). Poi il Vangelo ci porta via dai campi della morte, ci accompagna dentro i campi della vita, dentro una visione di potente fiducia. Sono tre anni che vengo a cercare, non ho mai trovato un solo frutto in questo fico, mi sono stancato, taglialo. No, padrone! Il contadino sapiente, che è Gesù, dice: «No, padrone, no alla misura breve dell'interesse, proviamo ancora, un altro anno di lavoro e poi vedremo». Ancora tempo: il tempo è il messaggero di Dio. Ancora sole, pioggia e cure, e forse quest'albero, che sono io, darà frutto. Il Dio ortolano ha fiducia in me: l'albero dell'umanità è sano, ha radici buone, abbi pazienza. La pazienza non è debolezza, ma l'arte di vivere l'incompiuto in noi e negli altri. Non ha in mano la scure, ma l'umile zappa. Per aiutarti ad andare oltre la corteccia, oltre il ruvido dell'argilla di cui sei fatto, cercare più in profondità, nella cella segreta del cuore, e vedrai, troverai frutto, Dio ha acceso una lucerna, vi ha seminato una manciata di luce.

 
 
 

Smetti di farti lupo

Post n°3718 pubblicato il 18 Marzo 2022 da namy0000
 

2022, Maurizio Praticiello, Avvenire 17 marzo

«Smetti di farti lupo». Lettera di un parroco a un fratello camorrista: ti aspetto

Chi è un camorrista? Un fratello. Una persona che, purtroppo, si fa lupo di altre persone. E le umilia, le opprime, le fagocita, le uccide. Il motivo che sta alla base del suo illogico e sciocco comportamento è la bramosia di denaro e di potere. Ne vuole tanto. E per ottenerlo, è disposto a tutto, anche a tradire la parola data, i vecchi amici, la propria terra, i propri figli. Che cos’è la camorra? Una consorteria del male, una sorta di sottobosco, un mondo nel mondo.

Che cos’è il Vangelo? Uno stupendo e inimitabile annuncio di salvezza, di libertà, di ritrovata dignità. Di amore. Per tutti, anche per gli stessi camorristi. Il cristiano riceve e annuncia queste Parole lancinanti e liberanti che mai nessuno prima ha saputo proferire. Parole che lo hanno ammaliato, sedotto, fatto gioiosamente prigioniero. Su quelle Parole ha deciso di scommettere la vita. Il male è un camaleonte. Si camuffa, si trasforma, cambia pelle e colori.

Le sue armi preferite sono l’inganno e la menzogna. Mentre ti pugnala ti sorride. Col male, ha detto il Papa, non si dialoga, lo si respinge. Occorre discernere il falso dall’originale. Il cristiano deve avere il coraggio di non barare con se stesso. L’ipocrisia è stata rigettata finanche da Gesù. Il cristiano, con tutti i suoi limiti, deve guardarsi allo specchio e chiedersi: 'E tu, da che parte stai?'. Tutto qui. Ed è estremamente bello quando, senza tentennamenti si schiera dalla parte del bene. E se la camorra te lo impedisce? Mi unisco alla folta schiera degli amanti della legalità e resisto, lotto.

E se ti minaccia? Piacere non mi fa, ma continuo per la mia strada. La fede in Gesù, la sete di giustizia, di verità, di dignità sono la nostra seconda pelle. Si combatte. La lotta tra il bene e il male ha radici antiche; ognuno è chiamato a dare il proprio contributo. Purtroppo, da vero illusionista, anche il male affascina. Una sirena che prima t’incanta e poi ti divora. Il desiderio del bene, invece, non sbraita, sussurra. Non ti fa provare le vertigini per poi scaraventarti giù, ma ti dona la pace, bella, forte, duratura. I prigionieri del male, per arrivare ai loro obiettivi, insozzano, inquinano, terrorizzano, ammazzano. Gli innamorati del bene amano anche coloro che quel bene calpestano. E separano il grano della persona dalla zizzania delle loro azioni. Un paradosso: chi si affanna per il bene lo fa anche a favore dell’avversario, dei suoi figli, della sua famiglia.

Tu mi uccidi? Io ti amo. Tu vuoi opprimere la mia esistenza? Io lotto per i tuoi diritti. Stai scontando, in carcere, la tua meritata pena? Io vengo a farti visita e resto accanto ai tuoi figli che con la tua scelleratezza hai dovuto abbandonare. Tu piazzi una bomba-carta all’ingresso della mia chiesa per impaurirmi? Io prego per te e per i tuoi cari. Ecco, fratello camorrista, chi è l’uomo che vuoi spaventare: solo un povero prete, innamorato di Gesù, della sua Chiesa, della sua vocazione. Un povero, ma testardo, prete che non si rassegna a benedire le bare bianche dei giovani ai quali tu hai rovinato la vita.

E vorrebbe, in qualche modo, arrivare prima, e riuscire a salvarli. Non è facile, lo so, ma un alpinista guarda alle vette più alte, non alle colline. In questi mesi, diversi nostri giovani, si sono laureati. Mamma mia, che soddisfazione! Altri per non cadere nelle tue trappole, hanno preferito emigrare. Sono contento lo stesso. Non si sono rassegnati a diventare legna da bruciare nel tuo camino. Io sto qua. Di me sai tutto, nome, cognome, data di nascita – ti sei ricordato del mio compleanno – indirizzo. Sai che ogni sera, d’estate e d’inverno, mi trovi, puntuale, all’Altare. Se vuoi farmi male – ma perché dovresti? – è tanto facile.

Un prete, con le braccia alzate a implorare misericordia, è l’uomo più fragile del mondo. Ma – non dimenticarlo – anche il più forte. Sarebbe una vera vigliaccata, non trovi? Lo so, tante volte me lo hai detto, a modo tuo, mi vuoi bene, ma non capisci questa mia ottusa caparbietà nel continuare a immischiarmi in affari che, secondo te, non mi riguardano.

Lo so, me lo hai scritto, perfino in carcere parli bene di me. Però... c’è quel però che non riesci a digerire. Ed è proprio su quel però che bisogna intendersi. Qua la mano. Facciamo pace. Non barare, però. Sappi che la Chiesa, nella quale fosti battezzato, continua ad amarti. E a sperare per te il meglio. La sua più grande gioia sarebbe quella di vederti libero, onesto, inginocchiato ai piedi della croce a chiedere perdono per il male fatto. Un’utopia? E perché mai? Ti aspetto, fratello camorrista. Continuo a sperare. Ti voglio bene, voglio il tuo bene, il bene della nostra gente. Ti prego, prova a volermi bene anche tu. Non fare, non farti, e, se puoi, non farmi male.

 
 
 

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