Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Maggio 2019

Si deve amare senza il contraccambio

Post n°3045 pubblicato il 31 Maggio 2019 da namy0000
 

In questi giorni molti confratelli preti festeggiano i loro anniversari di sacerdozio e io celebro i trent’anni dalla mia ordinazione. Se dovessi ripercorrere questo cammino, fatto di momenti positivi e di altri più tristi come ogni percorso vitale, la prima parola è “grazie”. Il sacerdozio è un dono immenso. In particolare la celebrazione della Santa Messa è il luogo nel quale si sperimenta il dono di Gesù al Padre. Sono davvero felice di essere prete e sento come fosse il primo giorno che celebro la mia prima Messa.

La seconda parola che cerco di vivere è “dono”. Gesù è venuto ad amarci in modo gratuito e senza interesse. Se vi è un aspetto che faccio fatica ad accettare, è quando noi preti siamo interpellati solo quando c’è bisogno di un sacramento. Ma si deve amare senza il contraccambio. La terza parola è “carità”. Il sacerdote vive della carità non solo perché condivide risorse economiche con chi ha bisogno, ma perché sa ascoltare i drammi delle persone, così come è in grado di ascoltare Dio che parla alla nostra vita. senza la lettura, lo studio, la preghiera a partire dalla Parola, niente risulta veramente efficace.

Ricordare il nostro anniversario di ordinazione è ripercorrere le tappe di un cammino che, al di là dei luoghi dove esercitiamo il nostro ministero, rendono gioiosa la nostra vita. Rimettendo al centro Gesù Maestro e Pastore, unico vero Sacerdote – don Luigi T.

 
 
 

Giacomo di cristallo

Post n°3044 pubblicato il 28 Maggio 2019 da namy0000
 

Giacomo di cristallo di Gianni Rodari (da Favole al telefono, Einaudi, 1962)

Una volta, in una città lontana, venne al mondo un bambino trasparente. Attraverso le sue membra si poteva vedere come attraverso l’aria e l’acqua. Era di carne e d’ossa e pareva di vetro, e se cadeva non andava in pezzi, ma al più si faceva sulla fronte un bernoccolo trasparente.

Si vedeva il suo cuore battere, si vedevano i suoi pensieri guizzare come pesci colorati nella loro vasca.

Una volta, per sbaglio, il bambino disse una bugia, e subito la gente poté vedere come una palla di fuoco dietro la sua fronte: ridisse la verità e la palla di fuoco si dissolse. Per tutto il resto della sua vita non disse più bugie.

Un’altra volta un amico gli confidò un segreto, e subito tutti videro come una palla nera che rotolava senza pace nel suo petto, e il segreto non fu più tale.

Il bambino crebbe, diventò un giovanotto, poi un uomo, e ognuno poteva leggere nei suoi pensieri e indovinare le sue risposte, quando gli faceva una domanda, prima che aprisse bocca.

Egli si chiamava Giacomo, ma la gente lo chiamava “Giacomo di cristallo”, e gli voleva bene per la sua lealtà, e vicino a lui tutti diventavano gentili.

Purtroppo, in quel paese, salì al governo un feroce dittatore, e cominciò un periodo di prepotenze, di ingiustizie e di miseria per il popolo. Chi osava protestare spariva senza lasciar traccia. Chi si ribellava era fucilato. I poveri erano perseguitati, umiliati e offesi in cento modi.

La gente taceva e subiva, per timore delle conseguenze.

Ma Giacomo non poteva tacere. Anche se non apriva bocca, i suoi pensieri parlavano per lui: egli era trasparente e tutti leggevano dietro la sua fronte pensieri di sdegno e di condanna per le ingiustizie e le violenze del tiranno. Di nascosto, poi, la gente si ripeteva i pensieri di Giacomo e prendeva speranza.

Il tiranno fece arrestare Giacomo di cristallo e ordinò di gettarlo nella più buia prigione.

Ma allora successe una cosa straordinaria. I muri della cella, in cui Giacomo era stato rinchiuso, diventarono trasparenti, e dopo di loro anche i muri del carcere, e infine anche le mura esterne. La gente che passava accanto alla prigione vedeva Giacomo seduto sul suo sgabello, come se anche la prigione fosse di cristallo, e continuava a leggere i suoi pensieri. Di notte la prigione spandeva intorno una grande luce e il tiranno nel suo palazzo faceva tirare tutte le tende per non vederla, ma non riusciva ugualmente a dormire. Giacomo di cristallo, anche in catene, era più forte di lui, perché la verità è più forte di qualsiasi altra cosa, più luminosa del giorno, più terribile di un uragano.

 
 
 

Alla fine di un anno

Post n°3043 pubblicato il 27 Maggio 2019 da namy0000
 

Jacques Fesch, morto ghigliottinato in Francia l’1 ottobre 1957, dopo essersi convertito in carcere.

Era nato a Saint-Germain-en-Laye il 6 aprile 1930, quartogenito e unico maschio di una coppia che vivrà sempre in modo conflittuale il matrimonio fino alla separazione. Il padre era un banchiere ateo e cinico, che si disinteressò all’educazione dei figli. Per questo la madre decise di iscriverli, di sua iniziativa, a scuole cattoliche, anche se il padre ridicolizzava sempre la fede e la Chiesa.

Jacques crebbe altissimo, biondo e allampanato. Cominciò a trascurare la scuola, con esiti disastrosi. Iniziò anche a fare uso di droghe, sperperando i soldi del padre. Dopo un’esperienza fallimentare di lavoro in una banca, cominciò a sognare di trasferirsi in Polinesia. Ma gli servivano molti soldi per comprare un’imbarcazione e nella sua assoluta mancanza di moralità, consigliato da due amici balordi, pensò che la soluzione ideale fosse fare una rapina.

Il 25 febbraio 1954, a Parigi, dopo aver aggredito un cambiavalute nel suo negozio, fuggì inseguito dalla polizia. Complice anche la sua miopia, ferì un passante e uccise un agente. Catturato, fu portato nel carcere parigino de La Santé.

In attesa del processo, fu avvicinato dal cappellano a cui rispose sdegnato di non essere credente e che non aveva nessun bisogno di lui. poi, però, le cose cominciarono a cambiare nel suo animo tormentato: prese a leggere tantissimo, romanzi, ma anche biografie di santi, il Vangelo, le Confessioni di sant’Agostino. Il cappellano lo affiancò in questo suo percorso, così come il suo avvocato, uomo molto religioso. Determinante fu anche il rapporto con un suo ex compagno di collegio, Thomas, che dopo essersi convertito entrò in un convento benedettino.

La fede e l’amore per Gesù gli cambiarono il cuore. Scrisse un diario e lunghe lettere. ‹‹Alla fine di un anno di detenzione mi ha percosso un intenso dolore dell’anima che mi ha fatto molto soffrire; bruscamente, in poche ore, ho posseduto la fede, una certezza assoluta. Ho creduto e non capivo più come facevo prima a non credere. Gesù mi ha visitato, e una grande gioia s’è impossessata di me, soprattutto una grande pace. Tutto è diventato luce in pochi istanti. Una gioia forte››.

Le sue giornate erano segnate dalla lettura del Messalino, dalla recita del Rosario e si concludevano la sera con Compieta. Teneva moltissimo che anche la moglie Pierrette (sposata solo civilmente), ebrea non osservante, e da cui aveva avuto la figlia Veronique, si convertisse. Era fiducioso sull’esito del processo, temeva al massimo l’ergastolo, ma arrivò la sentenza peggiore: condannato a morte. A nulla valse la sua conversione. Dopo che la sentenza fu confermata, riusì a sposare religiosamente la moglie per procura. L’1 ottobre 1957, con dignità e compostezza, dopo aver baciato il crocifisso, si affidò alla lama del boia. Pochi giorni prima aveva scritto: ‹‹Io tendo una mano alla Vergine e l’altra alla piccola Teresa di Lisieux; in tal modo non corro alcun rischio, ed esse mi attireranno a sé per consegnarmi a Gesù per l’eternità››.

Il salesiano Giacomo Maria Medica fu promotore dell’apertura della causa di beatificazione, nel 1986. L’indagine fu avviata il 21 settembre 1987 dall’arcivescovo di Parigi e il processo diocesano è stato aperto formalmente il 24 dicembre 1993. Oggi Jacques Fesch è Servo di Dio. è tuttora in corso il processo per la canonizzazione (FC n. 21 del 26 maggio 2019).

 
 
 

Abbiamo la responsabilità collettiva

Post n°3042 pubblicato il 26 Maggio 2019 da namy0000
 

2019, FC n. 21 del 26 maggio. DONNE VIOLENTATE.  Intervista al medico chirurgo Denis Mukwege, Premio Nobel per la pace nel 2018.

È conosciuto come l’uomo che ripara le donne. Ha operato, risanato, guarito 50.000 donne. ‹‹Dietro ciascuna di queste donne c’è una vita, una persona, una storia di sofferenza. Perciò non amo molto parlare di numeri››.

Congolese, vive e opera nel luogo, al mondo, con il maggior numero di violenze sessuali: il Congo.

‹‹Questo ospedale non l’ho costruito per curare le vittime di stupro››, dice Mukwege, ‹‹e non potevo immaginare che si sarebbe occupato di questo tipo di patologia. Ma ho dovuto costatare, dopo soli 3 mesi dall’apertura, nel 1999, che avevamo già accolto 45 pazienti, tutte donne che avevano subito violenze. Tutte raccontavano la stessa storia: avevano subito stupro di gruppo e torture di ogni sorta. Violenze tanto estreme che presentavano ferite, lacerazioni, vere e proprie devastazioni dei genitali. In alcuni casi avevano loro sparato, in altri dato fuoco. Non avevo mai visto cose del genere. Ho pensato che non era normale. Era una nuova patologia››. Anche i numeri erano impressionanti. Per anni l’ospedale di Panzi ha accolto una media di 10 donne al giorno, oltre 3.000 all’anno… ‹‹Poi›› , spiega il dottore, ‹‹per un certo tempo la situazione era migliorata: eravamo scesi alla metà. Ma a partire dal 2016, il numero è tornato a crescere. Oggi siamo a 2.000 l’anno, ma con un aspetto nuovo e terribile: Dobbiamo curare anche bambine e bambini. Da qualche anno le donne che vengono da noi hanno figli piccoli, e spesso sono anche loro, e persino i neonati, ad aver subito violenza sessuale. Un nuovo livello di atrocità››.

‹‹Si sa chi sono i responsabili: gruppi armati e soldati dell’esercito governativo. Il problema è che vige un totale stato di impunità che, se finisse, porterebbe a una sensibile diminuzione dei casi››-

Perché nel Sud Kivu? ‹‹Abbiamo cercato di capirlo, attraverso un dossier statistico. Il risultato? Là dove si trovano le miniere di coltan e oro, là si trovano i gruppi armati che si combattono per controllarle: là avvengono gli stupri. Il conflitto che ha luogo in Congo è per il controllo delle sue risorse naturali. Tra queste risorse c’è un metallo, il coltan, da cui si estrae il tantalio, molto ricercato per i nostri smartphone, computer e gli apparecchi elettronici… Il Congo ha le più importanti riserve di coltan, riserve dalle quali i congolesi non hanno alcun beneficio. Sono i paesi vicini che lo esportano pur non producendolo. Il Ruanda è il primo esportatore di questo minerale.

Noi accogliamo anche vittime di violenze che vengono dalla città, o da luoghi dove non ci sono miniere. Il motivo è che di questo problema, qui, non si è mai occupato nessunoQuesta violenza è penetrata nella società. Un’intera generazione ha vissuto sempre nella violenza. È come una metastasi. Se i bambini assistono alla violenza o alle torture sui genitori o  genitori sui figli, che altra cultura possono trasmettere se non quella della violenza? Chi commette violenze pensa che non ci siano più limiti. I criminali continuano a circolare liberamente››.

‹‹Come tutti gli uomini ho avuto paura. Dopo l’ultimo attentato, nel quale ho perso dei collaboratori, ho pensato che eravamo oltre l’accettabile e ho lasciato il Congo. Ma, vede, le donne di questo Paese sono formidabili. La loro determinazione è commovente. Non mi hanno lasciato scelta fra restare a Boston e tornare: quando vedi che una donna che non ha 2 dollari al giorno per vivere decide di vendere i suoi frutti e le verdure per comprarti un biglietto d’aereo… l’umanità che condividi con loro ti interpella, se loro sono in Congo, se hanno bisogno di me, se loro non possono lasciare il Congo, non si può abbandonarle. Loro danno tutto per te, a confronto tu dai ben poco. Sono delle eroine. Quando doni molto e hai troppo, doni niente. Ma quando non hai niente, e dai quel pochissimo che hai, doni moltissimo››. ‹‹Credo che se i consumatori europei, americani, giapponesi, cinesi si mettessero d’accordo nel volere un coltan pulito la guerra terminerebbe in un giorno… Si può dire ai fabbricanti di procurarsi la materia prima in modo che sia evitato il conflitto armato questa è la soluzione. Questo fa finire la guerra. Perché, lo dico con forza, fermare la guerra è possibile. Le maggiori responsabilità le ha il Governo del Congo che dovrebbe regolamentare l’estrazione dei minerali e proteggere i civili, ma c’è anche il ruolo delle multinazionali, dei paesi ricchi e dei consumatori. Questo conflitto non conosce confini. Inizia nell’Est del Congo ma prospera in Occidente. La domanda di elettronica a basso costo per il consumatore rafforza un sistema senza regoleIl punto è che si vuole una materia prima meno costosa e si utilizzano donne e bambini come schiavi. Questa è un’onta per l’umanità››.

‹‹Assistere le vittime significa fornire loro non solo le cure mediche per riparare il corpo, ma anche dare loro l’assistenza medica, il supporto psicologico, l’assistenza legale, la reintegrazione socioeconomica…››. ‹‹Lo stupro non distrugge solo i corpi, ma spezza l’anima e rompe il rapporto con i familiari…››.

‹‹Vorrei che gli italiani e gli europei ricordassero che la violenza sessuale c’è in ogni angolo del mondo. E proviene sempre dalla stessa causa: non trattiamo uomini e donne da pari a pari. Abbiamo la responsabilità collettiva di cambiare questo, in Congo, in Colombia, in Italia e ovunque. Soprattutto  per le generazioni future. Possiamo iniziare questo cambiamento proprio ora, oggi, con piccoli cambiamenti nelle nostre azioni e nei nostri pensieri››

 
 
 

In cammino

Post n°3041 pubblicato il 25 Maggio 2019 da namy0000
 

Ecco la tentazione dell’efficientismo, del pensare che la Chiesa va bene se ha tutto sotto controllo, se vive senza scossoni, con l’agenda sempre in ordine, tutto regolato… È anche la tentazione della casistica. Ma il Signore non procede così; infatti ai suoi dal cielo non manda una risposta, manda lo Spirito santo. E lo Spirito non viene portando l’ordine del giorno, viene come fuoco. Gesù non vuole che la Chiesa sia un modellino perfetto, che si compiace della propria organizzazione ed è capace di difendere il proprio buon nome. Povere quelle Chiese particolari che si affannano tanto nell’organizzazione, nei piani, cercando di avere tutto chiaro, tutto distribuito. A me fa soffrire. Gesù non ha vissuto così, ma in cammino, senza temere gli scossoni della vita. Il Vangelo è il nostro programma di vita, lì c’è tutto. Ci insegna che le questioni non si affrontano con la ricetta pronta e che la fede non è una tabella di marcia, ma una ‹‹Via›› (At 9,2) da percorrere insieme , sempre insieme, con spirito di fiducia. Dal racconto degli Atti apprendiamo tre elementi essenziali per la Chiesa in cammino: l’umiltà dell’ascolto, il carisma dell’insieme, il coraggio della rinuncia (papa Francesco, 23 maggio 2019)

 
 
 

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