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Messaggi del 21/05/2018

Il muro dell'ufficio

Post n°2641 pubblicato il 21 Maggio 2018 da namy0000
 

Raed Fares, 42 anni, un attivista siriano che organizza proteste sia contro il gruppo Stato islamico sia contro il presidente Bashar al Assad. È mezzanotte e tre quarti del 29 gennaio 2014. È uscito dall’ufficio, spesso lavora fino alle quattro di notte. Sente qualcuno correre verso di lui. eccoli, pensa. Si fermano proprio davanti alla sua auto. Si rende conto di aver lasciato a casa la pistola. Riesce a distinguere due miliziani del gruppo Stato islamico. Uno apre il fuoco e crivella di proiettili la macchina, il muro dell’ufficio e lo stesso Fares. L’attivista sente i proiettili che gli si conficcano nella parte destra del petto e nella spalla. ‹‹Non c’è altro Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo profeta››, dice più forte che può. Fares è riverso in una pozza di sangue in mezzo alla strada. Dopo qualche minuto, arriva suo fratello maggiore, che ha sentito gli spari, e lo infila in macchina per portarlo di corsa in ospedale. Descrive quello che ha visto. Poi perde conoscenza. Otto mesi dopo, Fares è seduto sul sedile posteriore dell’auto che attraversa la Turchia meridionale. I killer hanno sparato 46 proiettili: 27 hanno colpito il muro alle sue spalle, 17 l’auto. Solo due l’hanno raggiunto, rompendogli sette ossa della spalla e del costato, e perforandogli il polmone destro. Dal letto d’ospedale Fares ha continuato a organizzare proteste, pubblicando messaggi, foto e video su Facebook e su You Tube. ‹‹Faccio ancora fatica a respirare››, ammette Fares, ‹‹ma il dottore mi ha detto che i polmoni non dovrebbero essere un problema perché ho il naso grande››. Pochi giorni fa Fares ha attraversato il confine con la Turchia per prendere in consegna le 500 radio alimentate a energia solare e a manovella che Spirit of America, in collaborazione con il dipartimento di stato di Washington, ha regalato a Radio Fresh, l’emittente di Fares, finanziata da Washington. Fares vorrebbe distribuirle nelle botteghe dei barbieri, nelle sale da tè e in altri posti dove la gente si riunisce per ascoltare le poche notizie che circolano. Dal 2012, l’anno in cui i ribelli moderati dell’Esercito siriano libero (Esl) hanno liberato Kafranbel dalle truppe di Assad. Nelle sue trasmissioni Fares parla soprattutto della sopravvivenza quotidiana: spiega agli ascoltatori quali strade fare per evitare i cecchini, li avverte quando arriva un raid aereo e gli dà suggerimenti su come tenere al caldo i bambini in una casa con le finestre rotte. Fares ha anche un’altra missione: raccontare al mondo gli orrori della guerra in Siria, che definisce il “Ruanda di Obama”. Fares ha trovato il modo di twittare anche se non ha followers. ‹‹Cosa ne pensi dei combattenti che arrivano dall’estero?››, chiede Hake  Fares. ‹‹Li odio, perché combattono contro di noi››, risponde. ‹‹Cosa li attira in Siria?››, chiede Hake. ‹‹Hanno visto troppe volte Rambo. Le loro motivazioni non hanno nulla a che vedere con l’islam››. ‹‹Quando riusciremo a far cadere il regime, sarà più facile liberarsi del gruppo Stato islamico, di Al Qaeda e del fronte al nusra››, dichiara Fares. “Da una collina, un dipendente di Radio Fresh intercetta le comunicazioni dei piloti militari che parlano con la torre di controllo del governo siriano. Poi trasmette l’informazione al dj che, quando serve, interrompe le trasmissioni: “Notizia dell’ultim’ora. Sta arrivando un aereo”. Dopo gli attacchi, quando il pilota annuncia che sta rientrando, il dj dà alla popolazione il “via libera”. Cambiano sempre frequenza, però riusciamo a trovarli lo stesso”, spiega Fares. Vorrebbe una sirena per avvertire anche chi non ascolta la radio. Lui, sua moglie e i tre figli adolescenti sono sopravvissuti lottando ognuno a modo suo. Fares ha fondato un’organizzazione, l’Unione degli uffici rivoluzionari, che dà lavoro a 365 persone ed è finanziata da alcune ong. Oltre a Radio Fresh e a un centro per le comunicazioni, l’Unione gestisce un centro per le donne, tre centri di assistenza diurna e dei seminari sui diritti umani per gli avvocati, e ha quasi completato un progetto per fornire di nuovo acqua alla cittadina e ad altri tre villaggi. Queste attività hanno reso Fares un bersaglio del gruppo Stato islamico. Il 28 dicembre 2013 i jihadisti hanno cercato di conquistare Kafranbel. Hanno distrutto parti della radio. Lui si trovava negli Stati Uniti. L’hanno minacciato di decapitarlo appena fosse rientrato dagli Stati Uniti. Fares ha deciso che era arrivato il momento di manifestare contro i jihadisti. Poiché non ci sono telefoni a Kafranbel, Fares ha ideato un sistema per comunicare con il pubblico: ha appeso una ventina di scatole di metallo ad alcuni pali sparsi nelle campagne dove gli ascoltatori possono mettere le risposte ai quiz, le richieste di canzoni e i consigli. A volte qualcuno ci infila biglietti con minacce di morte” (Eliza Griswold, The New York Times Magazine, Stati Uniti, Radio Siria libera, Internazionale n. 1090 del 20 febbr. 2015).

 
 
 

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