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Messaggi del 15/09/2018

Fermare la valanga

Post n°2789 pubblicato il 15 Settembre 2018 da namy0000
 

“Chemnitz è un punto di svolta. La caccia allo straniero, la spudoratezza con cui i neonazisti e i loro simpatizzanti borghesi hanno conquistato la piazza scatenando un clima da pogrom, mentre la polizia stava a guardare: tutto questo è la conseguenza di uno strisciante riavvicinamento della Germania al suo passato più nero. Tra le tante piccole fratture di civiltà che si sono aperte negli ultimi anni, Chemnitz è stata la più violenta. Episodi simili c’erano già stati, ma a differenza dei primi anni novanta oggi i neonazisti hanno il sostegno di una parte della classe media e della politica. La leadership del partito di destra Alternativ für Deutschland ha definito “autodifesa” la violenza razzista, legittimandola.

Oggi la situazione è molto più pericolosa. Può darsi che ci siano ragioni culturali e storiche che fanno della Sassonia un terreno fertile per l’estrema destra. Ma il revival delle camicie brune non è un fenomeno sassone. Sotto la cenere una Chemnitz cova ovunque.

È cruciale capire se questa sia la conclusione di una virata verso l’immoralità, cominciata con il libro di Thilo Sarrazin La Germania si abolisce. O se non sia piuttosto l’inizio di un’epoca illiberale. Se sarà il segnale che risveglierà la politica e i cittadini, spingendoli a reagire. O se chi potrebbe opporsi continuerà a cullarsi nell’apatia.

La politica e le istituzioni hanno fallito. Le loro colpe vanno ben oltre la gestione dell’ordine pubblico. La Cdu locale continua a minimizzare il problema dell’estrema destra, e la Csu ha ripreso il lessico e i temi degli estremisti, sdoganando le loro rivendicazioni. Anche la maggioranza silenziosa ha fallito, dall’alta borghesia alla classe media. Ha dato per scontata la democrazia e quando si è trattato di difenderla si è fatta trovare addormentata. È rimasta a osservare i cambiamenti della società con indifferenza. Questa apatia si deve anche a un nuovo perbenismo, al ripiegamento in un confortevole privato, in cui ciò che conta sono le condizioni del prato da golf, la qualità dei corsi di yoga o la percentuale di omega3 negli alimenti.

Sono i problemi di un universo parallelo e autoreferenziale, in cui i migranti non sono un problema perché si vedono solo da lontano. Anche nella Repubblica di Weimar una maggioranza apatica lasciò le piazze a chi faceva più rumore, finché non diventò una minoranza.

Una parte di quella maggioranza silenziosa ha cancellato la distanza che separava i conservatori dall’estrema destra. Questi cittadini non sanno più dare il giusto valore alle cose: esercitano una critica legittima alle politiche migratorie, ma trascurano la difesa della democrazia. Invece di tracciare un confine netto tra il dissenso e la distruzione sono complici degli estremisti. Per lo più tacitamente, ma sempre più spesso in modo attivo.

Ora c’è bisogno di una rivolta delle persone oneste ma apatiche. Servono fiaccolate, manifestazioni, appelli pubblici, concerti, qualunque cosa, purché si senta, purché si veda. I cinici e i disillusi storceranno il naso. Ma in tempi come questi disillusione e cinismo sono nemici della democrazia liberale. Le manifestazioni non possono trasformare i nazisti in sostenitori della democrazia, ma possono mostrare a tutti gli indecisi che c’è un’alternativa ai prepotenti. Lo scrittore Erich Kästner diceva che i tedeschi avrebbero dovuto cominciare a combattere il nazismo nel 1928, quando tutto sembrava ancora stabile, quando c’erano esplosioni d’odio, come oggi a Chemnitz, ma si poteva ancora fingere che si trattasse di episodi isolati. “Non si può aspettare che la palla di neve diventi una valanga. La valanga non la ferma più nessuno. Si ferma solo quando ha ormai sepolto ogni cosa” (Der Spiegel, Germania, Internazionale n. 1272 del 7 sett. 2018).

 
 
 

Automobili pulite

Post n°2788 pubblicato il 15 Settembre 2018 da namy0000
 

“Si sostiene che le auto elettriche necessitano di energia elettrica, prodotta con la combustione e quindi con tecnologia inquinante, mentre quelle a idrogeno, realizzando l’ossidazione del combustibile con produzione di solo vapore d’acqua non inquinante, sarebbe da preferire. L’idrogeno però non è una fonte energetica – come lo sono i combustibili – ma un vettore energetico, che non si trova in natura e deve essere prodotto. Per produrlo, ad esempio, dall’acqua, è necessario fornire energia in misura almeno pari a quella che l’ossigeno restituirà combinandosi con l’idrogeno a bordo dei veicoli. Se il processo di produzione dell’idrogeno è quello classico di elettrolisi dell’acqua serve energia elettrica, nella stessa misura e con la stessa provenienza di quella che serve a ricaricare le batterie delle auto elettriche. Quindi il problema resta – Gaetano C., Dipartimento di ingegneria dell’Università degli studi del Sannio”, Internazionale n. 1272 del 7 sett. 2018).

 
 
 

Apertura dell'anno scolastico

Post n°2787 pubblicato il 15 Settembre 2018 da namy0000
 

“Siamo alle soglie dell’apertura dell’anno scolastico. Nella nostra traiettoria sulla vocazione c’è spazio per una sosta di riflessione su un tema connesso intimamente con la scelta di vita, cioè l’educazione. Citiamo due figure distanti tra loro millenni, ma che coincidono su un punto. Da un lato, il celebre filosofo greco Platone che dichiarava: ‹‹L’impronta iniziale che uno riceve nell’educazione segna tutta la sua condotta successiva››. D’altro lato, il nostro Massimo D’Azeglio che nel 1867 scriveva: ‹‹Tutti siamo di una stoffa nella quale la prima piega non scompare mai più››.

È la conferma del rilievo oggettivo che ha la formazione iniziale nella famiglia, nella scuola, nella comunità ecclesiale. Ai nostri giorni accade spesso che alla bulimia tecnologico-informatica corrisponda un’anoressia di contenuti. Un altro grande pensatore, il francese Montaigne, nel Seicento, osservava che ‹‹la preoccupazione e l’investimento degli educatori non deve mirare solo ad arredare la testa di conoscenze, bensì a sviluppare la capacità di giudizio e la virtù››, così da avere ‹‹piuttosto che una testa piena, una testa ben fatta››.

È noto che nella Bibbia – sia pure coi condizionamenti di quei tempi – è la sapienza a offrire una serie di insegnamenti e di esempi: così il libro dei Proverbi è spesso modellato sul dialogo tra padre/maestro e figlio/discepolo, con l’impegno di intrecciare intelligenza e saggezza, conoscenza e morale, pedagogia e religione. Una funzione rilevante nella vocazione personale è esercitata proprio dalla guida spirituale. Un importante esegeta, Walter Zimmermann, affermava che ‹‹ogni educazione di cui parla la Bibbia e, in ultima analisi, una chiamata all’ascolto di Dio, un Dio che si è reso udibile all’uomo›› e spesso attraverso un educatore.

La chiamata passa spesso attraverso la voce di una persona saggia e fraterna: pensiamo al sacerdote Eli nei confronti del giovane Samuele (₁Samuele 3) o ad Anania dopo la conversione di Paolo (Atti 9,10-19). Anzi, Dio stesso si presenta talora come un oggetto educante, un tema tipico del Libro del Deuteronomio e dei profeti. Anche qui solo un paio di esempi: ‹‹Riconosci in cuor tuo che, come un padre corregge il figlio, così il Signore, tuo Dio, corregge te›› (Deuteronomio 8,5): ‹‹Invano ho colpito i vostri figli ma non hanno imparato la lezione... Lasciati correggere, oh Gerusalemme, perché io non mi allontani da te›› (Geremia 2,30; 6,8).

Per il discernimento vocazionale è, dunque, importante l’ascolto del maestro divino e del maestro umano. Solo così, ‹‹non saremo più fanciulli in balia delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quell’astuzia che trascina all’errore. Agendo, invece, secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo›› (Efesini 4,14-15). Anche il ragazzo Gesù ha vissuto questa esperienza: ‹‹Cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini›› (Luca 2,52).

Concludiamo con una testimonianza classica, quella del commediografo latino Terenzio (II sec. a.C.): ‹‹È meglio educare facendo leva sulla comprensione piuttosto che sul timore del castigo. Il dovere di un padre è abituare il figlio ad agire bene e a trovare la sua strada, più che per l’obbligo degli altri. In ciò differisce il padre dal padrone››” (Gianfranco Ravasi, FC n. 36 del 9 sett. 2018).

 
 
 

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