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Il Sole di Stagno - Romanzo

 

Il Sole di Stagno - Vincenzo Aiello - con-fine ed. - Bologna, 2006

C'è qualcosa che accomuna questo racconto di Aiello al grandioso romanzo di Walter Siti, Troppi paradisi. Così lontani e tra di loro diversi, entrambi si sono proposti di tematizzare il tempo, fissandolo alla svolta del secolo e del millennio. Per narrare come storia la contemporaneità e la propria stessa esperienza, senza consegnarsi all'autobiografia, bisogna scegliere una lingua e giova inoltre (secondo me) una cornice esplicita di referenti cronologici. Che annunci subito il carattere del testo, di selettiva ricostruzione. Distante dal testo soggettivo della semplice memoria. È il problema che Aiello, nella sua prova d'esordio, ha in parte eluso, affidandosi ai soli dati interni. Quanto alla lingua invece, o meglio alla voce di scrittore, ha usato felicemente, la sua, che nella nuova generazione è una delle più personali.

Lidia De Federicis (L'Indice dei Libri) 

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"Non fu vil"

Post n°966 pubblicato il 19 Marzo 2012 da VincenzoAiello68
 
Foto di VincenzoAiello68

Giovedì 22 marzo per il ciclo “Il marzo delle donne” alle ore 17.30 presso la sala “Annibale Ruccello” della Multisala “Montil” a Castellammare di Stabia in Via Bonito 10, ci sarà la presentazione del saggio di Alessandra Dagostini, “Degno fu il sepolcro, se fu vil la cuna, l’universo poetico di Isabella Morra (Nicola Longobardi editore)”.  Alla serata, insieme all’autrice, interverranno Carmen Matarazzo, Pierluigi Fiorenza e Nicola Ruggiero che si intratterrà sul tema “Echi poetici della Morra nei canti leopardiani”. "Rivolgere l’attenzione a una figura come quella di Isabella Morra (o di Morra), petrarchista lucana del Cinquecento, significa affrontare un aspetto marginale nella storia della letteratura italiana, ma di una marginalità significativa. La figura di Isabella riesce, infatti, a farsi portavoce, ancora oggi, di un messaggio di speranza, di parità, di coraggio, di libertà, legato all’“universalità” del linguaggio poetico. Una voce senza corpo, un nome senza volto. Questo è, in fondo, ciò che la storia ci ha tramandato di questa sventurata “poetessa fanciulla”, rimasta nell’ombra per quasi quattrocento anni fino alla “riscoperta” di Benedetto Croce, su chiaro invito di Angelo De Gubernatis, agli inizi del XX secolo, che l’ha restituita al suo paese natale, Valsinni, l’antica Favale, riportandola alle sue radici e al posto che le spettava, di diritto, nel panorama letterario, e stimolandone così l’attuale interesse e fioritura di studi, saggi, romanzi, versi, canzoni, dipinti, sculture, opere teatrali e cinematografiche; un interesse legato, innanzitutto, alla sua tragica vicenda terrena, che ne ha fatto un’icona dell’oppressione femminile, un caso di vocazione frustrata, negata dall’umana brutalità.

Vincenzo Aiello

 
 
 
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