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Il Sole di Stagno - Romanzo

 

Il Sole di Stagno - Vincenzo Aiello - con-fine ed. - Bologna, 2006

C'è qualcosa che accomuna questo racconto di Aiello al grandioso romanzo di Walter Siti, Troppi paradisi. Così lontani e tra di loro diversi, entrambi si sono proposti di tematizzare il tempo, fissandolo alla svolta del secolo e del millennio. Per narrare come storia la contemporaneità e la propria stessa esperienza, senza consegnarsi all'autobiografia, bisogna scegliere una lingua e giova inoltre (secondo me) una cornice esplicita di referenti cronologici. Che annunci subito il carattere del testo, di selettiva ricostruzione. Distante dal testo soggettivo della semplice memoria. È il problema che Aiello, nella sua prova d'esordio, ha in parte eluso, affidandosi ai soli dati interni. Quanto alla lingua invece, o meglio alla voce di scrittore, ha usato felicemente, la sua, che nella nuova generazione è una delle più personali.

Lidia De Federicis (L'Indice dei Libri) 

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"Perché significato e forma delle parole si appartengono"

Post n°970 pubblicato il 22 Marzo 2012 da VincenzoAiello68
 
Foto di VincenzoAiello68

Dopo averci parlato nel 2008 in “Airbag (ad est dell’equatore)” di un giovane programmatore di computer che faceva un lavoro hitech, ma non aveva una vita umana ordinaria, il 38enne scrittore napoletano Gianni Solla ritorna con “Il fiuto dello squalo (pagg. 304, euro 16.50; Marsilio X)” con una copertina del cartoonist Christan Dellavedova da fumetto Bonelli. Protagonista è Sergio Scozzacane, impresario della Blue Musica Records che nel suo catalogo non ha nuove proposte da mandare a Castrocaro, al Tenco o a Sanremo, ma clienti-pazienti che affetti da narcisismo, ansie ed altre malattie di questo inizio secolo, le scambiano per artistiche voluttà in realtà inesistenti. Scozzacane ha un naso ereditato dal passato di un padre operaio in una fabbrica di polli in Svizzera, e dal genitore invalido del lavoro eredita anche la Blue. Ma sembra avere fiuto soltanto per i guai ed in una Napoli del terzo millennio attraversata da fobie ed intrecci criminali, l’unica soluzione al taglieggio usuraio attuato dai Santamaria – boss di Miano e Secondigliano – e subito dallo Squalo per perpretare i suoi assurdi progetti musicali e di turismo religioso per vegliardi, è la fuga alla “Pericle in nero” di Ferrandino. Scozzacane rimane presto solo: la segretaria Teresa fugge per mancati stipendi, ed i killer della camorra lo secutano amputandogli, dopo una tragicomica trattativa, il mignolo di un piede. Poi la svolta (?) quando al limite dell’implosione umana lo Squalo si ritrova una carta vincente: Mattia, un suo ex paziente si rileva in un talent-show su Rai 2 e gli consegna una carta di scambio con i Santamaria per una partecipazione a Sanremo. Più si va avanti nella narrazione più si percepiscono atmosfere proprie del Paolo Sorrentino di “Hanno tutti ragione”. Ma Tony Pagoda è un personaggio tra il patetico e l’umoristico, mentre Scozzacane rappresenta il fulcro del dolore di tanta umanità che ha fatto del suo fallimento il metro per arrivare alla morte. Ed è per questo che Solla – come in “Airbag” – non narra solo di atmosfere metropolitane figlie di Gomorra, senza compiacersene, ma in una lingua piana, ritmica e riflessiva assieme, ci disegna un istant book narrativo delle tante vite fallimentari, dove “chiamo fallimento le circostanze che portano un uomo dalla nascita alla morte in una maniera poco divertente”.

Vincenzo Aiello

 
 
 
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