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Il Sole di Stagno - Romanzo

 

Il Sole di Stagno - Vincenzo Aiello - con-fine ed. - Bologna, 2006

C'è qualcosa che accomuna questo racconto di Aiello al grandioso romanzo di Walter Siti, Troppi paradisi. Così lontani e tra di loro diversi, entrambi si sono proposti di tematizzare il tempo, fissandolo alla svolta del secolo e del millennio. Per narrare come storia la contemporaneità e la propria stessa esperienza, senza consegnarsi all'autobiografia, bisogna scegliere una lingua e giova inoltre (secondo me) una cornice esplicita di referenti cronologici. Che annunci subito il carattere del testo, di selettiva ricostruzione. Distante dal testo soggettivo della semplice memoria. È il problema che Aiello, nella sua prova d'esordio, ha in parte eluso, affidandosi ai soli dati interni. Quanto alla lingua invece, o meglio alla voce di scrittore, ha usato felicemente, la sua, che nella nuova generazione è una delle più personali.

Lidia De Federicis (L'Indice dei Libri) 

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"Con la parola che attacca la parola"

Post n°1086 pubblicato il 10 Dicembre 2012 da VincenzoAiello68
 
Foto di VincenzoAiello68

L’associazione “Minerva” della presidentessa Bianca Granata Guadalupi presenta mercoledì 12 dicembre ore 17.30 presso l’Istituto Maristi di Giugliano in Campania il 58enne scrittore Pino Roveredo con il suo ultimo libro “Mio padre votava Berlinguer (pagg. 140, euro 16; Bompiani)”. Alla presenza dell’autore parlerà del testo Maria Teresa Liccardo insegnante della Scuola Media “Ada Negri” e socia della “Minerva”. L’autore triestino, scrittore per fama e operatore di strada per scelta, si racconta ancora una volta senza infingimenti nel suo ultimo lavoro ‘Mio padre votava Berlinguer’, appena pubblicato per Bompiani, in quello che con tutta probabilità è il culmine di un percorso intimo iniziato con ‘Capriole in salita’, lungo una strada che lo ha visto vincere un Premio Campiello ma non per questo cessare di essere sempre generosamente se stesso. Alla sua maniera. Spiega presentando questo libro: «Continuo a scrivere papà, scrivere veloce, con la parola che attacca la parola, la riga che rincorre la riga, con lo spazio che si accorcia, e con le cose da dire che pretendono di essere raccontate». È una confessione al padre operaio-calzolaio sordomuto, scomparso, ma che è ancora vivo nel ricordo e nelle parole di chi ha preso la penna per fissarlo per sempre, per iscriverlo nei dati sfuggenti della vita. È un padre, quello di cui si parla, che votava Berlinguer prima che per una scelta ideologica per la consapevolezza che lui era «una brava persona», e questo giudizio continua a premere sulla realtà rimasta, di oggi, e a porre problemi. Un buon padre certo, Roveredo lo assolve, anche se l’alcol era una delle sue debolezze. E un figlio che ripercorre una sua vita di cadute e risalite, private e pubbliche, alla luce del sole, che rivendica la sua terza media, il suo operaismo, la sua irregolarità di scrittore, «la fatica della mia grammatica», e che si pronuncia sull’attualità rimpiangendo, ma a occhio asciutto, la «fatica» di un tempo, la solidarietà. Fino a comprendere che se parliamo con i nostri morti, essi non muoiono davvero,ma anzi, eccoli tornare qui, in una danza che ci coinvolge tutti e ci fa capire che la memoria è vita.

Vincenzo Aiello

 
 
 
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