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Il Sole di Stagno - Romanzo

 

Il Sole di Stagno - Vincenzo Aiello - con-fine ed. - Bologna, 2006

C'è qualcosa che accomuna questo racconto di Aiello al grandioso romanzo di Walter Siti, Troppi paradisi. Così lontani e tra di loro diversi, entrambi si sono proposti di tematizzare il tempo, fissandolo alla svolta del secolo e del millennio. Per narrare come storia la contemporaneità e la propria stessa esperienza, senza consegnarsi all'autobiografia, bisogna scegliere una lingua e giova inoltre (secondo me) una cornice esplicita di referenti cronologici. Che annunci subito il carattere del testo, di selettiva ricostruzione. Distante dal testo soggettivo della semplice memoria. È il problema che Aiello, nella sua prova d'esordio, ha in parte eluso, affidandosi ai soli dati interni. Quanto alla lingua invece, o meglio alla voce di scrittore, ha usato felicemente, la sua, che nella nuova generazione è una delle più personali.

Lidia De Federicis (L'Indice dei Libri) 

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"Vostro onore non si è presentato"

Post n°47 pubblicato il 11 Giugno 2009 da VincenzoAiello68
 
Foto di VincenzoAiello68

E’ davvero sconsolante leggere libri come “Magistrati l’ultracasta (pagg. 260, euro 17; Bompiani)” di Stefano Livadiotti, l’ennesimo libro-inchiesta scaturito da quel vero e proprio terremoto che è stato costituito due anni fa dall’edizione de “La casta” scritto da Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, che metteva alla pubblica berlina i privilegi ed i misfatti dei politici. Procuratori che dimenticano di azionare procedimenti in corso; PM che dimenticano di notificare ordinanze di custodia cautelari; giudici che per scrivere le motivazioni di una sentenza rimandano alle Calende greche. Casi limite come quello de il giudice pedofilo che non solo è riuscito a finire la sua brillante carriera senza essere estromesso dall’Ordine giudiziario ma il cui procedimento ha costituito - vergogna delle vergogne  - giurisprudenza per basare aumenti di stipendio per tutta una categoria. Giudici lenti, rinvii all’ordine del giorno, poca produttività in poche ore lavorative giornaliere. Ferie lunghissime, solo i pargoli della Scuola dell’infanzia ne fanno di più. Uffici allo sbando organizzativo dove le udienze durano in media 18 minuti – e non è un libro di Coelho - , ma le cause arrivano in giudicato dopo cinque anni e mezzo per i giudizi civili e tre e mezzo per quelle penali. La denegata giustizia finisce all’ordine del giorno del dibattito parlamentare da sempre, ma né i politici – a volte anche interessati alle lungaggini giurisdizionali – né gli stessi magistrati dell’Anm (organismo sindacale molto autorefenziale e lottizzato della categoria) riescono a fornire contributi adeguati. Intanto la guerra delle cifre impazza, contribuendo ad aggiungere confusione a confusione. In tutto questo ci rimette il cittadino, che abbia il privilegio – è non è una boutade – di sopravvivere alla sentenza passata in giudicato. Tutta l’analisi di Livadiotti – già alle prese, nel suo primo libro, con gli sprechi nel Sindacato – costituisce un duro atto di accusa alla classe magistratuale - oramai Stato nello Stato – disinteressata ad emendarsi, brandendo la sacrosanta, ma citata a sproposito, indipendenza costituzionale.

Vincenzo Aiello

 
 
 
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