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L'Italia dei Vedovi

Post n°840 pubblicato il 09 Gennaio 2013 da VoceProletaria

L'Italia dei Vedovi

di Alessandra Daniele,  07.01.2013

Qual è il film italiano che illustra meglio la parabola berlusconiana? Non Il Caimano, che finisce per dare al ''Cavaliere Oscuro'' statura da supervillain, e si conclude con un fosco vaticinio fondato e credibile quanto la profezia Maya. I borghesi berlusconiani non avranno mai voglia né bisogno di turbare l'ordine pubblico, perché le regole dell'ordine pubblico sono fatte da gente come loro, in favore di gente come loro. Le megere impellicciate, i notai evasori, gli aspiranti tronisti e veline non si daranno mai ai tumulti di piazza. Morto un Berlusconi, ne faranno un altro. Grillo infatti li corteggia assiduamente, postando elegie della piccola imprenditoria, e filippiche xenofobe.
Il film italiano che fotografa la parabola berlusconiana con assoluta, inesorabile precisione è del 1959: ''Il Vedovo'', di Dino Risi.
Spoiler
Alberto Nardi (Sordi) è un imprenditore truffaldino, velleitario, fascistoide, e puttaniere, che per salvarsi dai debiti decide di ammazzare la ricca e sprezzante moglie Elvira Almiraghi (Franca Valeri) appartenente al ''salotto buono'' della finanza, per ereditarne il patrimonio.
I complici di Nardi non sono migliori di lui: il compunto e servile marchese decaduto Stucchi (un grande Livio Lorenzon) l'ottuso zio tassinaro, e Fritzmayer, l'ingegnere incapace, sotto processo in Germania: «per motivi politici?» Chiede Stucchi, Nardi risponde «no, ha aggredito una bambina».
L'elaborato quanto stupido piano omicida si trasforma in un boomerang: alla fine, a precipitare nel pozzo dell'ascensore brevettato Fritzmayer è proprio Nardi, spinto da Stucchi (forse) inavvertitamente.
Ai tre ex complici non resta che partecipare al funerale, al seguito della vedova Almiraghi, e insieme a Gioia, amante di Nardi, bionda primogenita d'una famiglia di aspiranti ballerine e annunciatrici Rai, che già si prepara a riciclarsi con un grande industriale.
Berlusconi è caduto. Su un cuscino di miliardi, quindi non s'è sfracellato, ma è ormai irrimediabilmente caduto dall'attico, e non ci tornerà più. I suoi ex complici si stanno riciclando, come Gioia.
«Saliamo in politica per cambiarla» ha twittato Mario Monti, dal salotto buono. Gli ingredienti della sua salamoia sono fresche primizie come Pierferdinando Casini, ex DC, ex alleato di Berlusconi, ex corteggiatore di Bersani; Gianfranco Fini, ex delfino di Almirante, frequentatore di caserme durante il G8 di Genova, ex alleato di Berlusconi; e Beppe Pisanu, in Parlamento dal 1972, ex DC, ex Forza Italia e PdL, coinvolto nel caso P2, ex ministro dell'Interno di Berlusconi. The Ex Files.
Come praticamente tutti gli altri partiti in gara, la lista cinica Montiana s'appella al ''ceto medio'', includendo artatamente nella definizione anche i precari più sfruttati, perché si sa, quanto più il criceto medio è inconsapevole della sua reale condizione, tanto più è disposto a continuare a correre nella ruota dell'economia per farla girare, magari sperando si attivi anche per lui il cosiddetto ascensore sociale.
L'obiettivo specifico di Monti è impedire al PD di ottenere la maggioranza al Senato, in modo che sia inevitabile un'altra Grossolana Coalizione, quel Monti-bis che sarà anche la rivincita dei nerd di Renzi.
E farà cadere il Silenzio sui sonetti di Vendola, come sui campi di Trenzalore.
Monti è arrivato per restare, solo uno stordito come Bersani avrebbe potuto bersi la cazzata del prof disinteressato che fa il lavoro sporco, e poi gli consegna il trono. Anche Bersani a suo modo è un Alberto Nardi vittima del suo stesso piano idiota.
Il piano di Monti, e dei suoi referenti era un altro.
E da quel piano Bersani sta per precipitare nel pozzo dell'ascensore sociale.
Brevetto Fritzmayer.

 
 
 
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