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« GIORNO DELLA MEMORIA -- ...Banchieri di lotta e di governo. »

La voce degli operai in Parlamento.

Post n°858 pubblicato il 28 Gennaio 2013 da VoceProletaria

Dalla base Cgil una lettera alla Camusso: «Ingroia deve essere invitato»

«Le Compagne e i compagni iscritti alla Cgil e riuniti a Firenze alla presentazione del “Piano del Lavoro 2013” chiedono alla Segreteria Nazionale Confederale che il candidato di Rivoluzione Civile, sia invitato ufficialmente come gli altri rappresentanti del centro-sinistra alla Conferenza di Programma della Cgil che si terrà a Roma il Venerdì 25 e sabato 26 gennaio.
Ritengono infatti che le argomentazioni portate da Nicola Nicolosi membro della segreteria nazionale della Cgil riguardo alla esclusione di Antonio Ingroia candidato alle prossime elezioni politiche, quale invitato alla Conferenza di Programma della Cgil insieme ad altri leaders del centro-sinistra, appaiono pretestuose in quanto eludono il dato politico: l’esclusione di un candidato della sinistra.
Utilizzando aspetti organizzativi e tecnicistici, si nasconde la volontà politica di escludere un candidato che oltre sostenere la linea della Cgil per la ripresa economica del paese, attacca duramente, come ha fatto sempre la Cgil, le politiche economiche del governo Monti-Bersani-Berlusconi.
Riteniamo perciò che un evento importante com’è appunto la Conferenza di Programma della CGIL, debba essere l’occasione per interloquire con tutte quelle forze politiche che si richiamano al mondo del lavoro e che ne valorizzano i contenuti nel prossimo parlamento».

Firmano, “I compagni della CGIL primi proponenti":
Riccardo Seghezzi; Sergio Tarchi; Claudio Bicchielli; Annarosa Picchioni; Gianluca Lacoppola; Anna Nocentini; Giancarlo Rosini; Francesca Messina; Sergio Canzi; Adriano Bechi; Nicoletta Sbrizzi; Sabatino de Lucia; Lorenzo Bicchi; Adriana Miniati; Palchetti Fabrizio; Polvani Gianfranco; Carlo Bartoloni; Mariangela Delogu; Rossella Leone; Lucchi Luisa; Piero Bufano; Roni Nerini; Pierpaola Viviani; Sandro Malvezzi; John Gilbert; Carlo Piccini; Malavasi Luciano; Fabiola Bergamini; Adriana Nebbiai; Gabbriella Visigalli; Simonetta Gambassi; Marcella Perulli; Cristina Giacovia; Stefano Tatini; Francesca Braschi


La Cgil nega la parola alla sinistra, quella esterna e quella interna
E Ingroia scrive ai partecipanti alla conferenza programmatica

di Checchino Antonini,  25.01.2013

Corso Italia scopre la vocazione da cinghia di trasmissione delle politiche liberiste e con quella cinghia di trasmissione impicca le ragioni della sinistra, quella esterna e quella interna. La Cgil sta svolgendo la propria conferenza di programma ma l'ha incastonata tutta sulle ambizioni di vittoria del Pd. Unici invitati, nonostante le proteste delle minoranze interne (Cremaschi prima, Rinaldini, poi) Vendola, Bersani, Amato e Tabacci. E, per la prima volta, si nega la parola a chi non è in linea. «La segreteria della Cgil ha rifiutato con speciose e imbarazzate motivazioni la mia richiesta di intervento alla conferenza sul programma - spiega Cremaschi, della Rete28Aprile - è la prima volta da decenni che alle minoranze viene proibito l'intervento ad una assemblea della Cgil. Fatto oggi ancor più grave perché la linea politica della iniziativa non è stata neppure votata dal direttivo e invece viene presentata senza dare spazio al dissenso. Così una conferenza nata con una rigida selezione degli interlocutori politici esterni si sviluppa anche con una selezione nel dibattito interno. L'aria della campagna elettorale fa davvero male al gruppo dirigente della Cgil».
Con una lettera aperta al vertice di Corso Italia, un gruppo di iscritti fiorentini rilancia l'appello alla Camusso di aprire la conferenza alla sinistra intera. Il grande escluso, Antonio Ingroia, scrive lui ai partecipanti di quella conferenza per spiegare ciò che avrebbe detto se fosse stato invitato a intervenire.
Gianni Rinaldini, portavoce della Cgil che vogliamo, ha protestato per «la mancanza di autonomia» dalla segreteria: «Si sono invitate specifiche forze politiche, rendendo di fatto la Conferenza un’iniziativa di propaganda elettorale».
Grottesco che a dare giustificazioni per conto della segreteria sia Nicolosi, la “sinistra" nella maggioranza: «Gli inviti sono stati fatti quando ancora Ingroia non era a capo di Rivoluzione civile.
Abbiamo coinvolto chi ha un’interlocuzione storica con la Cgil, mentre Ingroia, che io sappia, non ci ha chiesto neanche un incontro. Prendiamo il Prc: se sostiene in primis Cobas e Rdb (è rimasto un po' indietro: si chiama Usb da almeno tre anni, ndr), poi non può lamentarsi se non è interpellato».
Ecco la lettera di Ingroia:
“Care amiche e amici della Cgil, vi scrivo per riassumere ciò che avrei detto se fossi stato invitato ad intervenire alla vostra conferenza sul programma, al pari degli altri candidati per la Presidenza del Consiglio”. E’ quanto afferma, in una lettera aperta agli iscritti della Cgil, il leader di Rivoluzione Civile, Antonio Ingroia. “Rivoluzione Civile – Lista Ingroia – aggiunge – ha ben chiaro chi sono gli avversari da battere con il voto: Berlusconi, cioè la destra caciarona e impresentabile, e Mario Monti, rappresentante numero uno di quei professori in loden che hanno deciso la drammatica controriforma delle pensioni. Quella ‘destra perbene’ ha colpito in maniera pesantissima tutti i lavoratori e i pensionati, ma soprattutto le donne, ha creato la tragedia sociale degli esodati, ha cancellato l'art.18 ha confermato e aggravato tutte le forme di precariato. In compenso, non ha saputo mettere in campo alcun intervento che incidesse sulle fasce privilegiate, sulla Casta politica, sugli immensi sprechi ben esemplificati dalle auto blu o dalla pletora di consigli d'amministrazione clientelari. Soprattutto, non ha fatto nulla, zero assoluto, quanto a politiche industriali di ampio respiro. Invece mai come in questo momento, nel cuore della crisi, è urgente che ci sia un governo capace di offrire al Paese un indirizzo lungimirante sui settori strategici.
Sui capitoli da cui dipende la qualità della vita e il futuro del Paese - sanità, scuola, università, ricerca – la continuità tra i governi Berlusconi e Monti è totale. Continuano i tagli lineari, le privatizzazioni striscianti, la totale precarietà. In questa plumbea cornice si sono moltiplicati attacchi sempre più profondi contro i diritti e le libertà dei lavoratori. Siamo di fronte a un assedio che sta progressivamente riportando la condizione dei lavoratori e lo stato delle relazioni industriali indietro di un secolo e oltre. Il punto fondamentale, per me e per il mio programma politico, è invece – continua Ingroia – la piena e totale applicazione della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza, prima di tutto in materia di libertà civili e sindacali. Ritengo fondamentale e imprescindibile la libertà per i lavoratori di votare sempre gli accordi che li riguardano, di votare sempre i propri rappresentanti e di potersi iscrivere liberamente al sindacato che vogliono. La storia della Cgil è stata attraversata da discriminazioni e persecuzioni, ma alla fine ha saputo sempre sconfiggerle. Ha combattuto il regime fascista, ha ricostruito l’Italia con la spinta di Giuseppe Di Vittorio, ha emancipato la dignità di chi lavora con Bruno Trentin, ha battuto Berlusconi quando Sergio Cofferati vinse la battaglia per impedire la cancellazione dell’art. 18. Quelli che allora erano in piazza con voi e con noi, hanno votato oggi, senza batter ciglio, quell'eliminazione dell’art. 18 che non era riuscita 10 anni fa.
È dunque per me un impegno di grande valore democratico quello di assumere nel nostro programma l’approvazione di una legge per la democrazia e la rappresentanza nei luoghi di lavoro e la cancellazione delle leggi Fornero sui licenziamenti e sulle pensioni. Ci impegniamo – prosegue la lettera – a combattere la precarietà cancellando le oltre 40 forme di contratto precario per i giovani considerando l’apprendistato come il vero contratto di inizio lavoro. Riteniamo utile, in questa fase di transizione, garantire un reddito minimo almeno per i periodi di vuoto retributivo e previdenziale.
Oggi, come anche i dati della Cgil dimostrano, è possibile una scelta alternativa a quella di Berlusconi e Monti. Noi lavoriamo per questo: per un governo di centrosinistra che rompa con le logiche monetariste del fiscal compact, con quelle devastanti della guerra e degli armamenti, con un modello di sviluppo che distrugge l’ambiente e la salute dei cittadini mentre ignora i diritti umani fondamentali.
Tutto questo, però, non può essere fatto a braccetto con chi quei modelli sciagurati li ha teorizzati, perseguiti e praticati, come Berlusconi e Monti.
Proprio perché noi siamo disponibili alla costruzione di questa alternativa di governo, ma siamo altrettanto fermamente indisponibili a ogni accordo con chi persegue politiche opposte alle nostre, Rivoluzione Civile rappresenta oggi il vero voto utile per impedire che si realizzi il progetto sciagurato, già annunciato e temo per molti versi già deciso, di un governo Pd-Monti.
Non è questione di pregiudiziali ideologiche ma di scelte pragmatiche e concrete. Noi lavoriamo per l’unità del mondo del lavoro: la destra di Berlusconi e Monti si è adoperata e promette di adoperarsi ancor più in futuro per dividere e per isolare le forze sindacali che non accettano le loro condizioni. La destra italiana ha usato la crisi per distruggere il Contratto Nazionale, abolire l'art. 18, cancellare i diritti minimi per i giovani, abbattere le libertà dentro e fuori i luoghi di lavoro. Noi vogliamo marciare in direzione opposta. E l’autonomia dei sindacati dai partiti e dai governi è un valore da conquistare e da rispettare. Di tutto questo – conclude Ingroia – mi sarebbe piaciuto discutere con voi, ma sono sicuro che non mancheranno altre occasioni di incontro con i pensionati e poi nelle scuole, negli ospedali, nelle fabbriche, dove ogni giorno lavorate garantendo il funzionamento dell’Italia. L'obiettivo comune è quello di restituire al lavoro tutto il valore, tutta la dignità e tutta la libertà necessaria per portare il Paese fuori dalle secche della recessione e della depressione”.


«Voglio portare in Parlamento la voce degli operai»
Intervista ad Antonio Di Luca, operaio di Pomigliano candidato con Rivoluzione civile

di Vittorio Bonanni,  24.01.2013

Operaio della Fiat di Pomigliano, iscritto alla Fiom e a Rifondazione comunista, Antonio Di Luca è stato uno dei protagonisti di questo lungo percorso che ha portato alla nascita della lista Rivoluzione civile capeggiata da Antonio Ingroia. Di Luca fin da subito ha aderito all’appello “Cambiare si può”, è stato tra i primi firmatari, e non ha esitato successivamente a sostenere il cartello elettorale dell’ex pm di Palermo, là dove invece molti degli aderenti del testo di Marco Revelli, Livio Pepino ed altri hanno manifestato perplessità e contrarietà. A lui abbiamo chiesto di raccontarci direttamente come ha vissuto tutta questa storia che ci auguriamo possa continuare con una affermazione elettorale.

«Il mio essere un iscritto alla Fiom e a Rifondazione comunista è certamente parte della mia vita – dice il sindacalista – ma ora per me c’è solo Rivoluzione civile.»
Come sei arrivato a fare questa scelta?
Intanto girando l’Italia per seguire iniziative di diverso tipo. Ne ricordo una di “Sbilanciamoci”, un’altra sulla decrescita all’interno di una conferenza internazionale dedicata a questo tema, un’altra ancora di A.l.b.a.. A tutte queste iniziative ho partecipato sia come iscritto alla Fiom, sia come semplice cittadino che si interroga su determinati problemi del mondo. Questo percorso mi ha permesso di incontrare tantissime persone che mi hanno sempre invitato ad entrare in politica. Ma io ho sempre rifiutato dicendo che il mio unico interesse era fare il sindacalista.
Poi che cosa è successo?
Quando sono cominciate a venir fuori delle proposte, ho detto a tutti, dagli esponenti del Movimento arancione a Paolo Ferrero passando per Marco Revelli, che sarei stato disponibile a patto che la mia eventuale candidatura fosse stata ampiamente condivisa dal mondo che io rappresento e che vorrei rappresentare. I compagni della fabbrica che con tutte le loro istanze stanno portando avanti una battaglia di civiltà. Queste sono state le mie richieste. E la risposta più bella, pulita e trasversale è stata la scelta di designarmi come capolista dopo Ingroia giù in Campania, come anche in Basilicata, in Puglia e in Piemonte.
A questo punto ci auguriamo tutti che sia tu che gli altri/e candidati/e diveniate parlamentari perché in questi anni si è sentita molto la mancanza appunto in Parlamento di una forza politica che contrastasse sia il berlusconismo che il montismo, a parte la presenza non sufficiente però dell’Idv. Come ti senti di fronte a questo nuovo capitolo della tua vita, con un possibile incarico istituzionale in un contesto non facile?
Il mio sogno è quello di portare all’interno del Parlamento la voce del mio territorio, del Mezzogiorno martoriato, e soprattutto dei lavoratori. E queste tematiche le voglio portare lì dentro con grande forza. Personalmente voglio precisare che non mi reputo nessuno. Ma sono un rappresentante di una battaglia di civiltà che è quella di Pomigliano.
Battaglia che va ben al di là di Pomigliano stessa, vero?
Certamente. Avevamo già detto che la nostra non era solo una vertenza che nasceva in un territorio desertificato, ma rappresentava un salto di fase paradigmatico che si doveva estendere prima a tutto il gruppo Fiat e poi in tutta Italia e in tutte le pieghe della società. Queste cose, che avevamo intercettato, pretendo vengano difese anche in Parlamento. Rivoluzione civile, che ha fatto propri questi argomenti e queste battaglie, grazie alla società civile, ai partiti e a quei compagni che da sempre sono impegnati sul territorio, può diventare veramente una bella esperienza anche nelle sedi istituzionali. Permettendomi poi all’interno del Parlamento di non riscaldare solo una sedia ma di sostenere queste lotte.
Credi che questa vostra probabile presenza a Montecitorio e a Palazzo Madama possa in qualche modo condizionare su determinate tematiche altre forze politiche, penso ovviamente al Pd e soprattutto a Sel?
Io penso una cosa: sono convinto, e lo dico da delegato sindacale, da segretario, da operaio e da persona vicina ai conflitti e alla vertenze, che qui fra poco esploderà di tutto e di più. Tra chi non ha ammortizzatori sociali, tra chi si trova in una situazione di cessazione di attività, con una riforma Fornero che verrà attualizzata, si può facilmente immaginare quello che potrà succedere. Basti pensare a Pomigliano dove in tremila rischiano di trovarsi in mobilità a causa appunto della cessazione di attività che scadrà quest’anno. Tra queste migliaia di persone ci sono anche i lavoratori della ex Telecom che rappresenta un indotto di primo livello, il più importante insieme a quello della Fma. Davanti a queste cose non si può più giocare. E quando i nodi verranno al pettine e con tutte le pressioni che ci saranno, non tanto su di noi perché siamo coerenti ma sugli altri, sono convinto che queste contraddizioni esploderanno. E penso, e sottolineo penso, che molta parte del Pd, soprattutto nella base, e in particolare Sel, spingeranno verso un sostegno alle nostre battaglie sull’articolo 8, sull’articolo 18 e su tanti altri fronti. Che sono parte integrante del nostro programma. E poi voglio parlare del tema della rappresentanza sindacale perché sono stufo di essere consapevole del fatto che sono primo e che siamo stravincendo in tutte le fabbriche ma a causa di un vulnus gravissimo legato ad una interpretazione fasulla dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori, io mi devo sentire escluso in quanto non firmatario di un accordo. Tutte queste cose sono carne vive della gente. Non è spread o quant’altro. Parlare di contratti, di salario, di malattia, di permessi, di ammortizzatori sociali, di rappresentanza sindacale, di Rsa, significa parlare della vita delle persone. E queste cose devono entrare una volta per tutte nell’agenda della politica. E’ stata troppo assente per molto tempo. E dobbiamo fare entrare in Parlamento, con Rivoluzione civile, anche quegli anticorpi giusti che via via sono andati scomparendo in questo Paese. Altrimenti credo che staremo ancora male per i prossimi cinquant’anni.

 

 

 

 
 
 
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