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Chi danza sul Titanic.

Post n°920 pubblicato il 12 Aprile 2013 da VoceProletaria

Chi danza sul Titanic.

Care colleghe, cari colleghi,
un serio problema tecnico ha compromesso il normale funzionamento della presente newsletter e solo con una forte limitazione si è poi riuscito a ripristinare la consueta informazione che, tuttavia, da qui in avanti potrà avvenire solo con una minore periodicità e capillarità.
In identica misura, la difficoltà si è estesa al blog http://blog.libero.it/VoceProletaria/  con un aggiornamento sempre più ridotto.

La sospensione della comunicazione ha però concesso una osservazione più distaccata e decantata dal gossip giornaliero degli avvenimenti politici, quindi tutt’altro che penalizzante.

L’ultima nostra comunicazione, (http://blog.libero.it/VoceProletaria/11959615.html) faceva riferimento ai vincitori delle scorse elezioni politiche e prefigurava un governo “di programma” (“tecnico”, “istituzionale”, “del Presidente”, tutti sinonimi equivalenti, ma si fa prima a dire “inciucio”)  e dove il riciclaggio del tanto detestato Berlusconi potrà avvenire, ancora una volta, col plauso e l’attiva collaborazione di ciò che resta di un già sconquassato PD.
Le nostre ultime righe così recitavano:
Oggi, dunque, quella Europa che ha tifato e aiutato Monti ed il PD, ed insieme ad essa i poteri grandi e piccoli italiani così come quelli che stanno oltreoceano, sono consapevoli  che dovranno scendere a patti di nuovo con lui, Berlusconi.   
Gli altri "contendenti"  si sono dimostrati, per l'ennesima volta, solo pallide e malriuscite imitazioni o macchiette.   Niente che possa rassicurare quei poteri ed i mercati padroni.
Insomma, a meno di un accidente dovuto all'età anagrafica, in questo quadro istituzionale il mattatore è e sarà ancora lui, il Caimano.
Non che ci volesse la sfera di cristallo, intendiamoci, ma era necessario se non altro un ragionamento fuori dalla vulgata nazionalpopolare di Repubblica, RAI, Corsera, etc… che continuavano e continuano ad ammannirci brodini e camomille soporifere in attesa di sbrogliare la (loro) matassa. Non a caso, sempre gli stessi, ci spacciano l’ultimo golpe istituzionale di Napolitano come una “misura atta a rassicurare i mercati e cercare una soluzione istituzionale” ormai chiaramente impraticabile col solo ausilio di Bersani e di Monti.
Fallito – fin da subito ed in partenza – il tentativo di formazione di un governo affidato a Bersani, ecco dunque la nomina di dieci saggi, in spregio ad ogni prerogativa e funzione del Parlamento appena eletto, buoni giusto a perdere tempo in attesa dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e senza alcuna utilità pratica o politica, ma che ben descrivono un esercizio sempre più arbitrario ed “assoluto” del Presidente della Repubblica.

Chi danza sul Titanic.
Dopo più di un mese dall’esito elettorale si torna dunque con prepotenza (e con la metaforica decapitazione di Bersani) all’ipotesi ormai divenuta “stretta necessità” del governo di programma.
Inutile dire che questa è la soluzione ideale e persino caldeggiata da quasi tutte le destre che oggi compongono il Parlamento. Ecco perché:
Scelta Civica - Monti. Sa che in questo scenario un certo ruolo potrebbe essergli ancora assicurato, se non altro come “garante” dei poteri d’oltralpe. Non è detto che ciò avvenga (potrebbe scontare il suo scarso appeal elettorale), ma risulta difficile immaginare la sua totale ed improvvisa eliminazione dalla scena politica di governo. Vedremo… In ogni caso ha solo da sperare nella sopravvivenza, il più a lungo possibile, di questa legislatura.
M5S - Grillo. E’ il soggetto che, forse ancor più di Berlusconi, ha spinto per la soluzione “inciucista” poiché convinto che così potrà tranquillamente acconsentire o, più probabilmente, “sparare” su ogni provvedimento o legge che dovesse scaturire dal governo PD-PDL. Il “tiro al piccione” è del resto l’unica vera strategia nelle mani grilline, altrimenti incapaci di proposte organiche e coerenti.
In realtà è un calcolo che, al di là di una vista in superficie, presenta numerose incognite e pericoli per il Movimento 5 Stelle, già accusato da parte di molti suoi elettori proprio di “incompetenza”, ovvero di non sapersi confrontare con la “politica”  né di saper proporre atti o risoluzioni proprie.
Inoltre, se tutto lo tsunami si dovesse risolvere come nella “prorogatio”  di Monti, dove sarebbe la “novità”  tanto annunciata da Grillo…?
Tra l’altro, una volta affidate le sorti legislative a Berlusconi, vero “padre politico putativo” di Grillo, non è detto che l’elettorato del M5S, gran parte del quale transfugo proprio dal PDL, non si lasci riconquistare proprio dal vecchio Berlusconi, anzi…  Normalmente, l’originale ha la meglio sull’imitazione…
Grillo potrebbe tuttavia assicurarsi una nuova iniezione di sangue fresco a spese di Bersani e di un PD ormai completamente democristianizzato. Gioco piuttosto facile, come sparare sulla Croce Rossa o assaltare, armi in pugno, un furgone che trasporta sacche di sangue dell’AVIS. E, infatti, è proprio in quella direzione che Grillo ha puntato le sue armi.
PDL - Berlusconi. Giusto per ripeterci, e rafforzati nel ragionamento di più di un mese fa, risulta il vero vincitore politico di questa tornata elettorale, e ancor più risulterà vincente alle prossime elezioni necessariamente anticipate. Il fattore tempo, peraltro, giocherebbe a suo maggior vantaggio per l’opera di riconquista dei transfughi di cui sopra che hanno preferito – temporaneamente – Grillo al PDL.
Lega - Maroni. Ha potuto tirare il fiato, soprattutto per la conquista del governatorato della Lombardia e, con essa, del “mitico Grande Nord”. Ciò gli ha consentito di sedare i tentativi revanscisti di Bossi e dei suoi ancora fedeli e gli consente ancor più di rinsaldare l’alleanza strategica con Berlusconi. Seppure ancora “a rimorchio”, e seppure con un programma sicuramente più minimalista di una vagheggiata “secessione” (tuttavia ancora presente in alcune “ipotesi di scuola”  riguardo future ri-combinazioni di macroregioni su scala europea), resta un alleato importante per un Berlusconi non ancora pienamente ristabilito. Anche per la Lega, comunque, il fattore temporale non è secondario, proprio per un ri-consolidamento nei suoi territori.
PD - Renzi. Il nuovo-nuovo ha di che cantare vittoria in nome di un pragmatismo che vede la definitiva sconfitta di ogni afflato ideale, ideologico (nel senso di sistema di pensiero organico della società e delle sue trasformazioni) e persino “politico” nel senso più profondo del termine. Una mutazione genetica ed antropologica del PD, o di ciò che ne resta, che si potrebbe tradurre in una devoluzione politica, da forza progressista e popolare a pura forza conservatrice, elitaria e reazionaria.
E’ questo, in definitiva, l’Homo Novus che i poteri forti preferiscono, ed è questo l’uomo che verrà…
Per tutti questi, o quasi tutti, una scialuppa di salvataggio non si nega.

Gli esclusi dal banchetto.
PD – Bersani + SEL - Vendola.
Stretto all’angolo, in compagnia di pochi “giovani turchi” e di vecchi notabili mai scomparsi realmente dalla scena (D’Alema, Fassino, etc…), Bersani sarebbe così costretto – obtorto collo, si badi bene! – ad inventarsi un progetto neo-liberale (e con un profilo liberista più temperato) per non essere estromesso completamente dall’arco parlamentare, ma con una tribuna comunque più ridotta. Il “narratore con la zeppola”  Vendola, ovviamente, sarebbe ancillarmente al suo fianco.  
Futuro incerto e appannato.  Più che una scialuppa di salvataggio, un semplice salvagente.

Chi manca all’appello, dunque?  Ah, già…! Manca sempre la Sinistra. Quella di Classe, per di più…!

Dalla padella alla brace.
Infine, il “programma”  principale del governissimo prossimo futuro, ovvero la riforma del sistema elettorale tesa a superare il famigerato “porcellum”, non è neanche detto che si traduca in meglio.

La buttiamo lì, senza star troppo a proseguire, seguendo un “ragionamento” (sic!) che oggi va per la maggiore ma che ci ripugna: riteniamo purtroppo probabile l’adozione di un sistema di governo “francese”, ovvero un presidenzialismo a doppio turno come coerente conseguenza di vari fattori. 
 
- La delegittimazione degli organi costituzionali “ordinari”, il Parlamento in primis, ma anche la Magistratura e lo stesso Stato Nazionale. Attacchi interni eversivi (dalla Lega dei primi anni ’90 ad arrivare a Grillo col M5S), ed attacchi esterni (UE, BCE, FMI, NATO) hanno ben chiarito lo stato di estremo asservimento dell’Italia a poteri transnazionali ben più forti ed importanti del nostro ordinamento costituzionale nazionale.
- La necessità, dunque, di una “governance”  aliena da dinamiche partitiche e da interessi particolari (e/o “personali”) ma pienamente inserita nella partita della competizione globale del Capitale.
- La necessità di espungere qualsiasi forza “terza”  possa pregiudicare un bipolarismo simmetrico e speculare, e soprattutto omogeneo agli indirizzi dei poteri di cui sopra.
- L’esercizio “de facto” di un progressivo presidenzialismo inaugurato da Cossiga e via via rafforzatosi nei venti anni di Seconda Repubblica, da Scalfari, passando per Ciampi, per arrivare alle vette raggiunte da Napolitano e “santificate”  dai media e dall’establishement.

La definitiva istituzione “de jure”  del sistema si tradurrebbe, dunque, nella ratifica di una pratica ormai consolidatasi a danno degli spazi di democrazia rappresentativa invece previsti dalla Costituzione.
Va da sé che questa ultima mossa avverrebbe con l’implicita intenzione di eliminare da qualunque gioco politico (per quanto ininfluente si possa dimostrare ai fini pratici, proprio per quanto su detto) ogni forza “estranea”  o anche minimamente incompatibile o anche blandamente “sospetta” con questo “nuovo ordine”. 
Si imporrebbe, cioè, un concentrato di bipolarismo nonostante questi si sia rivelato proprio il grande sconfitto delle ultime elezioni, sia pure ad opera di un soggetto (Grillo) che non rifiuta lo stesso sistema, anzi… tenda soltanto a sostituire uno dei due poli attuali. Le stesse consultazioni on line sul nome da proporre ai parlamentari grillini per la votazione del Presidente Repubblica alludono ed approcciano in maniera “democratica e diretta”  all’elezione popolare del Presidente da parte di tutti i cittadini.

In questo contesto, al momento difficile da immaginare granché diverso, le politiche sociali che si abbatteranno sulle nostre spalle avranno la benedizione pressoché unanime di tutte le forze oggi presenti in Parlamento. Da quelle di Governo a quelle di opposizione (quale, poi…?).
I segnali di esistenza in vita di una Sinistra capace di ribaltare, o anche più modestamente modificare, la situazione sono sempre più deboli.

A partire da ciò, ogni ragionamento e considerazione dovrebbe venire da sé.
Invece…

Un saluto.                             ProletariaVox

 
 
 
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