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I social network nel nostro corpo elettronico
Post n°993 pubblicato il 05 Ottobre 2012 da acer.250
Questi anni saranno ricordati come gli anni della crisi, ma sono anche gli anni della biomediatica: oggi i media siamo noi. E in questo spazio in cui il soggetto si confonde con l’oggetto si nascondono insidie pericolose, che ancora non riusciamo a immaginare. “Non siamo abbastanza consapevoli di quello che può succedere al nostro corpo elettronico”. Il mondo della comunicazione (in tutto il mondo) che riguarda da vicino le vite di tutti noi e, in parte, anche le sorti dell’economia. Ormai siamo oltre Internet e i social network; dopo che anche gli ultimi notebook si sono fatti sempre più piccoli, fino quasi a smaterializzarsi, le macchine sono diventate delle appendici del nostro corpo, delle vere protesi che ci portiamo dietro ovunque andiamo. Siamo tutti dei narcisi con un grande bisogno di esibire in pubblico la nostra vita, ma dall’altro lato abbiamo paura di essere spiati. E proprio su questa contraddizione che si annidano i principali pericoli. Anche i social network hanno già cambiato logica: mentre con Facebook l’utente chiedeva l’amicizia o accettava la richiesta di qualcuno, con Twitter siamo seguiti e basta. E’ come se non siamo noi ad aprire la porta, ma qualcuno che ci segue nell’ombra. Partiamo da alcuni dati: gli utenti di Internet in Italia sono aumentati in un anno del 9%, raggiungendo il 62% (erano il 27,8% soltanto 10 anni fa, nel 2002). Un risultato abbastanza significativo, se pensiamo che nel nostro Paese ci sono ancora fasce di popolazione che non hanno un’alfabetizzazione informatica e che per forza di cose non conoscono il world wide web. Gli smartphone la fanno da padrone, soprattutto tra i giovani: sono usati dal 54,8% dei giovani e la loro penetrazione è aumentata del 10% nell’ultimo anno. La TV continua ad essere il mezzo più utilizzato ed ha un pubblico di telespettatori che coincide con la totalità della popolazione (oltre il 98%).. Dall’altro lato i social network godono di grande salute: gli iscritti a Facebook sono passati dal 49% dell’anno scorso all’attuale 66,6% degli internauti, ovvero il 41,3% degli italiani.Quest’era in cui l’io mediatico è soggetto di contenuti nasconde diversi pericoli. Intanto Internet espone in pubblico la vita di ognuno (in controtendenza rispetto ad un bisogno di riservatezza che si era manifestato dagli anni ’60 in poi. “Il vero pericolo non è più l’invasione della privacy è perché sono io stesso che metto in piazza i miei dati. Il pericolo sta nel fatto che qualcuno ha tutti questi dati e potrebbe usarli come vuole. Questa coincidenza tra utente e produttore diventa un processo di chimica sociale di cui ancora non conosciamo gli effetti”, enormi banche dati custodiscono dati spezzettati di ognuno di noi e un giorno qualcuno potrebbe riunire questi pezzi in un’identità che ci assomiglia. Non esiste una piena consapevolezza di quello che può succedere al nostro corpo elettronico. C’è quindi bisogno di trovare un sistema di regole utili a governare tutto questo anche perché in questo periodo, sarà colpa della crisi, ma io riscontro una discreta caduta della dimensione dei diritti. Ad esempio a volte passa l’idea che si può tutelare un diritto, ad esempio quello alla libertà di stampa, ma non si tutela quello alla privacy. Io credo che non può esserci un solo diritto. Se non possiamo reggere la sfida della privacy, che è una sfida di libertà, credo che avremo perso molto in termini di civiltà”. |
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