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Messaggi di Luglio 2018

Estate di sport parlato

Post n°505 pubblicato il 16 Luglio 2018 da MANonTHEmoonMilano
 

​L'Estate sotto l'ombrellone pone a tutti noi amanti del dolce far niente, dopo mesi di lavoro,  una dura scelta:   muoversi, anche preventivamente, per essere preparati alla prova costume oppure rassegnarsi a prendere il sole riducendo in maniera notevole ogni singolo movimento rendendolo quasi impercettibile.

Finito il mondiale di calcio nel quale più che l'esercizio fisico, ha prevalso l'esercizio linguistico è arrivato il duro momento delle scelte.

Il linguaggio dei telecronisti, oppure di coloro che hanno parlato, parlano e, presumibilmente, parleranno ancora di calcio (ma anche di altri sport) può veicolare la voglia del singolo sportivo occasionale a praticare la sudorazione da sforzo agonistico oppure il repentino abbandono corporeo al piacere delle cibarie.

E' Estate e  il nuoto, su un bellissimo mare di cui il nostro paese è assolutamente pieno, sembra lo sport ideale: rinfresca, tonifica e ci fa se possibile sentire meno in colpa a tavola quando ci abbuffiamo!

I resort più belli del nostro paese prevedono anche un risveglio muscolare al mattino presto, da una sorta di coma indotto dai bagordi serali.

Perché lo sport fa bene, ci permette di bruciare grassi, calorie, di smetterla con questa maledetta ritenzione idrica che ci gonfia a dismisura.

Ma c'è anche chi pratica sport a secco, la leggendaria partita di calcetto serale che a Milano equivale a una battaglia con un milione di zanzare che al primo sudore ti attaccano senza ritegno, con annessa (anche qui) abbuffata post match.

Scelta diversa invece è l'ozio, che è sinonimo di vacanza vera: quando ci siamo arresi all'incedere del tempo e al crescere della pancia  (in controtendenza con la caduta dei capelli), nessuno ci smuoverà da quella sedia e vivremo quei brevi giorni di ferie con  il telecomando in mano o leggendo un quotidiano.

Perché questo mondiale finalmente è finito, non siamo riusciti davvero a tifare per nessuno se non contro la  Francia che ha puntualmente vinto giusto per darci l'ultimo colpo al cuore.

E' bellissimo ascoltare i resoconti delle partite e la nostra vita con una serie di frasi fatte.

"Sono così fortunato che se prendo il treno non deraglia lui, ma direttamente  il mio sedile": avrebbe sostenuto il Ct Ventura con un po di fatalismo!

Dopo l'eliminazione con la Svezia di molti mesi fa tutti abbiamo pensato, guardando quel match che: "gli altri gli sparano, a noi cadono davanti", pensando alle occasioni mancate.

Perché il gergo sportivo che sentiamo è meraviglioso: è esso stesso lo sport!

"Il viaggio conta più della meta", diremmo da vacanzieri professionisti ed è per questo che in Russia non ci siamo andati, la meta neanche l'abbiamo sfiorata (e non giochiamo neanche a rugby)

Perché se i nostri bomber "hanno il problema di girarsi", perchè è svanita la "possibilità di andare in contropiede", molto spesso si finisce alla "lotteria dei rigori"!

E sappiamo bene quanto il gioco d'azzardo sia rischioso e fa perdere solo soldi e non calorie. 

Quando ascoltiamo una telecronaca e si parla di un giocatore che "richiede il triangolo", io direi che" il triangolo no, non l'avevo considerato", in quanto forse era meglio "cambiare gioco" (il calcio non farebbe più al caso di  chi lo starebbe praticando?). L'ideale sarebbe "ribadire in goal" , magari un concetto, una filosofia, uno modo di vedere la vita solo "gonfiando la rete" (come non si sa  in quanto strapiena di buchi).

E dire che un tempo si parlava di   "quasi goal", ma non perché si era tutti "chiacchiere e distintivo": il problema è che "la palla è rotonda" (fosse quadra sarebbe forse il cubo di rubik).

E allora basta telecronache di mondiali. 

E' Estate: si suda tra "granite e granate" (forse per colpa delle "bombe di mercato").

E' arrivato anche l'unico "Cristiano" su cui bisogna  avere realmente fede:    Ronaldo!

La "voglia di pallone" cresce, e a Settembre torneremo a correre al parco nel, vano e miserevole , tentativo di smaltire i chili in eccesso  frutto di esercizi eccessivi di pasta al forno.

E' l'Italia!

 
 
 

Autore...anche della gazzetta

Post n°504 pubblicato il 12 Luglio 2018 da MANonTHEmoonMilano
 

http://gazzettafannews.it/calcio/un-passo-dalla-gloria-la-storia-di-antonio-giulio-picci/

 

seguimi su Gazzettafannews della Gazzetta dello sport

 
 
 

Il nostro oratorio

Post n°503 pubblicato il 09 Luglio 2018 da MANonTHEmoonMilano
 
Tag: oratori

L’Isola che non c’è, nell’Isola che invece c’era e c’è ancora davvero: Messina  fine anni 80, inizio anni 90!

Per un siciliano e per di più per un salesiano, il ricordo dell’oratorio  e della scuola è un momento sicuramente toccante e pieno di emozionanti ricordi.

negli oratori che si sono formati i più grandi calciatori italiani, e l’abbandono di questo luogo pieno di leggende e di storie straordinarie, la prima base del declino della “vocazione” allo sport di molti ragazzi dei giorni d’oggi.

Molti ex calciatori sono concordi nell’affermare che ormai  l’Oratorio sta svanendo, anche come valenza sociale,  sostituito da impersonali scuole calcio dove tutti si improvvisano maestri senza mai averne titolo.

Quella che sto per raccontarvi è la storia di molti di noi. 

E’ un breve ricordo di un tempo che non c’è più, ma che serve a spiegare il nostro presente e il futuro che ci aspetta.

L’Istituto Salesiano San Luigi di    Messina non c’è più da molti anni, la crisi economica e scelte scellerate hanno distrutto un luogo in cui si formava spesso la classe dirigente messinese e in un certo qual modo siciliana.

Si, perché tutte le famiglie “bene” o quelle che volevano diventarlo, iscrivevano i loro figli la.

Messina poi ha una realtà tutta sua, per spiegarla ci vorrebbero secoli e a un esterno sembrerebbe sempre incomprensibile.

E’ una città baronale, a volte definita “verminaio” per le bassezze usate per mantenere il proprio lignaggio e i giochi di potere squallidi, in cui poche famiglie hanno regnato (e non si parla di mafia) fino ai giorni d’oggi. Una scala sociale senza speranza per chi, come me, non aveva nulla alle spalle e che costringe tutto al “gattopardiano” immobilismo del cambiare per non cambiare nulla.

Questo ha portato a un degrado culturale e sociale che è sfociato con il far diventare la città peloritana ultima come qualità della vita in  Italia, nonostante le bellezze naturali che ha sempre posseduto.

A noi ragazzi che prendemmo la maturità nel 1991 tutto ciò non importava. In quelle mattonelle ci abbiamo lasciato ginocchia, sogni, sudore e tante risate.

Io non ero molto dotato tecnicamente, anzi direi che eravamo un po tutti degli scarponi!

Ci si divertiva e si legava tutto a quell’ora di educazione fisica, in una scuola dove si entrava in fila per due e si faceva ogni giorno una preghierina (spesso a tutta velocità perché in ritardo, come faceva Don   Brunetto), la partita era il momento clou della settimana.

Era una battaglia sociale, oltre che tecnica. 

C’erano tre calciatori che brillavano: Biagio, Bartolo e Francesco

Biagio con  Emanuele, che era negato ma era il più simpatico di tutti (fissato col Milan, non è cambiato di un millimetro se non col girovita) era il mio migliore amico a quei tempi.  Era piccolo  di statura e idolo delle ragazzine: lo chiamavo Muy  Bassos . Bartolo, che con Biagio aveva in comune il sinistro, era forse il più dotato di tutti.  Ora vive ad Ivrea e ci manda i soldi per comprare i cannoli quando ci vediamo tutti assieme.   Francesco era il più tenace, ed era mio compagno di banco: difensore tenace e serioso, aveva un fratello, Piero calciatore vero e fortissimo (giocò col Catania e col Messina).

E c’eravamo noi altri, con i nostri piedi ottagonali o a tromba!  

Io ero el Buitre, per la mia cronica incapacità di segnare!

C’era Ciccio, il gioielliere, che ancor oggi è il collante di noi tutti.

Gianluca era il  Faro, ma solo come luogo d’origine. C’era Nicola, ora è un super prof!

Giacomo produsse addirittura M. Buongiorno, mentre Nino (ora da Forlì) sembrava  più vecchio della sue età ma era quello a cui tutti copiavamo le battute;  c’era Nino il calabrese di Palmi, che era una leggenda in inglese e i due Saro entrambi molto bravi a scuola.

E c’era il Satanico Nunzio, primo della classe, che ora fa l’avvocato come molti di loro.

Ancora oggi ci si vede, la vita ci ha portato nei luoghi più impensati. 

Come calciatori eravamo negati, ma eravamo una “squadra” fortissima!

A   tavola!

E questo non è mai cambiato!

 
 
 

Torna a casa lessico: quando la lingua italiana è ostile allo sportivo

Post n°502 pubblicato il 06 Luglio 2018 da MANonTHEmoonMilano
 
Tag: lessico

Torna a casa lessico!

E’ un incipit parodiato di una famosa serie Tv,

L’Italiano, ormai lingua morta, almeno a guardare ciò che viene pubblicato nei social da utenti che commentano senza alcun rispetto per la propria madre lingua, è stato spesso maltrattato anche dagli sportivi e commentatori sportivi più famosi.

Se è vero che il  matrimonio  è in crisi proprio perché neanche i verbi si coniugano più, è comunque risibile pensare a personaggi così famosi e seguiti dare esempi di vero e proprio crimine contro il nostro tanto amato idioma.

Una mandria di idiomi potremmo dire? Si parafrasando affermazioni che di “idioma” hanno ben poco.

Dante Alighieri e molti altri cantori della nostra meravigliosa, e a dire il vero, difficile lingua si rivolteranno nella tomba ascoltando le affermazioni creative  di campioni dello sport.

Non parlerò di Trapattoni, assolutamente inarrivabile e fuori da ogni classifica umanamente possibile!

Buffon, nel 2017, al termine dell’ultima gara che assegnò il sesto scudetto consecutivo alla Juventus disse: “Abbiamo fatto cose…indicibili!”

Magari erano “indelebili” ma va bene: il portiere   rimane sempre il numero 1 e certe uscite a vuoto non gli sono nuove.

Il neo portiere del  PSG, infatti, ha definito “insensibile”, l’arbitro di Real-Juventus usando un termine che magari non è irrispettoso della lingua, ma che viene usato in un contesto oggettivamente inusuale.

La situazione si fa “grammatica” a volte come quando l’ex difensore del Lecce, Gigi Garzya, disse di  “essere pienamente d’accordo a metà col mister!”.

Si parla ormai di commenti memorabili, di espressioni che sembrano più matematiche che linguistiche quando, come disse Varriale:  “Questa sera l’Italia pare giocare con la formazione 3-5-1”.  E se la matematica non è attualmente una opinione, manca di sicuro almeno un giocatore di movimento.

Algebra applicata al calcio ma  “Questo è un altro paio di scarpe!” (Lothar Matthaus)

Non vorrei dare alito a delle polemiche“(Massaro), ma parlando di  una avversaria molto difficile da battere si disse che …:  “È stato un avversario molto ostico e anche agnostico!“.(Sacchi)

Tanto valeva allora crederci mister, anche se si sa che anche io  “sono ateo, grazie a Dio!! (questa l’ho inventata io!).

E’ ovviamente vero che tutti abbiamo un prezzo se è vero che: “Per la partita di oggi sono stati venduti 50.000 spettatori!“(Bruno Pizzul)

Quando la grammatica fa posto poi a oscuri scambisti di torbida definizione parte l’imperativo : “Mettetevi a coppie di tre…!” (Brambati)

Affermazione che fa il paio, è proprio il caso di dirlo, con : “Alle spalle del primo gruppo c’e’ il secondo gruppo!”  (Giorgio Martino)

Insomma occhio alle spalle, non si sa mai perché le nostre telecronache sono piene di “falli da dietro” e di “espulsioni che ci possono stare” (il che farebbe felice di certo il neo ministro dell’interno Salvini).

Ma se anche il mitico Bruno Pizzul è capace di dire:” l ‘arbitro manda i giocatori al riposo definitivo!“, allora la condanna è già stata eseguita.

Infatti quando viene concesso un rigore, si parla sempre di massima punizione (presumibilmente la pena di morte, anche se ormai abolita in molte parti del mondo)!

Molto spesso non si sa che pesci pigliare quando si afferma senza remore:  “La nostra è una squadra crostacea!” (Giancarlo Magnani ai microfoni di una tv locale).

Ma se al pesce preferisci la carne allora vedremo… “La grigliata di partenza!” (Franco Ligas)

L’unica cosa che sembra uccidere anche professione vecchie come il mondo  è avvertire un certo fastidio fisico,  la disse il “barone” , Franco Causio: “Il piede continua a farmi male: andrò dal piediatra! “

Alla fine l’unica cosa sensata l’ha detta Gabriel Batistuta: “E’ più facile che io impari il dialetto pugliese piuttosto che Antonio Cassano impari l’italiano!” 

Come direbbe Alba Parietti, caro Gabriel: “Mi hai tolto la palla di bocca!” 

 

Ma questa è un’altra storia!

 
 
 

La vera strategia di Salvini

Post n°501 pubblicato il 05 Luglio 2018 da MANonTHEmoonMilano
 
Tag: Salvini
Foto di MANonTHEmoonMilano

Matteo Salvini ha una strategia.

Non spara nel mucchio, non la spara grossa per il gusto di spararla grossa. Ha una strategia mediatica e comunicativa coerente, in cui tanti sembrano cascare – la sinistra, i 5 Stelle, i media – forse perché la sottovalutano, o non la comprendono.

Quel che vale per la fenomenologia dei tweet di Trump analizzati dal linguista George Lakoff vale anche per Salvini. C’entra il concetto di framing, cioè il modo in cui le persone “inquadrano il mondo” attraverso cornici cognitive, interpretando i fatti, le esperienze, i fenomeni politici.

Ci sono quattro pilastri della strategia mediatica salviniana che, attraverso il framing, aiutano a capire come Salvini è diventato Salvini, e come riesce a dominare l’agenda mediatica.

Il primo è lo Zeitgeist, lo spirito del tempo caro a Hegel e teorizzato nel perimetro della politica italiana da Mario Sechi.

Salvini, e su un altro piano il Movimento 5 Stelle, rappresentano il pezzo di offerta politica oggi percepito più in linea con la trasversale e radicale richiesta di discontinuità e di protezione. I dati pubblicati in Una nuova Italiaconfermano che gli elettori hanno premiato 5 Stelle e Lega perché occupavano, nello spazio politico, i quadranti dell’anti-sistema, del sovranismo, e dell’intervento dello Stato sul welfare, tendenza comune ai movimenti della destra europea, come emerge dagli studi di Matteo Cavallaro. Salvini è ben consapevole di avere lo Zeitgeistdalla sua parte. “Il popolo contro l’establishment” (chissà fino a quando, ora che è al governo). Usa dunque lo Zeitgeist per garantirsi ampio spazio su quei media tradizionali che proprio lo Zeitgeist mette in discussione.

Il secondo strumento, collegato, è l’appello alla comunità.

Salvini vanta una comunità di seguaci – followers digitali, con i suoi 2,7 milioni di like su Facebook, ma non solo – motivata e compatta. Diversa ad esempio dalla comunità che sosteneva con vigoroso entusiasmo Matteo Renzi. Che era eterogenea, non fideistica. Che vedeva in Renzi un mezzo attraverso il quale dar voce a una generazione e cambiare la società italiana. Salvini per i salviniani è, invece, un “Capitano” al quale dare carta bianca, al quale affidarsi.

Questa comunità è oggi un vantaggio competitivo, in epoca di generale de-mobilitazione e sfarinamento della partecipazione politica. Tanto più se è una comunità attivabile sia online sia offline, come testimonia il fatto che Salvini ha preso parte a circa 250 iniziative sul territorio negli ultimi cinque mesi. Da Nord a Sud. Salvini sa di poter contare su questa sua “comunità salviniana” come fonte di legittimazione e validazione della sua leadership, anche nel rapporto con i media.

La terza chiave è la polarizzazione.

Proprio perché viviamo tempi nei quali meno persone partecipano in prima linea alla vita dei partiti, polarizzare paga. Bisogna individuare nemici, tangibili o simbolici, con i quali stabilire una dinamica oppositiva. Per Salvini è stato Alfano quand’era al Viminale, Renzi, la Fornero, è ora Saviano, lo spread, Macron, la nave della Ong, il richiedente asilo che (post su Facebook del 26 febbraio) lancia sassi sulle auto ma anche il magistrato (di sinistra?) che dopo pochi mesi lo mette in libertà. Recepire la comunicazione salviniana vuol dire recepire una costante dinamica oppositiva che polarizza lo scontro e individua antagonisti. Sull’immigrazione, su tutte, che è la vera radice del consenso per Salvini, un fenomeno da mantenere in prima pagina perché più è saliente nel dibattito più questo premia chi è percepito come più in grado di dare risposte.

La conseguenza della polarizzazione è che, siccome la (social) media logic premia gli stilemi dello “scontro”, del “duello”, della “lite”, Salvini polarizza perché sa che polarizzare gli consentirà di scatenare nicchie, di eccitare tifosi e attivisti di una e dell’altra parte, e così di dominare l’agenda.

L’ultimo grimaldello cognitivo è la “rivoluzione del buonsenso”.

 

Un apparente ossimoro che ha dato il nome alla campagna di posizionamento lanciata dalla Lega a fine 2017. Chi pensa che Salvini sia solo toni incendiari e punti esclamativi sui social trascura un pezzo importante del suo posizionamento comunicativo. Non solo perché ha impresso alla Lega un profondo rebranding (via il verde e la Padania, dentro il blu e i cartelli trumpiani).

Ma anche perché, nella sua retorica, “il voto per la Lega è un voto di normalità”, “è giusto riportare un po’ di normalità in Italia”. Enunciazioni pacate, di buonsenso, che celano però tracce di un sottotesto nativista. Nell’immaginario della “normalità”, della “tranquillità” del “Paese normale” insidiato da minacce esterne e comportamenti devianti interni si nota un tratto comune a molta della destra europea. Il Paese del buonsenso salviniano, in fondo, richiama all’Italia che c’eraprima (prima degli immigrati, prima dell’Euro?). Come il “great again” dell’America cristallizzata nello slogan elettorale di Donald Trump.

 
 
 
 
 

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