IL CUORE DI ALBERTO

PER NON DIMENTICARE QUEL GIORNO...

LORO SI SENTONO FORTI, INVINCIBILI, APPOGGIATI DALLA FORZA DEL MALIGNO IN PERSONA, TANTO TUTTI FANNO IL MALE PRIMA O POI.

E POI SONO TANTI SOLDI... TANTISSIMI

Intanto per non dimenticare quel giorno, traumatico per mio figlio e anche per me, voglio ricordarlo per intero:

"Dopo ben due attacchi, mirati a portare via mio figlio, senza che peraltro il mandato fosse registrato nè notificato, abbiamo deciso di lasciare Viterbo e su suggerimento di un amico caro, il buon Marek, anche lui vittima delle stesse incursioni militari - vedi colonna di destra - ci saremmo portati a Pisa, città rossa, dove avevo già contattato una psicologa dell'infanzia per apprestarmi a seguire lo stato disastrato di mio figlio, dopo tutto questo MALE. Invece sabato 14, l'ultimo giorno di trasloco definitivo, peraltro duro giorno fatto di caricamenti di scatoloni e impacchettamenti, abbiamo preso la strada della stazione, per ritornare di fatto a casa di un altro amico, impauriti tutti dalle pressioni dei Carabinieri a riconsegnare Alberto. "Deve tornare a Messina". Pensate nella stessa Comunità che ha abusato di lui. Magari mi diranno che non credono a quello che ha riferito a suo padre per un mese e mezzo. Ma io l'ho visto piangere disperato: "Papà, che mi hanno fatto quei bastardi, arrestiamoli tutti!" mentre feci e urine scendevano senza controllo, insieme alle lacrime. Una scena degna di Dario Argento.

Ma a loro non basta: mentre camminavamo sono spuntati fuori da un portone, in 5 in borghese e in divisa, neri e bianchi, e mentre uno strappava il figlio dalle mie braccia, l'altro fintamente lo confortava mentre piangva a dirotto. Io ho sferrato i primi colpi, poi il Maresciallo ex-buono mi ha detto "Caimmi, la prego, scriveremo che lei collabora, scriveremo bene di lei". "Traditore" dicevo io,"tu lo sai bene come stanno le cose! Cosa volete fare?". E lui risponde "lo vuoi capire che ho le mani legate? Mi hanno costretto a farlo! Ma non ti preoccupare, vedrai!". Insomma ci hanno scortato con una macchina scalcinata "in borghese" chiudendo la portiera di dietro a chiave per evitare che mi buttassi fuori. Siamo giunti in caserma, come due spacciatori, padre e figlio, in attesa di un processo sommario per "bontà eccessiva". Siamo entrati in una stanza e per sembrare "buonisti" hanno subito detto "Albertino, vuoi una merendina dalla macchinetta? Prendi quello che vuoi!". Certo, mio figlio è un valore, aggiunto direi, vale un biglietto. Meglio trattarlo bene. Intanto cosa facciamo col padre, potrebbe reagire. Io mi sono rifiutato categoricamente di farlo scendere a Messina e loro: "Va bene, parliamo col PM magari va dalle suore". Le stesse del 4 gennaio, quando volevano riportarlo immediatamente giù, nonostante avesse dichiarato quelle orripilanti cose ed io lo proteggessi. Insomma non ci sentono.

Mentre a me facevano mille domande, inutili, facndomi ripetere la storia dall'inizio, per tenermi occupato, a mio figlio dicevano: "Alberto, vai dalla poliziotta di là, ti piacciono le belle donne? Dai che ti piacciono!". Nella totale ombra c'era una donna molto avvenente, chiusa dentro la stanza del piantone. Io che potevo fare? Ero in una caserma. Loro potevano dirmi qualunque cosa, che ero violento, che scappavo, che resistevo. Ma quando mio figlio è tornato, dopo una chiacchierata di almeno 20 minuti con la poliziotta - sembrava straniera, tipo brasiliana - era un altro bambino, sedato, ebete, sguardo perso e ripeteva "c'è la mamma e c'è il papà", come se gli avessero lavato il cervello in un attimo.

Alla fine siamo andati in due macchine, quella "borghese" e quella di "servizio", a Via Raffaello 14, in una palazzina del quartiere S.Barbara di Viterbo, da Casciani, una famiglia. La versone ufficiale-ufficiosa dei fatti è che mio figlio resta per qualche giorno là, prima di tornare a Messina, in attesa di decisioni diverse. Le suore sono ospitate presso questa famiglia poichè stanno ristrutturando i loro locali.

Mi danno un numero, cui rispondono delle suore, ma prendendo subito le distanze: "non siamo autorizzate a farle vedere il figlio". Ma io ripeto che l'assistente Vitali, del Servizio Sociale di Viterbo (sarà vero?), aveva detto che avrei potuto visitare e sentire al telefono Alberto, per rassicurarlo.

Era una balla.

Anche sul portone mi fa: "C'è un decreto..." guardandomi come per dire: "Ti ho fregato, credevi di poter fare come vlevi, invece...".

Da sabato non so più nulla di alberto, nemmeno se sta a Viterbo o a Messina. E il bello è che sono stato io a curarmi delle sue ferite dell'anima e del cuore.

MA CREDO CHE A BREVE SI SCATENERA' L'INFERNO. NON LA FARANNO FRANCA.

Messaggio per il sig. maresciallo Varriale e Meloni:

POTETE DIRE QUANTO VOLETE CHE NON SIETE RESPONSABILI, MA DI FATTO AVETE CONSEGNATO UN BAMBINO NELLE MANI DI UNA POTENTE ORGANIZZAZIONE MALAVITOSA E SATANICA, E SE MIO FIGLIO SARA' ROVINATO E' ANCHE PER MANO VOSTRA.

ANCHE IN GUERRA ESISTEVA L'AMMUTINAMENTO.

MA FORSE VOI PENSATE ALLA CARRIERA E ALLA VOSTRA FAMIGLIA.

INSOMMA MORS TUA VITA MEA

DIVIDE ET IMPERA

E ANCORA UNA VOLTA AVETE SOTTOVALUTATO MIO FIGLIO ALBERTO ED ANCHE SUO PADRE.

PREGO IDDIO CHE FULMINI QUESTI DEMONI TERRESTRI...