Creato da Mrs.Ramsay il 12/12/2005
Libri, poesie e citazioni letterarie
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Benvenuti "Al faro"
da "Al faro" di Virginia Woolf
Qui, ogni faro è un libro che ho letto: è un nuovo porto, un posto da visitare, una storia da conoscere. Una storia che ha, più o meno, illuminato me e che racconto a voi perchè possa dare a voi quello che di buono ha dato a me.
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“Perché quello avrà dieci dischi al massimo”.
“E questo fa di lui un mostro, vero?”
“A mio modo di vedere, sì. Barry, Dick e io abbiamo deciso che non puoi essere una persona seria se hai…”
“Meno di cinquecento dischi. Sì, lo so. Me l’hai già detto un mucchio di volte...”
Il libro inizia con la lista delle donne che hanno fatto soffrire di più il protagonista, Rob, a partire dalla scuola elementare. Poi c'è quella attuale, che dopo un periodo di convivenza lo ha lasciato per un altro (precisamente per il ragazzo del piano di sopra, che ogni notte sentivano urlare di piacere insieme ad una donna sempre diversa). Oltre ad essere complessato e sfortunato in amore (certo che un pò questa sfiga se la va a cercare...) Rob è appassionato di musica ed è proprietario di un negozio di dischi che “puzza di fumo rancido, di umido, e di copertine plastificate, ed è stretto e squallido e sporco e stipato, un po’ perché è così che lo volevo – questo è l’aspetto che deve avere un negozio di dischi, e solo i fan di Phil Collins amano i negozi dall’aria pulita e salubre come un quartiere residenziale in periferia – e un po’ perché non riesco a decidermi a ripulirlo”.
Nel complesso è un bravo ragazzo, ma passa la sua vita tra le sue paranoie, i suoi due colleghi di lavoro al negozio (tali e quali se non a volte peggio di lui) e i suoi dischi; è inconcludente, a volte un pò immaturo, l'unica cosa che sa fare veramente bene e con grande decisione sono le classifiche.
In effetti ci stavo mettendo una vita a scrivere questo commento perchè volevo fare anch'io qualcuna delle classifiche del protagonista: Le cinque migliori canzoni da suonare al proprio funerale, Le cinque migliori canzoni di sempre, I film preferiti di tutti i tempi. Poi ho capito che io, a differenza del protagonista, non ho l'abilità di fare classifiche così, su due piedi, che ogni tanto mi viene in mente qualcosa, che ogni due giorni la mia classifica cambia... Non fanno per me.
Nel complesso il mio giudizio per "Alta fedeltà" è positivo. Un pò ironico, molto inglese, molto musicale, molto pop, molto rock... ma senza cadere nelle banalità e nel "già visto, già sentito", cosa non da poco.
Sicuramente Nick Hornby inizia a piacermi di più rispetto a "Non buttiamoci giù". Le pagine scorrono velocemente e c'è qualcosa che ti cattura.
Questo spezzone dal film per capire un pò come sono Rob e i suoi colleghi di lavoro...
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Due sere prima di comprare questo libro ad una bancarella dell'usato, sono stata miseramente fregata ad un'altra bancarella. La soddisfazione di trovare un bel libro a soli due euro è stata pari alla mia delusione nello scoprire, appena tornata a casa, che in mezzo mancavano delle pagine.
Questa volta invece mi è andata bene, e sono stata contenta dell'acquisto.
"Jane Austen Book Club" è la storia di un gruppo di persone, quattro donne e un uomo, che amano leggere e che, ognuna a modo suo, amano Jane Austen e decidono di trovarsi a parlare dei suoi libri. Il gruppo è stano e variegato, e la storia è carina perchè riesce a mescolare l'atmosfera classica e romanzata dei libri di Jane Austen con l'attualità.
Nonostante il buon intento dell'autrice, che scrive molto bene, devo ammettere che nessuno dei personaggi mi è rimasto particolarmente a cuore e non posso certo dire che questo sia un gran libro, ma in fin dei conti è stato una lettura piacevole.
Di Jane Austen ho letto solo "Orgoglio e pregiudizio", diversi anni fa. Adesso ho messo sul comodino "Mansfield Park".
Alla fine del libro ho trovato (anche se in fondo non erano necessari) dei commenti ai libri di Jane e alcune domande interessanti cui ho cercato di rispondere.
Trovate scortese regalare un libro a qualcuno e poi domandargli se gli è piaciuto? Lo fareste?
Mi è capitato di regalare dei libri, e sinceramente non ricordo se dopo un pò di tempo ho fatto la fatidica domanda "Ti è piaciuto?". Non mi sembra una cosa scortese, ma ripensandoci, i libri per me sono una cosa "personale". Non mi piacciono (o comunque me li godo meno) i libri prestati dagli amici o dalla biblioteca. Mi piacciono i libri che compro, che scelgo. Preferisco un consiglio ad un libro regalato o prestato.
Ritenete che conoscere l'autore aggiunga qualcosa al libro?
Non mi sono mai interessata degli autori. Per me esistono solo i libri. Fatta eccezione per Virginia Woolf, che non so perchè, non so come, mi ha sempre interessata e incuriosita ed è l'unica scrittrice alla quale mi sono veramente interessata. Non so, la vita dell'autore mi sembra sempre poco interessante. Soprattutto quando si tratta di uno scrittore moderno. Forse un giorno cambierò idea, ma per me quelle due righe nei quarti di copertina con la vita dell'autore sono assolutamente insignificanti.
Credete nel lieto fine?
Mi sono accorta che l'esser cresciuta con libri "vecchi", classici, romanzati, mi abbia influenzata. Credo nei valori, nei sentimenti, nel fatto che ci siano persone che credono in queste cose, che ci sia onestà, che si possa ancora sperare in un lieto fine. Se così non fosse, che senso avrebbe guardare al futuro pensando che comunque andrà sempre tutto male? Questo non significa che io mi illuda che tutto andrà sempre bene, o che io sia una grande fan dei lieti fine nei libri. Ma quando si parla della propria vita, beh io cerco sempre di crederci e di fare tutto il possibile perchè le cose vadano bene.
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Fantastico l'espediente letterario dell'autore di scrivere il libro sotto forma di diario, di "rapporto dei progressi" scritto dallo stesso Charlie, una persona ritardata, che riesce a malapena a scrivere, che fatica a leggere, che vede il mondo in modo diverso da come siamo abituati a vederlo, che è sincero ed onesto, che è ancora un "bambinone" ma con tanta voglia di diventare intelligente e di poter essere considerato come una persona normale.
Quando gli offrono la possibilità di sottoporsi ad un esperimento per aumentare il suo quoziente intellettivo accetta di buon grado, Charlie si rende conto di essere "diverso", fin da quando era bambino gli è sempre stato rinfacciato il fatto di non essere come tutti gli altri ed ha sempre desiderato di essere finalmente accettato dalla sua famiglia.
Dopo l'operazione la sua vita cambia: lentamente inizia ad imparare a scrivere bene, a capire le cose, scopre i sentimenti, le donne e il sesso, ha una vita "normale", fino a che diventa anche troppo intelligente, così tanto che nemmeno i professori universitari, con anni ed anni di esperienza, riescono a competere con lui.
Ma a parte questo Charlie inizia a prendere coscienza di sè. Capisce quello che era e capisce che le persone non scherzavano con lui, ma ridevano di lui. Capisce che le persone possono avere anche cattive intenzioni, che sono davvero poche le persone "buone", e che il mondo non è così bello come lo vedeva prima dell'operazione.
Mi è piaciuta moltissimo questa frase, detta da una signora che lavora in un centro per persone con problemi mentali: "I ragazzi normali crescono troppo rapidamente e non hanno più bisogno di nessuno... se ne vanno per conto loro... dimenticano chi li ha amati e ha avuto cura di loro. Ma questi fanciulli hanno bisogno di tutto ciò che siamo in grado di dare... per tutta la vita."
Più della storia in sè (per altro molto bella e con un finale prevedibile ma azzeccatissimo), del fatto di aumentare il quoziente intelletivo (cosa sulla quale si potrebbe aprire il solito discorso su quanto la scienza si possa permettere di intromettersi nelle questioni naturali, su quanto sia giusto modificare il modo di essere di una persona), quello che più mi è rimasto in mente del libro è l'entrare nella mente di una persona "ritardata" che nessuno considera una persona vera e propria. Beh, io ho trovato Charle molto più umano e molto più buono di alcune persone "intelligenti".
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Inizia subito con una scena molto violenta, una sfilza di parolacce ed un linguaggio secco e crudo.
E io non amo le parolacce, non amo tutte queste frasi corte e frammentate. Ma devo dire che questo stile così diretto si adatta perfettamente al libro e contribuisce a far calare il lettore nell'atmosfera della storia.
In fondo è bello così, questo racconto molto corto (si legge tutto d'un fiato) ma molto intenso, con ritmo veloce ed intenso, ambientato a Napoli e che ha come protagonista un poliziotto corrotto e senza scrupoli, che cerca di liberarsi da un brutto guaio.
Un pò mi intriga ma decisamente mi spaventa e non mi piace questo personaggio, senza nessun valore, senza paura della morte, senza un briciolo di umanità, volgare, sempre ubriaco o fatto di coca.
"Mi precipito fuori dal cesso. Senza pistola. Senza berretto. Un poliziotto senza pistola e senza berretto. Devo trovare la puttana. Il. Cazzo. Di. Fascino. Della. Fottuta. Divisa. Do uno sguardo in giro per vedere se c’è. Giordano mi potrebbe aiutare. Ma non c’è. [...] La segretaria dice di aspettare due minuti. E’ nuova: è bruna ma ha il culo basso. Penso per un po’ come sono i suoi pompini..."
I giornali descrivono Petrella come "la nuova scoperta del noir italiano". Non saprei. Sicuramente mi ha colpita, mi è piaciuto anche se non amo il genere. Ma se fosse stato più lungo forse non lo avrei retto.
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Libro breve, leggero, scritto in modo semplice e "giovanile", è la storia di un ragazzo di Roma al primo anno di università alle prese con gli esami, le amicizie, le ragazze...
Ho ritrovato in lui un pò di me negli anni delle superiori: la ricerca di qualcosa in cui credere, l'amore per la musica, per i libri...
Leggendo si sente che l'autore ha messo molto di sè in queste pagine, e le parti che mi sono sembrate più "vere" sono anche quelle che ho apprezzato di più.
La seconda parte del libro invece parla di un inter-rail in Nord Europa, ma mi è piaciuta un pò meno, mi è sembrata un pò troppo superficiale e sbrigativa.
Quando si hanno dei problemi si pensa spesso che partire per un viaggio sia una soluzione. No, quando torni i problemi sono ancora lì, e li devi risolvere.
Allontanarsi serve al massimo per chiarirsi le idee, ma non per risolvere i problemi.
Io, di cosa sono in cerca?
Ho trovato alcune cose che volevo senza cercarle...
Cerco di godermi quello che ho, ma senza smettere di cercare sempre qualcosa in più.
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"Non buttiamoci giù" è la storia di quattro persone, un presentatore televisivo la cui carriera è stata stroncata dopo aver fatto sesso con una minorenne e mandato in fumo il suo matrimonio, un musicista che vive solo per la musica e che è appena stato lasciato dalla ragazza, una donna sola con un figlio handicappato e una ragazza di buona famiglia che fa di tutto per creare problemi ai propri genitori.
Si conoscono durante la notte di capodanno sul tetto del palazzo dei suicidi, pronti a buttarsi, ma la presenza degli altri li ferma e decidono di rimandare, aiutandosi a vicenda a superare i loro problemi.
La storia è carina, ho apprezzato quel sottile velo di ironia presente un pò in tutto il libro, ma non mi è piaciuto lo stile alternativo, in particolare il modo di parlare di Jess... Davvero troppo sgrammaticato e volgare...
Per il resto il libro offre moltissimi spunti di riflessione... I personaggi parlano a ruota libera e spesso mi sono sentita coinvolta nei loro pensieri.
Altre volte li ho trovati un pò fuori dal mondo. In effetti spesso non sembrano delle persone che si vogliono suicidare, ma solo dei tipi un pò fuori di testa; ed è questo che li rende simpatici.
Mi ha fatto riflettere in particolar modo JJ quando, dopo aver sentito le motivazioni degli altri, si è reso conto che il suo motivo per suicidarsi era ridicolo in confronto agli altri, e se n'è inventato uno più grave.
A volte con noi stessi ingigantiamo i nostri problemi, e ce ne accorgiamo quando vediamo uno che sta peggio di noi.
Non sempre siamo capaci di apprezzare quello che abbiamo.
Nel complesso è carino e l'ho letto volentieri, ma non mi convince del tutto. Spero in meglio per "Una vita da lettore" e "Alta fedeltà".
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Perchè? Perchè se trovo per casa un libro di racconti mi ostino a leggerlo pur sapendo che odio e i racconti, e che quel libro non mi piacerà?
Non lo so. Forse perchè era corto, poco impegnativo... Perchè come al solito all'inizio i racconti mi sembrano carini, e poi la delusione arriva con il finale, che non capisco oppure mi delude... Mi dico "ma sì, magari il prossimo racconto è meglio" e invece il prossimo non è meglio.
In questo caso i racconti sono storie di donne: amanti, amate, rifiutate, sole, assassine... tutte legate in qualche modo dal colore rosso: un maglione, una bicicletta, un paio di scarpe, il sangue.
Alcune di queste donne mi sono piaciute... Cinzia Tani è brava a tirar fuori i lati nascosti e perversi delle persone, i pensieri che molti hanno ma tutti cercano di nascondere, non solo agli altri, ma anche a se stessi.
Nel complesso, il libro è scritto veramente bene, ma non mi ha soddisfatta. Il finale dei racconti mi sembra banale, sempliciotto, a volte quasi ridicolo, mi lascia perplessa... Ma questo mi succede tutte le volte che leggo un racconto... Spero in meglio con "Sole e ombra", che sarà una delle mie prossime letture.
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Non mi dilungo anche questa volta in chiacchiere sulla differenza che c'è tra leggere un libro che ho comprato e un libro che mi è stato prestato...
Questo fa parte dei libri prestati. Essendo un thriller non è il mio genere, ed ammetto se fosse stato per me non l'avrei mai comprato. Invece mi è piaciuto.
"Zona pericolosa" è il primo volume di una serie che ha per protagonista Jack Reacher, un ex soldato.
In questo primo "episodio" Jack, appena arrivato a Margrave, viene arrestato per omidicio. Ma lui quella sera non ha ucciso nessuno, e non ha niente a che fare con quella storia. Finchè non scopre che il cadavere è quello di suo fratello, cui vuole rendere giustizia...
Un libro davvero ricco di colpi di scena, con una trama ben costruita e spiegata molto bene, con i giusti tempi, con un ottimo stile... Decisamente coinvolgente ed accattivante.
Inoltre sono rimasta colpita dal protagonista. Jack Reacher è un uomo affascinante, misterioso, che sa come prendere in mano le situazioni e uscirne vincente, sempre. Impossibile non rimanerne catturati.
http://www.leechild.com
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Scritto nel 1864 da Jules Verne, "Viaggio al centro della terra" è un libro per ragazzi considerato una delle prime avventure fantascientifiche.
Un professore di mineralogia trova un messaggio cifrato scritto da un famoso esploratore che contiene le indicazioni per raggiungere il centro della terra. Il nipote Axel lo decifra e insieme partono per l'Islanda, dove si trova il vulcano che porta all'interno della terra, e iniziano l'esplorazione insieme ad una guida del posto.
Devo dire che la storia e i tre protagonisti mi hanno appassionata parecchio. Il professore completamente dedito alla sua attività di studioso e ricercatore; il nipote, curioso e tenace come lo zio, anche se ogni tanto si lascia prendere dal panico; l'accompagnatore, un uomo taciturno ma che sa il fatto suo, la cui presenza è indispensabile per la buona riuscita dell'impresa.
Mi è piaciuto inoltre moltissimo il modo di scrivere di Verne, semplice ma coinvolgente. Decisamente un bel libro.
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-Impara bene questo, - disse mio zio. - Quando un'eruzione si avvicina, le fumarole raddoppiano di attività, per sparire completamente al momento dell'eruzione stessa, perchè i vapori prendono il cammino dei crateri invece di fuggire attraverso le fessure del suolo. Se dunque questi vapori si mantengono nello stato abituale, se la loro energia non si accresce, e se aggiungi a questa osservazione il fatto che venti e pioggie non sono sostituiti da un'aria calma e pesante, puoi affermare con sicurezza che nessuna eruzione si sta avvicinando.
-Ma...
-Niente ma. Quando la scienza ha parlato, non c'è più che da tacere.
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Inviato da: chiaracarboni90
il 19/04/2011 alle 12:52
Inviato da: elfodeimonti
il 17/04/2010 alle 12:05
Inviato da: briccone2005
il 07/04/2009 alle 17:48
Inviato da: volandfarm
il 25/03/2009 alle 06:51
Inviato da: volandfarm
il 25/03/2009 alle 03:48