Lei era li’, ferma, in ascolto. Passeggiava tra gli alberi coi piedi nudi,nell’erba. Era gia’ sera, la luce del crepuscolo presto avrebbe lasciato spazio al buio ristoratore e profondo nel quale le stelle possono risplendere della loro bellezza struggente. La brezza carezzava le foglie che stormivano piano.
C’era un’aria di attesa, e lei rimaneva li’, in silenzio, gli occhi chiusi.
Qualcosa dentro di se’ la portava a chiudere gli occhi, nonostante la bellezza della collina. Spesso chiudeva gli occhi per escludere il mondo.
Si sentiva stanca del mondo, molto spesso.
Fin da piccola chiudeva gli occhi per chiuderlo fuori, quel mondo chiassoso, fuori da se’, per non permettere alla sua violenza di entrare e farle male.
Troppo spesso il mondo degli uomini era duro, brutale e tanto, troppo rumoroso.
Un mondo confuso, caotico e violento negli atti compiuti quanto nelle emozioni che procurava, un mondo che sembrava offrire solo vincoli e compromessi. La opprimeva, quel mondo, spesso lo sentiva nel petto bruciante come qualcosa che tentava di ghermirle il respiro e portarglielo via. Allora lei cercava di tornare alla Natura di cui si sentiva parte, a quella vita “vera” che, se comprende la morte, e’ sempre per vedere rifiorire la vita. Per questo si era ritirata sulla collina quella sera, e aspettava, chiusa e protetta nel buio del suo silenzio.
Aspettava qualcosa, che cosa non lo sapeva di preciso nemmeno lei, era solo una sensazione molto forte che si portava dentro da tempo…quella di dover prima o poi incontrare…chissa’... Si scosse e riprese a camminare, piano. Era li’ in piedi, vestita dello stesso colore della sua pelle, chiara e diafana da sembrare azzurrina, come la luce della Luna che stava salendo, tonda, piena, confortante.
Quante volte aveva pensato alle creature dei miti e delle fiabe, agli abitanti di un regno fatato…sarebbero dovuti esistere, pensava, e si sarebbero dovuti incontrare prima o poi, di notte, nei luoghi in cui la Natura tanto amata era ancora vergine, o quasi…
Lui era li’, seguiva con lo sguardo il suo lento procedere sull’erba facendo attenzione a non farsi scorgere.Non era il momento giusto per rivelarsi, non era il momento giusto per apparirle davanti.Percepiva la sua malinconia, percepiva la sua atavica disillusione…profumi emanati dalla sua anima che si spandevano nel bosco.Sentiva la sua solitudine, la solitudine di chi e’ ormai convinto di non fare piu’ parte del mondo la’ fuori, sentiva la sua tristezza figlia di tanti dolori…lacrime invisibili e silenziose dal suo cuore ad inumidire il terreno.Era tutto quello che anche lui percepiva e sentiva…cosi’ simili eppure cosi’ diversi persino appartenti a due realta’ troppo spesso inconiugabili tra loro.
Ombre riflesse alla ricerca di una consistenza.
Nel corso degli anni aveva visto molte fanciulle passeggiare in quel bosco con gli occhi sognanti e la mente rivolta a luoghi fantastici, a volte si era persino illuso di trovarsi di fronte a creature cosi’ speciali da non potersi esimere dal farsi avanti.Alcune erano fuggite via alla sua vista, altre avevano finto di accettarlo per trovare un po’ di tranquillita’ prima di rimettersi in viaggio, altre ancora gli avevano rubato tutta la sua energia illudendolo e rinnegandolo.
No, non era il momento giusto per rivelarsi…ma forse lo era solo per lui anche se in fondo non esistevano momenti giusti bensi’ momenti un po’ meno sbagliati di altri.
Un fruscio, alle sue spalle.
Si volto’ appena, e lo vide. Era li’, immobile, dietro di lei. Ebbe un tuffo al cuore, per un attimo le sembro’ che il sangue le scivolasse via, ma si riebbe immediatamente tanto l’aria era calma e rassicurante. Solo, si disse, allora e’ vero…allora…esistono…
Seminascosto dall’ombra del fogliame, lui la osservava immobile come l’aria della sera inoltrata. Solo il viso spiccava sotto la luce della Luna. Un viso senza eta’, dai decisi tratti maschili come scolpiti in una carne ombrosa. I lineamenti evocavano qualcosa di antico, arcaico, e insieme oltre il tempo. La fronte spaziosa e l’attaccatura dei capelli, che ai lati si orientavano verso l’alto, forgiavano impressioni di mitiche piccole corna. Gli occhi di lei scesero e indugiarono un attimo, sorpresi, sui piedi della creatura, i piedi piu’ arcuati e sospesi che avesse mai visto, evocanti lo slancio elegante, leggero e possente delle capre di montagna.
Un fauno.
continua...
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